Look Up Sharp - Carla Dal Forno (2019)
Eccoci al secondo album per la giovane australiana dal nome tutto italiano Carla dal Forno. Non mi pare ci si discosti granché dal suo debutto You Know What It's Like del 2016, come pure dal suo EP intermedio The Garden, del 2017: l'attitudine, ma solo quella, è post punk, laddove virava verso il dark, lo si evince dall'uso del basso, che fa da linea guida di tutte le sue composizioni, c'è un folk rarefatto e piegato verso una nuance goth, un songwriting sicuro e asciutto, un uso bizzarro dei rumori, una tavolozza ristretta ma curiosa di strumenti. Sicuramente, già al secondo disco, ha una riconoscibilità invidiabile. Non entusiasmante (per me), ma decisamente personale.
Here we are on the second album for the young Australian with an all-Italian name Carla dal Forno. I don't think there is much difference from her debut You Know What It's Like in 2016, as well as from her intermediate EP The Garden, in 2017: the attitude, but only that, is post punk, where it veered towards the dark, you can understand this from the use of bass guitar, which acts as a guideline for all her compositions, there is a rarefied and bent folk towards a goth nuance, a safe and dry songwriting, a bizarre use of noises, a narrow but curious palette of instruments. Surely, already on the second album, she has an enviable trademark. Not exciting (to me), but decidedly personal.
No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.
20191231
20191230
Muse 2
Musas Vol. 2 - Natalia Lafourcade (2018)
Passo indietro di quasi 2 anni, per parlarvi della seconda parte di questo progetto/omaggio, come dice il sottotitolo, al folclore latinoamericano (attenzione, folclore in questo caso si riferisce alla musica, ovviamente). Struttura simile al volume 1: tre canzoni originali (una delle quali già edita anni fa a favore di un movimento di protesta studentesco), il resto grandi pezzi traditional o che stanno per diventarlo. Alma mìa di Marìa Grever, Duerme negrito di Atahualpa Yupanqui, Luz de luna di Alvaro Carrillo, Eclipse di Margarita Lecuona, Desdeñosa di Benigno Lara Foster, Te sigo di Augusto Polo Campos, Humanidad di Alberto Domìnguez, lo strumentale Gavota di Manuel Ponce, oltre al superclassico La llorona e Tus ojitos. Come già detto in occasione del disco precedente, ma pure quando, raramente, vi parlo di artisti latinoamericani che in qualche modo abbracciano il folclore, è qualcosa di completamente diverso, ma ha il suo fascino, e potreste apprezzarlo.
Let's go back almost 2 years, to tell you about the second part of this project / tribute, as the subtitle says, to Latin American folklore (attention, folclore in this case refers to music, of course). Structure similar to volume 1: three original songs (one of which was already published years ago in favor of a student protest movement), the rest are large traditional tracks or about to become it. Alma mìa by Marìa Grever, Duerme negrito by Atahualpa Yupanqui, Luz de luna by Alvaro Carrillo, Eclipse by Margarita Lecuona, Desdeñosa by Benigno Lara Foster, Te sigo by Augusto Polo Campos, Humanidad by Alberto Domìnguez, the instrumental Gavota by Manuel Ponce, besides to the superclassics La llorona and Tus ojitos. As already said on the occasion of the previous album, but also when, rarely, I speak to you of Latin American artists who somehow embrace folklore, it is something completely different, but it has its charm, and you could appreciate it.
Passo indietro di quasi 2 anni, per parlarvi della seconda parte di questo progetto/omaggio, come dice il sottotitolo, al folclore latinoamericano (attenzione, folclore in questo caso si riferisce alla musica, ovviamente). Struttura simile al volume 1: tre canzoni originali (una delle quali già edita anni fa a favore di un movimento di protesta studentesco), il resto grandi pezzi traditional o che stanno per diventarlo. Alma mìa di Marìa Grever, Duerme negrito di Atahualpa Yupanqui, Luz de luna di Alvaro Carrillo, Eclipse di Margarita Lecuona, Desdeñosa di Benigno Lara Foster, Te sigo di Augusto Polo Campos, Humanidad di Alberto Domìnguez, lo strumentale Gavota di Manuel Ponce, oltre al superclassico La llorona e Tus ojitos. Come già detto in occasione del disco precedente, ma pure quando, raramente, vi parlo di artisti latinoamericani che in qualche modo abbracciano il folclore, è qualcosa di completamente diverso, ma ha il suo fascino, e potreste apprezzarlo.
Let's go back almost 2 years, to tell you about the second part of this project / tribute, as the subtitle says, to Latin American folklore (attention, folclore in this case refers to music, of course). Structure similar to volume 1: three original songs (one of which was already published years ago in favor of a student protest movement), the rest are large traditional tracks or about to become it. Alma mìa by Marìa Grever, Duerme negrito by Atahualpa Yupanqui, Luz de luna by Alvaro Carrillo, Eclipse by Margarita Lecuona, Desdeñosa by Benigno Lara Foster, Te sigo by Augusto Polo Campos, Humanidad by Alberto Domìnguez, the instrumental Gavota by Manuel Ponce, besides to the superclassics La llorona and Tus ojitos. As already said on the occasion of the previous album, but also when, rarely, I speak to you of Latin American artists who somehow embrace folklore, it is something completely different, but it has its charm, and you could appreciate it.
20191229
Istinto spirituale
Spiritual Instinct - Alcest (2019)
Il sesto disco della creatura di Neige, uscito un paio di mesi fa, ribadisce l'importanza degli Alcest nel panorama internazionale della musica estrema (e, tra l'altro, colloca la Francia in una posizione decisamente importante, se la vogliamo vedere come una classifica, avendo "partorito" loro e i Gojira): il loro blackgaze, distinto e, se vogliamo, meno estremo (adesso) rispetto a quello dei Deafheaven, si sta raffinando in modo impressionante. La melodia la fa da padrone, i droni di chitarra sono stratificati in maniera spettacolare, ci vogliono ripetuti ascolti per apprezzare tutte le variazioni, il cantato harsh usato in modo sempre più parsimonioso, lasciando spazio al cantato "clean" salmodiante, che ormai è un segno distintivo. Spiritual Instinct è un disco davvero bello da ascoltare e riascoltare, tra l'altro, uno di quei dischi che potrebbe far ravvedere molti amanti della musica metal che però non sopportano il suo "lato oscuro".
The sixth album of Neige's creature, released a couple of months ago, reaffirms the importance of Alcest in the international panorama of extreme music (and, among other things, places France in a decidedly important position, if we want to see it as a ranking, having "given birth" to them and to Gojira): their blackgaze, distinct and, if we want, less extreme (now) than that of Deafheaven, is being refined in an impressive way. The melody is the master, the drones of guitars are stratified in a spectacular way, it takes repeated listening to appreciate all the variations, the harsh singing used in an increasingly parsimonious way, leaving room for the psalm-oriented clean one, which is now a distinctive sign. Spiritual Instinct is a really nice record to listen and re-listen, among other things, one of those records that could make think back many metal lovers who cannot stand its "dark side".
Il sesto disco della creatura di Neige, uscito un paio di mesi fa, ribadisce l'importanza degli Alcest nel panorama internazionale della musica estrema (e, tra l'altro, colloca la Francia in una posizione decisamente importante, se la vogliamo vedere come una classifica, avendo "partorito" loro e i Gojira): il loro blackgaze, distinto e, se vogliamo, meno estremo (adesso) rispetto a quello dei Deafheaven, si sta raffinando in modo impressionante. La melodia la fa da padrone, i droni di chitarra sono stratificati in maniera spettacolare, ci vogliono ripetuti ascolti per apprezzare tutte le variazioni, il cantato harsh usato in modo sempre più parsimonioso, lasciando spazio al cantato "clean" salmodiante, che ormai è un segno distintivo. Spiritual Instinct è un disco davvero bello da ascoltare e riascoltare, tra l'altro, uno di quei dischi che potrebbe far ravvedere molti amanti della musica metal che però non sopportano il suo "lato oscuro".
The sixth album of Neige's creature, released a couple of months ago, reaffirms the importance of Alcest in the international panorama of extreme music (and, among other things, places France in a decidedly important position, if we want to see it as a ranking, having "given birth" to them and to Gojira): their blackgaze, distinct and, if we want, less extreme (now) than that of Deafheaven, is being refined in an impressive way. The melody is the master, the drones of guitars are stratified in a spectacular way, it takes repeated listening to appreciate all the variations, the harsh singing used in an increasingly parsimonious way, leaving room for the psalm-oriented clean one, which is now a distinctive sign. Spiritual Instinct is a really nice record to listen and re-listen, among other things, one of those records that could make think back many metal lovers who cannot stand its "dark side".
20191228
20191227
Apathy on the Indiana Border
Emma Ruth Rundle + Messa, Bronson, Madonna dell'Albero Ravenna, giovedì 17 ottobre 2019
Emma Ruth Rundle + Kint and Vespertina, Colorificio Kroen, Verona, venerdì 18 ottobre 2019
Emma Ruth Rundle + Kint and Vespertina, Colorificio Kroen, Verona, venerdì 18 ottobre 2019
La giornata di giovedì comincia lentamente, dopo l'insoddisfacente concerto degli Sleep della sera precedente, e prosegue altrettanto lentamente con il mio avvicinamento in auto da Bologna a Ravenna, dove pranzo vicino al mare con l'amico Antonio, che sarà con me anche la sera. Il pomeriggio lo passo perdendo tempo e riposandomi, presso l'unico hotel esistente nella località dove sorge il Bronson. All'ora di cena decido di provare il ristorante dello stesso hotel, del quale parlano molto bene, e quando sono a metà della cena ecco che si ripete la stessa cosa della settimana precedente a Praga: ERR, la sua band, il suo uomo del merchandise, e un italiano dell'agenzia che li ha portati in Italia, arrivano ed occupano un tavolo del ristorante. Finisco la mia cena, e come la settimana precedente mi avvicino al tavolo, mi scuso, saluto e ringrazio, dando appuntamento a tutti a tra poco, e a domani sera a Verona.
Poco più tardi mi faccio i 500 metri che separano l'hotel dal locale, e aspetto l'amico per entrare. Il Bronson non è cambiato dall'ultima volta (già tre anni, concerto di Basia Bulat), piccolo, e come sempre, pochi spettatori. Cominciano i veneti Messa, autori di un doom metal piuttosto scolastico, che stride tantissimo con la voce della cantante Sara, tra l'altro un po' affogata nel mixaggio. Siamo già in ritardo sulla tabella di marcia, ma viene loro concesso un bel minutaggio. E adesso, andiamo avanti con Emma Ruth Rundle e la sua band.
Dopo averla vista lontano dall'Italia per due volte, da solo, è un bene che per questa "doppietta" io sia in compagnia di amici che la conoscono poco, e perfino non la apprezzino granché: posso provare altri punti di vista. Il mio, per questa serata, è che l'artista abbia modificato leggerissimamente la scaletta, con qualche ritocco agli arrangiamenti (in particolar modo sui pezzi di Marked to Death), cosa che apprezzo particolarmente, e che però non sia particolarmente ispirata dalla risposta del pubblico: non farà il classico encore (di questo tour europeo) Shadows of My Name (ma se ne scuserà sul suo Instagram, dicendo che era molto stanca). Mi dispiace non ascoltare l'encore, ma spero ci sarà modo domani sera. Il suo approccio è comunque molto professionale, perfino nelle modifiche alla set list. Capisco bene che il genere che pratica possa non piacere, però certamente il talento è indiscutibile. E' in forma, ma concerto così così, anche per i suoni, non perfetti.
Venerdì mattina, da Madonna dell'Albero torno a Bologna, dove nel pomeriggio partiremo con un altro amico per Verona, e in serata ci incontreremo con un altro amico. Dopo la pizza, eccoci al Colorificio Kroen, un circolo ricavato in una ex fabbrica. La creatività italiana è indubbia, ma la resa sonora discutibile. Aprono i Kint con Vespertina, band emiliana e cantautrice perugina, per un post rock sperimentale apprezzabile ma migliorabile.
I ritardi si accumulano, ma stasera, i suoni sono migliori, e ERR appare un po' più ispirata. La scaletta è la stessa ma con un paio di pezzi in più, inclusa la conclusiva Shadows, che la stessa annuncia dicendo che non farà il teatrino dell'encore, uscendo e rientrando. Come ieri sera, prendo nota dei punti di vista "contrari". E' probabile che Emma debba ancora lavorare sulla diversificazione del songwriting; io ovviamente mi commuovo su Protection e Real Big Sky, il locale è più gremito, anche se ne perde un po' la visibilità.
