En fuera de juego - Di David Marqués (2012)
Giudizio sintetico: si può perdere (2/5)
Javi è un procuratore non troppo onesto di giovani calciatori e giocatori scarsi, anche se la principale fonte di reddito della sua società sono gli "eventi per bambini" con gonfiabili nei centri commerciali. Sogna la grande "crack" che gli cambia la vita, ma ci vuole tempo per arrivare. Ana - sua moglie - sebbene lo ami, è un po stanca della sua passione per il suo lavoro. In quel momento, Javi riceve una notizia che cambia tutto, il Real Madrid è interessato a un giovane argentino di 17 anni di nome Gustavo César, un ragazzo che ha firmato con lui da bambino quando Javi era in viaggio con Ana in Argentina.
Commedia spagnola/argentina con un cast anche relativamente importante, ma decisamente poco interessante. Qualche risata si fa, ma molto prevedibile.
Spanish / Argentine comedy with a cast that is also relatively important, but very uninteresting. Quite funny, but very predictable.
No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.
20200331
20200330
Rivelatore
Revelator - The Amenta (2021)
Il quarto album degli australiani di Sydney The Amenta, arriva dopo uno iato di ben sette anni, visto che nel 2013, dopo tre album, avevano dichiarato di cessare le attività per un po', finché si sono riuniti nel novembre del 2020. E c'è da dire che non sembrano indeboliti o arrugginiti da tale stop. Revelator è un calderone bollente di death metal con iniezioni dosate di blackened e di industrial, una bella propensione teatrale, creata da tastiere e campionamenti, con una buona dose di personalità ed eclettismo. Niente male.
The fourth album by Sydney Australians The Amenta, comes after a hiatus of seven years, as in 2013, after three albums, they had declared to be out of business for a while, until they reunited in November 2020. And it must be said that they do not seem weakened or rusty by this stop. Revelator is a hot cauldron of death metal with dosed injections of blackened and industrial, a beautiful theatrical propensity, created by keyboards and samples, with a good dose of personality and eclecticism. Not bad at all.
Razredni sovražnik
Class Enemy - Di Rok Biček (2013)
Giudizio sintetico: da vedere (4/5)
In una scuola superiore di Lubiana, Slovenia, un insegnante di tedesco appena trasferitosi in quella scuola, si trova ad affrontare la sua nuova classe immediatamente prima, e soprattutto dopo il suicidio di una studentessa. Gli studenti si uniscono e si ribellano all'insegnante e ai suoi metodi rigorosi.
Film decisamente da vedere, in tempi come i nostri, che hanno visto il totale ribaltamento del rapporto dei genitori verso gli insegnanti. Rigoroso come la figura dell'insegnante protagonista, non manca neppure di sfumature che mettono in ridicolo figure meschine, e propone seri dilemmi etici.
Film that definitely worth seeing, in times like ours, which have seen the total reversal of the relationship of parents towards teachers. As rigorous as the figure of the protagonist teacher, it does not lack even nuances that ridicule petty figures, and proposes serious ethical dilemmas.
Giudizio sintetico: da vedere (4/5)
In una scuola superiore di Lubiana, Slovenia, un insegnante di tedesco appena trasferitosi in quella scuola, si trova ad affrontare la sua nuova classe immediatamente prima, e soprattutto dopo il suicidio di una studentessa. Gli studenti si uniscono e si ribellano all'insegnante e ai suoi metodi rigorosi.
Film decisamente da vedere, in tempi come i nostri, che hanno visto il totale ribaltamento del rapporto dei genitori verso gli insegnanti. Rigoroso come la figura dell'insegnante protagonista, non manca neppure di sfumature che mettono in ridicolo figure meschine, e propone seri dilemmi etici.
Film that definitely worth seeing, in times like ours, which have seen the total reversal of the relationship of parents towards teachers. As rigorous as the figure of the protagonist teacher, it does not lack even nuances that ridicule petty figures, and proposes serious ethical dilemmas.
20200329
Flamenco e rivoluzione
Camarón: Flamenco y revolución - Di Alexis Morante (2018)
Giudizio sintetico: si può vedere (3/5)
Documentario su una delle figure più intriganti che la musica ha avuto nel ventesimo secolo, un omaggio in occasione del 25esimo anniversario della morte di Camarón e una retrospettiva sulla sua vita e la sua arte. Un ritratto intimo in cui i suoi creatori hanno avuto accesso ai documenti inediti della famiglia e in cui sono mostrati video, fotografie e documenti dell'artista che ci avvicinano all'interno della leggenda. Narrata dall'attore Juan Diego, ci racconta la figura di Camarón ha universalizzato il Flamenco, un'arte che effettivamente non ha confini.
Documentario piuttosto valido sulla figura di José Monje Cruz, in arte Camarón de la Isla, ottimo per neofiti come me, persone che vogliono avvicinarsi ad una figura che in Spagna è considerato una sorta di leggenda. A breve parleremo anche della docu-serie su di lui. Storia davvero interessante, quella di Camarón.
Rather valid documentary on the figure of José Monje Cruz, aka Camarón de la Isla, excellent for beginners like me, people who want to get closer to a figure that in Spain is considered a sort of legend. In the close future we will also talk about the docu-series about him. Really interesting story, that of Camarón.
Giudizio sintetico: si può vedere (3/5)
Documentario su una delle figure più intriganti che la musica ha avuto nel ventesimo secolo, un omaggio in occasione del 25esimo anniversario della morte di Camarón e una retrospettiva sulla sua vita e la sua arte. Un ritratto intimo in cui i suoi creatori hanno avuto accesso ai documenti inediti della famiglia e in cui sono mostrati video, fotografie e documenti dell'artista che ci avvicinano all'interno della leggenda. Narrata dall'attore Juan Diego, ci racconta la figura di Camarón ha universalizzato il Flamenco, un'arte che effettivamente non ha confini.
Documentario piuttosto valido sulla figura di José Monje Cruz, in arte Camarón de la Isla, ottimo per neofiti come me, persone che vogliono avvicinarsi ad una figura che in Spagna è considerato una sorta di leggenda. A breve parleremo anche della docu-serie su di lui. Storia davvero interessante, quella di Camarón.
Rather valid documentary on the figure of José Monje Cruz, aka Camarón de la Isla, excellent for beginners like me, people who want to get closer to a figure that in Spain is considered a sort of legend. In the close future we will also talk about the docu-series about him. Really interesting story, that of Camarón.
20200328
Terra nera crescente
Black Earth Rising - Di Hugo Blick - Stagione 1 (8 episodi; BBC Two/Netflix) - 2018
L'avvocato penale internazionale Eve Ashby si impegna a perseguire Simon Nyamoya, un generale ruandese divenuto mercenario che è stato estradato al Tribunale penale internazionale dell'Aia. Sua figlia adottiva, Kate, è una rifugiata del genocidio in Ruanda e riconosce Nyamoya come una figura importante nel porre fine al massacro. Si sforza di venire a patti con la decisione e si sente tradita da sua madre, e la supplica di perseguire invece le persone responsabili del genocidio. Nella Repubblica Democratica del Congo, le forze dell'ONU cercano di arrestare il criminale di guerra Patrice Ganimana, ma sbagliano persona, e subiscono una perdita tra i caschi blu.
Niente male questa serie BBC/Netflix, che probabilmente rimarrà alla stagione 1 (sembra più una miniserie, anche se non è catalogata così), bella già dalla canzone sui titoli di testa (You Want it Darker di Leonard Cohen). Incuriosito dalla presenza in chiave drammatica di Michaela Coel (Kate), coadiuvata da un cast di ottimo livello, nel quale spicca naturalmente un John Goodman sempre in grande spolvero, la serie mi è parsa intrigante e ben sceneggiata, oltre a fare un po' di luce su uno dei genocidi africani più recenti.
Not bad this BBC / Netflix series, which will probably remain at season 1 (it looks more like a miniseries, even if it is not cataloged like this), beautiful already from the song on the main titles (You Want it Darker by Leonard Cohen). Intrigued by the presence in a dramatic key of Michaela Coel (Kate), assisted by an excellent cast, in which naturally stands out a John Goodman always in great shape, the series seemed to me intriguing and well-scripted, as well as doing a bit of light on one of the most recent African genocides.
L'avvocato penale internazionale Eve Ashby si impegna a perseguire Simon Nyamoya, un generale ruandese divenuto mercenario che è stato estradato al Tribunale penale internazionale dell'Aia. Sua figlia adottiva, Kate, è una rifugiata del genocidio in Ruanda e riconosce Nyamoya come una figura importante nel porre fine al massacro. Si sforza di venire a patti con la decisione e si sente tradita da sua madre, e la supplica di perseguire invece le persone responsabili del genocidio. Nella Repubblica Democratica del Congo, le forze dell'ONU cercano di arrestare il criminale di guerra Patrice Ganimana, ma sbagliano persona, e subiscono una perdita tra i caschi blu.
Niente male questa serie BBC/Netflix, che probabilmente rimarrà alla stagione 1 (sembra più una miniserie, anche se non è catalogata così), bella già dalla canzone sui titoli di testa (You Want it Darker di Leonard Cohen). Incuriosito dalla presenza in chiave drammatica di Michaela Coel (Kate), coadiuvata da un cast di ottimo livello, nel quale spicca naturalmente un John Goodman sempre in grande spolvero, la serie mi è parsa intrigante e ben sceneggiata, oltre a fare un po' di luce su uno dei genocidi africani più recenti.
Not bad this BBC / Netflix series, which will probably remain at season 1 (it looks more like a miniseries, even if it is not cataloged like this), beautiful already from the song on the main titles (You Want it Darker by Leonard Cohen). Intrigued by the presence in a dramatic key of Michaela Coel (Kate), assisted by an excellent cast, in which naturally stands out a John Goodman always in great shape, the series seemed to me intriguing and well-scripted, as well as doing a bit of light on one of the most recent African genocides.
20200327
Chiamami col tuo nome
Call Me By Your Name - Di Luca Guadagnino (2017)
Giudizio sintetico: si può vedere (2,5/5)
È l'estate del 1983. Elio, un ebreo americano di 17 anni, vive con i suoi genitori nelle zone rurali del nord Italia. Il padre di Elio, professore di archeologia, invita uno studente laureato di 24 anni, Oliver, anche lui ebreo-americano, a vivere con la famiglia durante l'estate e ad aiutarlo con i suoi documenti accademici. Elio, un bibliofilo introspettivo e un musicista di talento, inizialmente pensa di avere poco in comune con Oliver, che ha una personalità spensierata ed esuberante. Elio si risente per dover rinunciare alla sua camera da letto per Oliver per tutta la durata del suo soggiorno e trascorre gran parte dell'estate a leggere, suonare il pianoforte e uscire con l'amica d'infanzia, Marzia. Nel frattempo, Oliver ammette di essere attratto da una delle ragazze locali, con grande fastidio di Elio.
E' piaciuto a molti, questo film "internazionale" dell'italianissimo Guadagnino, un racconto di formazione con risvolti gay, tratto dall'omonimo libro di André Aciman e sceneggiato nientemeno che da James Ivory. A me non molto, seppure debba ammettere alcune scelte di casting indovinate e belle ambientazioni che rendono giustizia al Nord Italia. Ho trovato eccessive le acrobazie nei gusti sessuali dei due protagonisti, non so quanto credibili, e un po' mieloso il tutto. Magari sbaglio.
Many liked this "international" film by the very Italian Guadagnino, a coming-of-age story with gay implications, taken from the book of the same name by André Aciman and scripted by none other than James Ivory. Not to me, although I must admit some right casting choices and beautiful settings that do justice to Northern Italy. I found the switch in the sexual tastes of the two protagonists to be excessive, I don't know how credible, and a little cheesy the whole story. Maybe I'm wrong.
Giudizio sintetico: si può vedere (2,5/5)
È l'estate del 1983. Elio, un ebreo americano di 17 anni, vive con i suoi genitori nelle zone rurali del nord Italia. Il padre di Elio, professore di archeologia, invita uno studente laureato di 24 anni, Oliver, anche lui ebreo-americano, a vivere con la famiglia durante l'estate e ad aiutarlo con i suoi documenti accademici. Elio, un bibliofilo introspettivo e un musicista di talento, inizialmente pensa di avere poco in comune con Oliver, che ha una personalità spensierata ed esuberante. Elio si risente per dover rinunciare alla sua camera da letto per Oliver per tutta la durata del suo soggiorno e trascorre gran parte dell'estate a leggere, suonare il pianoforte e uscire con l'amica d'infanzia, Marzia. Nel frattempo, Oliver ammette di essere attratto da una delle ragazze locali, con grande fastidio di Elio.
E' piaciuto a molti, questo film "internazionale" dell'italianissimo Guadagnino, un racconto di formazione con risvolti gay, tratto dall'omonimo libro di André Aciman e sceneggiato nientemeno che da James Ivory. A me non molto, seppure debba ammettere alcune scelte di casting indovinate e belle ambientazioni che rendono giustizia al Nord Italia. Ho trovato eccessive le acrobazie nei gusti sessuali dei due protagonisti, non so quanto credibili, e un po' mieloso il tutto. Magari sbaglio.
