20061031
una vittoria negata
Fascisti su Marte - di Corrado Guzzanti e Igor Skofic 2006
Nel Maggio del 1939, il valoroso Gerarca Barbagli e un manipolo di uomini, Santodio, Freghieri, Pini e Fecchia, atterrarono su Marte, pianeta bolscevico, conquistandolo nonostante la resistenza dei temibili mimimmi, regalando così al Duce e al Re, un'importantissima vittoria ita(g)liana. L'oscurantismo rosso e la propaganda bolscevica, negò questa pagina gloriosa fino ai giorni nostri. E' giunta finalmente l'ora di restituire giustizia a quei temerari eroi.
Basterebbe solo la spassosa locandina, o l'espressione di Guzzanti/Barbagli sulla stessa a farci correre al cinema. La nostalgia per questa "striscia" era tanta, e nonostante le ovvie perplessità che vengono, davanti alla durata del film (circa un'ora e venti minuti), siamo anche noi pronti al sacrificio, pur di godere ancora una volta della potenza satirica di Guzzanti. Nonostante l'esilità indubbia della trama, già solo l'iniziale marcetta, cantata dal mai troppo osannato Guzzanti, già conclamato idolo di una generazione, se non due, di telespettatori annoiati da tutto il resto del pattume televisivo, o i primi due minuti di narrazione, sempre dello stesso Corrado, in perfetto stile cinegiornale fascio-propagandistico, a non far rimpiangere i soldi spesi per il biglietto. Quel che viene dopo, è arte comica, fantascienza satirica, fantastoria o fantapolitica, qualsiasi cosa con anteposto fanta, ma più che altro, fantastico.
Immenso Guzzanti. Fascisti su Marte, una vittoria negata. O Marte, o morte! Risate intelligenti e frecciate per tutti. Finalmente, una via comica per regolare i conti con la storia.
Fasci di tutto il mondo: una risata spaziale vi seppellirà.
Nel suo campo, inarrivabile. A noi!
cornelio
Nonostante le critiche che spesso gli muovo, frutto di un rispetto profondo maturato negli anni del grunge, anni nei quali i Soundgarden dominavano senza vendere troppo, ma spaccavano di brutto, e nonostante, ascoltando bene questa chicca che gira in rete, ci si accorga che il buon Chris Cornell, ex Soundgarden, appunto, e attuale Audioslave, non ha più quello smalto giovanile, e soprattutto, quella voce devastante e incredibilmente rock di un tempo, mi dispiace veramente tanto che questi file audio non siano una produzione ufficiale, perchè sarebbe entrata di diritto nella mia personale top ten del 2006 (so che la aspettate fremendo). Guardate la tracklist. Pezzi dei Soundgarden, degli Audioslave, dei Temple Of The Dog (beh, se non conoscete questo disco, potete anche darvi all'ippica), cover sfiziose da pelle d'oca.
Come spesso accade, è proprio sulle cover che si concentra la curiosità, ascoltando questo concerto, registrato in Svezia, anche se ovviamente, i restanti pezzi non sono meno belli.
Una Billie Jean blues e sofferta, una medley da brividi tra Redemption Song e (What's So Funny 'Bout) Peace, Love And Understanding e, in chiusura, la zeppeliniana Thank You che, come la medley precedente, a differenza della stravolta Billie Jean, si presenta piuttosto simile all'originale, ma acquista una profondità inaudita, nella dimensione piccolo club-chitarra acustica-voce.
Ieri pomeriggio, complice l'ora solare, poco dopo il tramonto, camminando con Redemption Song negli orecchi, con lo sguardo rivolto al riflesso luccicante della luna sul mare calmo, mi sembrava di vedere chiaramente le navi dei mercanti; stavolta però, non compravano schiavi, ma portavano la libertà.
Cover Art By Filo for Suevele Records
Grazie a Iacopo per gli mp3 e agli amici per la segnalazione
small is better?
La mente umana è uno strano animale. Leggete questo articolo, anche se c'è un refuso:
http://www.corriere.it/Primo_Piano/Cronache/2006/10_Ottobre/31/bounty.shtml
Sono sempre stato incuriosito da quest'isola e dalla sua storia, soprattutto da quando, alcuni anni orsono, andai all'isola di Pasqua. Pitcairn è un'isola minuscola, sperduta nell'Oceano Pacifico, come potete notare dalla mappa, lontana da Thaiti e, appunto, dall'isola di Pasqua, in maniera quasi equivalente (circa 2000 km), abitata da poche decine di persone, tutte discendenti dei veri ammutinati del Bounty.
Detta così, ti potresti immaginare un paradiso. Belle donne, poca gente, nessun problema di stress, magari sole tutto l'anno e spiagge incontaminate. Una cosa che, quando siamo stressati, immaginiamo ci potrebbe far passare tutto. E invece, i crimini che leggete nell'articolo sono stati perpetrati più volte, ed è un bel po' che se ne sente parlare.
Altro che bestemmie e isole dei famosi.
20061030
chinese decadence
zimbabwe report nr.2
Castelli di Rabbia
29/10/2006
Cari Voi,
in questi ultimi giorni mi sono immersa nella vita hararina (si dirà così?) e sono in grado di farvi un dettagliato resoconto. La sensazione che mi ha lasciato questa settimana appena trascorsa è quella di una grande rabbia mista a tristezza nel vedere come si è ridotto lo Zimbabwe negli ultimi anni. Il paese è stato per anni l'esempio di un'Africa in mano agli Africani, come voleva la politica del suo Presidente Mugabe, che ha tolto ai bianchi le loro immense fattorie e le ha distribuite ai neri, ha spinto perchè il paese diventasse autonomo economicamente e i risultati sono ancora visibili.
In Zimbabwe ci sono i supermercati, le strade asfaltate, le case di mattoni con il tetto di lamiera in campagna e castelli e villone in città...in Chad dove mi trovavo l'anno scorso niente di tutto questo era immaginabile. Al supermercato Despar si compra il latte e lo yogourth made in Zimbabwe e la verdura fresca. Il paese produce ancora e attrae migrazione dagli stati vicini -proprio ieri in città ho avvistato un camion del Malawi pieno di Somali, quelli che da noi si chiamano immigrati illegali, lo stupore era leggibile sulle loro facce - ma tutto sta rotolando in fretta verso il basso e nessuno qua ci si è abituato negli ultimi anni.
Domenica sono andata a una sfilata di moda africana all'Hotel Sheraton, il lusso più sfrenato che abbia mai visto, camerieri in livrea che servivano cocktails e pasticcini, la Harare bene era tutta presente (forse l'unica fuori luogo ero io). La sfilata trasudava lusso, con abiti stracarichi e importabili. A metà sfilata sale sulla passerella un tipo incravattato che si presenta come lo sponsor della sfilata, rappresentante di una ditta di generatori. Ne ha illustrato qualche modello, ha parlato di ordini e prezzi e solo vagamente ha menzionato i sempre più frequenti black out a cui la città è sottoposta, cosa fino a poco tempo fa sconosciuta. La platea ha abbassato gli occhi, l'imbarazzo era tangibile. A nessun zimbabwese piace vedere il suo paese ridotto così. In pochi hanno i cosidetti coping mechanisms per venirne fuori. Qua la gente è abituata ad andare al supermercato a fare la spesa, i super ci sono dappertutto anche in aperta campagna. Qua la gente non sa come guidare se le strade si riempiono di buche perchè nessuno le mantiene. Qua la gente a certe malattie davvero non è abituata. La malaria ad Harare non l'aveva mai vista nessuno, adesso è arrivata anche qui, perchè il Governo non ha più risorse per disinfestare. Grave onta l'epidemia di colera dello scorso anno, mai successa nella storia recente, quando la maggior parte delle capitali africane ne è afflitta stagionalmente.
Nonostante tutto questo, vi assicuro che Harare rimane una città molto vivibile, a tratti però dovete rimettere l'orologio agli anni '60 - gli amanti del vintage sono avvisati - . La moquette color cammello imperversa ovunque, anche nel mio bagno. Il pantalone a zampa è l'ultimo grido così come la parrucca (sì, le donne di colore usano ossessivamente le parrucche) tipo taglio femminile corto-cotonato molto Caterina Caselli/Gigliola Cinquetti per intenderci, preferibilmente con sfumature lilline. L'altro giorno sono andata al Ministero della Salute e come al solito mi hanno parcheggiato in un ufficio per un'ora buona prima che la persona con cui dovevo parlare arrivasse. Sono andata in delirio davanti alla moquette a quadroni e le sedie optical con tavolo di formica, per non parlare della lampada in plastica rossa a stelo, favolosa.
Vi abbraccio
Cat
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Foto Cat, Farchana Refugee Camp 6 (Chad)
20061029
attenzione
La notizia era nell'aria, ma è stata resa ufficiale solo oggi: il festival Arezzo Wave cambierà sede. Va via da Arezzo, per diversi motivi, così assicura Mauro Valenti, inventore e direttore artistico di questo festival che ha compiuto 20 anni, e che si è distinto nel tempo innanzitutto per essere sempre stato ad ingresso gratuito (salvo quest'anno, con una formula particolare), per aver dato voce a un sacco di band emergenti anche italiane, per aver scoperto grandi realtà internazionali per primo. Se non lo conoscete, se non ci siete mai stati, vi assicuro che vi siete persi qualcosa. L'atmosfera che si respira è molto bella, si suona dalla mattina presto fino a notte inoltrata, si suona in diversi posti della città, non si fa solo musica, ci sono eventi di diversi tipi, e c'è musica per tutti i gusti. C'è un sacco di gente, c'è un servizio d'ordine sempre attento e gentile, si sta bene insomma.
Sicuramente il festival è cresciuto troppo, e Arezzo è diventata troppo stretta. Firenze, così pare, è pronta ad accogliere la creatura di Valenti, è una ghiotta occasione. Ma, così pare, Milano e Roma sono altrettanto attente. La cosa curiosa però, è che non è il solo motivo. E questo, penso io, è sicuramente vero, visto che buona parte del successo di Arezzo Wave è dovuto proprio al fatto di svolgersi in una città di piccola-media grandezza, non abituata ai grandi eventi, per cui la gente è mediamente ben disposta, e, anzi, molto attenta, al contrario degli abitanti della grandi città, ormai abituati a tutto, e quindi quasi scocciati dai grandi eventi. E allora, vediamo gli altri motivi. I fondi che il comune destinava al festival sono calati già da diversi anni. Qualche anno fa ad Arezzo, dopo anni di dominio incontrastato, a livello municipale, di centro-sinistra, ci fu il sorpasso ad opera del centro-destra, e l'idillio con il festival si incrinò. Il sindaco di allora cominciò a rilasciare dichiarazioni non proprio gioviali, si battè fortemente per ospitare il Festivalbar, carrozzone che, diciamocelo, sta agli antipodi rispetto ad un festival come Arezzo Wave, ma il festival sopravvisse bene, grazie agli sponsor. Adesso ad Arezzo è tornato il centro-sinistra, ma si deve essere rotto qualcosa. Pare (io guardo poco la tv e quindi non ho visto) che le famigerate Iene di Italia 1, abbiano fatto andare in onda un servizio dove Arezzo Wave veniva dipinto come un festival dello spaccio. In consiglio comunale è successo che il centro-destra, contrario per default al festival, ha sogghignato, mentre, e qui la cosa ha dato enormemente fastidio a Valenti, il centro-sinistra ha taciuto. E allora, siccome non è assolutamente vero che Arezzo Wave è un festival dello spaccio, né più né meno di altri festival e avvenimenti musical-spettacolari, Valenti ha preso la palla al balzo. Si è rotto i coglioni, ed io non posso dargli torto.