Si conclude così la settimana con 5 concerti in 6 giorni.
Poco più tardi mi faccio i 500 metri che separano l'hotel dal locale, e aspetto l'amico per entrare. Il Bronson non è cambiato dall'ultima volta (già tre anni, concerto di Basia Bulat), piccolo, e come sempre, pochi spettatori. Cominciano i veneti Messa, autori di un doom metal piuttosto scolastico, che stride tantissimo con la voce della cantante Sara, tra l'altro un po' affogata nel mixaggio. Siamo già in ritardo sulla tabella di marcia, ma viene loro concesso un bel minutaggio. E adesso, andiamo avanti con Emma Ruth Rundle e la sua band.
Dopo averla vista lontano dall'Italia per due volte, da solo, è un bene che per questa "doppietta" io sia in compagnia di amici che la conoscono poco, e perfino non la apprezzino granché: posso provare altri punti di vista. Il mio, per questa serata, è che l'artista abbia modificato leggerissimamente la scaletta, con qualche ritocco agli arrangiamenti (in particolar modo sui pezzi di Marked to Death), cosa che apprezzo particolarmente, e che però non sia particolarmente ispirata dalla risposta del pubblico: non farà il classico encore (di questo tour europeo) Shadows of My Name (ma se ne scuserà sul suo Instagram, dicendo che era molto stanca). Mi dispiace non ascoltare l'encore, ma spero ci sarà modo domani sera. Il suo approccio è comunque molto professionale, perfino nelle modifiche alla set list. Capisco bene che il genere che pratica possa non piacere, però certamente il talento è indiscutibile. E' in forma, ma concerto così così, anche per i suoni, non perfetti.
Venerdì mattina, da Madonna dell'Albero torno a Bologna, dove nel pomeriggio partiremo con un altro amico per Verona, e in serata ci incontreremo con un altro amico. Dopo la pizza, eccoci al Colorificio Kroen, un circolo ricavato in una ex fabbrica. La creatività italiana è indubbia, ma la resa sonora discutibile. Aprono i Kint con Vespertina, band emiliana e cantautrice perugina, per un post rock sperimentale apprezzabile ma migliorabile.
I ritardi si accumulano, ma stasera, i suoni sono migliori, e ERR appare un po' più ispirata. La scaletta è la stessa ma con un paio di pezzi in più, inclusa la conclusiva Shadows, che la stessa annuncia dicendo che non farà il teatrino dell'encore, uscendo e rientrando. Come ieri sera, prendo nota dei punti di vista "contrari". E' probabile che Emma debba ancora lavorare sulla diversificazione del songwriting; io ovviamente mi commuovo su Protection e Real Big Sky, il locale è più gremito, anche se ne perde un po' la visibilità.
Si conclude così la settimana con 5 concerti in 6 giorni.
Thursday, Ravenna
After seeing her far from Italy twice, by myself, it is good that for this "double date" I am in the company of friends who know her little, and even do not appreciate her very much: I can taste other points of view. Mine, for this evening, is that the artist has changed very slightly the setlist, with some tweaking of the arrangements (especially on the tracks from Marked to Death), which I particularly appreciate, but that she is not particularly inspired by the feedback of the public: she will not play the classic encore (of this European tour) Shadows of My Name (but she will apologize for it on her Instagram, saying she was very tired). I regret not listening to the encore, but I hope there will be a way tomorrow night. Her approach is still very professional, even in the changes to the set list. I understand that the genre that she plays may not like it, but certainly talent is indisputable. She is ok, but not-so-good concert, even for the sounds, not perfect.
Friday, Verona
The delays accumulate, but tonight, the sounds are better, and ERR looks a little more inspired. The setlist is the same but with a couple more tracks, including the conclusive Shadows, which herself announces saying that she will not make the encore theater, going out and coming back. Like last night, I take note of the "contrary" points of view. It is likely that Emma still has to work on diversifying songwriting; I am obviously moved by Protection and Real Big Sky, the place is more crowded, even if we lost something in visibility.
After seeing her far from Italy twice, by myself, it is good that for this "double date" I am in the company of friends who know her little, and even do not appreciate her very much: I can taste other points of view. Mine, for this evening, is that the artist has changed very slightly the setlist, with some tweaking of the arrangements (especially on the tracks from Marked to Death), which I particularly appreciate, but that she is not particularly inspired by the feedback of the public: she will not play the classic encore (of this European tour) Shadows of My Name (but she will apologize for it on her Instagram, saying she was very tired). I regret not listening to the encore, but I hope there will be a way tomorrow night. Her approach is still very professional, even in the changes to the set list. I understand that the genre that she plays may not like it, but certainly talent is indisputable. She is ok, but not-so-good concert, even for the sounds, not perfect.
Friday, Verona
The delays accumulate, but tonight, the sounds are better, and ERR looks a little more inspired. The setlist is the same but with a couple more tracks, including the conclusive Shadows, which herself announces saying that she will not make the encore theater, going out and coming back. Like last night, I take note of the "contrary" points of view. It is likely that Emma still has to work on diversifying songwriting; I am obviously moved by Protection and Real Big Sky, the place is more crowded, even if we lost something in visibility.
20191226
The Sciences
Sleep + Lucy In Blue, TPO, Bologna, mercoledì 16 ottobre 2019
Dopo esserci persi totalmente gli opener Lucy In Blue, islandesi, eccoci alle prese con i monolitici Sleep di Matt Pike (chitarra e centinaia di concerti senza t-shirt, compresi quelli con gli High on Fire) e Al Cisneros (basso e voce), riformatisi nel 2009 e tornati ad incidere solo l'anno scorso, con il compatto The Sciences. Devo essere molto onesto, pur sapendo di attirarmi probabilmente numerosi improperi: mi aspettavo molto, ma sono rimasto piuttosto deluso da questo live. Sarà per i suoni, assolutamente insufficienti (chitarra di Matt e voce di Al non pervenuti), sarà per il pubblico, numeroso ok, ma decisamente fastidioso (purtroppo, quando intitoli un disco Dopesmoker, o quando dichiari di aver speso l'anticipo ricevuto dalla casa discografica, gran parte in erba, non puoi aspettarti che la maggioranza degli spettatori di un tuo live rispetti il divieto di fumo all'interno del locale), sarà perché, nonostante mi piacciano su disco, dal vivo sono dei monoliti loro stessi (e, torno al primo punto, se non senti né la voce né la chitarra, perdi anche la possibilità di capire se stanno suonando bene oppure no), fatto sta che la serata è risultata molto noiosa, e stavolta, d'accordo con il mio accompagnatore, ce ne siamo andati prima della fine non per snobismo, ma per rottura di coglioni (pardon my French).
After having completely lost openers Lucy In Blue, from Iceland, we are grappling with monolithic Sleep of Matt Pike (guitar and hundreds of concerts without t-shirts, including those with High on Fire) and Al Cisneros (bass and vocals), reformed in 2009 and returned to release records only last year, with the compact The Sciences. I have to be very honest, although I know I will probably attracted by many insults: I was expecting a lot, but I was rather disappointed with this live. It will be for the sounds, absolutely inadequate (Matt's guitar and Al's voice not received), it will be for the public, numerous ok, but definitely annoying (unfortunately, when you call an album Dopesmoker, or when you say you spent the advance received by record company, most of them in weed, you can't expect the majority of your live viewers to respect the smoking ban inside the venue), it will be because, although I like them on record, live they are monoliths themselves (and , I return to the first point, if you hear neither the voice nor the guitar, you also lose the possibility of understanding if they are playing well or not), the fact is that the evening turned out to be very boring, and this time, in agreement with my companion , we left before the end, not because of snobbery, but because of a pain in the ass (pardon my French).
20191225
When We Were Kids
Volbeat + Baroness + Danko Jones, Fabrique, Milano, lunedì 14 ottobre 2019
E pensare che solo qualche anno fa, avevo smesso di andare per concerti. Giusto ieri è cominciata una delle settimane più intense della mia vita "musicale": 5 concerti in 6 giorni. Non temete: ve li racconterò tutti. Stasera siamo al Fabrique di Milano, anche discoteca, prima volta per me, insieme agli amici Filo e Monty, come quando eravamo giovani. Arriviamo quando i Danko Jones hanno già cominciato, per me poco male, li ho visti all'opera neppure un anno fa, ma fa sempre piacere, è solo rock and roll ma ci piace. Gli amici si avvicinano per i Baroness, io li lascio andare, nel mentre, il Fabrique si va riempiendo. Il set di una delle mie band preferite del momento è, a mio giudizio, ben bilanciato tra vecchio e nuovo, senza esagerare con la promozione dell'ultimo, per me stupendo, Gold & Grey, ma soprattutto, dura un'ora e polverizza quello che verrà dopo, già in anticipo. Inutile girarci intorno, i Volbeat non possono competere con la bravura, l'intensità, la dedizione, della band di John Dyer Baizley e dei suoi tre bravissimi compagni di scuderia. Sono contento, perché dopo il concerto dell'anno passato, deludente dal punto di vista dell'afflusso di pubblico, sento che intorno a me ci sono persone che si stanno rendendo conto della grandezza di questa band. Quel che viene dopo, ovvero l'esibizione dei Volbeat, è roba da mestieranti, onesti quando vogliamo, ma leggermente deludenti dal punto di vista della carica e di quanto la band "si dà" al pubblico. Un pubblico che in realtà, è accorso numeroso, ed è qui per loro, principalmente. Usando la classica metafora cestistica, potremmo dire che la parabola del tiro ha iniziato la sua discesa. I pezzi forti ci sono tutti, ma è il trasporto che manca. E questo, dal vivo, fa la sua differenza. Da sempre.
Tonight we are at the Fabrique in Milan, also a disco, a first for me, together with my friends Filo and Monty, like when we were young. We arrive when Danko Jones have already started, for me not bad, I saw them at work even a year ago, but it's always nice, it's only rock and roll but we like it. My friends approach the stage for the Baroness, I let them go, while Fabrique is filling up. The set of one of my favorite bands of the moment is, in my opinion, well balanced between old and new, without exaggerating with the promotion of the last, for me wonderful, Gold & Gray, but above all, it lasts an hour and pulverizes that that will come later, already in advance. Needless to turn around the point, the Volbeat cannot compete with the skill, intensity, dedication, of the band of John Dyer Baizley and his three excellent team mates. I'm happy, because after the concert of the past year, disappointing from the point of view of the numbers, I feel that around me there are people who are realizing the greatness of this band. What comes next, I mean the performance of Volbeat, is a worker's stuff, honest how we want, but slightly disappointing from the point of view of the load and how the band "gives itself" to the public. A public that in reality is numerous, and it is here for them, mainly. Using the classic basketball metaphor, we could say that the parabola of the shot began its descent. All the highlights (nice and famous tracks) are there, but the sentiment is missing. And this, live, makes a difference. Always.
E pensare che solo qualche anno fa, avevo smesso di andare per concerti. Giusto ieri è cominciata una delle settimane più intense della mia vita "musicale": 5 concerti in 6 giorni. Non temete: ve li racconterò tutti. Stasera siamo al Fabrique di Milano, anche discoteca, prima volta per me, insieme agli amici Filo e Monty, come quando eravamo giovani. Arriviamo quando i Danko Jones hanno già cominciato, per me poco male, li ho visti all'opera neppure un anno fa, ma fa sempre piacere, è solo rock and roll ma ci piace. Gli amici si avvicinano per i Baroness, io li lascio andare, nel mentre, il Fabrique si va riempiendo. Il set di una delle mie band preferite del momento è, a mio giudizio, ben bilanciato tra vecchio e nuovo, senza esagerare con la promozione dell'ultimo, per me stupendo, Gold & Grey, ma soprattutto, dura un'ora e polverizza quello che verrà dopo, già in anticipo. Inutile girarci intorno, i Volbeat non possono competere con la bravura, l'intensità, la dedizione, della band di John Dyer Baizley e dei suoi tre bravissimi compagni di scuderia. Sono contento, perché dopo il concerto dell'anno passato, deludente dal punto di vista dell'afflusso di pubblico, sento che intorno a me ci sono persone che si stanno rendendo conto della grandezza di questa band. Quel che viene dopo, ovvero l'esibizione dei Volbeat, è roba da mestieranti, onesti quando vogliamo, ma leggermente deludenti dal punto di vista della carica e di quanto la band "si dà" al pubblico. Un pubblico che in realtà, è accorso numeroso, ed è qui per loro, principalmente. Usando la classica metafora cestistica, potremmo dire che la parabola del tiro ha iniziato la sua discesa. I pezzi forti ci sono tutti, ma è il trasporto che manca. E questo, dal vivo, fa la sua differenza. Da sempre.