Many liked this "international" film by the very Italian Guadagnino, a coming-of-age story with gay implications, taken from the book of the same name by André Aciman and scripted by none other than James Ivory. Not to me, although I must admit some right casting choices and beautiful settings that do justice to Northern Italy. I found the switch in the sexual tastes of the two protagonists to be excessive, I don't know how credible, and a little cheesy the whole story. Maybe I'm wrong.
20200326
Terra del miele (Медена земја)
Honeyland - Di Tamara Kotevska e Ljubomir Stefanov (2019)
Giudizio sintetico: imperdibile (4/5)
Honeyland è un documentario sulla vita e le fatiche di Hatidže Muratova, una apicultrice macedone di origine turca che vive nel villaggio di Bekirlija nel comune di Lozovo. Dato che il villaggio si trova su una montagna isolata, non ha accesso all'elettricità o all'acqua corrente. È una delle ultime apicultrici selvagge nel paese e nel continente. Hatidže vive insieme alla madre di Nazife, parzialmente costretta a letto di 85 anni, completamente dipendente dalle cure di sua figlia. Si guadagna da vivere per lei e per sua madre raccogliendo il miele che riceve dall'apicoltura in lotti e vendendo i suoi prodotti nella capitale del paese Skopje, un viaggio per il quale ha bisogno di viaggiare per quattro ore a piedi e in treno. Muratova vede il suo lavoro come un mezzo per ripristinare l'equilibrio nell'ecosistema. Questo è esemplificato da momenti in cui canta "metà per me, metà per te" alle sue api quando raccoglie il miele. Questo principio si basa sui costumi e le tradizioni dei suoi antenati, trasmessi da suo nonno che le ha insegnato che le api hanno bisogno di usare il proprio miele per l'alimentazione per ottenere più energia per volare e accoppiarsi. Il documentario mostra numerosi momenti di Hatidže e dei suoi vicini durante il processo di beekeping, tra cui la gestione delle arnie in cui sono conservate le api, il taglio dei favi e la raccolta del miele in barattoli.
La pace e la tranquillità della sua casa e della sua vita di routine sono interrotte dall'arrivo di Hussein Sam, un allevatore nomade turco che arriva con una roulotte. In viaggio con lui ci sono sua moglie Ljutvie, i loro sette figli e diversi animali domestici importati. Hatidže intrattiene buoni rapporti con loro e si lega ai figli della famiglia che spesso invadono la sua privacy. Continua a trasmettere i consigli che ha ricevuto dai suoi antenati a Sam, spiegandogli l'arte dell'apicoltura e istruendolo su come avviare la sua colonia. In cerca di mezzi finanziari per sostenere la sua famiglia, Sam decide di fondare la sua colonia di api.
A dispetto dell'enorme lavoro dietro a questo bellissimo documentario, candidato (ma non vincente) agli ultimi Oscar in due categorie differenti (miglior film in lingua non inglese e miglior documentario), penso che non ci siano parole sufficienti per descriverne, appunto, la bellezza. Honeyland è uno di quei capolavori che ogni tanto "accadono" nel cinema, anche quello documentaristico, e che semplicemente, vanno visti e amati. Non ho altro da aggiungere, vostro onore.
In spite of the enormous work behind this beautiful documentary, candidate (but not winning) for the last Oscars in two different categories (Best Foreign Film and Best Documentary), I think there are not enough words to describe, in fact, the beauty. Honeyland is one of those masterpieces that sometimes "happen" in cinema, even the documentary one, and that simply have to be seen and loved. I have nothing more to add, your honor.
Giudizio sintetico: imperdibile (4/5)
Honeyland è un documentario sulla vita e le fatiche di Hatidže Muratova, una apicultrice macedone di origine turca che vive nel villaggio di Bekirlija nel comune di Lozovo. Dato che il villaggio si trova su una montagna isolata, non ha accesso all'elettricità o all'acqua corrente. È una delle ultime apicultrici selvagge nel paese e nel continente. Hatidže vive insieme alla madre di Nazife, parzialmente costretta a letto di 85 anni, completamente dipendente dalle cure di sua figlia. Si guadagna da vivere per lei e per sua madre raccogliendo il miele che riceve dall'apicoltura in lotti e vendendo i suoi prodotti nella capitale del paese Skopje, un viaggio per il quale ha bisogno di viaggiare per quattro ore a piedi e in treno. Muratova vede il suo lavoro come un mezzo per ripristinare l'equilibrio nell'ecosistema. Questo è esemplificato da momenti in cui canta "metà per me, metà per te" alle sue api quando raccoglie il miele. Questo principio si basa sui costumi e le tradizioni dei suoi antenati, trasmessi da suo nonno che le ha insegnato che le api hanno bisogno di usare il proprio miele per l'alimentazione per ottenere più energia per volare e accoppiarsi. Il documentario mostra numerosi momenti di Hatidže e dei suoi vicini durante il processo di beekeping, tra cui la gestione delle arnie in cui sono conservate le api, il taglio dei favi e la raccolta del miele in barattoli.
La pace e la tranquillità della sua casa e della sua vita di routine sono interrotte dall'arrivo di Hussein Sam, un allevatore nomade turco che arriva con una roulotte. In viaggio con lui ci sono sua moglie Ljutvie, i loro sette figli e diversi animali domestici importati. Hatidže intrattiene buoni rapporti con loro e si lega ai figli della famiglia che spesso invadono la sua privacy. Continua a trasmettere i consigli che ha ricevuto dai suoi antenati a Sam, spiegandogli l'arte dell'apicoltura e istruendolo su come avviare la sua colonia. In cerca di mezzi finanziari per sostenere la sua famiglia, Sam decide di fondare la sua colonia di api.
A dispetto dell'enorme lavoro dietro a questo bellissimo documentario, candidato (ma non vincente) agli ultimi Oscar in due categorie differenti (miglior film in lingua non inglese e miglior documentario), penso che non ci siano parole sufficienti per descriverne, appunto, la bellezza. Honeyland è uno di quei capolavori che ogni tanto "accadono" nel cinema, anche quello documentaristico, e che semplicemente, vanno visti e amati. Non ho altro da aggiungere, vostro onore.
In spite of the enormous work behind this beautiful documentary, candidate (but not winning) for the last Oscars in two different categories (Best Foreign Film and Best Documentary), I think there are not enough words to describe, in fact, the beauty. Honeyland is one of those masterpieces that sometimes "happen" in cinema, even the documentary one, and that simply have to be seen and loved. I have nothing more to add, your honor.
20200325
Atipico
Atypical - Di Robia Rashid - Stagioni 1, 2 e 3 (8, 10 e 10 episodi; Netflix) - 2017/2019
Sam, autistico, durante una sessione con la sua terapista Julia, ha una rivelazione: anche le persone come lui possono avere appuntamenti galanti. Sam inizia a cercare una relazione, incoraggiato dal suo amico Zahid, con cui lavora a Techtropolis, un negozio di elettrodomestici. Va ad un appuntamento senza successo con una ragazza che incontra online, poi con un'altra conosciuta sul lavoro, e la spinge giù dal letto quando lei inizia a toccarlo. Nel frattempo, la sorella di Sam, Casey, è sospesa per aver dato un pugno a Bailey Bennet, un suo compagno di studi, che stava bullizzando Beth Chapin, una compagna piuttosto goffa. Beth ringrazia Casey con una torta al cioccolato, portando con sé suo fratello Evan. Evan chiede a Casey di uscire e anche se lei inizialmente rifiuta, la cosa tra di loro nasce. Per provare a non preoccuparsi di Sam, cosa che ha fatto durante tutta la vita del figlio, la madre Elsa va a cena fuori col marito Doug e inizia a prendere lezioni di danza. Successivamente, va da sola in un bar e passa la notte a parlare con il barista, Nick.
Serie TV deliziosa che affronta un argomento delicato e per niente facile. Il cast è indovinato, e personalmente trovo che il tutto sia "illuminato" da Brigette Lundy-Paine nei passi di Casey. Si ride e si riflette con leggerezza. Tre stagioni da "bere" tutte d'un fiato, in arrivo la quarta.
Delicious TV series that deals with a delicate and not at all easy topic. The cast is right, and I personally find it all "illuminated" by Brigette Lundy-Paine as Casey. We laugh and reflect, with lightly. Three seasons to "drink" in one breath, the fourth is coming.
Sam, autistico, durante una sessione con la sua terapista Julia, ha una rivelazione: anche le persone come lui possono avere appuntamenti galanti. Sam inizia a cercare una relazione, incoraggiato dal suo amico Zahid, con cui lavora a Techtropolis, un negozio di elettrodomestici. Va ad un appuntamento senza successo con una ragazza che incontra online, poi con un'altra conosciuta sul lavoro, e la spinge giù dal letto quando lei inizia a toccarlo. Nel frattempo, la sorella di Sam, Casey, è sospesa per aver dato un pugno a Bailey Bennet, un suo compagno di studi, che stava bullizzando Beth Chapin, una compagna piuttosto goffa. Beth ringrazia Casey con una torta al cioccolato, portando con sé suo fratello Evan. Evan chiede a Casey di uscire e anche se lei inizialmente rifiuta, la cosa tra di loro nasce. Per provare a non preoccuparsi di Sam, cosa che ha fatto durante tutta la vita del figlio, la madre Elsa va a cena fuori col marito Doug e inizia a prendere lezioni di danza. Successivamente, va da sola in un bar e passa la notte a parlare con il barista, Nick.
Serie TV deliziosa che affronta un argomento delicato e per niente facile. Il cast è indovinato, e personalmente trovo che il tutto sia "illuminato" da Brigette Lundy-Paine nei passi di Casey. Si ride e si riflette con leggerezza. Tre stagioni da "bere" tutte d'un fiato, in arrivo la quarta.
Delicious TV series that deals with a delicate and not at all easy topic. The cast is right, and I personally find it all "illuminated" by Brigette Lundy-Paine as Casey. We laugh and reflect, with lightly. Three seasons to "drink" in one breath, the fourth is coming.
20200324
Adore
Two Mothers - Di Anne Fontaine (2013)
Giudizio sintetico: si può perdere (2/5)
New South Wales, Australia; le amiche d'infanzia Roz (sposata) e Lil (divorziata) e le loro famiglie vivono l'una accanto all'altra. Il figlio di Roz, Tom e il figlio di Lil, Ian, che hanno entrambi 18 anni, sono anche i migliori amici, e tutti e quattro trascorrono tutto il tempo insieme.
Al marito di Roz, Harold, viene offerto un lavoro a Sydney, e si reca lì per prendere accordi, anche se Roz non vuole trasferirsi. Quella notte, Ian, rimasto a casa di Tom, bacia Roz, e sebbene sia titubante, i due finiscono per fare sesso. Tom vede Roz uscire dalla stanza degli ospiti, occupata da Ian. Confuso e frustrato, Tom va a casa dell'amico e cerca di sedurre Lil, che lo respinge; a quel punto, le dice a cosa ha assistito. Quella notte, mentre il suo amico è ancora a casa sua, rimane a casa di Lil, ed anche i due fanno sesso.
Film che ha cambiato almeno tre volte il titolo (Adore, Adoration, Two Mothers), tra la sua presentazione al Sundance del 2013 e la distribuzione nei vari paesi, e che si basa sul racconto breve che dà il nome all'omonima raccolta The Grandmothers di Doris Lessing. Inizialmente intrigante, soprattutto per la coppia delle protagoniste (Robin Wright e Naomi Watts), il film, con il passare dei suoi 111 minuti, diventa man mano più ridicolo. Difficile spiegare il perché, e probabilmente impressione soggettiva, ma così è stato per me.
Film that changed the title at least three times (Adore, Adoration, Two Mothers), between its presentation at Sundance in 2013 and distribution in the various countries, and which is based on the short story that gives its name to the homonymous collection The Grandmothers by Doris Lessing. Initially intriguing, especially for the couple of the protagonists (Robin Wright and Naomi Watts), the film, with the passing of its 111 minutes, becomes gradually more absurd. Difficult to explain why, and probably subjective impression, but it was so for me.
Giudizio sintetico: si può perdere (2/5)
New South Wales, Australia; le amiche d'infanzia Roz (sposata) e Lil (divorziata) e le loro famiglie vivono l'una accanto all'altra. Il figlio di Roz, Tom e il figlio di Lil, Ian, che hanno entrambi 18 anni, sono anche i migliori amici, e tutti e quattro trascorrono tutto il tempo insieme.
Al marito di Roz, Harold, viene offerto un lavoro a Sydney, e si reca lì per prendere accordi, anche se Roz non vuole trasferirsi. Quella notte, Ian, rimasto a casa di Tom, bacia Roz, e sebbene sia titubante, i due finiscono per fare sesso. Tom vede Roz uscire dalla stanza degli ospiti, occupata da Ian. Confuso e frustrato, Tom va a casa dell'amico e cerca di sedurre Lil, che lo respinge; a quel punto, le dice a cosa ha assistito. Quella notte, mentre il suo amico è ancora a casa sua, rimane a casa di Lil, ed anche i due fanno sesso.