Non nego che ho il timore che l'evento si snaturi. Ma, come una creatura umana, crescendo si cambia e si tende al meglio, così il festival ormai maggiorenne, ha l'opportunità di diventare davvero grande. Faccio gli auguri al festival e a Mauro Valenti, che non conosco assolutamente ma che stimo da anni per quello che è riuscito a fare, e aspetto con trepidazione di vedere come si evolverà la situazione.
notizie serie
Finalmente una proposta di pace seria: http://www.repubblica.it/2006/10/sezioni/esteri/hashish-in-medioriente/hashish-in-medioriente/hashish-in-medioriente.html
Liberalizzazione delle droghe leggere in Israele. Gente più rilassata e non più traffici illegali.
Proporrei anche 'cchiù pilu pe' tutti, e sono serio.
Foto Cat, Farchana Refugee Camp 5
20061028
pudore
L'avete sentita quella di Elisabetta Gardini, portavoce di Forza Italia ed ex soubrette nonchè attrice tv?
Dopo mesi che Vladimiro Guadagno in arte Vladimir Luxuria (un idolo incontrastato, per quanto mi riguarda), eletto nelle liste di Rifondazione Comunista, noto transgender, usa il bagno delle donne in Parlamento, arriva la Gardini, lo trova lì, e si mette a urlare che se ne deve andare, in pratica come si dice qui e in altre parti d'Italia "fa una piazzata".
Elisabetta Gardini, lo sai cosa c'è? Te lo dico piano, ma lo scrivo come lo pronuncio: mattilevidiulodé!!!!!
babel
ieri sera sono andato a vedere BABEL il film di Inarritu, quello di amores perros e 21 grammi.
jumbolo farà la recensione seria, io dico solo un pò di cose.
il film mi è piaciuto tantissimo. il volume dell'audio era altissimo, facendomi predere spesso spavento. ci si può innamorare di cate blanchett anche se è ricoperta di sangue per metà film. ci si innamora di sicuro delle ragazzine giapponesi. si vorrebbe vivere almeno una settimana in giappone. si rischia di capire un pò di cose sul marocco. si potrebbe pensare che questo sia un film supremo sulla sfiga. mi piace tantissimo lo schermo gigante davanti agli occhi, che quasi non riesci a vedere tutto.
bene fatto.andate a vederlo che merita dai...
peli perversi e significativi
Fur – Un ritratto immaginario di Diane Arbus – di Steven Shainberg 2006
Diane Nemerov nacque nel 1923 a New York, da una famiglia di ricchi pellicciai ebrei di origine russa. Un fratello poeta, si innamorò di Allan Arbus a 14 anni, e appena ne ebbe 18 lo sposò contrariamente al volere dei genitori. Allan era fotografo, iniziò come fotografo dell’esercito statunitense, poi si affermò come fotografo pubblicitario e di moda; Diane gli fece da assistente da sempre, pur essendo da lui incoraggiata continuamente ad usare quella macchina fotografica che lui gli regalò agli inizi. Ebbero due figlie, e si separarono nel 1959. In seguito, Diane si afferma come fotografa all’avanguardia e con uno strano ma intenso gusto estetico per i “diversi”: nani, travestiti, giganti, prostitute, persone deformi o comunque con gravi difetti fisici. Morì suicidandosi con barbiturici e tagliandosi le vene nel 1971; assurse a grande notorietà postuma in seguito.
Un soggetto così basta e avanza per un film; invece, l’interessante Shainberg, che qualche anno fa solleticò gli spettatori attenti e perversi con il pruriginoso ma non superficiale Secretary, descrivendo rapporti sado-masochisti con una sorprendente leggiadria e ricavandone un film intelligente, ha deciso di appoggiarsi e di ispirarsi liberamente alla biografia della Arbus scritta da Patricia Bosworths, dichiarando fin dall’inizio, appunto, che questa pellicola è un “ritratto immaginario”. Il risultato è positivo, il film esce dagli schemi e risulta accattivante, e gli si perdona, dopo una prima parte necessariamente lenta ma descrittiva e ben fatta, durante la quale vediamo la Arbus, donna in anticipo sui tempi e vogliosa di esperienze e sensazioni vibranti, che cova le sue pulsioni ma le reprime, vediamo insomma una battaglia interna alla protagonista, una seconda parte leggermente forzata e piuttosto scontata, quando, in pratica, la storia tra Diane e Lionel, il fabbricante di parrucche malato di ipertricosi, ex fenomeno da circo, diventa una storia come tutte le altre, e addirittura ci accorgiamo che la ricrescita dei peli sul corpo di Lionel risulta non rispondente alle sue dichiarazioni dell’inizio.
Shainberg dirige con sapienza e un coraggio che lo rende spavaldo, comandando la macchina da presa nei modi più disparati, riuscendo a disegnare in maniera più che efficace lo squassante conflitto interno di Diane, e il suo cammino lento ma inesorabile verso la liberazione e l’accettazione di se stessa e degli altri; alterna i posizionamenti di macchina, stringe sui particolari, usa i primi piani in maniera grottesca. Crea due ambienti completamente opposti che si sfiorano, formalissimo e lineare l’appartamento degli Arbus, infinito, sorprendente, onirico come un paese dei balocchi, misterioso ma pieno di fascino quanto è freddo l’altro, quello di Lionel. Si avvale di una fotografia brillante, che dipinge bene il periodo, ma soprattutto di una, ancora una volta, straordinaria e meravigliosa Nicole Kidman, perfetta nella parte. “Mi piace. Mi fa paura”, dice la Kidman/Arbus al marito che, rendendosi conto che la donna vuole e cerca qualcosa di differente, la prende violentemente da dietro, evidentemente per la prima volta.
Un film, come detto, non perfetto, ma che piacerà a chi detesta i film simmetrici e usuali, a chi cerca qualcosa in più. Un film sulla diversità e su come guardare le diversità, anche le nostre, di persone apparentemente “normali”, ma magari carichi di frustrazioni e desideri repressi. Un regista che dimostra di cercare sempre soggetti complessi (pur pescando nel classico, non per niente cita La bella e la bestia, Alice nel paese delle meraviglie, ma anche Elephant Man e Freaks) ma che hanno qualcosa da comunicare. Un regista che ci fa davvero ben sperare per il futuro. Siamo in attesa del suo capolavoro, i tempi sembrano ormai maturi.
20061026
ancora
A parte cose vecchie, niente in questo ultimo periodo mi ha impressionato tanto come questo disco. E' il live tratto dal tour omonimo, S-Low, dei Marlene Kuntz. Sta seriamente rischiando di apparire al numero uno della mia personalissima top ten del 2006, scalzando Joan As Police Woman e il suo fantastico debutto Real Life. Certo, ci sono i massicci e granitici Mastodon con nuovo Blood Mountain, ultimi e forse unici portabandiera del metal ben fatto, i devastanti metal-corers Converge e il loro ultimo No Heroes, perfino il ritorno degli Arrested Development (Since The Last Time), alfieri dell'hip-hop di classe. Ma questa è un'altra storia.
L'atmosfera è quella vibrante senza essere squassante delle date di quel tour, ovviamente. Le versioni di almeno il 50% dei brani presenti, vecchi e nuovi, si possono definire definitive, e scusate il gioco di parole. La poesia di Cristiano Godano, perchè, come più volte sostenuto, Cristiano è probabilmente uno dei più grandi poeti italiani viventi, è viva, e galleggia sul mare di suoni prodotti dalla band.
Se non siete fans della band di Cuneo, una buona occasione per avvicinarvici. Se, al contrario, lo siete, come me, placherete la sete della loro musica, anche se solo per un attimo, con questo dischetto più che sfizioso.
Per chiudere, ed apporre una nota personale, solo questo. Pensavo di essere guarito, e invece mi accorgo di non esserlo. Ieri nel tardissimo pomeriggio, viaggiando in auto as usual, ascoltando la canzone della quale vi allego il testo, mi sono ritrovato a singhiozzare mentre tentavo di canticchiarla. Una storia particolare, quella di La canzone che scrivo per te, e stiamo ancora parlando dei Marlene, un singolo nato anni fa e cantato da Cristiano in duetto con Skin, che come sempre suscitò critiche per essere troppo "morbido". Nelle versioni live, mancando i pezzi cantati da Skin, la canzone magicamente diventa migliore, avvolgente e fascinosa ancora di più che su disco. La storia, al solito, meravigliosa e con un linguaggio fantastico, può essere interpretata in più modi; ma rimane intensa in maniera spaventosa. Già dall'apertura ti fulmina con un verso sublime. Vi invito a rileggerla e a goderne.
Buon ascolto, buona lettura.
La canzone che scrivo per te (Cristiano Godano)
Non c'è contatto di mucosa con mucosa
eppur mi infetto di te,
che arrivi e porti desideri e capogiri
in versi appassionati e indirizzati a me;
e porgi in dono la tua essenza misteriosa,
che fu un brillio fugace qualche notte fa;
e fanno presto a farsi vivi i miei sospiri
che alle pareti vanno a dire "ti vorrei qua".
Questa è la canzone che scrivo per te:
l'ho promessa ed eccola.
Riesci a scorgerti?
Sì che ci sei, prima che ti conoscessi.
(Ora ho il tuo splendido sorriso da succhiare:
sfavilla di felicità.
L'osservo su dalla tua fronte vanitosa
che ai miei baci ha chiesto la priorità)
Questa è la canzone che scrivo per te:
l'ho promessa ed eccola.
Riesci a scorgerti?
Sì che ci sei, proprio mentre ti conosco.
E ho le tue mani da lasciarmi accarezzare il cuore
immune da difese che non servono.
Ma ora ho in testa il viso di qualcuno più speciale di me,
che sa cantare ma ha più stemmi da lustrare di me...e questo è il tuo svago.
Per quel che mi riguarda sei un continente obliato.
Per quel che ho visto in fondo mi è piaciuto.
Questa è la canzone che scrivo per te:
l'ho promessa ed eccola.
Riesci a scorgerti?
Non ci sei più, dopo che ti ho conosciuta.
quando cadrà il governo?
entro domenica?
entro il giorno dei morti?
o più in là?
dai dite la vostra!? vediamo chic'azzecca!
ps.per chi non lo sapesse si deve votare la finanziaria!
pps.io non voto, faccio il mike bongiorno della situazione...alllegria!!!!
20061025
ciao bruno
ricordiamo tutti assieme il grande brunone genovese che ci ha lasciato tante belle canzoni...
ciao bruno!