Tonight we are at the Fabrique in Milan, also a disco, a first for me, together with my friends Filo and Monty, like when we were young. We arrive when Danko Jones have already started, for me not bad, I saw them at work even a year ago, but it's always nice, it's only rock and roll but we like it. My friends approach the stage for the Baroness, I let them go, while Fabrique is filling up. The set of one of my favorite bands of the moment is, in my opinion, well balanced between old and new, without exaggerating with the promotion of the last, for me wonderful, Gold & Gray, but above all, it lasts an hour and pulverizes that that will come later, already in advance. Needless to turn around the point, the Volbeat cannot compete with the skill, intensity, dedication, of the band of John Dyer Baizley and his three excellent team mates. I'm happy, because after the concert of the past year, disappointing from the point of view of the numbers, I feel that around me there are people who are realizing the greatness of this band. What comes next, I mean the performance of Volbeat, is a worker's stuff, honest how we want, but slightly disappointing from the point of view of the load and how the band "gives itself" to the public. A public that in reality is numerous, and it is here for them, mainly. Using the classic basketball metaphor, we could say that the parabola of the shot began its descent. All the highlights (nice and famous tracks) are there, but the sentiment is missing. And this, live, makes a difference. Always.
20191224
Nazione
N.A.T.I.O.N. - Bad Wolves (2019)
Secondo album per la band di Los Angeles, California, a poco più di un anno di distanza dal debutto Disobey, del quale avevamo parlato, seppur brevemente. Non è cambiato molto: il genere praticato dai Bad Wolves è un heavy metal che non è esattamente quello della NWOBHM, ma che è diventato classico: elementi di groove, elementi di nu metal, e di metalcore, immagine alla moda, o quantomeno al passo con i tempi, produzione perfetta, chitarre che suonano come vorresti, canzoni che sembrano scritte con il copia/incolla, ritornelli orecchiabili, cantato che passa all'harsh quando occorre, video patinati. Ben suonato, ci mancherebbe, e naturalmente, qualche traccia è pure piacevole. Uno di quegli album che ascolti due o tre volte, poi dimentichi per sempre.
Second album for the band from Los Angeles, California, just over a year after the debut Disobey, of which we had spoken, albeit briefly. Not much has changed: the genre practiced by Bad Wolves is a heavy metal that is not exactly the one of NWOBHM, but that has become classic: elements of groove, nu metal, and metalcore, fashion image, or at least in step with the times, perfect production, guitars that play as you would like, songs that seem to be written with copy/paste, catchy refrains, sung that passes to harsh when necessary, patinated videos. Well played, God forbid, and of course, some tracks are also pleasant. One of those albums that you listen to two or three times, then you forget forever.
Secondo album per la band di Los Angeles, California, a poco più di un anno di distanza dal debutto Disobey, del quale avevamo parlato, seppur brevemente. Non è cambiato molto: il genere praticato dai Bad Wolves è un heavy metal che non è esattamente quello della NWOBHM, ma che è diventato classico: elementi di groove, elementi di nu metal, e di metalcore, immagine alla moda, o quantomeno al passo con i tempi, produzione perfetta, chitarre che suonano come vorresti, canzoni che sembrano scritte con il copia/incolla, ritornelli orecchiabili, cantato che passa all'harsh quando occorre, video patinati. Ben suonato, ci mancherebbe, e naturalmente, qualche traccia è pure piacevole. Uno di quegli album che ascolti due o tre volte, poi dimentichi per sempre.
Second album for the band from Los Angeles, California, just over a year after the debut Disobey, of which we had spoken, albeit briefly. Not much has changed: the genre practiced by Bad Wolves is a heavy metal that is not exactly the one of NWOBHM, but that has become classic: elements of groove, nu metal, and metalcore, fashion image, or at least in step with the times, perfect production, guitars that play as you would like, songs that seem to be written with copy/paste, catchy refrains, sung that passes to harsh when necessary, patinated videos. Well played, God forbid, and of course, some tracks are also pleasant. One of those albums that you listen to two or three times, then you forget forever.
20191223
Tutti gli specchi
All Mirrors - Angel Olsen (2019)
Quarto disco per la cugina di secondo grado delle famose gemelle che portano lo stesso cognome, Angel Olsen è fautrice di un particolare art pop-rock, che fa largo uso dei synth (e di molte tipologie di tastiere, tra i quali il mellotron), e di una cospicua sezione d'archi e fiati. L'ottimo songwriting e la bella voce, estesa, efficace sui toni alti e padrona del vibrato, gli arrangiamenti eleganti e un po' retrò, fanno di questo album un lavoro interessante e un po' fuori dagli schemi. Delicatissimo.
Fourth album for the second cousin of the famous female twins who bear the same surname, Angel Olsen is the author of a particular art pop-rock, which makes extensive use of synths (and many types of keyboards, including the mellotron), and of a conspicuous section of strings and horns. The excellent songwriting and the beautiful voice, extended, effective on the high tones and with mastering of the vibrato, the elegant and slightly retro arrangements, make this album an interesting work and a little out of the box. Very delicate.
Quarto disco per la cugina di secondo grado delle famose gemelle che portano lo stesso cognome, Angel Olsen è fautrice di un particolare art pop-rock, che fa largo uso dei synth (e di molte tipologie di tastiere, tra i quali il mellotron), e di una cospicua sezione d'archi e fiati. L'ottimo songwriting e la bella voce, estesa, efficace sui toni alti e padrona del vibrato, gli arrangiamenti eleganti e un po' retrò, fanno di questo album un lavoro interessante e un po' fuori dagli schemi. Delicatissimo.
Fourth album for the second cousin of the famous female twins who bear the same surname, Angel Olsen is the author of a particular art pop-rock, which makes extensive use of synths (and many types of keyboards, including the mellotron), and of a conspicuous section of strings and horns. The excellent songwriting and the beautiful voice, extended, effective on the high tones and with mastering of the vibrato, the elegant and slightly retro arrangements, make this album an interesting work and a little out of the box. Very delicate.
20191222
Ingannatore
Deceiver - DIIV (2019)
Terzo disco per la band di Brooklyn, New York City, primo per me. Il disco, come spesso accade, è costruito sul percorso post-riabilitazione (droghe, soprattutto) del leader (chitarra e voce) Zachary Cole Smith, quantomeno a livello di testi, ed è sorprendente quanto possa suonare fresco un miscuglio di influenze tra i Sonic Youth e lo shoegaze, infarcito da un post grunge tendente soprattutto alla semplicità diretta dei pezzi dei Nirvana. Certo, non siamo di fronte né ad un album troppo variegato, né a qualcosa che rivoluziona la storia musicale, ma si fa ascoltare, con quella delicatezza sghemba, e quel contrasto tra il soffice cantato di Smith, e le dissonanze in sottofondo.
Third record for the band from Brooklyn, New York City, first for me. The record, as often happens, is built on the post-rehabilitation path (drugs, above all) of the leader (guitar and voice) Zachary Cole Smith, at least at a lyrics level, and it is surprising how fresh can sound a mixture of influences between Sonic Youth and the shoegaze, peppered with a post grunge nostalgia, tending above all to the direct simplicity of Nirvana's tracks. Of course, we are not dealing either with an album that is too varied, or with something that revolutionizes musical history, but it makes itself listen, with that crooked delicacy, and that contrast between the soft singing of Smith, and the dissonances in the background.
Terzo disco per la band di Brooklyn, New York City, primo per me. Il disco, come spesso accade, è costruito sul percorso post-riabilitazione (droghe, soprattutto) del leader (chitarra e voce) Zachary Cole Smith, quantomeno a livello di testi, ed è sorprendente quanto possa suonare fresco un miscuglio di influenze tra i Sonic Youth e lo shoegaze, infarcito da un post grunge tendente soprattutto alla semplicità diretta dei pezzi dei Nirvana. Certo, non siamo di fronte né ad un album troppo variegato, né a qualcosa che rivoluziona la storia musicale, ma si fa ascoltare, con quella delicatezza sghemba, e quel contrasto tra il soffice cantato di Smith, e le dissonanze in sottofondo.
Third record for the band from Brooklyn, New York City, first for me. The record, as often happens, is built on the post-rehabilitation path (drugs, above all) of the leader (guitar and voice) Zachary Cole Smith, at least at a lyrics level, and it is surprising how fresh can sound a mixture of influences between Sonic Youth and the shoegaze, peppered with a post grunge nostalgia, tending above all to the direct simplicity of Nirvana's tracks. Of course, we are not dealing either with an album that is too varied, or with something that revolutionizes musical history, but it makes itself listen, with that crooked delicacy, and that contrast between the soft singing of Smith, and the dissonances in the background.
20191221
20191220
Caligola
Caligula - Lingua Ignota (2019)
Come ho già scritto in occasione della recensione del suo concerto a Praga, il personaggio di Kristin Hayter, in arte Lingua Ignota, è complesso ed estremamente intrigante. Per descrivervi il suo terzo album, il primo su Profound Lore (i primi due erano autoprodotti), che per me è uno dei migliori del 2019, avrei voluto scrivere una recensione come quella che Jenn Pelly ha scritto per Pitchfork, e invece dovrete accontentarvi di queste righe sconclusionate. E' un disco fatto di sofferenza, atmosfera disperata, paragonabile spesso alle migliori cose di Diamanda Galàs (il paragone lo fa anche Pitchfork, ma giuro che l'ho pensato da subito anche io, ben prima di averlo letto lì), ma denota una tecnica superiore, unita ad una teatralità che trasuda anche dal solo ascolto. I titoli delle canzoni non lasciano adito a dubbi: Lingua Ignota è già di per sé un manifesto della liberazione femminile, della lotta alla misoginia più becera, alla violenza di genere. Dopo due sole tracce sarete già rapiti dalla potenza inaudita che questa ragazza riesce a sprigionare, e sarete trascinati in un vortice di violenza sonora, che per una volta non abbisogna di chitarre ribassate. Tribalismo, spiritualità, opera e attitudine metal/industrial, il tutto portato ad un livello superiore. Disco imperdibile.
As I already wrote on the occasion of the review of her concert in Prague, the character of Kristin Hayter, aka Lingua Ignota, is complex and extremely intriguing. To describe her third album, the first on Profound Lore (the first two were self-released), which for me is one of the best in 2019, I wanted to write a review like the one Jenn Pelly wrote for Pitchfork, and instead you'll have to settle for these rambling lines. It is a record made of suffering, a desperate atmosphere, often comparable to the best things of Diamanda Galàs (Pitchfork also does the comparison, but I swear that I immediately thought of it too, well before having read it there), but it denotes a superior technique, combined with a theatricality that also oozes from the listening. The titles of the songs leave no room for doubt: Lingua Ignota is already in itself a manifesto of female liberation, of the struggle against misogyny, against gender violence. After only two tracks you will already be kidnapped by the unheard-of power that this girl is able to unleash, and you will be drawn into a vortex of sonorous violence, which for once does not need lowered-tone guitars. Tribalism, spirituality, opera and metal/industrial attitude, all taken to a higher level. Unmissable album.
Come ho già scritto in occasione della recensione del suo concerto a Praga, il personaggio di Kristin Hayter, in arte Lingua Ignota, è complesso ed estremamente intrigante. Per descrivervi il suo terzo album, il primo su Profound Lore (i primi due erano autoprodotti), che per me è uno dei migliori del 2019, avrei voluto scrivere una recensione come quella che Jenn Pelly ha scritto per Pitchfork, e invece dovrete accontentarvi di queste righe sconclusionate. E' un disco fatto di sofferenza, atmosfera disperata, paragonabile spesso alle migliori cose di Diamanda Galàs (il paragone lo fa anche Pitchfork, ma giuro che l'ho pensato da subito anche io, ben prima di averlo letto lì), ma denota una tecnica superiore, unita ad una teatralità che trasuda anche dal solo ascolto. I titoli delle canzoni non lasciano adito a dubbi: Lingua Ignota è già di per sé un manifesto della liberazione femminile, della lotta alla misoginia più becera, alla violenza di genere. Dopo due sole tracce sarete già rapiti dalla potenza inaudita che questa ragazza riesce a sprigionare, e sarete trascinati in un vortice di violenza sonora, che per una volta non abbisogna di chitarre ribassate. Tribalismo, spiritualità, opera e attitudine metal/industrial, il tutto portato ad un livello superiore. Disco imperdibile.
