No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20190331

Distanza nel tempo

Distance Over Time - Dream Theater (2019)

Quattordicesimo disco per la band statunitense, fatta di musicisti eccezionalmente talentuosi, una band che, vi dirò la verità, ho sempre schifato proprio per il fatto di essere esageratamente tecnica, e quindi fin troppo raffinata. Riferendomi soprattutto ai chitarristi troppo concentrati sulla tecnica, coniai la metafora "masturbatori di manici": nel caso dei Dream Theater, la cosa si poteva estendere, appunto, ai vari strumenti (e ai vari musicisti). Ascoltando questo Distance Over Time, devo a malincuore (perché invecchiando sono indubbiamente più tenero ed accondiscendente) confermare la mia teoria. Intendiamoci, c'è di che togliersi (sempre metaforicamente) il cappello davanti a loro, il disco è godibile a piccole dosi, è l'apoteosi del metal progressivo, con riferimenti fortissimi alle loro ispirazioni più forti, Rush e Yes, come pure Pink Floyd (ascoltare Room 137...) e Queen, più un po' di free jazz, NWOBHM e via discorrendo. Suonato e cantato in modo impeccabile, nonostante tutto ciò, non è di quei dischi che ti lasciano la voglia di correre di nuovo ad ascoltarli da capo.

Fourteenth record for the American band, made up of exceptionally talented musicians, a band that, I will tell you the truth, I have always been disgusted by the fact that it is overly technical, and therefore too refined. Referring to guitarists too focused on technique, I invented the metaphor of "handle's masturbators": in the case of Dream Theater, it could be extended to the various instruments (and to various musicians). Listening to this Distance Over Time, I have, reluctantly (because as I get older I am undoubtedly more tender and condescending), to confirm my theory. Mind you, there is always to take off the hat (always metaphorically) in front of them, the album is enjoyable in small doses, it is the apotheosis of progressive metal, with very strong references to their strongest inspirations, Rush and Yes, as well as Pink Floyd (listens to Room 137 ...) and Queen, plus a bit of free jazz, NWOBHM and so on. Played and sung impeccably, despite all this, it is not of those records that leave you the will to run back to listen to it again.

20190329

Perché non è già tutto sparito

Why Hasn't Everything Already Disappeared? - Deerhunter (2019)

Questo Why Hasn't Everything Already Disappeared? è l'ottavo disco della band di Atlanta, Georgia, che mi sono deciso ad ascoltare dopo essermene persi almeno due, visto che li trovo di una noia mortale. Intendiamoci: capisco che abbiano estimatori, perfino tra i critici musicali bravi e accreditati (la "bibbia" Pitchfork assegna 8/10 a questo disco), all'amico Mazza piacciono, perfino io, quando mi metto ad esaminare i loro dischi non ne parlo male (vedi recensione del loro Alcyon Digest), ma la verità è che non riesco davvero a trovarci tutto quel fascino che i loro estimatori, invece, incontrano. E mi annoio di, appunto, una noia mortale, non sopporto questo loro sentirsi i nuovi Talking Heads, questa loro pur apprezzabile varietà di suoni, i loro testi impregnati di una malinconia attualissima. Insomma, uno di quei classici casi in cui capisci che il disco e la band è qualcosa di interessante, ma non riesci proprio a farteli piacere.



This Why Hasn't Everything Already Disappeared? it is the eighth record of the band from Atlanta, Georgia, that I decided to listen after having lost at least two of their records, since I find their music of a deadly bore. Mind you: I understand that they can have a lot of estimators, even among the good and accredited music critics (the "bible" Pitchfork assigns 8/10 to this record), my friend Mazza loves them, even I, when I have the strenght to examine their records I do not speak bad about it (see my review of their Alcyon Digest), but the truth is that I really can't find all that charm that their admirers, instead, find in Deerhunter's music. And I get bored, in fact, bored to death, I can't bear their feeling to think at theirselves as the new Talking Heads, this really appreciable variety of sounds, their lyrics filled by this really current melancholy. In short, one of those classic cases in which you understand that the record and the band is something interesting, but you can't really enjoy it.