Amore caro amore bello
Sincera
come l'acqua di un fiume
di sera
trasparente eppur mi sembri nera
amore caro
amore bello
non ti voglio più.
Ho visto
cattedrali di luce nel cuore
troppo sole può fare morire
amore caro
amore bello
non ti voglio più.
Un uomo?... Ma chi è
non dire che assomiglia a me
le mani... non le ha
oppure sì
e poi cos'ha?
Io muoio
io se lascio te son solo
ma insieme a te
io vedo che un fantasma c'è.
Ma cosa accade
tu non parli e non piangi stasera
come un bimbo mi guardi severa
io soffro tanto
tanto ma tanto
non ci credi
eppure forse hai ragione
che strano
d'improvviso mi sento arlecchino
rido ballo e ti prendo per mano
amore caro
amore bello
amore mio.
20061023
bahamut di antonio rezza e flavia mastrella
chi non conosce rezza non ha speranza.
chi lo conosce e non lo apprezza vuol dire che ha paura di se stesso.
È tornato Antonio Rezza e subito va in scena il suo teatro del disturbo, protervo e angosciante, ironico e scorticante. Un teatro che sfiora la politica soprattutto nel mettere in gioco il degrado, tutto mentale e talvolta comportamentale, che induce nella gente, gestito in prima persona da lui con la sua faccia pasoliniana, sghemba, spiritata, con il suo corpo allampanato.
Per scelta, una mina vagante gettata dentro il tranquillo ron ron della comicità di casa nostra: del resto è impossibile definire questo eccentrico interprete un comico, basta vederlo in scena al Teatro Out Off dove testimonia la sua diversità, che è poi la sua originalità più profonda, nel nuovo spettacolo Bahamut, ispirato addirittura al mondo visionario di Borges.
Qui, con un linguaggio irriverente e iconoclasta, l'interprete anche ideatore con Flavia Mastrella della serata quasi patafisica, mescola funambolicamente storie senza storia continuamente dentro a fuori il personaggio, gettando in faccia agli spettatori tutto il suo malessere e ricevendone indietro risate. Ovunque vada, del resto, Rezza ha un suo pubblico affezionato e numeroso che gioisce ai suoi irriverenti inviti, ai suoi richiami, alle sue grida da padreterno, al suo corpo elastico che può diventare piccolissimo o lunghissimo, trasformarsi in un animale immaginario o in una vecchietta, in un ieratico folle o in uno squinzio inventore del nulla.
Insomma, l'avrete capito, Rezza ha fatto della provocazione il suo mestiere, il suo segno di riconoscimento e i suoi spettatori sanno ormai quello che possono aspettarsi da lui: una serata fuori dalle norme ma mai qualunque, una cattiveria quasi infantile ma non per questo meno sincera.
Bahamut, che parte dal racconto di un pesce che sostiene il toro dai diecimila occhi che sostiene a sua volta la terra nella personale e fantascientifica cosmogonia di Borges, è un vero e proprio concentrato dell'istrionismo di questo attore. Costretto a stare sdraiato, a vedere il mondo quasi solo da quella posizione, Bahamut- Rezza patisce l'ostracismo di quelli che dovrebbero aiutarlo portandolo qua e là come un gigantesco lumacone fuori dalla tenda con scivolo creata per lui da Flavia Mastrella. E gioca a rimpiattino con il pubblico nel buio, apparendo all'improvviso dove meno te lo aspetti ora come una palla umana rotolante ora come un invasato da non si sa cosa, ora come un predicatore gratuito che si rivolge agli spettatori giocando sui doppi, tripli sensi della parola alla quale alla fine giunge dopo infiniti tentativi, con la voce usata come richiamo, come una richiesta d'aiuto o come un gigantesco punto interrogativo destinato a rimanere senza risposta. Insomma Rezza all'ennesima potenza, per chi non l'ha mai visto e perfino per i suoi più incalliti fan. Da vedere.
zimbabwe report nr.1
Faccio questa introduzione, poi direi che non ce ne sarà più bisogno. So che ripeterò alcune cose, ma lo faccio per i più distratti, e per chi magari legge il blog per la prima volta senza leggere i post precedenti. Cat è un'amica che lavora per Medici Senza Frontiere. E' partita lunedì scorso per lo Zimbabwe, dove rimarrà un anno per seguire un progetto che ci spiegherà più avanti. Lavora per MSF da circa 4 anni, ha seguito progetti in Messico (Chiapas), India, Congo, Chad. E' inoltre, la nostra fornitrice ufficiale di belle foto.
Di solito, mantiene i contatti con gli amici tramite mail dalle missioni. Da oggi, pubblicheremo su questo blog le sue mail. Speriamo vi piacciano. Io le trovo molto interessanti, ma quello che colpisce è la causticità che le pervade, cosa che non ti aspetteresti di trovare negli scritti di una persona che fa questo lavoro. Ma questo è un giudizio del tutto personale. A voi buona lettura. Commentate pure, Cat legge il blog.
Città di carta
20/10/06
Cari Amici,
Vi scrivo dall'Africa Australe dove sono approdata solo ieri, eludendo molti di voi che mi avrebbero voluto vedere per l'ultima volta…ma tant'è.
Mi trovo in Zimbabwe, nella sua capitale Harare dove dirigerò per un po' di tempo un progetto di HIV nelle sue baraccopoli che sono state recentemente "ripulite" dalle truppe del Presidente Mugabe. In un'operazione lanciata tempo fa, ha costretto circa 600.000 persone ad abbattere con le proprie mani le baracche che si erano costruiti e ad andarsene altrove. Per molti l'unico rifugio rimane tuttora la strada. Questa operazione di pulizia ha tolto di mezzo tutti i poveri e gli emarginati che di sicuro rovinavano l'immagine di prosperità che si ha quando si arriva in Zimbabwe, i marmi dell'aereoporto, i viali ben curati, le aiuole e giardini rigogliosi, i bambini in uniforme che vanno a scuola, le insegne alle vie, i grattacieli. Ma la città è una città di carta, è come la scenografia di un teatro, pareti di cartone che nascondo il nulla, se ti appoggi, cadono.
L'inflazione nell'ultimo anno ha toccato picchi del 1600%, il dollaro zimbabwese non vale più nulla, ci vuole uno zaino pieno di banconote solo per andare a cena fuori. Una caffettiera costa 180 dollari US, una fetta di torta 20 dollari US, nei negozi il prezzo di un oggetto cambia così velocemente che da quando lo prendi da uno scaffale a quando lo vai a pagare alla cassa, il suo prezzo à duplicato. La carenza di beni primari è davvero incredibile: oggi i panifici erano chiusi, in città non si trova più farina da nessuna parte e la mancanza di carburante è cronica. Le macchine stanno in fila anche per 8 giorni di seguito ai distributori per fare il pieno di benzina. Ma la città mantiene il suo allure mitteleuropeo. I grandi viali alberati, gli shopping malls e lo spirito molto inglese della gente, che non protesta, non si lamenta più di tanto, spera solo che il regime finisca un giorno o l'altro, ma sembra andare sempre peggio. Mugabe ha il controllo di tutto e tutti, ha bloccato ogni investimento esterno, espulso ogni giornalista, ogni notizia dall'esterno viene filtrata al punto che il segnale della BBC viene censurato quando viene trasmesso qualcosa sullo Zimbabwe.
L'HIV è diffusissimo, circa il 30% della popolazione ne è affetto ma non crediato che sia solo relegato a gruppi a rischio nella popolazione: qua tocca un po' tutti, violenze e stupri sono all'ordine del giorno così come credenze tradizionali che portano al contagio.
Vi racconterò di più nelle mie prossime mail, per il momento vi lascio il mio indirizzo postale al quale spero di ricevere presto vostre missive nonchè panettoni e torroni, dei quali mi rallegrerei molto.
Cat
Foto (ovviamente) Cat, Farchana Refugee Camp 4
chi è un artista?
poi la domanda sorge spontanea:
una persona è artista per quello che è
o
una persona è artista solo se qualcuno gli riconosce questo status?
me lo chiedo spesso.
io in italia sono un ragazzo con la passione per la musica, che suona in un gruppo, etc.. il giorno dopo che il mio gruppo firmerà un contratto con un etichetta (anche indie) sarò riconosciuto artista/musicista.
io in germania sono un musicista/artista perchè suono e compongo musica. ieri mi hanno invitato ad accompagnare una cantante kossovara in un festival a francoforte senza etichette.
per curiosità sono andato a vedere sul dizionario de mauro, l'arista è chi esercita professionalmente un’arte o vi si dedica abitualmente.
20061022
horror quotidiano
Siccome l'approfondimento a volte è lento, e la lettura, per contro, spesso è veloce e sommaria, a distanza di un giorno mi ha colpito una doppia pagina di Repubblica di ieri, sabato, con delle notizie tra l'agghiacciante e l'annichilente. Sono quelle cose che ti fanno perdere la fiducia nel genere umano, che ti fanno pensare "cazzo ma allora l'uomo è proprio un animale cattivo". Premetto che sono piuttosto differenti tra di loro come gravità, ma, non so, concettualmente mi viene da accomunarle. Andiamo per ordine.
Notizia 1: gaffe del Presidente russo Putin, che al termine di un colloquio col Premier israeliano Olmert, credendo che ormai i microfoni fossero spenti, gli dice: mi saluti il suo presidente (Moshe Katsav, Presidente israeliano, è accusato di aver abusato sessualmente di una decina di sue ex collaboratrici), si è rivelato davvero un uomo potente! Ha stuprato 10 donne, non me l'aspettavo da lui. Ci ha colpiti, siamo tutti invidiosi!
Velo pietoso.
Notizia 2: gaffe dell'ex Primo Ministro spagnolo Aznar. Durante la presentazione di un suo libro, una cronista di una tv spagnola si è avvicinata ad Aznar e gli ha rivolto una domanda che lui non avrebbe gradito; dopo aver autografato il libro, ha restituito la penna infilandola nella scollatura della giornalista Marta Nebot.
Velo pietoso.
Notizia 3: Zackery Bowen e Adriane Hall si erano conosciuti la notte dell'uragano Katrina a New Orleans. Lei, 30enne bionda aspirante artista, impiegata come barista, diede rifugio a lui, 28enne californiano losangelino, reduce da Afghanistan e Irak, da qualche tempo si era trasferito nella città della Lousiana. Una storia come tante, ma che fu presa in prestito dai media come simbolo della ricostruzione e del ritorno alla vita, la storia d'amore nata proprio grazie alla catastrofe che resiste alla catastrofe stessa.