As I already wrote on the occasion of the review of her concert in Prague, the character of Kristin Hayter, aka Lingua Ignota, is complex and extremely intriguing. To describe her third album, the first on Profound Lore (the first two were self-released), which for me is one of the best in 2019, I wanted to write a review like the one Jenn Pelly wrote for Pitchfork, and instead you'll have to settle for these rambling lines. It is a record made of suffering, a desperate atmosphere, often comparable to the best things of Diamanda Galàs (Pitchfork also does the comparison, but I swear that I immediately thought of it too, well before having read it there), but it denotes a superior technique, combined with a theatricality that also oozes from the listening. The titles of the songs leave no room for doubt: Lingua Ignota is already in itself a manifesto of female liberation, of the struggle against misogyny, against gender violence. After only two tracks you will already be kidnapped by the unheard-of power that this girl is able to unleash, and you will be drawn into a vortex of sonorous violence, which for once does not need lowered-tone guitars. Tribalism, spirituality, opera and metal/industrial attitude, all taken to a higher level. Unmissable album.
20191219
Tramontando
Sundowning - Sleep Token (2019)
Sundowning (la traduzione non è "tramontando", come ho scritto nel titolo, ma un neologismo inventato per definire il peggioramento delle condizioni di malattia mentale verso il tramonto) è uno dei dischi dell'anno. Punto. Gli Sleep Token sono una sorta di collettivo dalle identità nascoste, il cantante è sempre mascherato e si fa chiamare Vessel, essendo il tramite di una divinità chiamata Sleep. Detto questo (il resto lo trovate in rete, se vi va), questo disco, pubblicato "a puntate", come è giusto che sia nell'era della musica liquida, è bellissimo, e mi fa piacere che altri appassionati di musica abbiano avuto la mia stessa impressione: sembra di ascoltare la versione metal (progressive/djent, per la precisione) di Bon Iver. La voce di Vessel è qualcosa di meraviglioso, la struttura delle tracce tutto sommato semplice, ma molto, molto evocativa, le aperture melodiche di una bellezza spesso soverchiante. Non c'è altro da aggiungere, se non, come dicono loro, worship.
Sundowning (the translation is not the Italian equivalent of "sunsetting", as I wrote in the title, but a neologism invented to define the worsening of mental illness conditions towards sunset) is one of the records of the year. Period. Sleep Token are a sort of collective with hidden identities, the singer is always masked and calls himself Vessel, being the medium of a divinity called Sleep. That being said (the rest can be found on the web, if you like), this album, published "in installments", as it should be in the era of liquid music, is beautiful, and I am pleased that other music lovers have had my own impression: it seems to listen to the metal version (progressive/djent, to be precise) of Bon Iver. Vessel's voice is something wonderful, the structure of the tracks all in all simple, but very, very evocative, the melodic openings are, most of the time, overwhelming beauty. There is nothing else to add, except, as Sleep Token usually says, worship.
Sundowning (la traduzione non è "tramontando", come ho scritto nel titolo, ma un neologismo inventato per definire il peggioramento delle condizioni di malattia mentale verso il tramonto) è uno dei dischi dell'anno. Punto. Gli Sleep Token sono una sorta di collettivo dalle identità nascoste, il cantante è sempre mascherato e si fa chiamare Vessel, essendo il tramite di una divinità chiamata Sleep. Detto questo (il resto lo trovate in rete, se vi va), questo disco, pubblicato "a puntate", come è giusto che sia nell'era della musica liquida, è bellissimo, e mi fa piacere che altri appassionati di musica abbiano avuto la mia stessa impressione: sembra di ascoltare la versione metal (progressive/djent, per la precisione) di Bon Iver. La voce di Vessel è qualcosa di meraviglioso, la struttura delle tracce tutto sommato semplice, ma molto, molto evocativa, le aperture melodiche di una bellezza spesso soverchiante. Non c'è altro da aggiungere, se non, come dicono loro, worship.
Sundowning (the translation is not the Italian equivalent of "sunsetting", as I wrote in the title, but a neologism invented to define the worsening of mental illness conditions towards sunset) is one of the records of the year. Period. Sleep Token are a sort of collective with hidden identities, the singer is always masked and calls himself Vessel, being the medium of a divinity called Sleep. That being said (the rest can be found on the web, if you like), this album, published "in installments", as it should be in the era of liquid music, is beautiful, and I am pleased that other music lovers have had my own impression: it seems to listen to the metal version (progressive/djent, to be precise) of Bon Iver. Vessel's voice is something wonderful, the structure of the tracks all in all simple, but very, very evocative, the melodic openings are, most of the time, overwhelming beauty. There is nothing else to add, except, as Sleep Token usually says, worship.
20191218
Terre ululanti
Big Business + Inter Arma, Freakout Club, Bologna, sabato 26 ottobre 2019
Eccomi nuovamente di fronte al Freakout, stavolta quasi un'ora prima che apra, per non perdermi l'esibizione degli Inter Arma, mentre Trey, il chitarrista, è impegnato in una lunga telefonata, e altri spettatori cominciano pian piano ad arrivare. Annunciata inizialmente come data con gli Inter Arma e basta, sono diventati supporter degli "anziani" Big Business, che si sono aggiunti qualche giorno dopo. Quindi, visto che l'anno passato, quando erano di supporto ai Deafheaven, avevo perso buona parte della loro esibizione (perché non riuscivo a trovare parcheggio), stavolta ho studiato attentamente orari e possibili parcheggi. Ed eccomi qui ad aspettare, la serata è fresca ma non fredda, e vista l'ora, il podcast de La Zanzara mi fa compagnia mentre attendo.
Il set del quintetto di Richmond, Virginia, durerà una quarantina di minuti. Otto pezzi, dei quali quattro dall'ultimo bellissimo Sulphur English, tre da Paradise Gallows e uno da Sky Burial. Il piccolo palco del Freakout contiene a malapena l'energia devastante del loro sludge/black/death metal, e il cantante Mike ci dà dentro come un indemoniato (per non parlare degli altri: il batterista T.J. Childers, un bevitore micidiale, è uno dei migliori batteristi visti negli ultimi anni). E' paradossale, perché dopo qualche minuto, sarà vicino a me a vedersi i Big Business, si scuserà per essermi passato davanti mentre li riprendevo, e offrirà, ad una ragazza non altissima, di riprenderli per lei con il suo cellulare. L'esibizione mi soddisfa a pieno, cementando la mia opinione su di loro. Mi trattengo per qualche pezzo del duo di Seattle, Washington, Jared Warren basso, synth e voce, e Coady Willis alla batteria, musicisti spettacolari che per una decina d'anni hanno fatto parte anche dei mitici Melvins. Ottimi e divertenti, ma ho già avuto la mia parte, e posso ritirarmi nelle mie stanze.
The set of the quintet from Richmond, Virginia, will last forty minutes. Eight songs, four of them from the last beautiful Sulfur English, three from Paradise Gallows and one from Sky Burial. The little Freakout's stage barely contains the devastating energy of their sludge/black/death metal, and the singer Mike gives us the feeling of being possessed (not to mention the others: drummer T.J. Childers, a deadly drinker, is one of the best drummers seen in recent years). It is paradoxical, because after a few minutes, he will be close to me to see the Big Business set, he will apologize for passing in front of me while I was filming them, and he will offer, to a very small girl, to film them back for her with her cell phone. The show fully satisfies me, cementing my opinion of them. I hold back for a few tracks from the Seattle, Washington duo, Jared Warren on bass, synth and vocals, and Coady Willis on drums, spectacular musicians who were also part of the legendary Melvins for about ten years. Great and fun, but I've already had my share, and I can retire to my rooms.
Eccomi nuovamente di fronte al Freakout, stavolta quasi un'ora prima che apra, per non perdermi l'esibizione degli Inter Arma, mentre Trey, il chitarrista, è impegnato in una lunga telefonata, e altri spettatori cominciano pian piano ad arrivare. Annunciata inizialmente come data con gli Inter Arma e basta, sono diventati supporter degli "anziani" Big Business, che si sono aggiunti qualche giorno dopo. Quindi, visto che l'anno passato, quando erano di supporto ai Deafheaven, avevo perso buona parte della loro esibizione (perché non riuscivo a trovare parcheggio), stavolta ho studiato attentamente orari e possibili parcheggi. Ed eccomi qui ad aspettare, la serata è fresca ma non fredda, e vista l'ora, il podcast de La Zanzara mi fa compagnia mentre attendo.
Il set del quintetto di Richmond, Virginia, durerà una quarantina di minuti. Otto pezzi, dei quali quattro dall'ultimo bellissimo Sulphur English, tre da Paradise Gallows e uno da Sky Burial. Il piccolo palco del Freakout contiene a malapena l'energia devastante del loro sludge/black/death metal, e il cantante Mike ci dà dentro come un indemoniato (per non parlare degli altri: il batterista T.J. Childers, un bevitore micidiale, è uno dei migliori batteristi visti negli ultimi anni). E' paradossale, perché dopo qualche minuto, sarà vicino a me a vedersi i Big Business, si scuserà per essermi passato davanti mentre li riprendevo, e offrirà, ad una ragazza non altissima, di riprenderli per lei con il suo cellulare. L'esibizione mi soddisfa a pieno, cementando la mia opinione su di loro. Mi trattengo per qualche pezzo del duo di Seattle, Washington, Jared Warren basso, synth e voce, e Coady Willis alla batteria, musicisti spettacolari che per una decina d'anni hanno fatto parte anche dei mitici Melvins. Ottimi e divertenti, ma ho già avuto la mia parte, e posso ritirarmi nelle mie stanze.
The set of the quintet from Richmond, Virginia, will last forty minutes. Eight songs, four of them from the last beautiful Sulfur English, three from Paradise Gallows and one from Sky Burial. The little Freakout's stage barely contains the devastating energy of their sludge/black/death metal, and the singer Mike gives us the feeling of being possessed (not to mention the others: drummer T.J. Childers, a deadly drinker, is one of the best drummers seen in recent years). It is paradoxical, because after a few minutes, he will be close to me to see the Big Business set, he will apologize for passing in front of me while I was filming them, and he will offer, to a very small girl, to film them back for her with her cell phone. The show fully satisfies me, cementing my opinion of them. I hold back for a few tracks from the Seattle, Washington duo, Jared Warren on bass, synth and vocals, and Coady Willis on drums, spectacular musicians who were also part of the legendary Melvins for about ten years. Great and fun, but I've already had my share, and I can retire to my rooms.
20191217
Grande
Macro - Jinjer (2019)
La progressione del quartetto ucraino continua incessante, e affascina, devo essere onesto. Si capisce che questi quattro ragazzi sono dediti alla causa, e i risultati si vedono. Se li seguite un minimo, sono continuamente in tour, e nel giro di sei anni hanno pubblicato quattro album e tre EP. Questo Macro, che segue l'EP Micro, è il loro quarto album, contiene nove tracce, che non lasciano indifferenti; il loro stile, come già detto in occasione di recensioni precedenti, parte dal djent, ingloba elementi di metalcore, progressive, groove, melodic death, e non si ferma. In questo disco si moltiplicano le ariose aperture melodiche, e addirittura, in Judgment (& Punishment), c'è del reggae, per non parlare di Retrospection, dove la parte iniziale delle liriche è in ucraino. Roman (chitarra), Eugene (basso) e Vladislav (batteria) sono tecnicamente molto bravi, e Tatiana, con la sua estensione incredibile e la sua capacità di passare dal growl allo scream al clean con una facilità impressionante, permette loro di svariare e stratificare. Quando leggerete queste righe saranno appena passati dall'Italia (ma non è la prima volta), e vi assicuro che anche dal vivo sanno il fatto loro.
The progression of the Ukrainian quartet continues incessantly, and fascinates, I must be honest. It is clear that these four lads are devoted to the cause, and the results are seen. If you follow them a minimum, they are constantly on tour, and within six years they have released four albums and three EPs. This Macro, which follows the Micro EP, is their fourth album, contains nine tracks, which leave no one indifferent; their style, as already mentioned in previous reviews, starts from the djent, incorporates elements of metalcore, progressive, groove, melodic death, and does not stop. In this record the airy melodic openings multiply, and even, in Judgment (& Punishment), there is reggae, not to mention Retrospection, where the initial part of the lyrics is in Ukrainian. Roman (guitar), Eugene (bass) and Vladislav (drums) are technically very good, and Tatiana, with her incredible range and her ability to switch from growl to scream to clean with an impressive ease, allows them to vary and stratify. When you'll read these lines they will have just passed from Italy (but it is not the first time), and I assure you that even live they know how to do their thing.