20190328

Non avrai quello che vuoi

You Won't Get What You Want - Daughters (2018)

Quarto disco in quindici anni per la band di Providence, Rhode Island (ma si sono sciolti nel 2009 e poi riformati nel 2014 circa), proveniente da radici gindcore, ma convertitisi al noise rock: non per niente, questo disco del 2018 è uscito per la Ipecac di Greg Werckman e Mike Patton. La musica dei Daughters, così come le loro liriche, somigliano un po' ad un flusso di coscienza. Semplice ma asimmetrica, incessante, senza tregua, spesso asfissiante, con la voce di Alexis Marshall che qualcuno avvicina a quella di Nick Cave, ma non per quanto riguarda il timbro, quanto per l'intensità e, forse, per il modo di raccontare storie che oserei definire impressioniste. Schizzi, bozzetti di vita, incastrati sopra un tappeto di hardcore secco e più elettronico che distorto. A tratti disperato. Disco stranissimo, e per questo molto interessante.



Fourth album in fifteen years for the band of Providence, Rhode Island (but they disbanded in 2009 and then reformed in about 2014), coming from gindcore roots, but converted to noise rock: not for nothing, this album of 2018 was released by the Ipecac, owned by Greg Werckman and Mike Patton. The music of the Daughters, like their lyrics, is a bit like a stream of consciousness. Simple but asymmetrical, incessant, relentless, often suffocating, with the voice of Alexis Marshall that someone approaches that of Nick Cave, but not with regards to timbre, but for intensity and, perhaps, for the way stories are told that I would dare to call impressionist. Sketches, pieces of life, stuck on a carpet of dry hardcore and more electronic than distorted. Desperate at times. Very strange record, and therefore very interesting.

20190327

Testa fuori dall'acqua

Head Above Water - Avril Lavigne (2019)

Sesto disco della ex ragazzina/maschiaccio, che è diventata grande, due matrimoni finiti alle spalle, e una recente battaglia vinta contro la malattia di Lyme. Disco che ci fa un po' rimpiangere il pop rock degli inizi, visto che in generale si rivela troppo morbido. Inascoltabile il duetto con Nicki Minaj Dumb Blonde, il songwriting, spiace dirlo, è a livelli davvero minimi per tutta la durata dell'album.



Sixth disc of the former tomboy girl, who has grown up, two marriages ended behind her back, and a recent battle won against Lyme disease. Album that makes us regret the pop rock of the beginning, since in general it turns out to be too soft. Unlistenable the duet with Nicki Minaj Dumb Blonde, the songwriting, sorry to say, is at very minimal levels for the whole duration of the album.

20190326

Magio

Magus - Thou (2018)

Mi sono avvicinato solo di recente alla band di Baton Rouge, Louisiana, una band che ha sposato il DIY e che si proclama anarchico. La loro musica è un cattivissimo incrocio tra doom, sludge e black metal, che crea un'atmosfera claustrofobica e oppressiva. Questo Magus è il degno successore del loro precedente Heathen, il disco che li ha portati all'attenzione di un pubblico più vasto. Come notano in molti, il suono è monolitico; curioso, ma fino ad un certo punto, il fatto che in questo momento siano in tour con Emma Ruth Rundle negli US. Disco notevole.

ù

I only recently approached the band from Baton Rouge, Louisiana, a band that married the DIY and claims to be an anarchist combo. Their music is a very aggressive cross between doom, sludge and black metal, which creates a claustrophobic and oppressive atmosphere. This Magus is the worthy successor of their previous Heathen, the record that brought them to the attention of a wider audience. As many people note, the sound is monolithic; curious, but up to a point, the fact that right now they are on tour with Emma Ruth Rundle in the US. Notable album.