Film che ha cambiato almeno tre volte il titolo (Adore, Adoration, Two Mothers), tra la sua presentazione al Sundance del 2013 e la distribuzione nei vari paesi, e che si basa sul racconto breve che dà il nome all'omonima raccolta The Grandmothers di Doris Lessing. Inizialmente intrigante, soprattutto per la coppia delle protagoniste (Robin Wright e Naomi Watts), il film, con il passare dei suoi 111 minuti, diventa man mano più ridicolo. Difficile spiegare il perché, e probabilmente impressione soggettiva, ma così è stato per me.
Film that changed the title at least three times (Adore, Adoration, Two Mothers), between its presentation at Sundance in 2013 and distribution in the various countries, and which is based on the short story that gives its name to the homonymous collection The Grandmothers by Doris Lessing. Initially intriguing, especially for the couple of the protagonists (Robin Wright and Naomi Watts), the film, with the passing of its 111 minutes, becomes gradually more absurd. Difficult to explain why, and probably subjective impression, but it was so for me.
20200323
Blue
Knocked Loose + Malevolence + Renounced + Justice for the Damned, CS Rivolta Venezia, sabato 14 dicembre 2019
Eccomi a Marghera, periferia ex industriale di Venezia, un luogo, lasciatemelo dire, di una bruttezza affascinante, per l'ultimo concerto di questi 2019. Al Centro Sociale Rivolta, un gruppo di capannoni tornati alla vita e ravvivati da graffiti, dove oltre ad una grande sala concerti si può trovare un bar trattoria pizzeria, sono di scena i Knocked Loose, la giovane band hardcore metal di Oldham County, Kentucky, accompagnati da ben tre band del panorama underground.
Aprono le danze gli australiani di Sydney Justice for the Damned, anche loro molto giovani, che propongono un metal super energico, che pesca sia dall'hardcore, sia dal death metal. Il sottopalco è già popolato da spettatori vogliosi di sudare e pogare, e la band ne è felice, seppure l'afflusso non sia ancora copioso. Io comincio ad allontanarmi dal palco. E' la volta degli inglesi di Reading Renounced, altra band che ibrida il metal con l'hardcore, non disdegnando intervalli shoegaze, ricordando i Fugazi e tutto quello che è venuto dopo, lungo quel sentiero, senza dimenticare la più recente scena metalcore. Dopo di loro, è la volta dei loro compatrioti, ma stavolta da Sheffield, Malevolence. Un'altra nuance della fusione tra il punk e il metal estremo, che, nel loro caso, ricorda tantissimo lo stile indimenticabile dei Pantera. La sala è gremita ormai per oltre metà, e si vede che anche i Malevolence hanno un certo seguito. I set naturalmente si sono allungati, ma non arrivano ai 60 minuti. Eccoci infine alla "portata principale" della serata, i Knocked Loose. Scaletta imperniata sull'ultimo, robusto, A Different Shade of Blue, con qualche tuffo nel loro recente passato (Laugh Tracks, Pop Culture), aggressività da vendere, una certa (loro) soddisfazione nel vedere la sala abbastanza piena. I ragazzi certamente, come mi capita di dire spesso, non hanno inventato nulla, ma sicuramente riescono ad incanalare la rabbia in un genere ibrido che può senza dubbio servire da valvola di sfogo. Sono stanco senza aver fatto granché, meno male che l'albergo è a due passi. Al 2020.
The Australians from Sydney Justice for the Damned, very young band, open the dances, offering a super energetic metal, which draws from both hardcore and death metal. The sub-stage is already populated by spectators eager to sweat and pogue, and the band is happy about it, even if the influx is not yet abundant. I begin to move away from the stage. It is the turn of the English from Reading Renounced, another band that hybridizes metal with hardcore, not forgetting shoegaze intervals, remembering the Fugazi and everything that came later, along that path, without forgetting the most recent metalcore scene. After them, it is the turn of their compatriots, but this time from Sheffield, Malevolence. Another nuance of the fusion between punk and extreme metal, which, in their case, is very reminiscent of the unforgettable style of the Pantera. The room is now crowded for more than half, and it is clear that Malevolence also have a certain following. Of course, the sets have stretched, but they don't reach 60 minutes. Here we are finally at the "main course" of the evening, the Knocked Loose. The set list hinged on the last, robust, A Different Shade of Blue, with a few dives into their recent past (Laugh Tracks, Pop Culture), aggression to sell, a certain (their) satisfaction in seeing the room quite full. The boys certainly, as I often say, have not invented anything, but they certainly manage to channel anger into a hybrid genre that can undoubtedly serve as a relief valve. I'm tired without having done much, thank goodness that the hotel is a stone's throw away. See ya in 2020.
Eccomi a Marghera, periferia ex industriale di Venezia, un luogo, lasciatemelo dire, di una bruttezza affascinante, per l'ultimo concerto di questi 2019. Al Centro Sociale Rivolta, un gruppo di capannoni tornati alla vita e ravvivati da graffiti, dove oltre ad una grande sala concerti si può trovare un bar trattoria pizzeria, sono di scena i Knocked Loose, la giovane band hardcore metal di Oldham County, Kentucky, accompagnati da ben tre band del panorama underground.
Aprono le danze gli australiani di Sydney Justice for the Damned, anche loro molto giovani, che propongono un metal super energico, che pesca sia dall'hardcore, sia dal death metal. Il sottopalco è già popolato da spettatori vogliosi di sudare e pogare, e la band ne è felice, seppure l'afflusso non sia ancora copioso. Io comincio ad allontanarmi dal palco. E' la volta degli inglesi di Reading Renounced, altra band che ibrida il metal con l'hardcore, non disdegnando intervalli shoegaze, ricordando i Fugazi e tutto quello che è venuto dopo, lungo quel sentiero, senza dimenticare la più recente scena metalcore. Dopo di loro, è la volta dei loro compatrioti, ma stavolta da Sheffield, Malevolence. Un'altra nuance della fusione tra il punk e il metal estremo, che, nel loro caso, ricorda tantissimo lo stile indimenticabile dei Pantera. La sala è gremita ormai per oltre metà, e si vede che anche i Malevolence hanno un certo seguito. I set naturalmente si sono allungati, ma non arrivano ai 60 minuti. Eccoci infine alla "portata principale" della serata, i Knocked Loose. Scaletta imperniata sull'ultimo, robusto, A Different Shade of Blue, con qualche tuffo nel loro recente passato (Laugh Tracks, Pop Culture), aggressività da vendere, una certa (loro) soddisfazione nel vedere la sala abbastanza piena. I ragazzi certamente, come mi capita di dire spesso, non hanno inventato nulla, ma sicuramente riescono ad incanalare la rabbia in un genere ibrido che può senza dubbio servire da valvola di sfogo. Sono stanco senza aver fatto granché, meno male che l'albergo è a due passi. Al 2020.
The Australians from Sydney Justice for the Damned, very young band, open the dances, offering a super energetic metal, which draws from both hardcore and death metal. The sub-stage is already populated by spectators eager to sweat and pogue, and the band is happy about it, even if the influx is not yet abundant. I begin to move away from the stage. It is the turn of the English from Reading Renounced, another band that hybridizes metal with hardcore, not forgetting shoegaze intervals, remembering the Fugazi and everything that came later, along that path, without forgetting the most recent metalcore scene. After them, it is the turn of their compatriots, but this time from Sheffield, Malevolence. Another nuance of the fusion between punk and extreme metal, which, in their case, is very reminiscent of the unforgettable style of the Pantera. The room is now crowded for more than half, and it is clear that Malevolence also have a certain following. Of course, the sets have stretched, but they don't reach 60 minutes. Here we are finally at the "main course" of the evening, the Knocked Loose. The set list hinged on the last, robust, A Different Shade of Blue, with a few dives into their recent past (Laugh Tracks, Pop Culture), aggression to sell, a certain (their) satisfaction in seeing the room quite full. The boys certainly, as I often say, have not invented anything, but they certainly manage to channel anger into a hybrid genre that can undoubtedly serve as a relief valve. I'm tired without having done much, thank goodness that the hotel is a stone's throw away. See ya in 2020.
20200322
La storia dell'Esorcista
1) Exorcist II: The Heretic - Di John Boorman (1977)
2) The Exorcist III - Di William Peter Blatty (1990)
3) Exorcist: The Beginning - Di Renny Harlin (2004)
4) Dominion: Prequel to the Exorcist - Di Paul Schrader (2005)
1) Padre Lamont, in seguito ad un esorcismo finito male, viene assegnato all'investigazione, da parte della Chiesa Cattolica, sulla morte di Padre Merrin, nel corso dell'esorcismo di Regan MacNeil.
2) Il Tenente Kinderman indaga sull'assassinio del 12enne Thomas Kintry, e sospetta l'opera di un assassino seriale, confidandosi con l'amico Padre Dyer.
3) Un giovane Padre Merrin si trova al Cairo, Egitto, nel 1949. Ha preso un anno sabbatico dal suo impegno sacerdotale, e sta dedicandosi all'archeologia, mentre la sua fede è messa a dura prova dal suo passato.
4) 1944, un giovane Padre Merrin viene costretto da un ufficiale nazista a scegliere, tra gli abitanti del villaggio nel quale opera, per essere giustiziati in seguito ad un attentato verso le truppe tedesche. Nel 1947, Merrin, la cui fede è distrutta dall'incidente, è un archeologo a Derati, una zona remota nella regione di Turkana, nel Kenya britannico, che sta scavando una chiesa bizantina costruita intorno al V secolo.
Non so se ve l'ho detto, ma se mi viene chiesto quale sia il mio film preferito, rispondo sempre The Exorcist. Per qualche strana ragione, ho visto almeno 6 volte il film, ed ho seguito, come sapete, anche le due stagioni dell'omonima recente serie TV; ma non avevo mai visto i quattro film che completano il franchise. Dopo aver fatto una sorta di maratona domenicale proprio assistendo a questi quattro film, ho capito il perché: in un modo o in un altro, questi film rovinano un po' il mito del film originale, e sicuramente si classificano tra i peggiori film della storia del cinema. A dispetto di cast importanti, registi importanti, e grandi lavori di sceneggiatura. Addirittura, The Beginning e Dominion sono in pratica lo stesso film, passato da due mani diverse, usciti (dalla disperazione) a distanza di un anno, per vedere di riprendere qualche perdita e raccattare qualche spicciolo. Totalmente sconsigliati, tutti e quattro.
I don't know if I told you, but if I'm asked what my favorite movie is, I always answer The Exorcist. For some strange reason, I have seen the film at least 6 times, and I have followed, as you know, the two seasons of the recent TV series of the same name; but I had never seen the four films that complete the franchise. After doing a sort of Sunday marathon just attending these four films, I understood why: in one way or another, these films spoil the myth of the original film a bit, and they certainly rank among the worst films in history of the cinema. In spite of important cast, important directors, and heavy screenplay works. Indeed, The Beginning and Dominion are practically the same film, passed by two different hands, released (from despair) at one year between them, to try to recover some losses and pick up some dime. Totally not recommended, all four.
2) The Exorcist III - Di William Peter Blatty (1990)
3) Exorcist: The Beginning - Di Renny Harlin (2004)
4) Dominion: Prequel to the Exorcist - Di Paul Schrader (2005)
1) Padre Lamont, in seguito ad un esorcismo finito male, viene assegnato all'investigazione, da parte della Chiesa Cattolica, sulla morte di Padre Merrin, nel corso dell'esorcismo di Regan MacNeil.
2) Il Tenente Kinderman indaga sull'assassinio del 12enne Thomas Kintry, e sospetta l'opera di un assassino seriale, confidandosi con l'amico Padre Dyer.
3) Un giovane Padre Merrin si trova al Cairo, Egitto, nel 1949. Ha preso un anno sabbatico dal suo impegno sacerdotale, e sta dedicandosi all'archeologia, mentre la sua fede è messa a dura prova dal suo passato.
4) 1944, un giovane Padre Merrin viene costretto da un ufficiale nazista a scegliere, tra gli abitanti del villaggio nel quale opera, per essere giustiziati in seguito ad un attentato verso le truppe tedesche. Nel 1947, Merrin, la cui fede è distrutta dall'incidente, è un archeologo a Derati, una zona remota nella regione di Turkana, nel Kenya britannico, che sta scavando una chiesa bizantina costruita intorno al V secolo.
Non so se ve l'ho detto, ma se mi viene chiesto quale sia il mio film preferito, rispondo sempre The Exorcist. Per qualche strana ragione, ho visto almeno 6 volte il film, ed ho seguito, come sapete, anche le due stagioni dell'omonima recente serie TV; ma non avevo mai visto i quattro film che completano il franchise. Dopo aver fatto una sorta di maratona domenicale proprio assistendo a questi quattro film, ho capito il perché: in un modo o in un altro, questi film rovinano un po' il mito del film originale, e sicuramente si classificano tra i peggiori film della storia del cinema. A dispetto di cast importanti, registi importanti, e grandi lavori di sceneggiatura. Addirittura, The Beginning e Dominion sono in pratica lo stesso film, passato da due mani diverse, usciti (dalla disperazione) a distanza di un anno, per vedere di riprendere qualche perdita e raccattare qualche spicciolo. Totalmente sconsigliati, tutti e quattro.