Martedì sera scorso, Zackary si è suicidato buttandosi dal settimo piano dell'Omni Royal Orleans Hotel. Nella sua stanza, la polizia trova una lettera che invitava gli agenti ad andare nella casa che fino a pochi giorni prima, divideva con Adriane (pare lo avesse cacciato per un litigio). Nell'appartamento, i poliziotti trovano: in una pentola la testa bruciacchiata e irriconoscibile della ragazza. Nel forno, le braccia e le gambe. Il torso, nel frigorifero. Nella casa, un'ulteriore lettera di Zackery che spiega i dettagli. L'ha uccisa il 3 ottobre, strangolandola nella vasca da bagno, poi l'ha fatta a pezzi. Per 2 settimane è rimasto a vegliare i resti. Poi se n'è andato in albergo. Prima di buttarsi, si è procurato 28 bruciature di sigaretta sulle braccia, "tante quanti sono i miei anni". Il litigio, pare fosse scaturito da una discussione su quale nome dovesse essere messo sulla porta della casa che avevano preso in affitto. Lei aveva poi rimproverato lui di averla tradita e lo aveva cacciato di casa.
Pazzesco.
Notizia 4: venduta a pezzi la salma di un famoso reporter della Bbc, Alistair Cooke, morto nel 2004 di tumore ai polmoni all'età di 95 anni. Lo ha scoperto la figlia Susan, dando il via ad un'indagine su larga scala condotta dalla polizia di New York, che ha scoperto una banda tutta composta da italoamericani, che d'accordo con alcune agenzie di pompe funebri, trafugava pezzi di corpi, fornendo università, laboratori e ospedali per trapianti.
PS parte di questo traffico è autorizzato, legale e privo di lucro. La cosca invece, lo faceva senza autorizzazione.
Incredibile.
Notizia 5: immigrati che hanno ottenuto il permesso di soggiorno a causa di protezione umanitaria o asilo politico, smascherano loschi traffici all'interno dei Cpt (Centri Permamenza Temporanea). Episodi di razzismo da parte di maghrebini ai danni di africani neri, fughe organizzate con la compiacenza di altri maghrebini impiegati come operatori culturali nel Cpt di Caltanissetta, e, pare, dietro pagamento di compensi.
Che schifo. La miseria nella miseria.
Ora, come dicevo questa sera a cena con degli amici, che, come spesso succede e me ne scuso con loro stavolta, sapranno già di cosa tratta questo post (è ovvio che molti post nascano da riflessioni fatte con gli amici, almeno credo), c'è poco da fare: l'essere umano è cattivo. Mi torna in mente quello che disse Bret Easton Ellis alla presentazione del suo capolavoro American Psycho, quando fu accusato di aver scritto un libro macabro e raccapricciante, offensivo perfino. Tutto quello che leggete in questo libro, quello che il mio protagonista fa (l'indimenticabile Patrick Bateman), l'ho letto in questi ultimi anni sulle prime pagine del New York Times.
Foto Cat, Farchana Refugee Camp 3
rock e....
Per la par condicio, visto che qualche giorno fa ho scritto un post dedicato a Rumore, oggi lo scriverò per Rockerilla. Forse non tutti sanno che Rumore nacque intorno al 1992, se non erro, da una diaspora di Rockerilla. Ma diamo atto a Rockerilla, appunto, di essere stato un faro per chi, negli anni '80, tentava in tutte le maniere di stare a galla e di non affogare nella disco-music (e, intendiamoci, non per questo voglio dire che la odiavo), trovare qualcosa di alternativo (a quel tempo aveva, a mio parere, un senso, questa parola). Non farò come ho fatto con la televisione, non andrò più indietro: prima c'era solo Ciao 2001, e questo vi basti.
Rockerilla si sta rinnovando, e da alcuni mesi ospita una rubrica gustosa: Open Space, carta bianca ai protagonisti. Due pagine dove due artisti italiani descrivono il loro rapporto con Rockerilla. Ovviamente è un'operazione molto autoincensante, ma in effetti è doverosa. Ho ripreso a leggere Rockerilla da un anno, forse due, e devo dire che, memore anche della mia esperienza (molto circoscritta) in un mensile musicale, ci fu un periodo dove un'occhiata la davo a tutti: niente da fare, Rumore e Rockerilla sono un passo avanti. Come grafica e come contenuti.
Tornando a bomba, questo mese su Open Space scrivono Meg (che riesce, per la prima volta da quando è stata istituita la rubrica, a non parlare di Rockerilla, ma di alcune compagne detenute a San Vittore per gli scontri in Corso Buenos Aires a Milano di alcuni mesi fa, incontrate durante un concerto che lei ha fatto all'interno del carcere; da un certo punto di vista, sono contento che abbia parlato di ciò, vista la scarsità del suo disco solista, avevo paura che avesse perso anche lo spirito militante) e Alioscia (ormai tutti sapete chi è). Il pezzo di Alioscia mi è piaciuto, e vi consiglio di leggerlo. Parla del suo rapporto con Rockerilla, col walkman che riempiva le attese dei bus (fondamentali per lui, provinciale di fuori Milano), del suo "essere diverso" musicalmente, e della sua voglia di riconoscere suoi "simili", cosa che, dice, oggi è diventata impossibile. C'è da riflettere, in effetti, sull'omologazione.
Curiosamente, nella notte, ho ascoltato un estratto di un articolo dello psichiatra Vittorino Andreoli (lo conoscete tutti, quello con i capelli da pazzo - i pochi capelli, specifichiamo -) sull'uso dell'I-Pod da parte dei giovani. Dice un po' di cazzate, e mi dispiace perchè di solito dice cose interessanti lui, anche se a dire la verità, dobbiamo dargli il beneficio del dubbio: non posso conoscere l'uso che tutti fanno dell'I-Pod o di altri riproduttori. Diciamo, visto che lui sostiene che si usa l'I-Pod per non pensare, per riempire di rumore il silenzio, che l'uso degli apparecchi riproduttori di musica deve essere fatto con cognizione.
Mi piace la musica, e mi piace portarmela dietro, ma, e sono certo che lo sapete, a volte il silenzio è catartico. Mi vengono in mente alcuni fiordi delle isole Svalbard, o qualche golfo con ghiacciaio sovrastante, nel profondo sud del Cile.
Vabbè, leggete Rockerilla e il pezzo di Alioscia. Magari un giorno di questi scriverò anch'io un Open Space, senza essere artista.
20061021
riflessioni da sabato del villaggio
Sarà il riflesso inconscio dei mondiali di calcio, sarà che l'erba del vicino, oltre ad accendersi meglio, è sempre più verde, fatto sta che ammiro il pragmatismo francese e spesso il loro coraggio politico. Mentre George W. Bush ammette che in Irak la nostra strategia sta fallendo, in ritardo di qualche anno, il sindaco (gay e di sinistra) di Parigi Bertrand Delanoe decide di mettere all'asta le bottiglie più pregiate della cantina municipale, creata, ai tempi in cui il sindaco era l'attuale Presidente della Repubblica Jacques Chirac, da Bernard Bled, alto funzionario di destra appassionato di vini, che comprò per cifre modeste, vini che adesso valgono una fortuna. E' molto bella e signorile la polemica educatissima che questa decisione ha acceso. Bled sostiene che non è d'accordo filosoficamente e non per ragioni politiche: c'è un lato puritano in questa scelta, io sono un epicureo. Claude Maratier, l'esperto incaricato della vendita spiega diligentemente la scelta: oltre alla rarefazione dei pranzi e delle cene protocollari, c'era un qualche imbarazzo a mettere sul tavolo un patrimonio così importante. Servire 10 bottiglie di Chateau Petrus durante un pasto vuol dire mettere sul tavolo 25mila euro. Non è necessariamente molto ragionevole. C'è anche la "giustificazione" del pericolo Senna (il fiume): in caso di alluvione, la cantina dove sono mantenute le bottiglie sarebbe tra le prime ad essere allagata, ma sappiamo benissimo che c'entra poco o niente.
Tra l'altro, la municipalità sta guadagnando fior di quattrini: ieri due bottiglie di Romanée Conti sono state aggiudicate per 5mila euro ciascuna, più di 3 volte il prezzo di partenza.
aggiornamenti
nostalgia
Premesso che con questo post non voglio fare né lo snob né il superiore, ammetto che probabilmente sembrerò anziano.
In questo periodo sto guardando la televisione diciamo forse mezz'ora alla settimana, un po' perchè non c'è niente che mi interessi, un po' perché non ho tempo e, se me ne avanza, preferisco mettermi al pc, scrivere o guardare un porno. Lo faccio quindi, solo quando vado a trovare mio nipote; a casa di mia sorella la tele va in sottofondo, quando non ci si guardano cartoni animati. Qualche sera fa mi è capitato di vedere il serial La freccia nera che va in onda su Canale 5; remake di un famosissimo sceneggiato andato in onda nel 1968 sulla Rai, ha come protagonisti principali Riccardo Scamarcio e Martina Stella. Bene, ne ho visto 5 minuti ed ho capito che è una cagata micidiale. Nonostante io nel 1968 avessi due anni, ho potuto apprezzare questo sceneggiato nelle numerose repliche degli anni seguenti, e devo dire che ne ho un ricordo indelebile. C'erano Aldo Reggiani, Loretta Goggi, Arnoldo Foà, attori bravissimi e un bianco e nero nostalgico e formidabile. La storia era avvincente e la faccia imbronciata di Martina Stella non è all'altezza di questo paragone. Ripensandoci, mi sono ricordato anche di un altro bellissimo sceneggiato di qualche anno più tardi, 1971, Il segno del comando, con un formidabile Ugo Pagliai. Credetemi, non c'è paragone. L'originale freccia la potete trovare in 4 dvd usciti per ElleU Multimedia.
Concludo questa specie di operazione nostalgia, facendo un'associazione indebita. Non so perchè ma la mia mente associa per qualche oscuro motivo Ugo Pagliai alla splendida (donna e attrice) Lea Massari. Ricordi vaghi ma sempre positivi, solo parlando di tv, me la rendono indimenticabile in altri eccezionali lavori televisivi quali I fratelli Karamazov, I promessi sposi e Anna Karenina.
Non c'è più la televisione di una volta, miei cari.
20061020
L&L
per la prima volta legge qualche post.
olè.
lis di qualcosa che qui ti stanno leggendo..
....lis: "città per i bambini..città per il futuro"...
ecco perle di sagezza in diretta ...
in sottofondo..i gomez.
ma soprattutto l'adsl a casa!!!
my milano
quando piove a Milano è meglio rimanere in casa.
Milano in questo momento è muta.
Sta cambiando discorso.
20061019
notizie
Copio e incollo da www.repubblica.it
Questa mattina Veltroni è voluto tornare sul luogo dell'incidente, nella stazione di piazza Vittorio, dove è salito sulla metro da privato cittadino, senza scorte, nè seguito. "Ho trovato molta tranquillità, serenità, affetto e simpatia, e mi ha fatto molto piacere. E' stato un viaggio di solidarietà, senza scorta nè giornalisti".