La progressione del quartetto ucraino continua incessante, e affascina, devo essere onesto. Si capisce che questi quattro ragazzi sono dediti alla causa, e i risultati si vedono. Se li seguite un minimo, sono continuamente in tour, e nel giro di sei anni hanno pubblicato quattro album e tre EP. Questo Macro, che segue l'EP Micro, è il loro quarto album, contiene nove tracce, che non lasciano indifferenti; il loro stile, come già detto in occasione di recensioni precedenti, parte dal djent, ingloba elementi di metalcore, progressive, groove, melodic death, e non si ferma. In questo disco si moltiplicano le ariose aperture melodiche, e addirittura, in Judgment (& Punishment), c'è del reggae, per non parlare di Retrospection, dove la parte iniziale delle liriche è in ucraino. Roman (chitarra), Eugene (basso) e Vladislav (batteria) sono tecnicamente molto bravi, e Tatiana, con la sua estensione incredibile e la sua capacità di passare dal growl allo scream al clean con una facilità impressionante, permette loro di svariare e stratificare. Quando leggerete queste righe saranno appena passati dall'Italia (ma non è la prima volta), e vi assicuro che anche dal vivo sanno il fatto loro.
The progression of the Ukrainian quartet continues incessantly, and fascinates, I must be honest. It is clear that these four lads are devoted to the cause, and the results are seen. If you follow them a minimum, they are constantly on tour, and within six years they have released four albums and three EPs. This Macro, which follows the Micro EP, is their fourth album, contains nine tracks, which leave no one indifferent; their style, as already mentioned in previous reviews, starts from the djent, incorporates elements of metalcore, progressive, groove, melodic death, and does not stop. In this record the airy melodic openings multiply, and even, in Judgment (& Punishment), there is reggae, not to mention Retrospection, where the initial part of the lyrics is in Ukrainian. Roman (guitar), Eugene (bass) and Vladislav (drums) are technically very good, and Tatiana, with her incredible range and her ability to switch from growl to scream to clean with an impressive ease, allows them to vary and stratify. When you'll read these lines they will have just passed from Italy (but it is not the first time), and I assure you that even live they know how to do their thing.
20191216
Divorarti
Devour You - Starcrawler (2019)
Evidentemente impegnati a battere il ferro finché è caldo, i giovanissimi losangelini, a poco più di un anno di distanza dal loro debutto omonimo, escono già con il secondo album. Novità? Poche, ma la verve che li contraddistingue, la freschezza paradossale con la quale scopiazzano gli Stooges, condendoli con Guns 'N' Roses, Joan Jett, Ramones, è ancora lì. Mai troppo pesanti, mai troppo pop, ci regalano tredici tracce divertenti e rock, con quella sfrontatezza giovanile che sembra dire "ehi, abbiamo inventato il rock and roll". Sappiamo benissimo che non è così, ma chi se ne frega, in fondo.
Evidently committed to beating the iron while it's hot, the young LA band, just over a year after their eponymous debut, are already coming out with the second album. Any news? Few, but the verve that distinguishes them, the paradoxical freshness with which they plagiarize the Stooges, seasoning them with Guns 'N' Roses, Joan Jett, Ramones, is still there. Never too heavy, never too pop, they give us thirteen funny and rock tracks, with that youthful boldness that seems to say "hey, we invented rock and roll". We know it's not like this, but who cares, really.
Evidentemente impegnati a battere il ferro finché è caldo, i giovanissimi losangelini, a poco più di un anno di distanza dal loro debutto omonimo, escono già con il secondo album. Novità? Poche, ma la verve che li contraddistingue, la freschezza paradossale con la quale scopiazzano gli Stooges, condendoli con Guns 'N' Roses, Joan Jett, Ramones, è ancora lì. Mai troppo pesanti, mai troppo pop, ci regalano tredici tracce divertenti e rock, con quella sfrontatezza giovanile che sembra dire "ehi, abbiamo inventato il rock and roll". Sappiamo benissimo che non è così, ma chi se ne frega, in fondo.
Evidently committed to beating the iron while it's hot, the young LA band, just over a year after their eponymous debut, are already coming out with the second album. Any news? Few, but the verve that distinguishes them, the paradoxical freshness with which they plagiarize the Stooges, seasoning them with Guns 'N' Roses, Joan Jett, Ramones, is still there. Never too heavy, never too pop, they give us thirteen funny and rock tracks, with that youthful boldness that seems to say "hey, we invented rock and roll". We know it's not like this, but who cares, really.
20191215
Слава
Giudizio sintetico: da vedere (4/5)
Tsanko Petrov, un umile manutentore ferroviario bulgaro, scopre una grande quantità di denaro in banconote, lungo il binario che sta perlustrando per lavoro, ma invece di prendere i soldi per sé informa le autorità. La sofisticata responsabile delle pubbliche relazioni presso il Ministero dei trasporti bulgaro, Julia Staykova, coglie l'occasione per deviare un montante scandalo sulla corruzione, organizzando una cerimonia per salutare Tsanko come eroe della classe operaia. Incosciente di quanto gli sta accadendo, spettinato con una balbuzie faticosa sia da portare che da ascoltare, Tsanko viene ridicolizzato dalla squadra di pubbliche relazioni di Julia mentre lo mostrano alla stampa come un eroe. Per fare in modo che il ministro premi Tsanko con un nuovissimo orologio digitale, Julia rimuove il vecchio orologio di Tsanko, un cimelio ereditato da suo padre, e al quale tiene moltissimo. Tuttavia, Julia lo perde, ignora Tsanko quando cerca di contattarla, e infine gli restituisce un orologio identico. L'uomo si accorge subito che non è lo stesso, mancando la dedica fatta incidere da suo padre.
Film acclamato dalla critica, giustamente, che nel 2018 non è entrato nella shortlist per l'Oscar al miglior film in lingua non inglese, Glory è uno di quei film spietati e al tempo stesso esilaranti, che solo le filmografie non occidentali ci sanno regalare. Uno di quei gioielli che purtroppo, una distribuzione infame, e un cattivo gusto diffuso per prodotti ormai stereotipati, rischiano di farci perdere per sempre. E invece noi siamo qui per farvi godere: ripescate in ogni modo questo film, perché è bellissimo, e perché è giusto così.
Critically acclaimed film, which in 2018 did not enter the shortlist for the Oscar for Best Foreign Language Film, Glory is one of those ruthless yet hilarious movies that only non-Western filmographers can give us. One of those jewels that, unfortunately, an infamous distribution, and a widespread bad taste for now stereotyped products, risk making us lose forever. Instead, we are here to make you enjoy: in every way, get this film back, because it is beautiful, and because this is right thing to do.
20191214
20191213
Disobbedienza
Disobedience - Di Sebastián Lelio (2017)
Giudizio sintetico: si può vedere (3/5)
Giudizio sintetico: si può vedere (3/5)
Il vecchio rabbino Krushka muore durante un sermone sul libero arbitrio, davanti alla sua congregazione ebraica ortodossa nel nord di Londra. Informata che suo padre è morto, Ronit, la figlia ribelle del rabbino, che vive e lavora a New York come fotografa, vola a Londra e arriva a casa del suo amico d'infanzia, Dovid Kuperman, un discepolo di suo padre, scelto per succedergli.
A casa di Dovid, altri membri della congregazione stanno rendendo omaggio al defunto. Ronit non si adatta, poiché si comporta in un modo non conforme alla cultura ortodossa. Nonostante appaia sorpreso dalla visita di Ronit, Dovid insiste sul fatto che deve rimanere a casa sua. Ronit è sconvolta nello scoprire che Esti, un'altra amica d'infanzia di entrambi, è ora la moglie di Dovid.
A casa di Dovid, altri membri della congregazione stanno rendendo omaggio al defunto. Ronit non si adatta, poiché si comporta in un modo non conforme alla cultura ortodossa. Nonostante appaia sorpreso dalla visita di Ronit, Dovid insiste sul fatto che deve rimanere a casa sua. Ronit è sconvolta nello scoprire che Esti, un'altra amica d'infanzia di entrambi, è ora la moglie di Dovid.
Apparentemente una commedia romantica lesbica, non mi è dispiaciuto questo film inglese del regista cileno (nato in Argentina) che ha vinto l'Oscar nel 2018 con Una mujer fantastica. Ambientato in una comunità ebraica ortodossa, non ha certo la forza dirompente della gemma che fu La sposa promessa, ma si dedica maggiormente al sentimento e alle sue dirompenti conseguenza. Cast di alto livello, con il caratterista statunitense Alessandro Nivola (Dovid) che non sfigura di fronte alla coppia di formidabili bellezze (e bravure) Weisz (Ronit) / McAdams (Esti).
Apparently a lesbian romantic comedy, I did not mind this English film by the Chilean director (born in Argentina) who won the Oscar in 2018 with Una mujer fantastica. Set in an Orthodox Jewish community, it certainly does not have the disruptive power of the gem that was Fill the Void, but is more devoted to feeling and its disruptive consequence. High-level cast, with the American character actor Alessandro Nivola (Dovid), who do a good job in front of the pair of formidable beauties (and cleverness) Weisz (Ronit) / McAdams (Esti).
20191212
Нелюбовь
Loveless - Di Andrej Petrovič Zvjagincev (2017)
Giudizio sintetico: da vedere (4/5)
Giudizio sintetico: da vedere (4/5)
2012. In una città nella regione di Leningrado, i bambini stanno uscendo da scuola. Un ragazzo di dodici anni di nome Alyosha cammina lungo un sentiero attraverso una zona boscosa alla periferia della città. Getta una striscia di nastro adesivo su un albero. I suoi genitori, Zhenya e Boris, stanno divorziando e stanno cercando di vendere il loro appartamento. Entrambi i genitori hanno nuove relazioni: Boris con Masha, una giovane donna incinta di suo figlio; e Zhenya con Anton, un uomo più anziano e più ricco con una figlia adulta. Alyosha ascolta un litigio tra i suoi genitori, nel corso del quale è chiaro che nessuno dei duelo vuole con sé, e che quindi entrambi stanno pensando di metterlo in un orfanotrofio.
Un giorno dopo aver trascorso gran parte della notte con Anton, Zhenya si rende conto che Alyosha non è più stato visto dal giorno prima. La polizia crede che Alyosha sia fuggito e tornerà a casa entro un giorno o due. Quando Alyosha non ritorna, un gruppo di volontari specializzato nel salvataggio di persone scomparse prende in carico il caso e iniziano le ricerche.
Un giorno dopo aver trascorso gran parte della notte con Anton, Zhenya si rende conto che Alyosha non è più stato visto dal giorno prima. La polizia crede che Alyosha sia fuggito e tornerà a casa entro un giorno o due. Quando Alyosha non ritorna, un gruppo di volontari specializzato nel salvataggio di persone scomparse prende in carico il caso e iniziano le ricerche.
L'idea di questo film pare sia nata dall'interesse del regista per il gruppo Liza Alert, dal desiderio di raccontare una storia sulla famiglia, e dalla frustrazione per non aver ottenuto i diritti per un remake di Scene da un matrimonio di Bergman. Posso assicurarvi che il risultato è un film bellissimo, freddo come il clima russo, emotivamente devastante. Fa riflettere sull'egoismo dei giorni nostri. Da non perdere.
The idea for this film seems to have come from the director's interest in the Liza Alert group, from the desire to tell a family story, and from the frustration at not having obtained the rights to a remake of Scenes from a Marriage by Bergman. I can assure you that the result is a beautiful film, as cold as the Russian climate, emotionally devastating. It makes us reflect on the selfishness of our days. Don't miss it.
20191211
Maria, regina di Scozia
Mary Queen of Scots - Di Josie Rourke (2018)
Giudizio sintetico: si può vedere (3,5/5)
Giudizio sintetico: si può vedere (3,5/5)
Nel 1561, la diciannovenne Mary Stuart, regina cattolica della Scozia, ritorna nel suo paese d'origine dalla Francia dopo la morte di suo marito, Francesco II, per salire sul trono, dove viene accolta dal fratellastro, il conte di Moray. Nella vicina Inghilterra, la venticinquenne Elizabeth, cugina di Mary, è la regina protestante d'Inghilterra - non sposata, senza figli e minacciata dalla potenziale pretesa di Maria al suo trono. Mary allontana il chierico John Knox dalla sua corte. Protestante e leader della Riforma scozzese, Knox vede Mary come un pericolo per la supremazia protestante del regno.