I don't know if I told you, but if I'm asked what my favorite movie is, I always answer The Exorcist. For some strange reason, I have seen the film at least 6 times, and I have followed, as you know, the two seasons of the recent TV series of the same name; but I had never seen the four films that complete the franchise. After doing a sort of Sunday marathon just attending these four films, I understood why: in one way or another, these films spoil the myth of the original film a bit, and they certainly rank among the worst films in history of the cinema. In spite of important cast, important directors, and heavy screenplay works. Indeed, The Beginning and Dominion are practically the same film, passed by two different hands, released (from despair) at one year between them, to try to recover some losses and pick up some dime. Totally not recommended, all four.
20200321
C'era una volta a Hollywood
Once Upon a Time in Hollywood - Di Quentin Tarantino (2019)
Giudizio sintetico: da vedere (4/5)
Nel febbraio 1969, il veterano attore hollywoodiano Rick Dalton, protagonista della serie televisiva western degli anni '50 Bounty Law, teme che la sua carriera stia per finire. L'agente di casting Marvin Schwarz gli consiglia di recarsi in Italia per fare Spaghetti Western, che Dalton ritiene essere un tipo di prodotto non alla sua altezza. Il migliore amico e stuntman personale di Dalton, Cliff Booth - un veterano di guerra abile nel combattimento corpo a corpo che vive in una roulotte con il suo pitbull, Brandy - funge anche da autista di Dalton, a causa del suo latente alcolismo. Booth fa fatica a trovare lavori a Hollywood a causa delle voci secondo le quali ha ucciso sua moglie. L'attrice Sharon Tate e suo marito, il regista Roman Polanski, si sono trasferiti accanto a Dalton, che sogna di fare amicizia con loro soprattutto per rilanciare la sua declinante carriera da attore. La prima notte raccontata dalla storia, Tate e Polanski partecipano a una festa piena di celebrità alla Playboy Mansion.
Era da un bel po' di tempo che non riuscivo più a sopportare Tarantino ed i suoi film, tanto è vero che avevo saltato a pie' pari volutamente il precedente The Hateful Eight. Invece, stavolta mi sono riconciliato con lui, seppure possa comprendere molti spettatori che non sono totalmente convinti. Il film in questione, che ha finalmente fruttato l'Oscar, seppur come miglior attore non protagonista, a Brad Pitt (qui Cliff Booth), è un superbo omaggio ad un certo tipo di cinema e televisione d'annata, e un divertentissimo tentativo di immaginare un passato distopico (l'Eccidio di Cielo Drive), raccontato con un ritmo compassato ma un finale che definire pirotecnico è decisamente poco.
It was a long time since I couldn't stand Tarantino and his films anymore, so much so that I had deliberately skipped the previous The Hateful Eight. Instead, this time I have reconciled myself with him, although I can understand many spectators who are not totally convinced. The film in question, which has finally gave the Oscar, albeit as Best Supporting Actor, to Brad Pitt (here Cliff Booth), is a superb tribute to a certain type of vintage cinema and television, and a fun attempt to imagine a dystopian past (the Tate murder), told with a compassed rhythm but an ending that call it pyrotechnic would be an understatement.
Giudizio sintetico: da vedere (4/5)
Nel febbraio 1969, il veterano attore hollywoodiano Rick Dalton, protagonista della serie televisiva western degli anni '50 Bounty Law, teme che la sua carriera stia per finire. L'agente di casting Marvin Schwarz gli consiglia di recarsi in Italia per fare Spaghetti Western, che Dalton ritiene essere un tipo di prodotto non alla sua altezza. Il migliore amico e stuntman personale di Dalton, Cliff Booth - un veterano di guerra abile nel combattimento corpo a corpo che vive in una roulotte con il suo pitbull, Brandy - funge anche da autista di Dalton, a causa del suo latente alcolismo. Booth fa fatica a trovare lavori a Hollywood a causa delle voci secondo le quali ha ucciso sua moglie. L'attrice Sharon Tate e suo marito, il regista Roman Polanski, si sono trasferiti accanto a Dalton, che sogna di fare amicizia con loro soprattutto per rilanciare la sua declinante carriera da attore. La prima notte raccontata dalla storia, Tate e Polanski partecipano a una festa piena di celebrità alla Playboy Mansion.
Era da un bel po' di tempo che non riuscivo più a sopportare Tarantino ed i suoi film, tanto è vero che avevo saltato a pie' pari volutamente il precedente The Hateful Eight. Invece, stavolta mi sono riconciliato con lui, seppure possa comprendere molti spettatori che non sono totalmente convinti. Il film in questione, che ha finalmente fruttato l'Oscar, seppur come miglior attore non protagonista, a Brad Pitt (qui Cliff Booth), è un superbo omaggio ad un certo tipo di cinema e televisione d'annata, e un divertentissimo tentativo di immaginare un passato distopico (l'Eccidio di Cielo Drive), raccontato con un ritmo compassato ma un finale che definire pirotecnico è decisamente poco.
It was a long time since I couldn't stand Tarantino and his films anymore, so much so that I had deliberately skipped the previous The Hateful Eight. Instead, this time I have reconciled myself with him, although I can understand many spectators who are not totally convinced. The film in question, which has finally gave the Oscar, albeit as Best Supporting Actor, to Brad Pitt (here Cliff Booth), is a superb tribute to a certain type of vintage cinema and television, and a fun attempt to imagine a dystopian past (the Tate murder), told with a compassed rhythm but an ending that call it pyrotechnic would be an understatement.
20200320
Le palme dei re addolorati
The Palms of Sorrowed Kings - Obsequiae (2019)
Oggi parliamo degli statunitensi di Minneapolis, Minnesota, Obsequiae. Già dal nome e dalla cover, si intuisce che c'è più di un'ispirazione al medioevo: infatti sono etichettati dai più come Melodic black metal, ma pure come Medieval metal (sottogenere del Folk metal). Tutto quadra, al momento dell'ascolto, e a dire il vero, per qualche traccia, si rivelano anche abbastanza intriganti: alternanza di momenti veloci a rallentamenti abbelliti da armonici e assoli molto melodici, discreta intensità. A lungo andare (il disco consta di dieci tracce, una intro e un outro) però, la noia prende un poco il sopravvento. Peccato.
Today we talk about the Americans from Minneapolis, Minnesota, Obsequiae. Already from the name and the cover, it is clear that there is more than an inspiration from the Middle Ages: in fact they are labeled by most as Melodic black metal, but also as Medieval metal (sub-genre of Folk metal). Everything make sense, when you start listening, and to tell the truth, for some tracks, they are also quite intriguing: alternation of fast moments with slowdowns embellished with harmonics and very melodic solos, intensity quite good. In the long run (the album consists of ten tracks, one intro and one outro), however, boredom takes over a little. It's a pity.
Oggi parliamo degli statunitensi di Minneapolis, Minnesota, Obsequiae. Già dal nome e dalla cover, si intuisce che c'è più di un'ispirazione al medioevo: infatti sono etichettati dai più come Melodic black metal, ma pure come Medieval metal (sottogenere del Folk metal). Tutto quadra, al momento dell'ascolto, e a dire il vero, per qualche traccia, si rivelano anche abbastanza intriganti: alternanza di momenti veloci a rallentamenti abbelliti da armonici e assoli molto melodici, discreta intensità. A lungo andare (il disco consta di dieci tracce, una intro e un outro) però, la noia prende un poco il sopravvento. Peccato.
Today we talk about the Americans from Minneapolis, Minnesota, Obsequiae. Already from the name and the cover, it is clear that there is more than an inspiration from the Middle Ages: in fact they are labeled by most as Melodic black metal, but also as Medieval metal (sub-genre of Folk metal). Everything make sense, when you start listening, and to tell the truth, for some tracks, they are also quite intriguing: alternation of fast moments with slowdowns embellished with harmonics and very melodic solos, intensity quite good. In the long run (the album consists of ten tracks, one intro and one outro), however, boredom takes over a little. It's a pity.
20200319
Abbandonato
Deserted - Gatecreeper (2019)
I Gatecreeper sono una band proveniente dall'Arizona (Phoenix, Tempe e Tucson), formatasi nel 2013, e qui al loro secondo full length. Death metal con mid tempos e rallentamenti tendenti al doom/sludge (i più bravi li paragonano ai Bolt Thrower e ai Crowbar), pagando il loro debito agli storici Obituary. Il disco contiene undici tracce, tutte di buona fattura, ma non particolarmente innovative. C'è da dire che da quel che mi risulta, la band è molto giovane, quindi ci torneremo sopra in futuro.
Gatecreeper are a band from Arizona (Phoenix, Tempe and Tucson), formed in 2013, and here they are at their second full length. Death metal with mid tempos and slowdowns tending to doom / sludge (someone compare them to Bolt Thrower and Crowbar), paying their debt to the "historical" Obituary. The album contains eleven tracks, all well-made, but not particularly innovative. It must be said that as far as I know, the band is very young, so we will come back to it in the future.
I Gatecreeper sono una band proveniente dall'Arizona (Phoenix, Tempe e Tucson), formatasi nel 2013, e qui al loro secondo full length. Death metal con mid tempos e rallentamenti tendenti al doom/sludge (i più bravi li paragonano ai Bolt Thrower e ai Crowbar), pagando il loro debito agli storici Obituary. Il disco contiene undici tracce, tutte di buona fattura, ma non particolarmente innovative. C'è da dire che da quel che mi risulta, la band è molto giovane, quindi ci torneremo sopra in futuro.
Gatecreeper are a band from Arizona (Phoenix, Tempe and Tucson), formed in 2013, and here they are at their second full length. Death metal with mid tempos and slowdowns tending to doom / sludge (someone compare them to Bolt Thrower and Crowbar), paying their debt to the "historical" Obituary. The album contains eleven tracks, all well-made, but not particularly innovative. It must be said that as far as I know, the band is very young, so we will come back to it in the future.
20200318
Vecchia stella
Old Star - Darkthrone (2019)
Sarà solo la mia percezione, ma questo diciassettesimo disco in studio (non tenendo conto di Goatlord, demo del 1996 ristampato nel 2011) del duo norvegese, che segue Arctic Thunder del 2016 (in quella rece mi sono dilungato un poco sui due componenti, provando ad espiare il fatto che non li avessi mai ascoltati prima), sintetizza, ad un livello stratificato, le influenze del passato, e si presenta esteticamente come una "mostra" relativamente breve (38 minuti e qualche spicciolo, sei tracce in tutto) di Blackened crust e/o Black 'n' roll. La componente speed, quella che tutti, critici e fan, fanno risalire all'influenza motorheadiana, è naturalmente alternata a quella doom, e questo, sempre a mio modesto giudizio, è un marchio di fabbrica che può garantire ai norvegesi ancora qualcosa di diverso e relativamente interessante da dire, nell'ambito metal.
It will be just my perception, but this seventeenth album in the studio (not taking into account Goatlord, demo of 1996 reissued in 2011) of the Norwegian duo, which follows Arctic Thunder of 2016 (in that review I briefly talked about the two components, trying to expiate the fact that I had never listened to them before), summarizes, at a stratified level, the influences of the past, and aesthetically presents itself as a relatively short "exhibition" (38 minutes and a few more, six tracks) of Blackened crust and / or Black 'n' roll. The speed component, the one that everyone, critics and fans, trace back to the Motorheadian influence, is naturally alternated with the doom one, and this, always in my humble opinion, is a trademark that can guarantee the Norwegians still something different and relatively interesting to say, in the metal field.
Sarà solo la mia percezione, ma questo diciassettesimo disco in studio (non tenendo conto di Goatlord, demo del 1996 ristampato nel 2011) del duo norvegese, che segue Arctic Thunder del 2016 (in quella rece mi sono dilungato un poco sui due componenti, provando ad espiare il fatto che non li avessi mai ascoltati prima), sintetizza, ad un livello stratificato, le influenze del passato, e si presenta esteticamente come una "mostra" relativamente breve (38 minuti e qualche spicciolo, sei tracce in tutto) di Blackened crust e/o Black 'n' roll. La componente speed, quella che tutti, critici e fan, fanno risalire all'influenza motorheadiana, è naturalmente alternata a quella doom, e questo, sempre a mio modesto giudizio, è un marchio di fabbrica che può garantire ai norvegesi ancora qualcosa di diverso e relativamente interessante da dire, nell'ambito metal.
It will be just my perception, but this seventeenth album in the studio (not taking into account Goatlord, demo of 1996 reissued in 2011) of the Norwegian duo, which follows Arctic Thunder of 2016 (in that review I briefly talked about the two components, trying to expiate the fact that I had never listened to them before), summarizes, at a stratified level, the influences of the past, and aesthetically presents itself as a relatively short "exhibition" (38 minutes and a few more, six tracks) of Blackened crust and / or Black 'n' roll. The speed component, the one that everyone, critics and fans, trace back to the Motorheadian influence, is naturally alternated with the doom one, and this, always in my humble opinion, is a trademark that can guarantee the Norwegians still something different and relatively interesting to say, in the metal field.