E come cazzo c'è arrivata questa notizia sul giornale?!?!?!?!?!?
fantasticher
20061018
varie-tà
E' curioso, ma normale, in questo mondo globalizzato dalla celebrità, che il Malawi, uno dei paesi più poveri della terra, fino a ieri sconosciuto a un sacco di gente (ricordate che è proprio lì che dovrei andare il prossimo anno?), salta improvvisamente agli "onori" delle cronache grazie a Veronica Ciccone in arte Madonna. Qualcuno avrà letto che, alcuni giorni fa, la cantante/attrice, in visita col marito, il regista Guy Ritchie (uno che faceva anche buoni film, finchè non ha dovuto/voluto far recitare la moglie), era appunto in Malawi. Girando per ospedali e orfanotrofi, e avendo promesso di donare 3 milioni di dollari in progetti di cura e assistenza al governo, colpita da un bambino orfano di madre e abbandonato dal padre poverissimo, decide di adottarlo. Procedura d'urgenza e l'Alta Corte del Malawi il giorno seguente emette un decreto di affidamento temporaneo per la coppia. Non scendo nel merito, ognuno si farà la sua opinione, fatto sta che adesso tutti sanno dov'è il Malawi.
Mi ha colpito pure uno strano film-documentario presentato alla Festa del Cinema di Roma: The Bridge di Eric Steel. Nel corso del 2004 lui e la sua troupe hanno filmato costantemente il Golden Gate di San Francisco, il ponte che detiene il record del più alto numero di suicidi. Cogliendo diversi momenti nei quali i suicidi saltavano giù. Il regista sottolinea che suo fratello è morto di cancro e sua sorella è stata uccisa da un automobilista ubriaco (che porti sfiga?), e quindi non è insensibile alla sofferenza (proprio sicuro?). Sono state salvate vite umane, per mezzo di alcune telefonate alla polizia durante le riprese. Quelli che non sono stati salvati, dice ancora il regista, lo turberanno per sempre. Nonostante presentato così appaia come il trionfo della speculazione macabra, la cosa è senza dubbio interessante. Vedremo.
Nel frattempo, mentre Follini lascia l'UdC e fonda un nuovo movimento (ne sentivamo davvero il bisogno), Scarlett Johansson preannuncia un debutto discografico come cantante confidenziale con un disco dal titolo esplicativo: Scarlett Sings Tom Waits, dove si cimenterà esclusivamente con cover del magico menestrello di Pomona.
E' proprio il caso di dirlo: non ci sono più le mezze stagioni.
Foto Cat, Farchana Refugee Camp 2
CBGB's
Chiude lo storico e leggendario locale newyorkese, culla del punk. Il club è stato sfrattato dopo una disputa sull'affitto, durata anni, con il proprietario dell'edificio.
Per salutare e celebrare la fine di un mito, due concerti di due icone punk: domenica scorsa Patti Smith, il giorno precedente Debbie Harry degli indimenticabili Blondie. La leggenda vuole che Debbie abbia lavorato al CBGB's come cameriera, prima di spiccare il volo come cantante. Durante il concerto di sabato, Debbie, che dopo la carriera musicale ha proseguito come attrice (la ricordo molto volentieri nel gioiellino La mia vita senza me), ha eseguito tra le altre, Call Me, Heart Of Glass e una cover di I Wanna Be Your Boyfriend dei Ramones, altra band praticamente nata al CBGB's.
Alzi la mano chi, ai tempi di Heart Of Glass, non ha avuto pensieri impuri nei confronti di Debbie. Pensare che adesso ha 61 anni.
20061017
metropoli e provincia - presente e passato
Ieri sera stridente doppietta cinematografica. Parliamone.
Oliver Stone e il suo World Trade Center, un film sulla tragedia dell'11 Settembre 2001. Purtroppo, è proprio come ce lo aspettavamo. Le storie, strettamente legate, dei due poliziotti John McLoughlin e William Jimeno, rimasti sepolti e intrappolati per molte ore sotto le macerie delle torri, dove si erano recati per svolgere servizio immediatamente dopo lo schianto del primo aereo, e quando ancora non era chiaro che anche la seconda torre era stata centrata da un ulteriore aereo, non sono un semplice espediente narrativo, ma la spina dorsale del film stesso.
Quel che ne esce quindi, è un film anche intenso, sofferto e sofferente, claustrofobico sia nelle lunghe scene dei due sotto le macerie, intrappolati, che lottano e si aiutano per rimanere coscienti, e quindi vivi, sia nei paralleli delle due famiglie, che a casa si macerano nell'attesa di una chiamata, ma, purtroppo, la visione non si "allarga" mai ad inquadrare il fatto e a guardalo da un'angolazione complessiva, cosa che ci sarebbe anche interessata, vista la capacità di Stone di affrontare criticamente la realtà americana in momenti cruciali.
Il film è, dunque, molto "americano" (e non è una battuta) nel suo modo di affrontare la retorica della tragedia umana, il coraggio, l'abnegazione, l'amor patrio e la coesione familiare, non riesce mai ad essere intimo seppur zeppo di flashback di vita familiare; oltre ad avere la grande pecca di limitare la visione, come detto prima, sull'avvenimento storico, non riesce ad andare granchè in profondità a livello delle psicologie dei personaggi principali, seppur messi alle strette dalla situazione.
Ovviamente ben fatto dal punto di vista effettistico, rimane sottotono anche a causa di un cast abbastanza mal assortito (e meno male che Cage recita una buona parte del film intrappolato dalle macerie e quasi completamente coperto dalla fuliggine e dalla polvere), dove riesce a spiccare un po' solo la bella e brava Maria Bello nella parte della signora McLoughlin, ma soprattutto per colpa di Stone e dello sceneggiatore, che traggono dalla vera storia di questi due agenti solo il lato forzatamente commovente. E' chiaro che i più sensibili singhiozzeranno e soffriranno un sacco durante l'arco emotivo della storia, ma anche un piagnone come me rimarrà inorridito quando Stone si inventa una visione del Cristo che offre una bottiglia d'acqua all'agente Jimeno che sta per lasciarsi andare al sonno eterno. Meno male che, forse memore del suo passato, il grande (ex?) regista mette in bocca immediatamente dopo al personaggio una risata, mentre racconta divertito la visione avuta al compagno di sventura.
Si poteva, e si doveva, fare di più.
Dopo un paio di film che non mi avevano convinto per niente (My name is Tanino e Caterina va in città), il livornese Paolo Virzì se ne esce prepotentemente con un film al quale non avrei dato un euro, e fa centro alla grande.
Liberamente tratto dal romanzo "N" di Ernesto Ferraro, N Io e Napoleone ci racconta la storia di Martino, un elbano aspirante scrittore, fallito maestro elementare per le sue idee giacobine, alle prese con il fratello grande Ferrante, che lo vorrebbe instradare al commercio navale, tradizione familiare, e la sorella Diamantina, che non lo vorrebbe veder correre dietro alle sottane della baronessa Emilia, bellissima ma con 20 anni di più ed un marito, seppur ottantenne.
Martino è ossessionato dal sogno ricorrente dove lui uccide Napoleone, ed è schifato dall'arrivo dello stesso in esilio appunto all'Elba, e dai suoi conterranei che lo accolgono come un re, un po' provinciali e un po' convinti che la sua presenza porterà denaro e prosperità.
Quando Martino viene scelto come scrivano personale proprio da Napoleone, dapprima si stupisce, poi accetta, vedendo questa come un'opportunità unica per raggiungere il suo delittuoso scopo. Non tutto però, andrà come programmato da Martino.
Virzì firma probabilmente il suo miglior film, unendo ricostruzione storica, satira attuale, commedia all'italiana e grande direzione del cast. Il film avvince senza soffocare, diverte fino ad essere scoppiettante in alcuni momenti, in altri commuove perfino; lascia spazio a paralleli non troppo difficili, regala momenti epici (la scena di Auteil/Napoleone che si trucca pensieroso è superba) e riesce ad essere più ficcante del Caimano di Moretti (Dite che non c'entra niente? Andate a vedere questo film e poi ne riparliamo). Unite il tutto ad una interessante ricostruzione storica, e ad una sopraffina eleganza stilistica nei movimenti di macchina. Come già detto, Virzì firma la sua personale vetta.
Il cast è ottimo, seppur tutto italiano a parte qualche eccezione e al superlativo Auteil, riesce digeribile finanche la Bellucci, per la quale però neppure l'escamotage della parlata umbra, la sua natìa, funziona a dovere, mentre mirabile il lavoro sul linguaggio fatto dalla Inaudi, la Impacciatore, Germano e Mastrandrea, che rende tutto molto credibile e a tratti esilarante. Interessante e convincente Ceccherini, che seppur sempre col sorriso sulle labbra, recita una parte marginale ma non troppo.
Insomma, paga la scelta di Virzì di non rimanere intrappolato in un genere, e giustamente convince con un film che, alla fine, risulta difficilmente incasellabile.
Spero di avervi incuriosito, perchè questo film merita davvero.
playlist - nel mio lettore mp3
Amplifier - Insider
Ac/Dc - Back In Black
Converge - No Heroes
Chris Cornell - Acoustic Live In Sweden
Co'Sang - Chi more pe'mme
Eagles Of Death Metal - Death By Sexy
Hermano - Dare I Say
Joan As Police Woman - Real Life
Mastodon - Blood Mountain
Moltheni - Toilette memoria
The Cult - Electric
The Kooks - Inside In Inside Out
Unida - Unreleased
le sorelle su myspace
qui la nostra pagina su myspace.
per adesso c'ho messo due pezzi che si possono anche scaricare...
amici arararara!!!!
separate alla nascita?