Cercando di indebolire la minaccia di sua cugina alla sua sovranità, Elizabeth vorrebbe che Mary, che i cattolici inglesi riconoscono come la loro legittima regina, si sposi con un inglese. Sceglie Robert Dudley, che lei ama, neppure troppo segretamente; sebbene lui e Mary non siano disposti, la notizia del vaiolo di Elizabeth convince Mary ad accettarlo, a condizione che lei sia evidente come l'erede di Elizabeth. Riluttante a lasciar andare Dudley, Elizabeth manda invece Lord Darnley in Scozia, con la scusa di vivere sotto la loro libertà religiosa. Nonostante abbia percepito un ulteriore motivo, Mary si affeziona a Darnley e alla fine accetta la sua proposta di matrimonio.
Cercando di indebolire la minaccia di sua cugina alla sua sovranità, Elizabeth vorrebbe che Mary, che i cattolici inglesi riconoscono come la loro legittima regina, si sposi con un inglese. Sceglie Robert Dudley, che lei ama, neppure troppo segretamente; sebbene lui e Mary non siano disposti, la notizia del vaiolo di Elizabeth convince Mary ad accettarlo, a condizione che lei sia evidente come l'erede di Elizabeth. Riluttante a lasciar andare Dudley, Elizabeth manda invece Lord Darnley in Scozia, con la scusa di vivere sotto la loro libertà religiosa. Nonostante abbia percepito un ulteriore motivo, Mary si affeziona a Darnley e alla fine accetta la sua proposta di matrimonio.
Mi piacciono i film storici, e ultimamente stiamo assistendo ad una sorta di loro ritorno. Questo è piuttosto interessante, per alcune ragioni, che vi vado a snocciolare. La regista è al suo debutto cinematografico, ma ha molta esperienza come regista di teatro (il risultato sono prestazioni convincenti del cast intero). La sceneggiatura è di Beau Willimon, che conosciamo per la versione US di House of Cards, quindi bravo con gli intrighi politici (risultato, chiare le sottotrame, appunto, politiche, del rapporto tra le due cugine). Le protagoniste principali sono Saoirse Ronan (Mary), che ci aveva già conquistato fin dai tempi di The Lovely Bones, e Margot Robbie (Elizabeth), che qua, puntando all'Oscar, maschera la sua bellezza con il trucco della malattia (questo un po' il punto debole del film). Molto bella la scena del loro incontro.
I like historical films, and ultimately we are witnessing a sort of return of them. This is quite interesting, for some reasons, that I'm going to enounce. The director is making her film debut, but she has a lot of experience as a theater director (the result are convincing performances by the entire cast). The screenplay is by Beau Willimon, who we know from the US version of House of Cards, so good with political intrigues (result, the subplots are pretty clear, in fact, political, of the relationship between the two cousins). The main protagonists are Saoirse Ronan (Mary), who had already conquered us since the time of The Lovely Bones, and Margot Robbie (Elizabeth), who here, aiming for an Oscar, masks her beauty with the trick of illness (this a little the weak point of the film). Very beautiful scene of their meeting.
20191210
Do you doubt me traitor?
Lingua Ignota + 93echoesandsirens, Klub 007, Praga CZ, martedì 8 ottobre 2019
Ormai l'Europa è la mia casa. E quindi, molto semplicemente, se non posso andare a vedere Lingua Ignota in concerto a Milano (la settimana prossima), perché quella sera ho già un impegno con gli Sleep a Bologna, mi prendo 3 giorni di ferie e vado tranquillamente a Praga, perché è la data che raggiungo con maggior facilità, tra quelle estere. Parto da Pisa con Ryanair, e complice l'umore ed il tempo, prendo un albergo modesto, ma vicinissimo al locale dove suonerà l'artista statunitense, e tra l'altro passo il mio "giorno libero" in camera, al calduccio, vedendomi dei film, che tanto Praga l'ho già vista. Ma veniamo al motivo per cui sono qui. Kristin Hayter è una delle cose più interessanti degli ultimi tempi, e non solo a livello musicale. Figuratevi che sono venuto a Praga pur avendo ascoltato pochissimo della sua produzione musicale, ma letto quanto basta per capire che, soprattutto dal vivo, regala un'esperienza difficile da dimenticare. Leggete, vi prego, la sua bio su Wikipedia, per capire di cosa stiamo parlando. Una delle cose meravigliose che accadono, è che, come vi dicevo, il locale in cui si esibirà è situato, così come il mio hotel, in una zona di Praga non vicinissima al centro, Strahov, sulla collina di Petrin, a due passi dal Velky Strahovsky Stadion; in questa zona, se si esclude la mensa universitaria, c'è un solo ristorante, dove ho consumato i tre pasti del mio soggiorno, e, come mi ero immaginato, durante la cena prima del concerto, mentre sono seduto al tavolo del ristorante Petrin, ecco che entra proprio Kristin, accompagnata dall'organizzatore locale (lo riconoscerò poco più tardi all'ingresso del locale) e dal suo tour manager europeo Federico, che avevo capito essere italiano da alcuni post su Instagram. Mi alzo, chiedo scusa, saluto e ringrazio Kristin per la sua musica, e scambio qualche battuta con il simpatico Federico, sul fatto che non posso andare a vederla a Milano la settimana seguente. Torno al mio posto e non disturbo più. Finisco e mi avvio al locale, una cantina sotto uno degli 8 blocchi adibiti a dormitori studenteschi, dove c'è un bancone bar, davanti dei tavoli, e un piccolo spazio con un palco inesistente. Si esibisce per quasi una mezz'ora interminabile 93echoesandsirens, artista locale che mescola elettronica dance e noise, dopo di che, ecco Lingua Ignota.
Il palco, se così si può definire, è contornato da un telo di nylon trasparente, montato dalla stessa Kristin ed un altro tipo, tramite nastro adesivo che lo fissa al soffitto (molto basso). Al centro, le tastiere, ed una lampada che si porterà dietro tutto il tempo. Lo spazio davanti al palco è colmato da diciamo una 50ina abbondante di persone, sto ai margini appoggiato al muro semicircolare, quindi la vedo e non la vedo. Ma la sensazione claustrofobica generata dal luogo, e quella di perdita generata dalla scomparsa di lei dal mio campo visivo è quella giusta, adatta a concentrarsi sulla musica, una musica che descrive sofferenza e odio. Basi di elettronica, sapienti tocchi di piano, una voce con un'estensione pazzesca, e una inoppugnabile somiglianza, anche "filosofica", con la sacerdotessa Diamanda Galàs, collocano Lingua Ignota su un piano superiore a gran parte di altre realtà musicali. Una scaletta fatta da nove pezzi (su undici totali) del suo nuovo disco Caligula (in altre occasioni ha regalato un encore gustoso, la cover di Wicked Games di Chris Isaak, purtroppo non in questa) per un'ora scarsa di una esperienza forse più teatrale che musicale, un concerto che ti entra dentro e che sarà difficile da dimenticare. Lei che si muove tra il pubblico, che sbuca agli angoli, che sale ad incunearsi fino al soffitto, in una mano il microfono e nell'altra la lampada, e la sua voce che, come in un catartico rito collettivo, dove lei è la celebrante, esorcizzano la violenza, per rinascere nella bellezza. Una delle cose più emozionanti che questi 40 anni di musica mi abbiano regalato.
The stage, if we can defined it so, is surrounded by a transparent nylon sheet, fixed by Kristin herself and another guy, by adhesive tape that fixes it to the ceiling (very low). At the center, the keyboards, and a lamp that she will carry around all the time. The space in front of the stage is filled with, let's say, an abundant 50 people, I'm at the edge leaning against the semicircular wall, so I see her and I don't see her. But the claustrophobic feeling generated by the place, and that of loss generated by the disappearance of her from my field of vision is the right one, suitable for concentrating on music, a music that describes suffering and hatred. Basics of electronics, clever touches of the piano, a voice with a crazy extension, and an incontrovertible resemblance, even "philosophical", with the priestess Diamanda Galàs, place Lingua Ignota on a higher level than most other musical realities. A set made up of nine songs (out of eleven total) of her new album Caligula (on other occasions she gave a tasty encore, the cover of Wicked Games by Chris Isaak, unfortunately not in this one) for a scarce hour of an experience perhaps more theatrical than musical, a concert that gets inside you and that will be difficult to forget. She, that moves among the audience, that comes out in the corners, rises, keeping the microphone in one hand, the lamp in the other hand, and her voice which, as in a cathartic collective rite, where she is the celebrating one, exorcising violence, to reborn in beauty, after that. One of the most exciting things that these 40 years of music have given me.
Ormai l'Europa è la mia casa. E quindi, molto semplicemente, se non posso andare a vedere Lingua Ignota in concerto a Milano (la settimana prossima), perché quella sera ho già un impegno con gli Sleep a Bologna, mi prendo 3 giorni di ferie e vado tranquillamente a Praga, perché è la data che raggiungo con maggior facilità, tra quelle estere. Parto da Pisa con Ryanair, e complice l'umore ed il tempo, prendo un albergo modesto, ma vicinissimo al locale dove suonerà l'artista statunitense, e tra l'altro passo il mio "giorno libero" in camera, al calduccio, vedendomi dei film, che tanto Praga l'ho già vista. Ma veniamo al motivo per cui sono qui. Kristin Hayter è una delle cose più interessanti degli ultimi tempi, e non solo a livello musicale. Figuratevi che sono venuto a Praga pur avendo ascoltato pochissimo della sua produzione musicale, ma letto quanto basta per capire che, soprattutto dal vivo, regala un'esperienza difficile da dimenticare. Leggete, vi prego, la sua bio su Wikipedia, per capire di cosa stiamo parlando. Una delle cose meravigliose che accadono, è che, come vi dicevo, il locale in cui si esibirà è situato, così come il mio hotel, in una zona di Praga non vicinissima al centro, Strahov, sulla collina di Petrin, a due passi dal Velky Strahovsky Stadion; in questa zona, se si esclude la mensa universitaria, c'è un solo ristorante, dove ho consumato i tre pasti del mio soggiorno, e, come mi ero immaginato, durante la cena prima del concerto, mentre sono seduto al tavolo del ristorante Petrin, ecco che entra proprio Kristin, accompagnata dall'organizzatore locale (lo riconoscerò poco più tardi all'ingresso del locale) e dal suo tour manager europeo Federico, che avevo capito essere italiano da alcuni post su Instagram. Mi alzo, chiedo scusa, saluto e ringrazio Kristin per la sua musica, e scambio qualche battuta con il simpatico Federico, sul fatto che non posso andare a vederla a Milano la settimana seguente. Torno al mio posto e non disturbo più. Finisco e mi avvio al locale, una cantina sotto uno degli 8 blocchi adibiti a dormitori studenteschi, dove c'è un bancone bar, davanti dei tavoli, e un piccolo spazio con un palco inesistente. Si esibisce per quasi una mezz'ora interminabile 93echoesandsirens, artista locale che mescola elettronica dance e noise, dopo di che, ecco Lingua Ignota.
Il palco, se così si può definire, è contornato da un telo di nylon trasparente, montato dalla stessa Kristin ed un altro tipo, tramite nastro adesivo che lo fissa al soffitto (molto basso). Al centro, le tastiere, ed una lampada che si porterà dietro tutto il tempo. Lo spazio davanti al palco è colmato da diciamo una 50ina abbondante di persone, sto ai margini appoggiato al muro semicircolare, quindi la vedo e non la vedo. Ma la sensazione claustrofobica generata dal luogo, e quella di perdita generata dalla scomparsa di lei dal mio campo visivo è quella giusta, adatta a concentrarsi sulla musica, una musica che descrive sofferenza e odio. Basi di elettronica, sapienti tocchi di piano, una voce con un'estensione pazzesca, e una inoppugnabile somiglianza, anche "filosofica", con la sacerdotessa Diamanda Galàs, collocano Lingua Ignota su un piano superiore a gran parte di altre realtà musicali. Una scaletta fatta da nove pezzi (su undici totali) del suo nuovo disco Caligula (in altre occasioni ha regalato un encore gustoso, la cover di Wicked Games di Chris Isaak, purtroppo non in questa) per un'ora scarsa di una esperienza forse più teatrale che musicale, un concerto che ti entra dentro e che sarà difficile da dimenticare. Lei che si muove tra il pubblico, che sbuca agli angoli, che sale ad incunearsi fino al soffitto, in una mano il microfono e nell'altra la lampada, e la sua voce che, come in un catartico rito collettivo, dove lei è la celebrante, esorcizzano la violenza, per rinascere nella bellezza. Una delle cose più emozionanti che questi 40 anni di musica mi abbiano regalato.