20200317
Rovine della luce sbiadita
The Ruins of Fading Light - Crypt Sermon (2019)
Secondo album per la band di Philadelphia, Pennsylvania, un quintetto (formazione che potremmo definire classica per l'heavy metal: voce, due chitarre, basso e batteria) che viene, a mio parere giustamente, etichettato come Epic Doom (anche Power Doom). Disco potente, ben fatto e ben suonato, grandi riff, begli assoli, voce adatta anche se non dotata di un timbro indimenticabile, questo va detto, sezione ritmica massiccia. Disco per i nostalgici.
Second album for the band from Philadelphia, Pennsylvania, a quintet (formation that we could define as classic for heavy metal: vocals, two guitars, bass and drums) which is, in my opinion rightly, labeled as Epic Doom (also Power Doom) . Powerful record, well done and well played, great riffs, beautiful solos, suitable voice even if not endowed with an unforgettable timbre, this must be said, massive rhythmic section. An album for the nostalgic.
Secondo album per la band di Philadelphia, Pennsylvania, un quintetto (formazione che potremmo definire classica per l'heavy metal: voce, due chitarre, basso e batteria) che viene, a mio parere giustamente, etichettato come Epic Doom (anche Power Doom). Disco potente, ben fatto e ben suonato, grandi riff, begli assoli, voce adatta anche se non dotata di un timbro indimenticabile, questo va detto, sezione ritmica massiccia. Disco per i nostalgici.
Second album for the band from Philadelphia, Pennsylvania, a quintet (formation that we could define as classic for heavy metal: vocals, two guitars, bass and drums) which is, in my opinion rightly, labeled as Epic Doom (also Power Doom) . Powerful record, well done and well played, great riffs, beautiful solos, suitable voice even if not endowed with an unforgettable timbre, this must be said, massive rhythmic section. An album for the nostalgic.
20200316
Camminare oltre il buio
Walk Beyond the Dark - Abigail Williams (2019)
Quinto disco in studio per la band di Phoenix, Arizona, adesso di base ad Olympia, Washington; la band prende il nome da una delle prime accusate al processo alle streghe di Salem del 1692, si è formata nel 2004, ha avuto innumerevoli cambi di formazione, e l'unico membro originale dalla formazione ad oggi è rimasto il cantante/chitarrista Ken Bergeron detto Sorceron, così come ha avuto dei cambi di direzione musicale, passando da un incrocio tra il metalcore e il symphonic black metal di ispirazione nord europea, ad un black metal leggermente più classico. Questo percorso li porta al disco in questione, composto da sette tracce mediamente lunghe ed elaborate, dove si riflettono appunto tutte queste influenze. Un disco godibile, naturalmente per orecchie abituate al genere estremo, ed eterogeneo, come avrete già intuito. Si passa da momenti molto melodici, ad assoli di chitarra prolungati ed interessanti, ad altri di un mix tra drone e blast beat. Non male.
Fifth studio album for the band from Phoenix, Arizona, now based in Olympia, Washington; the band is named after one of the first accused in the Salem witch trials of 1692, was formed in 2004, had countless line-up changes, and the only original member from the line-up to date has remained the singer / guitarist Ken Bergeron nicknamed Sorceron, just as it has had changes of musical direction, going from a cross between metalcore and symphonic black metal inspired by northern European sound, to slightly more classic black metal. This path takes them to the album in question, made up of seven medium-long and elaborate tracks, where all these influences are reflected. An enjoyable record, naturally for ears accustomed to the extreme genre, and heterogeneous, as you may have already guessed. We go from very melodic moments, to prolonged and interesting guitar solos, to others of a mix between drone and blast beat. Not bad.
Quinto disco in studio per la band di Phoenix, Arizona, adesso di base ad Olympia, Washington; la band prende il nome da una delle prime accusate al processo alle streghe di Salem del 1692, si è formata nel 2004, ha avuto innumerevoli cambi di formazione, e l'unico membro originale dalla formazione ad oggi è rimasto il cantante/chitarrista Ken Bergeron detto Sorceron, così come ha avuto dei cambi di direzione musicale, passando da un incrocio tra il metalcore e il symphonic black metal di ispirazione nord europea, ad un black metal leggermente più classico. Questo percorso li porta al disco in questione, composto da sette tracce mediamente lunghe ed elaborate, dove si riflettono appunto tutte queste influenze. Un disco godibile, naturalmente per orecchie abituate al genere estremo, ed eterogeneo, come avrete già intuito. Si passa da momenti molto melodici, ad assoli di chitarra prolungati ed interessanti, ad altri di un mix tra drone e blast beat. Non male.
Fifth studio album for the band from Phoenix, Arizona, now based in Olympia, Washington; the band is named after one of the first accused in the Salem witch trials of 1692, was formed in 2004, had countless line-up changes, and the only original member from the line-up to date has remained the singer / guitarist Ken Bergeron nicknamed Sorceron, just as it has had changes of musical direction, going from a cross between metalcore and symphonic black metal inspired by northern European sound, to slightly more classic black metal. This path takes them to the album in question, made up of seven medium-long and elaborate tracks, where all these influences are reflected. An enjoyable record, naturally for ears accustomed to the extreme genre, and heterogeneous, as you may have already guessed. We go from very melodic moments, to prolonged and interesting guitar solos, to others of a mix between drone and blast beat. Not bad.
20200315
TEE
Trans Europa Express - Paolo Rumiz (2012)
In questo libro uscito nel 2012, Paolo Rumiz racconta il suo ormai classico viaggio annuale. Nel 2008, insieme alla fotografa polacca naturalizzata italiana Monika Bulaj, decide di percorrere 7.000 chilometri in verticale, lungo la frontiera fisica tra l'Europa e l'Asia, dall'Artico, al confine tra la Finlandia e la Russia, fino ad Odessa, (allora) Ucraina, ed un ultimo trasferimento in traghetto da quest'ultima ad Istanbul. Bus, treni, traghetti, autostop, auto a noleggio proprio quando non se ne può fare a meno, e osservazione, dialoghi con la gente del posto, racconti di accadimenti soprattutto della Seconda Guerra Mondiale.
Non c'è niente da fare proprio. A Rumiz non so resistere. Sicuramente, al mondo ci saranno pure scrittori "di viaggio" migliori di lui, eppure lui secondo me è davvero, davvero bravo. Unisce insieme l'essenza del viaggio, ad una capacità di raccontare la storia con la esse maiuscola fuori dal comune. Un altro libro/viaggio bellissimo.
There is nothing to do about it. To Rumiz I can't resist. Of course, there will also be better travel writers in the world than he is, yet in my opinion he is really, really good. He combines together the essence of the journey, to an ability to tell the story with a capital S, out of the ordinary. Another beautiful book / trip.
In questo libro uscito nel 2012, Paolo Rumiz racconta il suo ormai classico viaggio annuale. Nel 2008, insieme alla fotografa polacca naturalizzata italiana Monika Bulaj, decide di percorrere 7.000 chilometri in verticale, lungo la frontiera fisica tra l'Europa e l'Asia, dall'Artico, al confine tra la Finlandia e la Russia, fino ad Odessa, (allora) Ucraina, ed un ultimo trasferimento in traghetto da quest'ultima ad Istanbul. Bus, treni, traghetti, autostop, auto a noleggio proprio quando non se ne può fare a meno, e osservazione, dialoghi con la gente del posto, racconti di accadimenti soprattutto della Seconda Guerra Mondiale.
Non c'è niente da fare proprio. A Rumiz non so resistere. Sicuramente, al mondo ci saranno pure scrittori "di viaggio" migliori di lui, eppure lui secondo me è davvero, davvero bravo. Unisce insieme l'essenza del viaggio, ad una capacità di raccontare la storia con la esse maiuscola fuori dal comune. Un altro libro/viaggio bellissimo.
There is nothing to do about it. To Rumiz I can't resist. Of course, there will also be better travel writers in the world than he is, yet in my opinion he is really, really good. He combines together the essence of the journey, to an ability to tell the story with a capital S, out of the ordinary. Another beautiful book / trip.
20200314
Jojo
Jojo Rabbit - Di Taika Waititi (2019)
Giudizio sintetico: si può vedere (3,5/5)
Johannes "Jojo" Betzler è un giovane ragazzo che vive nella Germania nazista durante le ultime fasi della seconda guerra mondiale con sua madre, Rosie. Il suo padre assente sta presumibilmente prestando servizio sul fronte italiano ma ha perso ogni contatto e sua sorella maggiore Inge è recentemente morta di influenza. Estremista patriottico, Jojo parla spesso con il suo amico immaginario, Adolf, una versione amichevole ma buffonesca di Adolf Hitler.
Adesso che ha dieci anni, è tempo che Jojo si unisca al Deutsches Jungvolk. Frequenta il suo primo campo di addestramento della Gioventù Hitleriana con il suo migliore amico, Yorki, gestito dal Capitano Klenzendorf, che ha un occhio solo, assistito da Fräulein Rahm, dove Jojo riceve un coltello. Quando a Jojo viene ordinato di uccidere un coniglio dai membri più giovani della Hitler Youth, cerca di liberarlo. I ragazzi più grandi spezzano il collo al coniglio e Jojo scappa piangendo dopo che gli altri ragazzi lo scherniscono con il nome "Jojo Rabbit". Dopo una breve chiacchierata con l'Adolf immaginario, Jojo ritorna dagli altri, rubando una granata e lanciandola senza permesso nel tentativo di dimostrare il suo coraggio. Rimbalza su un albero ed esplode ai suoi piedi, lasciandolo con cicatrici sul viso e sul corpo e una leggero zoppia. Dopo che Jojo si è ripreso, Rosie costringe Klenzendorf, declassato dopo l'incidente, a far sentire suo figlio incluso, nonostante le sue ferite. A Jojo vengono affidati piccoli compiti come diffondere volantini di propaganda in tutta la città e raccogliere rottami per lo sforzo bellico.
Divertente e ben realizzata questa interessante presa in giro del nazismo. Cast pieno di giovani promesse e discreti nomi già affermati, è un'adattamento del libro Come semi d'autunno di Christine Leunens, ed ha ricevuto sei candidature agli ultimi Oscar, vincendo quello per la miglior sceneggiatura non originale (adattata dallo stesso regista, che interpreta anche la versione burlona di Hitler). Una sola tirata di orecchie: i carri armati che entrarono a Berlino per porre fine all'assedio furono quelli russi, e non quelli statunitensi. Ma sia la scrittrice che il regista/sceneggiatore sono neozelandesi, magari la narrazione non è arrivata precisa...
This interesting mockery of Nazism is amusing and well made. Cast full of young promises and discreet names already established, it is an adaptation of the book Caging Skies by Christine Leunens, and received six nominations for the last Oscars, winning the one for the Best Adapted Screenplay (adapted by the same director, who he also plays Hitler's prankster version). A single remarks: the tanks that entered Berlin to end the siege were the Russian ones, not the US ones. But both the writer and the director / screenwriter are New Zealanders, perhaps the narrative has not arrived precisely ...
Giudizio sintetico: si può vedere (3,5/5)
Johannes "Jojo" Betzler è un giovane ragazzo che vive nella Germania nazista durante le ultime fasi della seconda guerra mondiale con sua madre, Rosie. Il suo padre assente sta presumibilmente prestando servizio sul fronte italiano ma ha perso ogni contatto e sua sorella maggiore Inge è recentemente morta di influenza. Estremista patriottico, Jojo parla spesso con il suo amico immaginario, Adolf, una versione amichevole ma buffonesca di Adolf Hitler.
Adesso che ha dieci anni, è tempo che Jojo si unisca al Deutsches Jungvolk. Frequenta il suo primo campo di addestramento della Gioventù Hitleriana con il suo migliore amico, Yorki, gestito dal Capitano Klenzendorf, che ha un occhio solo, assistito da Fräulein Rahm, dove Jojo riceve un coltello. Quando a Jojo viene ordinato di uccidere un coniglio dai membri più giovani della Hitler Youth, cerca di liberarlo. I ragazzi più grandi spezzano il collo al coniglio e Jojo scappa piangendo dopo che gli altri ragazzi lo scherniscono con il nome "Jojo Rabbit". Dopo una breve chiacchierata con l'Adolf immaginario, Jojo ritorna dagli altri, rubando una granata e lanciandola senza permesso nel tentativo di dimostrare il suo coraggio. Rimbalza su un albero ed esplode ai suoi piedi, lasciandolo con cicatrici sul viso e sul corpo e una leggero zoppia. Dopo che Jojo si è ripreso, Rosie costringe Klenzendorf, declassato dopo l'incidente, a far sentire suo figlio incluso, nonostante le sue ferite. A Jojo vengono affidati piccoli compiti come diffondere volantini di propaganda in tutta la città e raccogliere rottami per lo sforzo bellico.