20190325

Gli eretici

The Heretics - Rotting Christ (2019)

Tredicesimo disco in oltre trenta anni di carriera per quella che è forse la band metal greca più famosa nel mondo, e purtroppo, per me è la prima volta che la ascolto e che ve ne parlo. Curiosa la loro storia, costellata di accuse di satanismo, anti-cattolicesimo, veti vari (Dave Mustaine, che, cresciuto come Testimone di Geova, negli anni 2000 diventò un born again Christian, rifiutò di suonare con i Rotting Christ nel bill di un festival metal greco, nel 2005), addirittura arresti (al loro arrivo in Georgia, nel 2018), ma per quel che si evince dai cenni biografici, la band ha sempre tirato dritto, e modificato il proprio stile musicale, arrivando, con questo disco, ad un black metal molto melodico, gotico e addirittura epico, perfino ambient, con variazioni sul tema molto suggestive (spoken word, cori benedettini e non solo, percussioni tribali), dedicato, come un concept album, ai grandi eretici della storia, non solamente a livello religioso, ma anche solo a livello di libero pensiero. Affascinante e ben suonato.



Thirteenth record in over thirty years of career for what is perhaps the most famous Greek metal band in the world, and unfortunately, for me it is the first time I listen to it and talk about it. Their story is curious, full of accusations of Satanism, anti-Catholicism, various vetoes (Dave Mustaine, who grew up as a Jehovah's Witness, in the 2000s became a born again Christian, refused to play with Rotting Christ in the bill of a greek metal festival, in 2005), even arrests (upon their arrival in Georgia, in 2018), but as far as can be deduced from the biographical notes, the band has always pulled straight, and changed its musical style, arriving, with this record, to a very melodic black gothic metal, and even epic, ambient, with very suggestive variations on the theme (spoken word, Benedictine choirs and more, tribal percussion), dedicated, like a concept album, to the great heretics of history, not only at the religious level, but also at the level of free thinking. Fascinating and well played.

20190324

Radici selvagge

Feral Roots - Rival Sons (2019)

Il sesto disco del quartetto di Long Beach, California, che in un certo qual modo festeggia il loro decimo anno di carriera, è la dimostrazione musicale che si può suonare un genere tra i più abusati della storia del rock, senza diventare una cover band sotto mentite spoglie. Ogni riferimento ai Greta Van Fleet è puramente voluto. Sei dischi onestissimi di blues rock, con qualche spruzzata di southern blues, un ottimo songwrting, musicisti e cantante decisamente bravi, e un amore smisurato per la musica che riesca a trasmettere un minimo di emozioni. Tanta passione, ed ecco confezionato un altro disco che vi accompagnerà per un tratto di strada, breve o lungo sarete voi a deciderlo, in base al vostro umore. Bravi.



The sixth album of the quartet from Long Beach, California, which in a way celebrates their tenth year of career, is the musical demonstration that you can play one of the most played and used genres in the history of rock, without becoming a cover band under disguise. Any reference to Greta Van Fleet is purely wanted. Six very honest records of blues rock, with a few splashes of southern blues, an excellent songwrting, musicians and singer definitely good, and a boundless love for music that manages to convey a minimum of emotions. So much passion, and here comes another record that will accompany you for a stretch of road, short or long, you will decide it, based on your mood. Well done guys.

20190322

Ora critica

Golden Hour - Kacey Musgraves (2018)

Leggendo le notizie sui recenti Grammy Awards, mi sono reso conto che l'unica artista premiata della quale non sapevo niente era Kacey Lee Musgraves, 30 anni, di Mineola, Texas, al suo quarto disco. Quindi, mi sono dato da fare per recuperare. Musgraves, bellissima ragazza, è quello che si può definire un classico prodotto statunitense, ma se si approfondisce, ci si convince che potrebbe essere una persona che incontra le nostre simpatie. Ha cominciato prestissimo a suonare chitarra e mandolino, a scrivere canzoni, ha fatto la sua gavetta, ha affinato il songwriting, suona un country pop apparentemente poco offensivo, una sorta di Taylor Swift dei primi tempi con un timbro vocale che mi ha ricordato (forse anche perché mi manca moltissimo) Nina Persson dei Cardigans, ma negli USA è rispettata per i suoi testi che esulano un po' da quelli che ci si aspetterebbe da questo tipo di musica. Diritti LGBT (tra l'altro, prima di sposarsi con Ruston Kelly, cantante/musicista country, ha dichiarato di aver avuto una relazione di qualche anno con la sua compagna di band Misa Arriaga), rapporti sessuali sicuri, uso di marijuana ricreativo, messa in dubbio dei sentimenti religiosi. Niente male.
Disco impeccabile, seppur prevedibile, voce delicatissima.