The stage, if we can defined it so, is surrounded by a transparent nylon sheet, fixed by Kristin herself and another guy, by adhesive tape that fixes it to the ceiling (very low). At the center, the keyboards, and a lamp that she will carry around all the time. The space in front of the stage is filled with, let's say, an abundant 50 people, I'm at the edge leaning against the semicircular wall, so I see her and I don't see her. But the claustrophobic feeling generated by the place, and that of loss generated by the disappearance of her from my field of vision is the right one, suitable for concentrating on music, a music that describes suffering and hatred. Basics of electronics, clever touches of the piano, a voice with a crazy extension, and an incontrovertible resemblance, even "philosophical", with the priestess Diamanda Galàs, place Lingua Ignota on a higher level than most other musical realities. A set made up of nine songs (out of eleven total) of her new album Caligula (on other occasions she gave a tasty encore, the cover of Wicked Games by Chris Isaak, unfortunately not in this one) for a scarce hour of an experience perhaps more theatrical than musical, a concert that gets inside you and that will be difficult to forget. She, that moves among the audience, that comes out in the corners, rises, keeping the microphone in one hand, the lamp in the other hand, and her voice which, as in a cathartic collective rite, where she is the celebrating one, exorcising violence, to reborn in beauty, after that. One of the most exciting things that these 40 years of music have given me.
20191209
Nineteen eighty four
American Horror Story: 1984 - di Ryan Murphy e Brad Falchuck - Stagione 9 (9 episodi; FX) - 2019
Nel 1984, Brooke Thompson viene attaccata dal serial killer chiamato Night Stalker, e decide di lasciare la città per l'estate per lavorare come volontaria a Camp Redwood con i suoi nuovi amici, conosciuti al corso di aerobica. Lungo la strada, investono un escursionista. Il gruppo lo soccorre, e lo porta a Redwood, dove viene curato dall'infermiera, Rita. Margaret Booth, la proprietaria del campeggio, si presenta ai volontari, e fa fare loro un giro per i terreni. Più tardi, attorno al fuoco di bivacco, i volontari apprendono da Rita che Camp Redwood fu teatro di un massacro nel 1970 commesso dal guardiano, Benjamin Richter, detto Mr. Jingles. Margaret rivela di essere stata l'unica sopravvissuta di quella notte. Brooke trova l'escursionista che il gruppo aveva investito, ucciso da Jingles, ma, quando da l'allarme agli altri, il corpo del malcapitato, e Richter, non si trovano da nessuna parte.
La nona stagione di questa serie, ormai classica, si ispira ai film catalogati come horror slasher, ed è ovviamente ambientata nel 1984. Devo dire che la stagione si è rivelata piuttosto deludente, molto debole, ridondante, stiracchiata, esasperando purtroppo le caratteristiche dei prodotti della coppia Murphy/Falchuck (troppi finali, troppi personaggi, troppi generi sovrapposti): a volte riescono a far funzionare questa abbondanza, a volte no. Stavolta, a mio parere, no.
The ninth season of this series, now classic, is inspired by films labelled as horror slasher, and is obviously set in 1984. I must say that the season turned out to be rather disappointing, very weak, redundant, stretched, unfortunately exasperating the characteristics of the products of the couple Murphy/Falchuck (too many finals, too many characters, too many overlapping genres): sometimes they manage to make this abundance work, sometimes they do not. This time, in my opinion, they didn't.
Nel 1984, Brooke Thompson viene attaccata dal serial killer chiamato Night Stalker, e decide di lasciare la città per l'estate per lavorare come volontaria a Camp Redwood con i suoi nuovi amici, conosciuti al corso di aerobica. Lungo la strada, investono un escursionista. Il gruppo lo soccorre, e lo porta a Redwood, dove viene curato dall'infermiera, Rita. Margaret Booth, la proprietaria del campeggio, si presenta ai volontari, e fa fare loro un giro per i terreni. Più tardi, attorno al fuoco di bivacco, i volontari apprendono da Rita che Camp Redwood fu teatro di un massacro nel 1970 commesso dal guardiano, Benjamin Richter, detto Mr. Jingles. Margaret rivela di essere stata l'unica sopravvissuta di quella notte. Brooke trova l'escursionista che il gruppo aveva investito, ucciso da Jingles, ma, quando da l'allarme agli altri, il corpo del malcapitato, e Richter, non si trovano da nessuna parte.
La nona stagione di questa serie, ormai classica, si ispira ai film catalogati come horror slasher, ed è ovviamente ambientata nel 1984. Devo dire che la stagione si è rivelata piuttosto deludente, molto debole, ridondante, stiracchiata, esasperando purtroppo le caratteristiche dei prodotti della coppia Murphy/Falchuck (troppi finali, troppi personaggi, troppi generi sovrapposti): a volte riescono a far funzionare questa abbondanza, a volte no. Stavolta, a mio parere, no.
The ninth season of this series, now classic, is inspired by films labelled as horror slasher, and is obviously set in 1984. I must say that the season turned out to be rather disappointing, very weak, redundant, stretched, unfortunately exasperating the characteristics of the products of the couple Murphy/Falchuck (too many finals, too many characters, too many overlapping genres): sometimes they manage to make this abundance work, sometimes they do not. This time, in my opinion, they didn't.
20191208
Dopo la tresca
The Affair - di Sarah Treem e Hagai Levi - Stagione 5 (11 episodi; Showtime) - 2019
Noah incontra l'attore Sasha Mann, che è destinato a dirigere e recitare l'adattamento del romanzo di Noah, Descent. Noah partecipa quindi al funerale di Vik con Janelle. Dopo il servizio, Noah vede Helen che discute con la madre di Vik, Priya, sul fatto che debba essere seppellito o cremato; perché sua madre è indù, vuole che Vik sia cremato. A casa di Helen, tutti guardano un video che Vik ha registrato prima di morire, e Noah scopre che Whitney e il suo ragazzo Colin si sposano. Dopo che tutti se ne sono andati, Noah rimane per pulire la cucina e quando porta fuori la spazzatura, Helen esclama "Questo è il lavoro di Vik!" e rimprovera Noah per come ha lasciato lei e i loro quattro figli, e del fatto che abbia dovuto allevarli da soli.
Nei flashback ambientati prima della morte di Vik, lui si trova in ospedale, Sierra dà alla luce un bambino, ma Vik non risponde alle sollecitazioni e presto muore. Mentre Helen sta ripulendo il letto d'ospedale di Vik, trova una USB con una nota, "Per Helen. Guardami."
In un futuro prossimo, un'adulta Joanie Lockhart, che è sposata con Paul e ha due figlie, Thea e Madeline, celebra il sesto compleanno di Madeline. Più tardi, Joanie esprime la sua ansia a Paul, per la reazione che avrà Madeline scoprendo che è stata adottata. Anche il compleanno di Joanie sta arrivando, e lei dice a Paul: "Questa è l'età in cui è morta mia madre", cosa che lui non sapeva. Di notte, Joanie si rende conto che le manca suo padre, e prende una manciata di pillole per l'ansia.
Gli sceneggiatori decidono, potremmo dire finalmente, di chiudere il cerchio e di porre la scritta "fine" alla serie che ci ha raccontato la storia del rapporto di una coppia di ceto medio-alto statunitense. La serie ci aveva ampiamente stancato dopo 3 stagioni, ma personalmente ho insistito con la visione perché, come forse avrete capito, odio lasciare a metà qualcosa. Al netto di ridondanze e di particolari anche piuttosto ridicoli (Noah invecchiato, tanto per dirne uno), la stagione scorre meglio delle due precedenti, e conferma la propria filosofia: l'amore spesso è ossessione, abitudine, un terribile sbaglio che genera enormi sofferenze, ma pure felicità a momenti (per usare una citazione di Tonino Carotone), e soprattutto, agli occhi di chi non è coinvolto, risulta totalmente insensato.
The screenwriters decide, we could say "finally", to close the circle and to put the word "end" to the series that told us the story of the relationship of a middle-upper class American couple. The series had largely tired us after 3 seasons, but personally I insisted with the vision because, as you may have understood, I hate to leave something halfway. Net of redundancies and even rather ridiculous details (Noah aged, to name just one), the season flows better than the previous two, and confirms its philosophy: love is often obsession, habit, a terrible mistake that generates enormous suffering , but also happiness at times (to use a quote by Tonino Carotone), and above all, in the eyes of those who are not involved, it is totally senseless.
Noah incontra l'attore Sasha Mann, che è destinato a dirigere e recitare l'adattamento del romanzo di Noah, Descent. Noah partecipa quindi al funerale di Vik con Janelle. Dopo il servizio, Noah vede Helen che discute con la madre di Vik, Priya, sul fatto che debba essere seppellito o cremato; perché sua madre è indù, vuole che Vik sia cremato. A casa di Helen, tutti guardano un video che Vik ha registrato prima di morire, e Noah scopre che Whitney e il suo ragazzo Colin si sposano. Dopo che tutti se ne sono andati, Noah rimane per pulire la cucina e quando porta fuori la spazzatura, Helen esclama "Questo è il lavoro di Vik!" e rimprovera Noah per come ha lasciato lei e i loro quattro figli, e del fatto che abbia dovuto allevarli da soli.
Nei flashback ambientati prima della morte di Vik, lui si trova in ospedale, Sierra dà alla luce un bambino, ma Vik non risponde alle sollecitazioni e presto muore. Mentre Helen sta ripulendo il letto d'ospedale di Vik, trova una USB con una nota, "Per Helen. Guardami."
In un futuro prossimo, un'adulta Joanie Lockhart, che è sposata con Paul e ha due figlie, Thea e Madeline, celebra il sesto compleanno di Madeline. Più tardi, Joanie esprime la sua ansia a Paul, per la reazione che avrà Madeline scoprendo che è stata adottata. Anche il compleanno di Joanie sta arrivando, e lei dice a Paul: "Questa è l'età in cui è morta mia madre", cosa che lui non sapeva. Di notte, Joanie si rende conto che le manca suo padre, e prende una manciata di pillole per l'ansia.
Gli sceneggiatori decidono, potremmo dire finalmente, di chiudere il cerchio e di porre la scritta "fine" alla serie che ci ha raccontato la storia del rapporto di una coppia di ceto medio-alto statunitense. La serie ci aveva ampiamente stancato dopo 3 stagioni, ma personalmente ho insistito con la visione perché, come forse avrete capito, odio lasciare a metà qualcosa. Al netto di ridondanze e di particolari anche piuttosto ridicoli (Noah invecchiato, tanto per dirne uno), la stagione scorre meglio delle due precedenti, e conferma la propria filosofia: l'amore spesso è ossessione, abitudine, un terribile sbaglio che genera enormi sofferenze, ma pure felicità a momenti (per usare una citazione di Tonino Carotone), e soprattutto, agli occhi di chi non è coinvolto, risulta totalmente insensato.
The screenwriters decide, we could say "finally", to close the circle and to put the word "end" to the series that told us the story of the relationship of a middle-upper class American couple. The series had largely tired us after 3 seasons, but personally I insisted with the vision because, as you may have understood, I hate to leave something halfway. Net of redundancies and even rather ridiculous details (Noah aged, to name just one), the season flows better than the previous two, and confirms its philosophy: love is often obsession, habit, a terrible mistake that generates enormous suffering , but also happiness at times (to use a quote by Tonino Carotone), and above all, in the eyes of those who are not involved, it is totally senseless.