Divertente e ben realizzata questa interessante presa in giro del nazismo. Cast pieno di giovani promesse e discreti nomi già affermati, è un'adattamento del libro Come semi d'autunno di Christine Leunens, ed ha ricevuto sei candidature agli ultimi Oscar, vincendo quello per la miglior sceneggiatura non originale (adattata dallo stesso regista, che interpreta anche la versione burlona di Hitler). Una sola tirata di orecchie: i carri armati che entrarono a Berlino per porre fine all'assedio furono quelli russi, e non quelli statunitensi. Ma sia la scrittrice che il regista/sceneggiatore sono neozelandesi, magari la narrazione non è arrivata precisa...
This interesting mockery of Nazism is amusing and well made. Cast full of young promises and discreet names already established, it is an adaptation of the book Caging Skies by Christine Leunens, and received six nominations for the last Oscars, winning the one for the Best Adapted Screenplay (adapted by the same director, who he also plays Hitler's prankster version). A single remarks: the tanks that entered Berlin to end the siege were the Russian ones, not the US ones. But both the writer and the director / screenwriter are New Zealanders, perhaps the narrative has not arrived precisely ...
20200313
Beirut Ovest
West Beyrouth - Di Ziad Doueiri (1998)
Giudizio sintetico: si può vedere (3/5)
Libano. Nell'aprile 1975 scoppia la guerra civile; Beirut è divisa lungo una linea che separa la Beirut mista musulmano-cristiano-ebrea dalla Beirut orientale quasi totalmente cristiana. Dopo che la linea è stata creata, Tarek, musulmano, vive quindi a West Beirut ed è al liceo, e si diverte a girare film in Super 8 con il suo amico Omar. Dapprima la guerra è uno scherzo: la scuola ha chiuso (si trova a East Beirut e non più accessibile ai residenti di West Beirut), la violenza è affascinante, passare da ovest a est è un gioco. Sua madre vuole lasciare il paese; ma suo padre rifiuta. Tarek trascorre del tempo con May, una ragazza cristiana, orfana, e che vive nello stesso suo edificio. Per caso, Tarek si reca in un famigerato bordello nel quartiere degli Olivi devastato dalla guerra, incontrando la sua leggendaria maitresse, Oum Walid (traduzione del nome: Mamma di Walid). Quindi prende Omar e May sotto la sua ala protettrice. Le tensioni familiari aumentano. Più tardi, quando Tarek diventa maggiorenne, la guerra passa inesorabilmente da avventura a tragedia nazionale.
Film di debutto di questo interessantissimo regista libanese. Girato con mezzi limitati (suo fratello più giovane è il protagonista) ma non troppo (la colonna sonora è a cura di Stewart Copeland), il film è delicato, divertente, ma colpisce con grazia. La classe si nota già.
Debut film by this very interesting Lebanese director. Filmed with limited means (his younger brother is the protagonist) but not too much (the soundtrack is by Stewart Copeland), the film is delicate, fun, but striking with grace. The class is already noticeable.
Giudizio sintetico: si può vedere (3/5)
Libano. Nell'aprile 1975 scoppia la guerra civile; Beirut è divisa lungo una linea che separa la Beirut mista musulmano-cristiano-ebrea dalla Beirut orientale quasi totalmente cristiana. Dopo che la linea è stata creata, Tarek, musulmano, vive quindi a West Beirut ed è al liceo, e si diverte a girare film in Super 8 con il suo amico Omar. Dapprima la guerra è uno scherzo: la scuola ha chiuso (si trova a East Beirut e non più accessibile ai residenti di West Beirut), la violenza è affascinante, passare da ovest a est è un gioco. Sua madre vuole lasciare il paese; ma suo padre rifiuta. Tarek trascorre del tempo con May, una ragazza cristiana, orfana, e che vive nello stesso suo edificio. Per caso, Tarek si reca in un famigerato bordello nel quartiere degli Olivi devastato dalla guerra, incontrando la sua leggendaria maitresse, Oum Walid (traduzione del nome: Mamma di Walid). Quindi prende Omar e May sotto la sua ala protettrice. Le tensioni familiari aumentano. Più tardi, quando Tarek diventa maggiorenne, la guerra passa inesorabilmente da avventura a tragedia nazionale.
Film di debutto di questo interessantissimo regista libanese. Girato con mezzi limitati (suo fratello più giovane è il protagonista) ma non troppo (la colonna sonora è a cura di Stewart Copeland), il film è delicato, divertente, ma colpisce con grazia. La classe si nota già.
Debut film by this very interesting Lebanese director. Filmed with limited means (his younger brother is the protagonist) but not too much (the soundtrack is by Stewart Copeland), the film is delicate, fun, but striking with grace. The class is already noticeable.
20200312
Dal vivo
Louis C.K.: Live at the Comedy Store - Di Louis C.K. - Stand-up show (Netflix) - 2015
Razzismo nelle parole, pipistrelli liberi nella cucina, topi che fanno sesso, l'accento di Boston, animali domestici morti.
Ancora una tremenda prestazione stand-up del comico di origini messicane. Come sempre, si ride decisamente molto, ma a risata terminata, si riflette.
Another tremendous stand-up performance by the comedian of Mexican origin. As always, we laugh a lot, but when the laugh is over, we reflect.
Razzismo nelle parole, pipistrelli liberi nella cucina, topi che fanno sesso, l'accento di Boston, animali domestici morti.
Ancora una tremenda prestazione stand-up del comico di origini messicane. Come sempre, si ride decisamente molto, ma a risata terminata, si riflette.
Another tremendous stand-up performance by the comedian of Mexican origin. As always, we laugh a lot, but when the laugh is over, we reflect.
20200311
Conseguenze
Pokłosie - Di Władysław Pasikowski (2010)
Giudizio sintetico: si può vedere (3,5/5)
2001, villaggio immaginario di Gurówka. La storia inizia con il ritorno di Franciszek Kalina nella sua città natale nella Polonia rurale dopo aver vissuto a Chicago per due decenni. Viene a sapere che suo fratello Józef è evitato dalla comunità per aver acquisito e esposto sul suo terreno agricolo dozzine di pietre tombali ebraiche che ha scoperto essere state usate dalle forze di occupazione tedesche come pietre per lastricati in una strada ora abbandonata. Józef sta raccogliendo le pietre tombali ovunque nell'insediamento e le sposta nel suo campo, per far si che sopravvivano all'oblio. Contro la crescente opposizione dei residenti della città, i fratelli Kalina tentano di saperne di più su ciò che è accaduto agli ebrei del villaggio. La loro relazione personale, che era parsa dura dopo l'incontro iniziale, si riscalda e diventa più cooperativa dopo che entrambi si sono opposti all'intero villaggio. Il sacerdote locale anziano li benedice e li esorta a continuare a raccogliere le pietre tombali mentre quello il sacerdote giovane, a breve a capo della parrocchia, non mostra simpatia per gli ebrei. Franciszek scopre in un archivio locale che suo padre e altri uomini del villaggio hanno ottenuto la terra che era stata posseduta dagli ebrei prima della guerra. È ansioso di scoprire tutta la verità.
Intenso film polacco che si basa su un fatto storico controverso (il pogrom di Jedwabne), e che scatenò enormi polemiche all'epoca della sua uscita in patria. Recitato in maniera davvero superba, e con una sceneggiatura "ad orologeria", è un film che merita di essere ripescato.
Intense Polish film based on a controversial historical fact (Jedwabne pogrom), and which sparked huge controversy at the time of its release at home. Acted in a truly superb way, and with a "clockwork" script, it is a film that deserves to be seen.
Giudizio sintetico: si può vedere (3,5/5)
2001, villaggio immaginario di Gurówka. La storia inizia con il ritorno di Franciszek Kalina nella sua città natale nella Polonia rurale dopo aver vissuto a Chicago per due decenni. Viene a sapere che suo fratello Józef è evitato dalla comunità per aver acquisito e esposto sul suo terreno agricolo dozzine di pietre tombali ebraiche che ha scoperto essere state usate dalle forze di occupazione tedesche come pietre per lastricati in una strada ora abbandonata. Józef sta raccogliendo le pietre tombali ovunque nell'insediamento e le sposta nel suo campo, per far si che sopravvivano all'oblio. Contro la crescente opposizione dei residenti della città, i fratelli Kalina tentano di saperne di più su ciò che è accaduto agli ebrei del villaggio. La loro relazione personale, che era parsa dura dopo l'incontro iniziale, si riscalda e diventa più cooperativa dopo che entrambi si sono opposti all'intero villaggio. Il sacerdote locale anziano li benedice e li esorta a continuare a raccogliere le pietre tombali mentre quello il sacerdote giovane, a breve a capo della parrocchia, non mostra simpatia per gli ebrei. Franciszek scopre in un archivio locale che suo padre e altri uomini del villaggio hanno ottenuto la terra che era stata posseduta dagli ebrei prima della guerra. È ansioso di scoprire tutta la verità.
Intenso film polacco che si basa su un fatto storico controverso (il pogrom di Jedwabne), e che scatenò enormi polemiche all'epoca della sua uscita in patria. Recitato in maniera davvero superba, e con una sceneggiatura "ad orologeria", è un film che merita di essere ripescato.
Intense Polish film based on a controversial historical fact (Jedwabne pogrom), and which sparked huge controversy at the time of its release at home. Acted in a truly superb way, and with a "clockwork" script, it is a film that deserves to be seen.
20200310
LAX
Comunicazione di servizio.
Il mondo del web è imperscrutabile. Qualcuno addetto alla stampa dell'aeroporto di LA, cercando in rete, ha visto che qualche anno fa abbiamo citato il LAX, parlando di Californication (la serie), e ci ha informato che il sito del LAX ha avuto un aggiornamento.
Siccome non costa niente, e rispondere è cortesia, troverete anche nella colonna a destra, il sito ufficiale dell'aeroporto di Los Angeles.
Delirio
Delirium - Di Carlos Kaimakamian Carrau (2014)
Giudizio sintetico: si può vedere (3/5)
Argentina. Un gruppo di 3 amici cerca di guadagnare molti soldi rapidamente. Dopo aver considerato diverse opzioni, provano a fare un cortometraggio. Riescono a mettersi in contatto con il famoso attore Ricardo Darín (che interpreta se stesso nel film), che scambia uno di loro per un parente di uno dei suoi amici, e accetta di lavorare con loro a causa dell'incomprensione. Il gruppo inizia a filmare, ma un incidente fa sfuggire loro di mano la situazione in maniera inimmaginabile.
Film assurdo ma divertente, opera prima del regista argentino che, un po' come i protagonisti del film stesso, è riuscito chissà come a convincere Darìn, Susana Gimenez e Diego Torres, a partecipare a questa pellicola a bassissimo costo. Aspettiamo, se ci sarà, la sua seconda opera, per giudicarlo a fondo, ma le idee ci sono.
Absurd but funny film, the first work of the Argentine director who, a bit like the protagonists of the film itself, managed, who knows how, to convince Darìn, Susana Gimenez and Diego Torres, to participate in this very low budget film. Let's wait, if there will be, for his second work, to judge it thoroughly, but it seems he has the ideas.
Giudizio sintetico: si può vedere (3/5)
Argentina. Un gruppo di 3 amici cerca di guadagnare molti soldi rapidamente. Dopo aver considerato diverse opzioni, provano a fare un cortometraggio. Riescono a mettersi in contatto con il famoso attore Ricardo Darín (che interpreta se stesso nel film), che scambia uno di loro per un parente di uno dei suoi amici, e accetta di lavorare con loro a causa dell'incomprensione. Il gruppo inizia a filmare, ma un incidente fa sfuggire loro di mano la situazione in maniera inimmaginabile.
Film assurdo ma divertente, opera prima del regista argentino che, un po' come i protagonisti del film stesso, è riuscito chissà come a convincere Darìn, Susana Gimenez e Diego Torres, a partecipare a questa pellicola a bassissimo costo. Aspettiamo, se ci sarà, la sua seconda opera, per giudicarlo a fondo, ma le idee ci sono.
Absurd but funny film, the first work of the Argentine director who, a bit like the protagonists of the film itself, managed, who knows how, to convince Darìn, Susana Gimenez and Diego Torres, to participate in this very low budget film. Let's wait, if there will be, for his second work, to judge it thoroughly, but it seems he has the ideas.
20200309
Storia di un matrimonio
Marriage Story - Di Noah Baumbach (2019)
Giudizio sintetico: si può vedere (2,5/5)
Charlie Barber è un regista teatrale di successo a New York City. La sua compagnia teatrale sta attualmente producendo un'opera teatrale con la moglie Nicole, ex attrice cinematografica in film per adolescenti. La coppia sta vivendo problemi coniugali e vede un mediatore, il quale suggerisce che ognuno scriva ciò che gli piace l'uno dell'altro, ma Nicole è troppo imbarazzata per leggere ad alta voce i suoi, così decidono di rinunciare alla consulenza.