20061016
come ci vedono gli altri
Articolo apparso sul Sunday Herald di ieri; courtesy of Piazza XX
Red alert Left-leaning Serie A side ready to test Rangers’ belief,
writes Natasha Woods
FOR those Rangers fans planning to travel to Tuscany later this week, a history lesson may be timely. Livorno, first up for the Ibrox club in the group stages of the Uefa Cup, was the location where the Communist Party of Italy was founded in 1921. In this most left-leaning of cities, banners in praise of Che Guevara and Stalin flutter alongside Palestinian flags in the stands of the Picchi stadium, and the club’s talismanic striker Cristiano Lucarelli wears the No 99 shirt in recognition of the year the Autonomous Brigades of Livorno – a communist fans’ group – were formed. Here politics and sport do mix, and sometimes with unsavoury results. It is almost a year since Paolo Di Canio raised his arm in a fascist salute as he was being substituted by Lazio at the Picchi. The hardcore among the two sets of fans – on the most extreme ends of the political spectrum – waved swastikas and communist flags at each other, and the police had to quell disturbances outside the stadium. While Paul Le Guen’s team talk on Thursday night will not dwell on the political affiliations of those on the opposing side, the Rangers manager will be conscious of the threat of those wearing red jerseys. Livorno have waited a long time for this moment. After more than half-a-century in the footballing wilderness, much of it spent as a semi-professional team, the Tuscans are enjoying being back in the limelight. An unusual set of circumstances may have propelled them into Europe for the first time in their history, but Daniele Arrigoni’s side are determined to make the most of it. The penalties imposed on those found guilty in Italy’s match-fixing scandal provided Livorno with a back door into Europe, but their early season form in Serie A suggests they should provide Rangers with a stiff challenge. After an opening day loss away to Roma, Livorno have gone unbeaten in the league in the four games that have followed to sit in the top half of the division. Given Juventus’ relegation to Serie B, and the swingeing points penalties imposed on Milan, Lazio, Fiorentina and Reggina, the top flight in Italy may not currently provide an accurate measure of quality. But one man with plenty of experience of Italian football suggests Livorno will provide a test for Rangers. Former Ibrox striker Mark Hateley, who counts AC Milan among his former clubs, believes Livorno’s tenure in Serie A points to the type of side they are. “They’re not one of the big teams, and they only returned to Serie A in 2004, but surviving in this league is all about being a tight, solid unit and plugging away to pick up your one-nils and your points to stay up,” said Hateley, who had three years at the San Siro in the 1980s. “They are a solid mid-table outfit in one of the best leagues in the world, where the technical standard of play is second to none. A set of circumstances may have put them in a decent position, but they are enjoying that. I still think if Rangers play to the standard they’re capable of, they should get something from this game, but they’ll need everyone in the team to be on their game.” A crucial factor could be the fitness of Lucarelli. The striker injured his calf during a goalless draw against Milan last month and hasn’t played since. There is a chance he could make the bench for today’s match against Ascoli, but whether he will be fit enough to start against Rangers is another matter. And Lucarelli is Livorno. Born in Shanghai – a housing scheme in the port city – he was the prodigal son who returned to play for his hometown team in 2003 and scored the goals which fired them back into Serie A for the first time in 55 years. He proved that was no fluke when he notched another 24 goals in 35 games the following season to outgun Andriy Shevchenko and Adriano and end up as the league’s top scorer. Lucrative offers failed to tempt him to leave his beloved club. “After that season I said no to many teams who were ready to pay a lot of money for me,” he explained. “I chose with my heart without thinking of the wallet. There are players who spend money to buy houses, luxury cars and wonderful trips, I prefer to present myself with the gift of Livorno.” This summer there were more offers; Dick Advocaat’s Zenit St Peterburg among the suitors, putting a £2m-a-year deal on the table, but the club captain rejected them all. “All of Italy knows Lucarelli is the leader and inspiration of those wearing the Amaranto shirt. He was born here, he loves the team and wearing our colours,” said Paolo Nacarlo, a club spokesman. The striker, just like many of the club’s supporters, also idolises Che Guevara. In his absence, Tomas Danilevicius has been scoring the goals. Dunfermline supporters may recall the Lithuanian, who had a short, but unproductive loan spell at East End Park five years ago. Tuscany appears to suit him better than Fife, but then some players settle better in different countries. Ask Everton fans about Ibrahima Bakayoko, for instance, and they may remember an expensive flop. Walter Smith paid £4.5m for the 21-year-old back in 1998, but sold him on at a loss less than a year later after the Ivory Coast striker had managed just seven goals in 28 appearances. During the enforced absence of Lucarelli, though, it is Bakayoko who has impressively partnered Danilevicius. However, every Livorno supporter will be hoping that it is the No 99 who leads the line on Thursday night to keep the red flag flying high.
Nella foto: Cristiano Lucarelli fa l'amore con la maglia del Livorno dopo il suo gol nella partita Piacenza-Livorno, che sancì la nostra promozione in serie A
l'amicizia
stanotte, dopo aver fatto all'amore,erano le 3,45 circa quasi quasi prima di addormentarmi mi è venuta l'illuminazione.
ho capito perchè la mia amicizia con X sta scemando.
sta scemando perchè non giochiamo più!
la chiave di tutte le mie amicizie è il gioco. l'ho capito stanotte in fase post coitale! zio can!
il gioco!!!!
ho amici con cui gioco a calcio, con cui gioco a fare le canzoni, con cui gioco a fare le dive del cinema, con cui gioco a carcassone (il gioco in scatola più bello del mondo), con cui gioco a fare le scenette del teatro, con cui gioco a carte, a risiko, etc.insomma un sacco di giochi diversi.
invece con X non gioco più a nulla. si parla, anche di cose importantim eh, ma non si gioca più. e quando il gioco non c'è l'amicizia muore.
sono un uomo-bambino. ho bisogno della palla e di agonismo.
forse mio nonno è arrivato a 97 anni anche perchè ha giocato a carte fino al giorno prima di andarsene. alla fine era un pò un bradipo allegro, ma ha giocato. mio padre invece è ancora un bambino, basta guardarlo quando si incazza con i miei cugini di 5 anni perchè perde una partita a forza quattro. io sono della stessa razza.
il gioco!!!
riprendiamo a giocare, X , riprendiamo!
20061015
wave goodbye
Questo è un post di saluto, a una persona che da un po' legge questo blog, e lo apprezza silenziosamente. E' la persona che ci presta queste belle foto, e fa un lavoro ammirevole in giro per il mondo. Domani parte per un anno intero, ma ci darà sue notizie.
Pensavo di prendere in prestito le parole della bellissima Wave Goodbye di Chris Cornell, ma l'ho già fatto in passato per un saluto...eppure ci stavano bene. Le parole si incollano sulla lingua, e rischi di inciampare sui tuoi piedi, quando ti manca qualcuno, recita l'incipit, nella mia traduzione approssimativa. Insomma, Cat domani parte per lo Zimbabwe, e, adesso mi sembra il momento di svelarlo ai frequentatori del blog, mi invierà delle mail di aggiornamento sulla situazione, sul suo lavoro, sulle sue sensazioni, e io le pubblicherò qui, sul nostro blog. Mi sembra una bella cosa, l'aprire delle finestre sul mondo, soprattutto quello "svantaggiato". Speriamo non sarà l'unica, di finestre sul mondo, nel prossimo futuro ce ne potrebbero essere altre, oltre, naturalmente, ai nostri reportage di viaggio "normali", per così dire.
Presentazione di questo piccolo progetto a parte, buon viaggio e buon lavoro. Mi mancherai, e spero di rivederti presto. Ora basta, si sa che mi commuovo. E scusate la parentesi personale.
Foto Cat, Bredjing Refugee Camp 3
ventiquattro
Ultime riflessioni prima di andare a dormire.
Viaggio molto in auto, nonostante non ci lavori; sono un uomo da 30mila chilometri all'anno. Incredibile ma vero, ho un lettore cd che salta alla minima sconnessione dell'asfalto. Ogni tanto mi innervosisco, mi rompo le scatole di ascoltare musica che salta in continuazione, e passo alla radio. Negli ultimi anni, ascolto molto Radio24. Nata come la radio de Il sole 24 ore, è diventata una vera "radio di servizio", ma anche di cultura, e annovera nel suo palinsesto personaggi di ottimo spessore. Ci sono dei programmi veramente interessanti, e non solo. Divertente Trovati un bravo ragazzo, condotto da Chiara Gamberale e Carlo Guarino, gustoso Il gastronauta di Davide Paolini, caustico La zanzara con Giuseppe Cruciani. Ultimamente molto bello I magnifici, biografie di grandi della musica e dello spettacolo. Ho ascoltato con interesse quello su Frank Sinatra, dopo di che quello su Freddy Mercury, ed ho imparato cosette che ignoravo. Tra l'altro, infarciti di inediti.
Questa notte ascoltavo il superlativo Il volto e l'anima dove Gianluca Nicoletti (personaggio interessantissimo; ho scoperto da Wikipedia che ha iniziato la sua carriera in Rai nel 1983 presentando una finta lettera di raccomandazione di un inesistente zio arcivescovo) dibatte su chirurgia estetica e società, insieme a un sacerdote, Filippo di Giacomo, che collabora già con Radio24, e il brasiliano Ricardo Augusto Moro, chirurgo estetico. Eccezionale il passaggio dove il chirurgo spiegava che una delle richieste ricorrenti ultimamente gli viene dalle donne anziane, che si fanno trapiantare capelli dalla nuca al pube, visto che con l'età anche i peli "cadono" (per il momento non apriamo la parentesi sulla depilazione, ma sappiate che il buon Nicoletti ha sollevato l'obiezione "ma come? oggi tutti si depilano e queste si fanno trapiantare i capelli sul pube? come Berlusconi ha fatto in testa?"). Nicoletti ha sollevato (un'altra) l'obiezione "ma non crescono fino alle ginocchia poi?", e il chirurgo ha spiegato, premettendo "pensate come è strana la natura", che a causa dell'umidità generata dagli indumenti intimi, non solo i capelli/peli non crescono esageratamente, ma addirittura si arricciano come quelli veri.
Concludendo: vi avevo già detto che leggo Repubblica da sempre, e che era un'abitudine che ho mutuato da mio padre, nonostante lui sia orientato politicamente da un'altra parte; quasi a farlo apposta, ho cominciato ad ascoltare Radio24 perchè mio padre l'ascolta sempre in auto, soprattutto per i programmi finanziari (che sono davvero pochi nel palinsesto). Il programma che mi piace meno, e che non riesco proprio ad ascoltare, è Al vostro posto, condotto da Valerio Staffelli: programma di grande utilità collettiva, ma Staffelli mi sta sui coglioni a pelle. Anche solo la voce mi indispone.
Foto Cat, Certosa di Bologna 18
http://www.radio24.ilsole24ore.com/fc?cmd=index&chId=40
Colonna sonora: Casino Royale, Milano double standard
todavía en castellano
¿Como puedo?
¿Como puedo olvidar tu boca
si nunca la besé?
¿Como puedo olvidar tu cara
si nunca entendí lo que pasaba detrás?
¿Como puedo olvidar tu cuerpo
si nunca lo vi desnudo?
¿Como puedo olvidarte
si siempre te imaginé?
Te quiero mi amor, te quiero
y esta es la única seguridad.
Foto Cat, Bredjing Refugee Camp 2
war?
E' difficile discettare sull'opportunità di una legge che punisce chi nega un genocidio poco riconosciuto a livello mondiale. Tra l'altro, visto che oggi lo fa perfino Sofri su Repubblica, mi mette anche in difficoltà questa cosa. Però ci tenevo a sottolineare la cosa, visto che per la mia innata curiosità sulle cose del mondo mi sono sommariamente interessato al problema fin da tempi non sospetti.
Riassumendo: a partire dal 1915 la Turchia inizia la deportazione in massa degli armeni verso la Mesopotamia. Moriranno circa UN MILIONE E MEZZO di persone. La Turchia da sempre nega questo genocidio. Se non siete per niente informati sull'argomento, il metodo più sbrigativo può essere noleggiare il film Ararat di Atom Egoyan, regista canadese di origine armena (nella colonna sonora ci sono anche i System Of A Down, tutti e quattro statunitensi ma provenienti da famiglie armene). L'Ararat è la montagna sacra degli armeni, e si trova tutt'ora in territorio turco.
La Francia è stata la prima nazione a riconoscere ufficialmente il genocidio. Qualche giorno fa si è spinta ancora più in là: ha promulgato una legge che punisce col carcere chi nega questo genocidio. Diverse personalità importanti si sono già pronunciati in maniera critica su questa legge (tra gli altri, il neo premio Nobel per la letteratura, il turco - ma che non nega il genocidio - Orhan Pamuk). Sono d'accordo, imporre la verità storica per legge è quantomeno strano. D'altro canto, ammiro la Francia perchè tiene sempre di conto della sua importanza e dell'importanza della sua storia: liberté, egalité, fraternité.