20191207
20191206
Morta di fame
The Deuce - Di George Pelecanos e David Simon - Stagione 3 (8 episodi; HBO) - 2019
È la fine del 1984. Lori, che ora vive a Los Angeles, completa un mese di riabilitazione, ma presto si fa di nuovo di cocaina. Vince e Abby vivono ancora l'uno con l'altro ma si sono allontanati emotivamente. Vince trascorre una notte con la sua ex moglie Andrea. Loretta ora lavora al bar di Abby ed è diventata un'attivista anti-pornografia. Bobby teme di aver preso l'AIDS dai suoi numerosi incontri sessuali con prostitute. L'epidemia di AIDS ha anche un impatto negativo sugli affari di Paul. Harvey ed Eileen vedono insieme un film di Kurosawa. Eileen vuole continuare a fare porno artistico, in cerca di un pubblico femminile, ma Harvey le dice che non si fanno i soldi con questo e non è disposto a investirci. Al contrario, nota il successo dei film amatoriali. Frankie e Irene stanno appunto realizzando video amatoriali con una cinepresa per home video. Frankie si occupa anche di droghe in collaborazione con alcuni criminali greci. Eileen visita sua madre Joan, che è molto malata. Il figlio di Eileen, Adam, ha lasciato la casa e non è più in contatto con la famiglia. Alla vigilia di Capodanno, Eileen visita il club di Vince e incontra un uomo d'affari apparentemente ricco di nome Hank. Bobby, nel frattempo, ha un incontro sessuale casuale nel bagno del bar.
Finisce con la terza stagione questa epopea incrociata, che racconta la storia di Times Square e del porno statunitense, della costa est. Come sempre, per i prodotti della premiata ditta Simon/Pelecanos, grande scrittura, tanti personaggi con caratteristiche ben definite e storie intriganti, bravissimi attori; incedere lento ma inesorabile, tanto che allo spettatore sembra di starci dentro. Aspettiamo la loro prossima mossa.
It ends with this season, the third, the series which tells the story of Times Square and of the American porn, of the east coast. As always, for the products of the award-winning company Simon/Pelecanos, great writing, many characters with well-defined characteristics and intriguing stories, talented actors; pace is slow but inexorable, so much so that the spectator seems to be inside it. We await their next move.
È la fine del 1984. Lori, che ora vive a Los Angeles, completa un mese di riabilitazione, ma presto si fa di nuovo di cocaina. Vince e Abby vivono ancora l'uno con l'altro ma si sono allontanati emotivamente. Vince trascorre una notte con la sua ex moglie Andrea. Loretta ora lavora al bar di Abby ed è diventata un'attivista anti-pornografia. Bobby teme di aver preso l'AIDS dai suoi numerosi incontri sessuali con prostitute. L'epidemia di AIDS ha anche un impatto negativo sugli affari di Paul. Harvey ed Eileen vedono insieme un film di Kurosawa. Eileen vuole continuare a fare porno artistico, in cerca di un pubblico femminile, ma Harvey le dice che non si fanno i soldi con questo e non è disposto a investirci. Al contrario, nota il successo dei film amatoriali. Frankie e Irene stanno appunto realizzando video amatoriali con una cinepresa per home video. Frankie si occupa anche di droghe in collaborazione con alcuni criminali greci. Eileen visita sua madre Joan, che è molto malata. Il figlio di Eileen, Adam, ha lasciato la casa e non è più in contatto con la famiglia. Alla vigilia di Capodanno, Eileen visita il club di Vince e incontra un uomo d'affari apparentemente ricco di nome Hank. Bobby, nel frattempo, ha un incontro sessuale casuale nel bagno del bar.
Finisce con la terza stagione questa epopea incrociata, che racconta la storia di Times Square e del porno statunitense, della costa est. Come sempre, per i prodotti della premiata ditta Simon/Pelecanos, grande scrittura, tanti personaggi con caratteristiche ben definite e storie intriganti, bravissimi attori; incedere lento ma inesorabile, tanto che allo spettatore sembra di starci dentro. Aspettiamo la loro prossima mossa.
It ends with this season, the third, the series which tells the story of Times Square and of the American porn, of the east coast. As always, for the products of the award-winning company Simon/Pelecanos, great writing, many characters with well-defined characteristics and intriguing stories, talented actors; pace is slow but inexorable, so much so that the spectator seems to be inside it. We await their next move.
20191205
Maddalena
Magdalene - FKA twigs (2019)
Chi segue fassbinder magari si ricorderà: ho cominciato a seguire Tahliah Debrett Barnett aka FKA twigs, incuriosito da una cover di una sua canzone fatta da Anna Calvi. E meno male, perché è decisamente una delle artiste femminili più interessanti degli ultimi anni. Intrigante, sexy, grande voce, sensuale quando balla (per il tour di questo disco ha imparato la pole dance e il wushu), coraggiosa a livello musicale e lirico. Una sorta di Bjork più pop, più RNB: non per niente viene catalogata come Art pop. Secondo full length, disco che arriva dopo l'asportazione di fibromi all'utero nel 2018 (un'esperienza che ha descritto come "vivere in una ciotola di dolore ogni giorno"), riesce ad essere solare e doloroso al tempo stesso, e a racchiudere in queste nove canzoni, influenze musicali antiche e modernissime, riuscendo a creare un'amalgama di rara bellezza, ed assolutamente godibile. Una pletora di co-compositori e produttori (divertitevi a leggere), la partecipazione di Future su uno dei singoli (Holy Terrain), che come al solito sono corredati da video clip bellissimi, la certezza che FKA twigs ci ha già preso per mano per portarci nel futuro, insieme a lei.
Those who follow fassbinder may remember: I started following Tahliah Debrett Barnett aka FKA twigs, intrigued by a cover of one of her songs made by Anna Calvi. And thank goodness, because she is definitely one of the most interesting female artists of recent years. Intriguing, sexy, great voice, sensual when dancing (for the tour of this album she learned pole dance and wushu), brave on a musical and lyrical level. A sort of Bjork more pop, more RNB: not for nothing her music is classified as Art pop. Second full length, an album that comes after the removal of fibroids from the uterus in 2018 (an experience that described as "living with a fruit bowl of pain every day"), manages to be sunny and painful at the same time, and to enclose in these nine songs, ancient and modern musical influences, managing to create an amalgam of rare beauty, and absolutely enjoyable. A plethora of co-composers and producers (have fun reading), the featuring of Future on one of the singles (Holy Terrain), which as usual are accompanied by beautiful video clips, the certainty that FKA twigs has already taken us by the hand for take us into the future, together with her.
Chi segue fassbinder magari si ricorderà: ho cominciato a seguire Tahliah Debrett Barnett aka FKA twigs, incuriosito da una cover di una sua canzone fatta da Anna Calvi. E meno male, perché è decisamente una delle artiste femminili più interessanti degli ultimi anni. Intrigante, sexy, grande voce, sensuale quando balla (per il tour di questo disco ha imparato la pole dance e il wushu), coraggiosa a livello musicale e lirico. Una sorta di Bjork più pop, più RNB: non per niente viene catalogata come Art pop. Secondo full length, disco che arriva dopo l'asportazione di fibromi all'utero nel 2018 (un'esperienza che ha descritto come "vivere in una ciotola di dolore ogni giorno"), riesce ad essere solare e doloroso al tempo stesso, e a racchiudere in queste nove canzoni, influenze musicali antiche e modernissime, riuscendo a creare un'amalgama di rara bellezza, ed assolutamente godibile. Una pletora di co-compositori e produttori (divertitevi a leggere), la partecipazione di Future su uno dei singoli (Holy Terrain), che come al solito sono corredati da video clip bellissimi, la certezza che FKA twigs ci ha già preso per mano per portarci nel futuro, insieme a lei.
Those who follow fassbinder may remember: I started following Tahliah Debrett Barnett aka FKA twigs, intrigued by a cover of one of her songs made by Anna Calvi. And thank goodness, because she is definitely one of the most interesting female artists of recent years. Intriguing, sexy, great voice, sensual when dancing (for the tour of this album she learned pole dance and wushu), brave on a musical and lyrical level. A sort of Bjork more pop, more RNB: not for nothing her music is classified as Art pop. Second full length, an album that comes after the removal of fibroids from the uterus in 2018 (an experience that described as "living with a fruit bowl of pain every day"), manages to be sunny and painful at the same time, and to enclose in these nine songs, ancient and modern musical influences, managing to create an amalgam of rare beauty, and absolutely enjoyable. A plethora of co-composers and producers (have fun reading), the featuring of Future on one of the singles (Holy Terrain), which as usual are accompanied by beautiful video clips, the certainty that FKA twigs has already taken us by the hand for take us into the future, together with her.
20191204
Trappole
Pitfalls - Leprous (2019)
Qui al sesto disco in studio e con 18 anni di anzianità, i norvegesi Leprous sono per me una assoluta novità. Ho cominciato ad interessarmene solo poche settimane fa, visto che erano in tour con i The Ocean (data italiana alla quale ho rinunciato per eccesso di impegni, purtroppo), e mi sono ascoltato questo nuovo Pitfall. Ora, si capisce, anche senza aver ascoltato niente delle loro produzioni precedenti, e leggendo varie note biografiche, che la band, trainata dai due fondatori Einar Solberg (voce, tastiere e gran parte delle composizioni e dei testi) e Tor Oddmund Suhrke (chitarre e alcuni testi), è decisa ad approfondire la propria capacità compositiva, che li porta ad essere autori di un progressive rock di grandissima caratura, senza essere palloso. La voce di Solberg (scopro da Wikipedia che è cognato di Ihsahn, del quale in passato gli stessi Leprous sono stati la backing band) è sontuosa, e permette al tutto di ottenere una maestosità che era una volta propria dei Queen, e che hanno raggiunto i migliori Muse, ma sorprendentemente, il disco non annoia, ma intriga. Una bella scoperta per me, un disco interessante per chi non si pone barriere di ascolto.
Here at the sixth studio album and with 18 years of seniority, the Norwegians Leprous are an absolute novelty for me. I started to take an interest in them only a few weeks ago, since they were on tour with The Ocean (Italian date to which I gave up due to excessive commitments, unfortunately), and I listened to this new Pitfalls. Now, of course, even without having listened to any of their previous productions, and reading various biographical notes, the band, driven by the two founders Einar Solberg (vocals, keyboards and most of the compositions and lyrics) and Tor Oddmund Suhrke (guitars and some lyrics), is determined to deepen her compositional ability, which leads them to be authors of a very high caliber progressive rock, without being dull. Solberg's voice (I find out from Wikipedia that he is Ihsahn's brother-in-law, of whom the Leprous themselves were the backing band in the past) is sumptuous, and allows the whole to obtain a majesty that was once proper to Queen, and that was achieved by the best Muse, but surprisingly, the record is not boring, but intriguing. A beautiful discovery for me, an interesting record for those who do not set themselves barriers to listening.
Qui al sesto disco in studio e con 18 anni di anzianità, i norvegesi Leprous sono per me una assoluta novità. Ho cominciato ad interessarmene solo poche settimane fa, visto che erano in tour con i The Ocean (data italiana alla quale ho rinunciato per eccesso di impegni, purtroppo), e mi sono ascoltato questo nuovo Pitfall. Ora, si capisce, anche senza aver ascoltato niente delle loro produzioni precedenti, e leggendo varie note biografiche, che la band, trainata dai due fondatori Einar Solberg (voce, tastiere e gran parte delle composizioni e dei testi) e Tor Oddmund Suhrke (chitarre e alcuni testi), è decisa ad approfondire la propria capacità compositiva, che li porta ad essere autori di un progressive rock di grandissima caratura, senza essere palloso. La voce di Solberg (scopro da Wikipedia che è cognato di Ihsahn, del quale in passato gli stessi Leprous sono stati la backing band) è sontuosa, e permette al tutto di ottenere una maestosità che era una volta propria dei Queen, e che hanno raggiunto i migliori Muse, ma sorprendentemente, il disco non annoia, ma intriga. Una bella scoperta per me, un disco interessante per chi non si pone barriere di ascolto.
Here at the sixth studio album and with 18 years of seniority, the Norwegians Leprous are an absolute novelty for me. I started to take an interest in them only a few weeks ago, since they were on tour with The Ocean (Italian date to which I gave up due to excessive commitments, unfortunately), and I listened to this new Pitfalls. Now, of course, even without having listened to any of their previous productions, and reading various biographical notes, the band, driven by the two founders Einar Solberg (vocals, keyboards and most of the compositions and lyrics) and Tor Oddmund Suhrke (guitars and some lyrics), is determined to deepen her compositional ability, which leads them to be authors of a very high caliber progressive rock, without being dull. Solberg's voice (I find out from Wikipedia that he is Ihsahn's brother-in-law, of whom the Leprous themselves were the backing band in the past) is sumptuous, and allows the whole to obtain a majesty that was once proper to Queen, and that was achieved by the best Muse, but surprisingly, the record is not boring, but intriguing. A beautiful discovery for me, an interesting record for those who do not set themselves barriers to listening.
Iscriviti a:
Post (Atom)