Noah Solloway è un professore quarantenne di letteratura in una high school (con alto tasso di neri) di New York. Ex nuotatore, ha scritto un libro che non ha letto nessuno, e sta provando a scriverne un secondo, magari con maggior successo. Proviene da una famiglia non particolarmente ricca, ma ha sposato Helen Butler, compagna di università, figlia di uno scrittore di successo, Bruce Butler, e Margaret, ricchi sfondati; Margaret è una snob, e Bruce è uno sbruffone arrogante, Noah li sopporta male, Helen fa di necessità virtù. Helen e Noah hanno ben quattro figli, e una vita tutto sommato agiata, anche perché quando "non ce la fanno" la famiglia Butler aiuta. Helen ha un negozio di oggettistica chiamiamola "per ricchi", e seppure Noah, come insegnante statale, non guadagni granché, la vita è bella, i due, tutto sommato, si amano ancora. Ma, si sa, la crisi di mezz'età è sempre dietro l'angolo, e infatti, durante l'estate a Montauk, East Hampton, dove la famiglia Butler ha una villa monumentale, accade l'irreparabile. Helen e Noah partono a malincuore, la tradizione lo impone loro, e partono come sempre insieme a tutti e quattro i figli. Prima ancora di arrivare a Villa Butler, si fermano a mangiare al ruspante ristorante del luogo, dove li serve Alison, una thirty-something locale, che si rivela fondamentale nel momento in cui la piccola Stacey (una dei quattro figli Solloway) rischia di soffocare per un boccone troppo grosso. Tra Noah e Alison scatta qualcosa. E' giusto dirvi, prima di andare avanti col commento, che Alison Bailey è sposata con Cole Lockhart, giovanotto piacente anche lui locale, rampollo ruspante di una famiglia del posto, proprietaria di un ranch ormai cadente, con tre fratelli e una madre iper-protettiva; Alison e Cole stanno cercando di riprendersi dalla morte del figlioletto, avvenuta in circostanze che scopriremo pian piano, morte della quale Alison evidentemente non riesce a smettere di incolparsi.
The Affair è stata una delle novità più pubblicizzate del 2014; c'è da dire che una serie che si presenta con una "sigla" cantata da Fiona Apple (Container), un po' come succedeva per Vikings con Fever Ray, non può non essere quantomeno valida. Non è il solo elemento che spingerebbe almeno a vederne il pilot: i due creatori, Sarah Treem e Hagai Levi, sono quelli di In Treatment (Levi era il creatore dell'originale israeliano BeTipul, Treem era nel team di scrittore per House of Cards versione USA; Levi si è poi chiamato fuori da The Affair con una dichiarazione diplomatica, dicendo che il percorso era diventato differente rispetto a quello che lui voleva, ma che Treem era la migliore scelta per proseguire il percorso che The Affair aveva intrapreso). Ultimo elemento che fa di The Affair una serie, come detto, quantomeno da sbirciare, il fatto che la storia sia "raccontata" dai due punti di vista, quello di Alison e quello di Noah. Infatti, ogni episodio è diviso all'incirca a metà, e ogni metà è lo stesso arco temporale raccontato nelle due soggettive.
Bene, dopo aver terminato la visione dell'intera prima stagione, posso affermare che questa serie non spacca, ma che di certo può interessare molti. A me ha intrigato molto, e non solo perché era uno dei modi di rivedere Dominic West, indimenticato Jimmy McNulty di The Wire, qui nei panni tormentati di Noah Solloway.
The Affair ha tutto quello che serve per farmi continuare a sostenere che le serie tv sono la nuova arte, e che soppianteranno il cinema a breve. Una ottima scrittura, delle regie moderne e mai banali, interpreti ben scelti e calati nelle rispettive parti, una storia intrigante e non solo di genere (c'è un giallo intrecciato alla "scappatella", la storia è narrata come un lungo flashback, con gli interrogatori di Noah ed Alison condotti dall'apparentemente indolente detective Jeffries che fungono da trait d'union e da pretesto), e un po' di psicanalisi spicciola, soprattutto perché le due soggettive sono ora di un uomo, ora di una donna.
Una serie, quindi, per chi non cerca l'azione a tutti i costi, e neppure esclusivamente qualcosa di sentimentale.
Il cast è completato da Ruth Wilson (Alison), Maura Tierney (Helen), Joshua Jackson (Cole) nei ruoli principali, e dal sempre immenso John Doman (solo negli ultimi tempi Oz, Borgia e The Wire) nei panni insopportabili di Bruce Butler.
The Affair è stata una delle novità più pubblicizzate del 2014; c'è da dire che una serie che si presenta con una "sigla" cantata da Fiona Apple (Container), un po' come succedeva per Vikings con Fever Ray, non può non essere quantomeno valida. Non è il solo elemento che spingerebbe almeno a vederne il pilot: i due creatori, Sarah Treem e Hagai Levi, sono quelli di In Treatment (Levi era il creatore dell'originale israeliano BeTipul, Treem era nel team di scrittore per House of Cards versione USA; Levi si è poi chiamato fuori da The Affair con una dichiarazione diplomatica, dicendo che il percorso era diventato differente rispetto a quello che lui voleva, ma che Treem era la migliore scelta per proseguire il percorso che The Affair aveva intrapreso). Ultimo elemento che fa di The Affair una serie, come detto, quantomeno da sbirciare, il fatto che la storia sia "raccontata" dai due punti di vista, quello di Alison e quello di Noah. Infatti, ogni episodio è diviso all'incirca a metà, e ogni metà è lo stesso arco temporale raccontato nelle due soggettive.
Bene, dopo aver terminato la visione dell'intera prima stagione, posso affermare che questa serie non spacca, ma che di certo può interessare molti. A me ha intrigato molto, e non solo perché era uno dei modi di rivedere Dominic West, indimenticato Jimmy McNulty di The Wire, qui nei panni tormentati di Noah Solloway.
The Affair ha tutto quello che serve per farmi continuare a sostenere che le serie tv sono la nuova arte, e che soppianteranno il cinema a breve. Una ottima scrittura, delle regie moderne e mai banali, interpreti ben scelti e calati nelle rispettive parti, una storia intrigante e non solo di genere (c'è un giallo intrecciato alla "scappatella", la storia è narrata come un lungo flashback, con gli interrogatori di Noah ed Alison condotti dall'apparentemente indolente detective Jeffries che fungono da trait d'union e da pretesto), e un po' di psicanalisi spicciola, soprattutto perché le due soggettive sono ora di un uomo, ora di una donna.
Una serie, quindi, per chi non cerca l'azione a tutti i costi, e neppure esclusivamente qualcosa di sentimentale.
Il cast è completato da Ruth Wilson (Alison), Maura Tierney (Helen), Joshua Jackson (Cole) nei ruoli principali, e dal sempre immenso John Doman (solo negli ultimi tempi Oz, Borgia e The Wire) nei panni insopportabili di Bruce Butler.