
Dogville - di Lars Von Trier 2003
Giudizio sintetico: da non perdere
Attenzione : questo film è fortemente sconsigliato a:
-chi va al cinema per divertirsi
-chi va al cinema per Natale e Pasqua
-chi non ama essere sorpreso
-chi odia il teatro
-chi non sopporta i film lenti.
Detto questo, io sono di quelli che considerano il danese un genio, e questo film me ne dà una ulteriore conferma.
Praticamente una trasposizione di teatro al cinema, completamente girato in un teatro di posa, con una minuscola città con i perimetri delle case e del resto solamente tracciate in terra, con solo qualche parete e palizzata qua e là, il film prende a pretesto l'arrivo di una dolcissima e graziosa fanciulla di nome Grace (una Kidman sempre più ispirata e convincente), dal passato misterioso, in circostanze ambigue, in una apparentemente tranquilla e affiatata piccolissima comunità (Dogville appunto), per narrare il passaggio dalla diffidenza alla schiavitù, attraversando l'accettazione, la simpatia e l'egoismo, verso la stessa Grace da parte della comunità. Ma c'è molto di più.
E' quasi un'indagine antropologico-comportamentale, una finestra sulla natura umana, una riflessione sull'impossibilità della redenzione, sulla negazione del perdono, sulla fine della speranza, su tutti i temi cari a Von Trier, ma con un velo di nichilismo più forte. Finale agghiacciante, con contrappassi danteschi e incorniciato dal dialogo grottesco/non-sense tra Grace e il padre, il film che dura oltre due ore, pare sia stato accorciato per l'Italia su richiesta della Medusa di circa 40 minuti.
Strepitosa la prova del cast.
Un capolavoro ostico.
Giudizio sintetico: da non perdere
Attenzione : questo film è fortemente sconsigliato a:
-chi va al cinema per divertirsi
-chi va al cinema per Natale e Pasqua
-chi non ama essere sorpreso
-chi odia il teatro
-chi non sopporta i film lenti.
Detto questo, io sono di quelli che considerano il danese un genio, e questo film me ne dà una ulteriore conferma.
Praticamente una trasposizione di teatro al cinema, completamente girato in un teatro di posa, con una minuscola città con i perimetri delle case e del resto solamente tracciate in terra, con solo qualche parete e palizzata qua e là, il film prende a pretesto l'arrivo di una dolcissima e graziosa fanciulla di nome Grace (una Kidman sempre più ispirata e convincente), dal passato misterioso, in circostanze ambigue, in una apparentemente tranquilla e affiatata piccolissima comunità (Dogville appunto), per narrare il passaggio dalla diffidenza alla schiavitù, attraversando l'accettazione, la simpatia e l'egoismo, verso la stessa Grace da parte della comunità. Ma c'è molto di più.
E' quasi un'indagine antropologico-comportamentale, una finestra sulla natura umana, una riflessione sull'impossibilità della redenzione, sulla negazione del perdono, sulla fine della speranza, su tutti i temi cari a Von Trier, ma con un velo di nichilismo più forte. Finale agghiacciante, con contrappassi danteschi e incorniciato dal dialogo grottesco/non-sense tra Grace e il padre, il film che dura oltre due ore, pare sia stato accorciato per l'Italia su richiesta della Medusa di circa 40 minuti.
Strepitosa la prova del cast.
Un capolavoro ostico.
non sono riuscito ad arrivare alla fine
RispondiEliminaprobabilmente perchè non hai dormito all'inizio
RispondiEliminami piacque assai
RispondiEliminastraordinario
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