A Nicole viene offerto un ruolo da protagonista in un pilota televisivo a Los Angeles, e decide di lasciare la compagnia teatrale e vivere temporaneamente con sua madre a West Hollywood, portando con sé il giovane figlio della coppia Henry. Charlie decide di rimanere a New York, poiché la commedia è in procinto di trasferirsi a Broadway. Il matrimonio è finito.
Come già detto in altre recensioni, i migliori raccontatori di storie matrimoniali che finiscono sono gli scandinavi. Seppure Baumbach fosse stato in grado di raccontare discretamente le crisi di coppia con alcuni dei suoi film più datati, non condivido l'eccitazione, anche dei critici, per questo nuovo film, che ha ricevuto diverse candidature per gli Oscar 2020, ed ha fatto vincere quello per Miglior Attrice non Protagonista a Laura Dern, qui nei panni di Nora, l'avvocato divorzista assunto da Nicole. Non sono d'accordo perché, a differenza dei film precedenti di Baumbach che parlavano di crisi di coppia, e a differenza di come altre filmografie trattano lo stesso tema, qua si nota una eccessiva (per i miei gusti) spettacolarizzazione della "lotta" tra i due coniugi, esacerbata proprio dai rispettivi avvocati. Probabilmente è proprio quello che accade negli USA, ma è, sempre a mio modesto giudizio, quello che fa perdere di vista le dinamiche della coppia, anche durante la succitata "lotta". Dinamiche che tornano umane solo nel finale, che è probabilmente la parte più apprezzabile.
As mentioned in other reviews, the best storytellers about the end of couple stories are the Scandinavians. Although Baumbach had been able to discreetly recount the couple's crises with some of his older films, I do not share the excitement, even of the critics, for this new film, which has received several nominations for the 2020 Oscars, and has won the one for Best Supporting Actress to Laura Dern, here in the role of Nora, the divorce lawyer hired by Nicole. I do not agree because, unlike Baumbach's previous films that talked about a couple's crisis, and unlike how other filmographies deal with the same theme, here we notice an excessive (for my taste) spectacularization of the "struggle" between two spouses, exacerbated by their respective lawyers. This is probably what happens in the US, but it is, always in my humble opinion, what makes you lose sight of the dynamics of the couple, even during the aforementioned "struggle". Dynamics that return human only in the final, which is probably the most appreciable part.
Giudizio sintetico: si può vedere (2,5/5)
Charlie Barber è un regista teatrale di successo a New York City. La sua compagnia teatrale sta attualmente producendo un'opera teatrale con la moglie Nicole, ex attrice cinematografica in film per adolescenti. La coppia sta vivendo problemi coniugali e vede un mediatore, il quale suggerisce che ognuno scriva ciò che gli piace l'uno dell'altro, ma Nicole è troppo imbarazzata per leggere ad alta voce i suoi, così decidono di rinunciare alla consulenza.
A Nicole viene offerto un ruolo da protagonista in un pilota televisivo a Los Angeles, e decide di lasciare la compagnia teatrale e vivere temporaneamente con sua madre a West Hollywood, portando con sé il giovane figlio della coppia Henry. Charlie decide di rimanere a New York, poiché la commedia è in procinto di trasferirsi a Broadway. Il matrimonio è finito.
Come già detto in altre recensioni, i migliori raccontatori di storie matrimoniali che finiscono sono gli scandinavi. Seppure Baumbach fosse stato in grado di raccontare discretamente le crisi di coppia con alcuni dei suoi film più datati, non condivido l'eccitazione, anche dei critici, per questo nuovo film, che ha ricevuto diverse candidature per gli Oscar 2020, ed ha fatto vincere quello per Miglior Attrice non Protagonista a Laura Dern, qui nei panni di Nora, l'avvocato divorzista assunto da Nicole. Non sono d'accordo perché, a differenza dei film precedenti di Baumbach che parlavano di crisi di coppia, e a differenza di come altre filmografie trattano lo stesso tema, qua si nota una eccessiva (per i miei gusti) spettacolarizzazione della "lotta" tra i due coniugi, esacerbata proprio dai rispettivi avvocati. Probabilmente è proprio quello che accade negli USA, ma è, sempre a mio modesto giudizio, quello che fa perdere di vista le dinamiche della coppia, anche durante la succitata "lotta". Dinamiche che tornano umane solo nel finale, che è probabilmente la parte più apprezzabile.
As mentioned in other reviews, the best storytellers about the end of couple stories are the Scandinavians. Although Baumbach had been able to discreetly recount the couple's crises with some of his older films, I do not share the excitement, even of the critics, for this new film, which has received several nominations for the 2020 Oscars, and has won the one for Best Supporting Actress to Laura Dern, here in the role of Nora, the divorce lawyer hired by Nicole. I do not agree because, unlike Baumbach's previous films that talked about a couple's crisis, and unlike how other filmographies deal with the same theme, here we notice an excessive (for my taste) spectacularization of the "struggle" between two spouses, exacerbated by their respective lawyers. This is probably what happens in the US, but it is, always in my humble opinion, what makes you lose sight of the dynamics of the couple, even during the aforementioned "struggle". Dynamics that return human only in the final, which is probably the most appreciable part.
20200308
Crogiuolo
Motorpsycho, Viper Club Firenze, domenica 13 ottobre 2019
La settimana forse più intensa della mia vita, almeno quella concertistica, si apre con gli storici norvegesi, che per una ragione o per un'altra, nonostante tutte le loro discese in terra italica, non avevo mai visto dal vivo. Famosi per i loro concerti molto lunghi, si presentano con leggero ritardo sull'orario schedulato, senza band di apertura. Il palcoscenico è quello del Viper Theatre di Firenze, dove non mettevo piede da tempo, che vede una discreta presenza di pubblico, nonostante appunto, la band norvegese sia venuta molte volte a suonare in Italia, e pure questa volta con molte date distribuite lungo lo stivale.
Il concerto scorre come un fiume lento. Dura circa due ore e mezzo, quindici canzoni (delle loro) distribuite lungo la loro sterminata discografia in maniera impressionante (guardate qua, soprattutto in basso, le statistiche che indicano da quali album provengono), eseguendo addirittura pure una cover (Black to Comm degli MC5), con qualche chiacchiera (non troppe) da parte di Bent e Hans (il primo leggermente più loquace), e tantissima tecnica. E' quello che fa dei Motorpsycho una band impossibile da catalogare, ed è quello che puoi apprezzare, perfino ad occhi chiusi.
The concert flows like a slow river. It lasts about two and a half hours, fifteen songs (in their style, so very long) distributed along their vast discography in an impressive way (look here, especially below, the statistics that indicate which albums they come from), even performing a cover (Black to Comm by MC5), with some chat (not too many) from Bent and Hans (the first slightly more talkative), and lots of technique. This is what makes Motorpsycho a band impossible to catalog, and it is what you can appreciate, even with your eyes closed.
La settimana forse più intensa della mia vita, almeno quella concertistica, si apre con gli storici norvegesi, che per una ragione o per un'altra, nonostante tutte le loro discese in terra italica, non avevo mai visto dal vivo. Famosi per i loro concerti molto lunghi, si presentano con leggero ritardo sull'orario schedulato, senza band di apertura. Il palcoscenico è quello del Viper Theatre di Firenze, dove non mettevo piede da tempo, che vede una discreta presenza di pubblico, nonostante appunto, la band norvegese sia venuta molte volte a suonare in Italia, e pure questa volta con molte date distribuite lungo lo stivale.
Il concerto scorre come un fiume lento. Dura circa due ore e mezzo, quindici canzoni (delle loro) distribuite lungo la loro sterminata discografia in maniera impressionante (guardate qua, soprattutto in basso, le statistiche che indicano da quali album provengono), eseguendo addirittura pure una cover (Black to Comm degli MC5), con qualche chiacchiera (non troppe) da parte di Bent e Hans (il primo leggermente più loquace), e tantissima tecnica. E' quello che fa dei Motorpsycho una band impossibile da catalogare, ed è quello che puoi apprezzare, perfino ad occhi chiusi.
The concert flows like a slow river. It lasts about two and a half hours, fifteen songs (in their style, so very long) distributed along their vast discography in an impressive way (look here, especially below, the statistics that indicate which albums they come from), even performing a cover (Black to Comm by MC5), with some chat (not too many) from Bent and Hans (the first slightly more talkative), and lots of technique. This is what makes Motorpsycho a band impossible to catalog, and it is what you can appreciate, even with your eyes closed.
20200307
Ho perso il mio corpo
J'ai perdu mon corps - Di Jérémy Clapin (2019)
Giudizio sintetico: si può vedere (3,5/5)
In un ospedale nella regione di Parigi, una mano amputata fugge, per qualche motivo da capire.
Parallelamente, la storia segue Naoufel, un giovane che sognava di essere o un pianista o un astronauta.
Delizioso film di animazione, nella shortlist dei candidati all'Oscar 2020 nella categoria apposita. Due storie parallele con un finale onirico. Molto bello.
Delicious animated film, in the shortlist of the candidates for the Oscar 2020 in the appropriate category. Two parallel stories with a dreamlike ending. Very beautiful.
Giudizio sintetico: si può vedere (3,5/5)
In un ospedale nella regione di Parigi, una mano amputata fugge, per qualche motivo da capire.
Parallelamente, la storia segue Naoufel, un giovane che sognava di essere o un pianista o un astronauta.
Delizioso film di animazione, nella shortlist dei candidati all'Oscar 2020 nella categoria apposita. Due storie parallele con un finale onirico. Molto bello.
Delicious animated film, in the shortlist of the candidates for the Oscar 2020 in the appropriate category. Two parallel stories with a dreamlike ending. Very beautiful.
20200306
Funerale
Panihida - Drabikowski's Batushka (2019)
Eccoci quindi al nuovo disco dei Batushka nella versione del fondatore Krzysztof Drabikowski, polistrumentista di Bialystok, Polonia, disco uscito alla fine di maggio del 2019. Il titolo, Panihida (in cirillico панихида) significa pressappoco "servizio commemorativo", funerale in pratica; da ricordare che la città polacca che ha dato i natali ai Batushka si trova al confine con la Bielorussia, quindi bilingue, e che a livello religioso vede la più alta concentrazione di credenti ortodossi in Polonia (naturalmente, questo non significa che i membri della band siano devoti...). Tornando al disco, il naturale il confronto con il "concorrente" omonimo (Hospodi dei Batushka di Krysiuk, ne abbiamo parlato ieri) ci porta a dire alcune cose, giusto per contestualizzare: Panihida è leggermente più grezzo nella produzione, verosimilmente in maniera voluta da Drabikowski. I canti liturgici sono inglobati nella struttura delle varie tracce, otto, intitolate semplicemente "canzone 1" fino alla "canzone 8" (Песнь, Pesn'), rendendo quindi l'impressione di un lavoro meno spettacolare, più concentrato sulla musica. Ci sono dei difetti: la voce è affogata nel missaggio, e il disco nella sua interezza, un Black Metal ibridato dal doom con molti passaggi estremi e selvaggi, soffre di una certa omogeneità, nel senso negativo del termine. Di certo, non un disco "debole", adatto senz'altro a chi cerca l'estremo.
So here we are at the new Batushka album in the version of the founder Krzysztof Drabikowski, multi-instrumentalist from Bialystok, Poland, album released at the end of May 2019. The title, Panihida (in Cyrillic панихида) means roughly "memorial service", funeral in practice; to remember that the Polish city that gave birth to Batushka is on the border with Belarus, therefore bilingual, and that religiously sees the highest concentration of Orthodox believers in Poland (of course, this does not mean that the band members are devoted ...). Going back to the album, the natural comparison with the "competitor" of the same name (Krysiuk's Batushka's Hospodi, we talked about it yesterday) leads us to say a few things, just to contextualize: Panihida is slightly rougher in production, probably in a manner desired by Drabikowski. The liturgical chants are incorporated into the structure of the various tracks, eight, simply titled "song 1" up to "song 8" (Песнь, Pesn'), thus making the impression of a less spectacular work, more focused on music. There are some flaws: the voice is drowned in the mixing, and the album in its entirety, a Black Metal hybridized by the doom with many extreme and wild passages, suffers from a certain homogeneity, in the negative sense of the term. Certainly not a "weak" album, definitely suitable for those looking for the extreme.
Eccoci quindi al nuovo disco dei Batushka nella versione del fondatore Krzysztof Drabikowski, polistrumentista di Bialystok, Polonia, disco uscito alla fine di maggio del 2019. Il titolo, Panihida (in cirillico панихида) significa pressappoco "servizio commemorativo", funerale in pratica; da ricordare che la città polacca che ha dato i natali ai Batushka si trova al confine con la Bielorussia, quindi bilingue, e che a livello religioso vede la più alta concentrazione di credenti ortodossi in Polonia (naturalmente, questo non significa che i membri della band siano devoti...). Tornando al disco, il naturale il confronto con il "concorrente" omonimo (Hospodi dei Batushka di Krysiuk, ne abbiamo parlato ieri) ci porta a dire alcune cose, giusto per contestualizzare: Panihida è leggermente più grezzo nella produzione, verosimilmente in maniera voluta da Drabikowski. I canti liturgici sono inglobati nella struttura delle varie tracce, otto, intitolate semplicemente "canzone 1" fino alla "canzone 8" (Песнь, Pesn'), rendendo quindi l'impressione di un lavoro meno spettacolare, più concentrato sulla musica. Ci sono dei difetti: la voce è affogata nel missaggio, e il disco nella sua interezza, un Black Metal ibridato dal doom con molti passaggi estremi e selvaggi, soffre di una certa omogeneità, nel senso negativo del termine. Di certo, non un disco "debole", adatto senz'altro a chi cerca l'estremo.