20061014
poor Muhammad
Il premio Nobel per la pace a Muhammad Yunus, il banchiere dei poveri, è un bellissimo segnale, soprattutto per l'occidente capitalista ormai schiavo dell'economia di mercato.
Vi dò solo alcuni cenni su quest'uomo, ne troverete molti altri e molto più approfonditi in questi giorni. E' un economista visionario, che in pratica ha fondato il concetto di microcredito: la banca, cioè chi ha i soldi e li vuole prestare, che va dal povero, perchè il povero non andrà mai in banca. Elargire crediti minimi, che aiutino i poveri a muovere piccoli passi per creare un minimo di ricchezza, per cominciare a mettere in piedi piccole imprese familiari, sulla fiducia e non firmando delle carte: i poveri, spesso, sono analfabeti. Però hanno una grande dignità. Ricetta semplice, ma visionaria e utopistica. Ha funzionato.
Troverete in libreria anche un suo libro: Il banchiere dei poveri edito da Feltrinelli.
Lunga vita a Muhammad.
running with the devil
Il diavolo veste Prada - di David Frankel 2006
Andy è una ragazza di provincia, decisa a diventare una giornalista. E' concreta, ha un basso profilo, educata, ha un fidanzato che lavora come cuoco e che le vuole bene, degli amici con i quali si trova a meraviglia. Arriva a New York nella speranza di fare gavetta e, alla fine, coronare il suo sogno nel giornalismo. Per un caso, forse, viene assunta come assistente della insopportabile Miranda Priestly, direttrice di Runway, bibbia della moda; Miranda è dispotica, sadica, secca nei giudizi, influente ai massimi livelli quando si tratta di moda e di tutto ciò che gira intorno ad essa. Il tormentone del film è milioni di ragazze sarebbero disposte ad uccidere per quel posto, mentre Andy la vive male, malissimo, sopportando a stento le iniziali derisioni a lei rivolte dall'intera redazione, visto che non ha la minima cura di sé e dei suoi vestiti, e le continue vessazioni a cui la sottopone Miranda. Con l'aiuto del fido collaboratore Nigel, Andy si trasformerà, dapprima esteriormente, pian piano anche interiormente, fino a perdere tutto quello che aveva prima di trovare questo lavoro, diventando però l'assoluta preferita di Miranda. Fino a che non si troverà davanti ad un bivio.
Ce lo spacceranno, anzi, lo stanno già facendo, come un film leggero ma in fondo denso di contenuti, tutto sommato edificante, recitato alla grande e diretto superbamente. In realtà, il film è una pellicola indifendibile, tutto apparenza, dove appaiono modelle famose in particine minori e perfino grandi stilisti (Valentino) nei panni di loro stessi, tremendamente noioso e dall'esilità annichilente.
La trama è schematica e iper-scontata (il brutto anatroccolo che si trasforma in cigno, ma perde i veri valori della vita, per poi riacquistarli quando, alla fine, all'improvviso le si sciolgono le fette di prosciutto che nel frattempo si è graziosamente calata sugli occhi), la regia didascalica e senza mai un colpo di genio, piatta, quando ormai neppure i videoclip si girano più così, gli attori in perenne crisi di nervi (tranne lo scrittore che, per un attimo, fa girare la testa alla protagonista, possessore di un paio di sopracciglia degne di quelle di Cannavaro prima che diventasse un fighetto, e, come dicevano quelli della Gialappa's, aveva una squadra di omini che gliele rastrellava; quello che lo salva - lo scrittore - è il fatto che lui le ha bionde), cosa quest'ultima che fa si, ovviamente, che la prestazione della Streep passerà alla storia, mentre invece gigioneggia e basta, mentre tutti gli altri fanno una figura barbina. Si salva l'ormai monumentale Stanley Tucci, nei panni di Nigel, ma ormai la bravura di Tucci, per chi è appassionato di cinema, non fa più notizia. Orripilante (come prova d'attrice, of course) la protagonista, Anne Hathaway, qui trasformata dallo staff di estetisti, truccatori e costumisti, da bellezza acqua e sapone leggermente asimmetrica quale è nella realtà, a sosia di Liv Tyler prima della tremenda cura ingrassante degli ultimi anni (si vocifera abbia ingoiato un vitello intero e ancora non riesca a digerirlo; ricordiamoci che il povero Peter Jackson ha dovuto faticare non poco e adattare le scene della trilogia dell'anello perchè la figura ormai pachidermica della Tyler non uscisse dallo schermo ad ogni inquadratura che la riguardava).
Non bisognerebbe scomodare il magistrale Altman di Pret-à-porter, l'Altman di una volta, che ancora sapeva fare film e ogni volta non sbagliava un colpo, dato che qui siamo su un livello lontano anni luce, e molto, molto più basso, per cercare di far capire che siamo davanti a una pellicola davvero mediocre, ma qualcosa bisogna pur dire.
Alla fine, vista l'indulgenza massima verso il mondo della moda, che sembra essere messo sul piano di una scuola di vita, viene il sospetto che tutto il film sia un enorme marchetta lunga quasi due ore.
Da dimenticare in fretta.
20061013
rula
ma a rula jebrael che cazzo gliene frega della politica italiana?
e perchè non parla più lentamente?
e perchè fa le domande ma non ascolta le risposte?
scopritelo su rieduchescionalchannel!!!!
Nata il 24/04/1973 ad Haifa in Israele. Giunge a Bologna con un diploma di fisioterapista per seguire un corso di perfezionamento, ma si dedica al giornalismo e inizia a scrivere di politica mediorientale su Carlino, Giorno e Nazione. Partecipando a una puntata di Diario di guerra, come giornalista e militante del Movimento palestinese per la democrazia e la pace, viene notata dal direttore del Tg de La7 e ottiene un contratto di tre mesi per la rassegna della stampa araba. Nel settembre 2003 ottiene la conduzione del TgLa7. Collabora anche con Il Messaggero. Come scrittrice pubblica i romanzi La strada dei fiori di Miral (2004, Rizzoli) e La sposa di Assuan (2005, Rizzoli). Nel 2006 è a Rai2 nella trasmissione Anno zero condotta da Santoro
rumors
Con tutti i suoi difetti (settario, oltranzista, con la puzza sotto il naso, spocchioso, una volta sono riusciti addirittura a recensire un concerto senza che il recensore in questione fosse riuscito a procurarsi il biglietto), l'appuntamento col "mio" mensile di musica favorito fa sempre piacere; è uno di quei momenti nei quali ti riscopri bambino, quando il tuo edicolante ti annuncia, alle 6,40 del mattino, "oh è arrivato rumore novo, ne è arrivata una copia sola, te l'ho messa da parte la voi?" e, incuriosito come, appunto, un bimbo davanti al luna park, rispondi "boia dé, lo vorrò?".
Questa volta il piacere è particolare, guardate un po' chi c'è in copertina? Su questo blog ne abbiamo parlato fino allo sfinimento, e adesso, nonostante i proclami di qualche anno fa (musica solo on line, mai più su cd, mai più con case discografiche), con mia somma sorpresa i Casino Royale tornano a fine mese con un nuovo disco, Reale. Sono contento, e sono convinto che nonostante manchi Giuliano "The King" Palma, i Casino hanno ancora molto da dire. L'intervista ad Alioscia su Rumore è interessante, soprattutto perchè parla molto, non c'è bisogno di domande particolari. Ci ho sentito vicinanza, soprattutto perchè siamo all'incirca coetanei e anche lui, da 40enne, si pone degli interrogativi tipo "che musica ascoltano i 16enni di oggi?", e altre cosette degne di nota.
Visto che siamo in ambito musicale, qualche novità all'orizzonte. Escono a breve i nuovi Arctic Monkeys, Amplifier, Converge. Tanto per citare qualche nome interessante, e abbracciare diversi generi. Per il momento, dopo i primi ascolti, gli Arctic Monkeys rimangono nelle zone già praticate col primo frizzante disco, gli Amplifier giocano a fare i Tool che incontrano i Genesis e levigano il tutto (ogni disco degli Ampli è come se fosse troppo patinato), i Converge continuano ad urlare la disperazione del mondo a squarciagola, e la loro musica risulta ancora una volta come una lametta su una lavagna.
Certo, la curiosità è tutta per il nuovo dei Casino Royale, ma è bene non rimanere indietro.
20061012
benz
fateci caso a quanto la pagate voi.. e poi ditemi un pò i prezzi..
per curiosità..
ma
dove sono famosi? in mozambico?
ps.facevo zapping!!!
le sorelle
durante le prove registro anche alcuni passaggi per poi ascoltare a casa se il risultato è buono.
l'ep che vogliamo fare avrà 4 canzoni non tre.
l'ep che vogliamo fare ha già una copertina, ed è bellissima, l'ha vista solo il nostro art director oltre a noi.
cerco melodie alternative, non è facile, ma è stimolante.
state accorti!
pellicole
Scoop, ultima fatica di Woody Allen, è una mezza delusione, ma ormai negli ultimi anni non è una novità, a differenza degli anni passati. Allen alterna brillanti idee (Match Point) a filmetti senza grosse pretese (Anything Else, La maledizione dello scorpione di giada, Accordi e disaccordi). Una studentessa americana in vacanza a Londra, durante uno spettacolo di un mago da strapazzo, dentro una cabina definita smaterializzatore dal mago stesso, "incontra" lo spirito di un grande giornalista appena morto, che le dà alcune dritte per uno scoop su un serial killer insospettabile. Nel corso della strampalata indagine, che la studentessa conduce con l'aiuto del mago, lei si innamora del presunto killer. Bravissima la Johansson, imbalsamato Jackman (volutamente), più il solito Allen nei panni del mago, una manciata di grandi battute brucianti, il film rimane nel limbo, non decolla mai e annoia pure un po'. Forse, ancora un caso di super-produzione che fiacca un po' la vena creativa, nella quale speriamo ancora tutti.
A Est di Bucarest è un film rumeno, di Corneliu Porumboiu; solo per il fatto di venire dalla Romania gli andrebbe dato una chance, almeno questo secondo me. A 16 anni di distanza dalla "rivoluzione", o comunque dalla fuga di Ceausescu e la successiva sollevazione popolare, in una piccola cittadina ad est della capitale, il proprietario/factotum/conduttore di una piccola televisione, organizza un dibattito nel quale si prefigge di stabilire se la suddetta rivoluzione c'è stata oppure no. Se la gente è scesa in strada prima che Ceausescu se ne andasse, fu rivoluzione, se invece la gente è scesa dopo, "che rivoluzione è stata?".
Alcune difficoltà a reperire degli ospiti credibili, il giornalista si vede costretto ad invitare un vecchio che per sbarcare il lunario si traveste da Babbo Natale sotto le feste, e ad un insegnante trasandato e ubriacone. Visto che quest'ultimo sostiene di essere sceso nella piazza molto prima, e di aver addirittura lottato contro la sicurezza, la cosa si fa divertente, dato che tutti coloro che telefonano in diretta durante la trasmissione, smentiscono categoricamente l'insegnante.