So here we are at the new Batushka album in the version of the founder Krzysztof Drabikowski, multi-instrumentalist from Bialystok, Poland, album released at the end of May 2019. The title, Panihida (in Cyrillic панихида) means roughly "memorial service", funeral in practice; to remember that the Polish city that gave birth to Batushka is on the border with Belarus, therefore bilingual, and that religiously sees the highest concentration of Orthodox believers in Poland (of course, this does not mean that the band members are devoted ...). Going back to the album, the natural comparison with the "competitor" of the same name (Krysiuk's Batushka's Hospodi, we talked about it yesterday) leads us to say a few things, just to contextualize: Panihida is slightly rougher in production, probably in a manner desired by Drabikowski. The liturgical chants are incorporated into the structure of the various tracks, eight, simply titled "song 1" up to "song 8" (Песнь, Pesn'), thus making the impression of a less spectacular work, more focused on music. There are some flaws: the voice is drowned in the mixing, and the album in its entirety, a Black Metal hybridized by the doom with many extreme and wild passages, suffers from a certain homogeneity, in the negative sense of the term. Certainly not a "weak" album, definitely suitable for those looking for the extreme.
20200305
Gesù
Hospodi - Krysiuk's Batushka (2019)
Oggi (e domani) vi parlerò di una diaspora che è divenuta famosissima nell'ambito del Death Metal europeo (potete leggerne storia e aggiornamenti qui), tanto da divenire addirittura oggetto di parodie, e di quello che ne è scaturito. Infatti, dopo un debutto osannato da più parti, Litourgiya del 2015, si sono venute a formare due band, che al momento adottano lo stesso nome (Batushka). Questo Hospodi (pressappoco Gesù onnipotente), uscito nel luglio del 2019, sempre ispirato alle liturgie Ortodosse, prosegue sul solco di un Black Metal vagamente doom, a metà tra un Blackened e un Folk Metal, ibridato appunto da canti liturgici, percussioni rituali e via discorrendo, e non è affatto un brutto disco. Da quello che mi pare di capire, però, la band e il suo leader è stata boicottata (così come i loro concerti, soprattutto in patria), perché accusata di non essere quella originale. Come che sia, il disco, come detto, non è da buttare.
Today (and tomorrow) I will tell you about a diaspora that has become very famous in the field of European Death Metal (you can read its history and updates here), so much so that it has even become the subject of parodies, and what has arisen after this diaspora. In fact, after a highly acclaimed debut, Litourgiya in 2015, two bands have born, which currently adopt the same name (Batushka). This Hospodi (something as "Jesus almighty"), released in July 2019, always inspired by the Orthodox liturgies, continues on the furrow of a vaguely doom Black Metal, halfway between a Blackened and a Folk Metal, hybridized precisely by liturgical songs, ritual percussion and so on talking, and it's not a bad record at all. From what I understand, however, the band and its leader has been boycotted (as well as their concerts, especially in Poland), because accused of not being the original one. As it is, the album, as mentioned, is not to be thrown away.
Oggi (e domani) vi parlerò di una diaspora che è divenuta famosissima nell'ambito del Death Metal europeo (potete leggerne storia e aggiornamenti qui), tanto da divenire addirittura oggetto di parodie, e di quello che ne è scaturito. Infatti, dopo un debutto osannato da più parti, Litourgiya del 2015, si sono venute a formare due band, che al momento adottano lo stesso nome (Batushka). Questo Hospodi (pressappoco Gesù onnipotente), uscito nel luglio del 2019, sempre ispirato alle liturgie Ortodosse, prosegue sul solco di un Black Metal vagamente doom, a metà tra un Blackened e un Folk Metal, ibridato appunto da canti liturgici, percussioni rituali e via discorrendo, e non è affatto un brutto disco. Da quello che mi pare di capire, però, la band e il suo leader è stata boicottata (così come i loro concerti, soprattutto in patria), perché accusata di non essere quella originale. Come che sia, il disco, come detto, non è da buttare.
Today (and tomorrow) I will tell you about a diaspora that has become very famous in the field of European Death Metal (you can read its history and updates here), so much so that it has even become the subject of parodies, and what has arisen after this diaspora. In fact, after a highly acclaimed debut, Litourgiya in 2015, two bands have born, which currently adopt the same name (Batushka). This Hospodi (something as "Jesus almighty"), released in July 2019, always inspired by the Orthodox liturgies, continues on the furrow of a vaguely doom Black Metal, halfway between a Blackened and a Folk Metal, hybridized precisely by liturgical songs, ritual percussion and so on talking, and it's not a bad record at all. From what I understand, however, the band and its leader has been boycotted (as well as their concerts, especially in Poland), because accused of not being the original one. As it is, the album, as mentioned, is not to be thrown away.
20200304
Storia nascosta della razza umana
Hidden History of the Human Race - Blood Incantation (2019)
Secondo disco per la band di Denver, Colorado. Band quindi relativamente giovane, che pratica un Death Metal molto tecnico e, se mi passate l'aggiunta, quasi psichedelico, con ampi spazi melodici e "meditativi". Interessante, per inquadrare il tutto, il passaggio descrittivo usato da Aaron Lariviere su Stereogum, a proposito del loro stile: "Fondono il brillante melodismo dei Death del tardo periodo, con i toni alieni dei Morbid Angel di Domination". Sempre per farmi aiutare da gente che ne sa più di me, Jayson Greene su Pitchfork assegna loro un esaltante 8,3/10, facendo tra l'altro notare che, in mezzo a cotanta tecnica, c'è da sottolineare che il bassista Jeff Barrett usa il fretless bass (senza tasti), strumento solitamente usato per arrotondare i toni nella musica pop (lui cita Avalon dei Roxy Music, ma pure Jeff Ament in buona parte di Ten dei Pearl Jam usa il fretless), fatto che contribuisce a creare un suono piuttosto unico. Disco quindi molto interessante e particolare, a dispetto dell'uniformità del genere.
Second album for the band from Denver, Colorado. Therefore relatively young band, practicing a very technical Death Metal and, if you allow me the addition, almost psychedelic, with large melodic and "meditative" spaces. Interesting, to frame it all, the descriptive passage used by Aaron Lariviere on Stereogum, regarding their style: "blending the bright melodicism of late-period Death with the alien tones of Morbid Angel circa Domination". Always to be helped by people who know more than me, Jayson Greene on Pitchfork assigns them an exciting 8.3 / 10, making it clear, among other things, that in the midst of so much technique, it must be emphasized that bassist Jeff Barrett uses fretless bass, an instrument usually used to round tones in pop music (he quotes Avalon from Roxy Music, but Jeff Ament in much of Ten by Pearl Jam also uses fretless), which helps to create a rather unique sound. An album therefore very interesting and particular, despite the uniformity of the genre.
Secondo disco per la band di Denver, Colorado. Band quindi relativamente giovane, che pratica un Death Metal molto tecnico e, se mi passate l'aggiunta, quasi psichedelico, con ampi spazi melodici e "meditativi". Interessante, per inquadrare il tutto, il passaggio descrittivo usato da Aaron Lariviere su Stereogum, a proposito del loro stile: "Fondono il brillante melodismo dei Death del tardo periodo, con i toni alieni dei Morbid Angel di Domination". Sempre per farmi aiutare da gente che ne sa più di me, Jayson Greene su Pitchfork assegna loro un esaltante 8,3/10, facendo tra l'altro notare che, in mezzo a cotanta tecnica, c'è da sottolineare che il bassista Jeff Barrett usa il fretless bass (senza tasti), strumento solitamente usato per arrotondare i toni nella musica pop (lui cita Avalon dei Roxy Music, ma pure Jeff Ament in buona parte di Ten dei Pearl Jam usa il fretless), fatto che contribuisce a creare un suono piuttosto unico. Disco quindi molto interessante e particolare, a dispetto dell'uniformità del genere.
Second album for the band from Denver, Colorado. Therefore relatively young band, practicing a very technical Death Metal and, if you allow me the addition, almost psychedelic, with large melodic and "meditative" spaces. Interesting, to frame it all, the descriptive passage used by Aaron Lariviere on Stereogum, regarding their style: "blending the bright melodicism of late-period Death with the alien tones of Morbid Angel circa Domination". Always to be helped by people who know more than me, Jayson Greene on Pitchfork assigns them an exciting 8.3 / 10, making it clear, among other things, that in the midst of so much technique, it must be emphasized that bassist Jeff Barrett uses fretless bass, an instrument usually used to round tones in pop music (he quotes Avalon from Roxy Music, but Jeff Ament in much of Ten by Pearl Jam also uses fretless), which helps to create a rather unique sound. An album therefore very interesting and particular, despite the uniformity of the genre.
20200303
Autobomba
Mordial - Car Bomb (2019)
Proseguiamo con un'altra band estremamente tecnica: da Long Island, New York, i Car Bomb. Se oggi ha ancora un senso l'etichetta Mathcore, beh, qua abbiamo di fronte dei rappresentanti di livello. Sposo in pieno quello che dicono di sé, alcune altre descrizioni giornalistiche, e il loro ascolto mi fa affiorare ricordi di diverse band che loro stessi citano come influenze: su tutte Meshuggah, The Dillinger Escape Plan, The Locust, Converge. Il tutto ben mixato, suonato con una tecnica invidiabile, e soprattutto, il loro (come lo auto definiscono) "fare a pezzi dei riff, invertendoli, prendendo scorciatoie e fare confusione con i ritmi", serve precisamente a dare un'idea di quello che si ascolta in questo loro quarto album Mordial. Prendo in prestito un'altra immagine assolutamente calzante da un giornalista di Kerrang!, che a proposito di un loro live, scrisse "Frankensteining Meshuggah and The Dillinger Escape Plan...", che mi sembra una descrizione meravigliosa, per chiudere questo invito ad ascoltare il loro disco.
We continue with another extremely technical band: from Long Island, New York, Car Bomb. If the Mathcore label still makes sense today, well, here we have level representatives in front of us. I fully marry what they say about themselves, some other journalistic descriptions, and listening to them brings me back memories of different bands that they themselves quotes as influences: above all Meshuggah, The Dillinger Escape Plan, The Locust, Converge. All well mixed, played with an enviable technique, and above all, their (as they define it) "chopping a riff into pieces, reversing it, cutting it short, or messing with the tempo", serves precisely to give an idea of what that you will listen to in their fourth album Mordial. I borrow another absolutely fitting image from a Kerrang! journalist who wrote about their live, "Frankensteining Meshuggah and The Dillinger Escape Plan ...", which seems like a wonderful description to close this invitation to listen to their record.
Proseguiamo con un'altra band estremamente tecnica: da Long Island, New York, i Car Bomb. Se oggi ha ancora un senso l'etichetta Mathcore, beh, qua abbiamo di fronte dei rappresentanti di livello. Sposo in pieno quello che dicono di sé, alcune altre descrizioni giornalistiche, e il loro ascolto mi fa affiorare ricordi di diverse band che loro stessi citano come influenze: su tutte Meshuggah, The Dillinger Escape Plan, The Locust, Converge. Il tutto ben mixato, suonato con una tecnica invidiabile, e soprattutto, il loro (come lo auto definiscono) "fare a pezzi dei riff, invertendoli, prendendo scorciatoie e fare confusione con i ritmi", serve precisamente a dare un'idea di quello che si ascolta in questo loro quarto album Mordial. Prendo in prestito un'altra immagine assolutamente calzante da un giornalista di Kerrang!, che a proposito di un loro live, scrisse "Frankensteining Meshuggah and The Dillinger Escape Plan...", che mi sembra una descrizione meravigliosa, per chiudere questo invito ad ascoltare il loro disco.
We continue with another extremely technical band: from Long Island, New York, Car Bomb. If the Mathcore label still makes sense today, well, here we have level representatives in front of us. I fully marry what they say about themselves, some other journalistic descriptions, and listening to them brings me back memories of different bands that they themselves quotes as influences: above all Meshuggah, The Dillinger Escape Plan, The Locust, Converge. All well mixed, played with an enviable technique, and above all, their (as they define it) "chopping a riff into pieces, reversing it, cutting it short, or messing with the tempo", serves precisely to give an idea of what that you will listen to in their fourth album Mordial. I borrow another absolutely fitting image from a Kerrang! journalist who wrote about their live, "Frankensteining Meshuggah and The Dillinger Escape Plan ...", which seems like a wonderful description to close this invitation to listen to their record.
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