Tentativo interessante, pochi mezzi, descrizione cruda della vita in Romania, interpreti che ricordano un po' lo stile di Aki Kaurismaki, il film diverte a tratti, in altri si vorrebbe uccidere il regista. Alla fine, anche se con poca verve, si riflette anche un po', e non fa male. Solo per appassionati.
Water, dell'indiana Deepa Mehta, autrice dell'interessantissimo Fire alcuni anni fa, ci descrive l'India di fine anni '30, quando Ghandi iniziava la sua ascesa e gli inglesi dominavano incontrastati; il fulcro del film, però, è ancora la condizione femminile indiana, e nello specifico delle vedove, anche giovanissime. La piccola Chuya, vedova a meno di 10 anni, entra in una casa (appunto) di vedove a Benares, e come da tradizione, è costretta a vivere in stretta osservanza delle regole, solo insieme ad altre vedove. La sua presenza esuberante e incredula, unita ai cambiamenti che erano a quell'epoca nell'aria, dà un'ulteriore scossa per una mutazione dei costumi.
Permangono delle ingenuità da parte della regista, la prima parte è piuttosto soporifera e inconcludente, ma la seconda parte beneficia della costruzione iniziale e si rivela superiore alla media, riuscendo a toccare le corde dell'emozione. Alcune buone interpretazioni e un ottimo gusto per le inquadrature, buoni movimenti di macchina, alla fine ne fanno un film non proprio da buttare.
20061011
donne
La notizia è di qualche giorno fa, ma merita di essere riproposta per chi non se ne fosse accorto. L'Athletic Bilbao, squadra di calcio basca prima che spagnola, che ultimamente naviga in acque agitate, gloriosa, storica e famosa per schierare esclusivamente giocatori baschi (anche Lizarazu, francese, è basco; per chi non lo sapesse, esistono anche due province basche in Francia. Esempio, anche Deschamps, attuale tecnico della Juventus, è francese, ma basco; è nato infatti a Bayonne, paesi baschi francesi), ha di recente nominato un presidente ad interim, e per la prima volta nella sua storia, è una donna: si chiama Ana Urquijo (o Urkijo, come scrivono i puristi baschi) Elorriaga, 50enne avvocata con due figli, socia del club dal 1969. A lei un compito difficile, traghettare il club fino alle prossime elezioni presidenziali che si terranno nel 2008, e risollevare le sorti sia sportive che economiche della squadra, tra la diffidenza generale.
Le facciamo tanti auguri.
Foto tratta da www.elcorreodigital.com
ruota libera
Mi sento di parlare di qualche argomento polemico in tutta libertà. E allora.
Ne avevo già sentito parlare tempo fa proprio a Vicenza, da amici appunto di Vicenza. Le US Army hanno chiesto già da un po' di tempo chiesto di acquisire l'intero terreno dell'aeroporto Dal Molin per allargare la caserma Ederle; la base diventerebbe la più grande d'Europa, inglobandone alcune presenti in Germania. Non conosco bene i dettagli (termini di acquisizione, basi che chiuderebbero, brigate che si riunificano), ma per alcune cose potranno aiutarci gli amici stessi di Vicenza, che leggeranno e commenteranno. Andiamo ai fatti spiccioli: qualcuno non è d'accordo, altri si. L'allargamento darebbe lavoro, magari quel lavoro che adesso gli imprenditori locali non riescono a dare. Non mi sento di giudicare a fondo, perchè così a naso non mi pare manchi il lavoro nel Nord-Est. Anche qui ci aiuteranno gli amici magnagatti (soprannome storico dei vicentini).
Quello che interessa a me è il concetto, sul quale rifletto già da un po'. Ma veramente siamo ancora debitori degli USA perchè ci hanno liberato durante la Seconda Guerra Mondiale? E' per questo che ci sono le basi USA in Italia? E' di ieri sera la notizia secondo la quale l'inchiesta sulla tragedia del Moby Prince sarà riaperta, visto che si sono trovate delle riprese satellite secondo le quali nella zona dell'incidente alcune navi USA stavano facendo manovra al largo di Camp Darby (la base USA tra Pisa e Livorno). Non ci voglio credere, un'altra Ustica, un mezzo Cermis. Non ci voglio credere.
Non ce l'ho con loro. Il mio primo insegnante di inglese era un ragazzo di Seattle che lavorava dentro Camp Darby. Mi era simpaticissimo. La cosa di Vicenza l'ho sentita per la prima volta alla festa di un'amica carissima, alla quale voglio bene; suo padre è militare USA, è una persona splendida, ascolto volentieri le sue storie sull'Afghanistan e altro, tutta la famiglia mi piace da morire.
Ma, ripeto, ha ancora senso che ci siano le basi militari USA in Italia? Secondo me no. Secondo me non ha mai avuto un senso questa cosa. Poteva essere, ai tempi, una spartizione tattica. Adesso non ha più senso. Se sussiste, a questo punto facciamo aggiungere una stella sulla bandiera e votiamo quando ci sono le elezioni americane. Mi spiacerebbe perchè mi sono già affezionato all'Euro.
La Corea del Nord ha annunciato di aver eseguito un test atomico. Tutti scandalizzati e offesi. Loro gongolano, l'Iran anche. Questa mattina per la prima volta ho sentito qual è il criterio di non proliferazione atomico, messo in atto dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, in più riprese (l'ultima nel 1980). Possono avere l'atomica solo i paesi che l'avevano a quel tempo. USA, URSS, Francia, Inghilterra e Cina. Tutti quanti sanno benissimo che ci sono almeno altri 3-4 paesi che ce l'hanno (Israele, India, gli altri metteteli voi).
Ora, dico, ma che cazzata è? O tutti, o nessuno. Detto questo, tanto per capire come la penso nello specifico, immagino che tutti i coreani del nord siano contentissimi dell'atomica. Sai che pance piene adesso?
Me ne verrebbero altre, ma è tardi. Per oggi può bastare.
Foto Cat, Landscapes 10
20061010
abbi
andando di palo in frasca...
come sapete io leggo la Repubblica (il giornale), proprio come jumbolo, leggo anche la versione on line, MA la versione on line fa schifo, mi fa vergognare, le versioni on line dei quotidini sembrano una versione un pò più elegante dei siti tipo libero, tipo msn, tipo questi siti dove puoi trovare mediocremente tutto ciò che è superfluo!...abbasso la repubblica on line ( e anche il corriere!)!
altro palo altra frasca...
un pò spero che il chievo non vinca una partita e si ritrovi in serie B, mi dispiacerebbe per la città di Verona, ma forse ci guadagnerebbe l'Hellas, in questo momento un pò troppo oscurato dalla cugina..abbasso il chievo!
20061009
azzurro fiaba
Lady in the water - di M. Night Shyamalan 2006
Cleveland Heep è un uomo buono. Nessuno conosce il suo passato, ma si può intuire da subito che non è granché. E' il guardiano tuttofare del residence The Cove, nei pressi di Philadelphia. Cleveland conosce tutti gli inquilini e i loro tic, accoglie i nuovi arrivati e li indirizza tra gli altri condomini, li mette al corrente delle regole. Impacciato, timido e balbuziente, è voglioso di apprendere, tanto che chiede continuamente libri in prestito a Young-Soon, una residente di origine asiatica che studia all'Università. Una delle regole del residence, è che non si può usare la piscina dopo il tramonto, e da un po' di tempo Cleveland sospetta che invece qualcuno ne faccia uso. Attento e guardingo, riesce ad intercettare una presenza che, appunto, si muove nell'acqua; ma non è un inquilino, bensì una misteriosa ragazza diafana e rossa di capelli, impaurita, impudica, apparentemente ignara di ogni basilare regola di comportamento in questo mondo. Si chiama Story, e comunica a Cleveland qual è la sua missione, insieme al fatto che lei non è di questa terra. L'uomo, dapprima spiazzato e incredulo, vinto dalla curiosità e da una sorta di fede che sembra nascergli dal profondo, cerca di capire qualcosa di più, e trova una preziosa informatrice nella madre di Young-Soon, che conosce una favola orientale, favola dalla quale Story sembra uscita. E' una narf, una ninfa acquatica che viene dal Mondo Azzurro. Il suo compito è conoscere uno scrittore, che alla sua presenza prenderà coscienza del fatto che il libro che sta scrivendo cambierà il corso degli eventi, pur se indirettamente. Tutto ciò innescherà la venuta di un bambino che salverà l'umanità. Parte la ricerca dello scrittore, dopo di che Story deve tornare nel suo mondo, ma una feroce creatura, uno Scrunt, cercherà in tutti i modi di impedirglielo. Il condominio tutto, guidato da Cleveland, si metterà d'impegno per far si che Story possa portare a termine sana e salva la sua missione.
Vedo già bocche storte. Bene, ve lo dico: siete in errore. Shyamalan, e qui mi ripeto, è un genio. Probabilmente l'unico cineasta geniale di questa generazione. Non importa essere laureati in storia del cinema, essere critici accreditati, per capire che il cinema di Shyamalan va oltre. Come tutti i geni, è estremo, per questo tutti i suoi film hanno diviso la critica (che ultimamente sembra un po' indulgente verso di lui) ma soprattutto il pubblico. Il confine tra il ridicolo e il sublime è continuamente rasentato dalle sue opere: quest'ultima non fa eccezione.
Tra l'altro, c'è poco da disquisire, Shyamalan si ama o si odia. Potrei stare qui a dirvi che è un ottimo seguace, a modo suo, di Hitchcock, che ogni sua inquadratura è un piccolo capolavoro, che ti spiazza continuamente con un'atmosfera sempre perennemente in bilico tra il grottesco e l'horror, che riesce a far risultare credibili e indispensabili i parchi ma imprescindibili effetti speciali presenti nel film. Dirvi che prende una favola a pretesto per cercare di fare un film sui nostri tempi, e al contrario dei catastrofisti, crea un filmone pieno di speranza, un inno alla forza dell'umanità. Che dissemina il condominio di personaggi delineati con appena due inquadrature, a volte nemmeno un dialogo, che il condominio è uno spaccato della civiltà odierna.
Ma, come ho cercato di sintetizzare agli amici all'uscita dalla proiezione, se non avete la capacità di sperare, oltre che di sognare, sarà tutto inutile. Shyamalan e il suo Lady in the water non fa per voi. Al contrario, tutti coloro che appartengono alla categoria sopra citata, il film dell'autore di The Village, Signs, Unbreakable e Il sesto senso, piacerà da morire. Piangerete, tornerete bambini, vi assalirà la voglia di aiutare gli abitanti del condominio, vi sentirete un groppo alla gola per buona parte del film.
Un cast variegato e finanche divertente, dove lo stesso regista e sceneggiatore si ritaglia per la prima volta una parte piuttosto rilevante, con due mattatori eccezionali, quali Paul Giamatti nei panni di Cleveland, e una eterea, bellissima, delicata, sensazionale Bryce Dallas Howard nei panni della ninfa Story; spesso recita con gli occhi, fateci caso. Una eccezionale promessa del cinema, altra cosa già detta in passato.
Un altro film coraggioso, tenace, carico di speranza come dicevo prima. Un film imperdibile. Quasi un capolavoro.