Reading the news on the recent Grammy Awards, I realized that the only winning artist I knew nothing about was Kacey Lee Musgraves, 30, from Mineola, Texas, here on her fourth album. So, I worked hard to recover. Musgraves, a very beautiful girl, is what can be defined as a classic American product, but if it gets deeper, you can convince yourself that it could be a person who meets our likes. She started playing guitar and mandolin early, writing songs, she made her apprenticeship, she refined the songwriting, she plays an apparently little offensive country pop, a sort of Taylor Swift of the early times with a vocal timbre that reminded me (maybe also because I miss her very much) Nina Persson of The Cardigans, but in the USA she is respected for her lyrics that go a little beyond those that one would expect from this type of music. LGBT rights (among other things, before marrying Ruston Kelly, a male country singer/musician, said she had a few years relationship with her bandmate Misa Arriaga), safe sex, use of recreational marijuana, questioning religious sentiment. Not bad. Impeccable record, albeit predictable, very delicate voice.

20190321

Gioia come atto di resistenza

Joy as an Act of Resistance - Idles (2018)

Altra scoperta in ritardo, questa band di Bristol, UK, che mi è stata segnalata da un collega belga, è davvero una band immancabile per chi come noi, ama la musica brutale con criterio. Gli Idles, che mi dicono essere devastanti dal vivo, qui al secondo disco (uscito a fine agosto del 2018), sono gioia per le orecchie, quelle che hanno amato il rock in tutte le sue forme; ci si sente il punk, la new wave, l'hardcore punk ed il krautrock, canzoni violente, brutali, e al tempo stesso dannatamente ben scritte, con ritornelli spesso indimenticabili e testi molto interessanti. Vi scongiuro, ascoltateli. 



Another late discovery, this band from Bristol, UK, which was suggested to me by a Belgian colleague, is really a must-have band for those of us who love brutal music with wisdom. The Idles, who tell me to be devastating live, here at their second album (released at the end of August 2018), are a delight by the ears, especially for those who loved rock in all its forms; you can hear, in their music, the punk, the new wave, the hardcore punk and the krautrock. Violent, brutal, and at the same time damn well written songs, with often unforgettable refrains and very interesting lyrics. I beg you, listen to them.

20190320

L'accesso alla rovina

The Door to Doom - Candlemass (2019)

Forse non ve lo aspettavate, ma ecco, uscito il 22 febbraio 2019, il dodicesimo disco degli svedesi Candlemass, precursori del genere doom, cosa che non mancano di sottolineare anche con questo titolo. Una delle curiosità è il ritorno alla voce del primissimo cantante Johan Langqvist, l'altra piuttosto rilevante è la partecipazione di sua Maestà Toni Iommi alla terza traccia, Astorolus - The Great Octopus. Il disco è prevedibile, ma tutto sommato una dimostrazione di "salute" della band, una band di ultra-cinquantenni, è bene ricordarlo. Melodia, epicità, potenza e grandi riff di chitarra, niente di nuovo ma cose che, almeno a me, piacciono. 



Perhaps you did not expect it, but here, released on February 22, 2019, we have the twelfth album of the Swedish band Candlemass, forerunners of the doom genre, something that they also emphasize with this title. One of the curiosities is the return to the voice of the very first singer Johan Langqvist, the other rather relevant is the participation of his Majesty Toni Iommi in the third track, Astorolus - The Great Octopus. The record is predictable, but all in all a demonstration of "health" of the band, a band of lads over fifty, it is good to remember it. Melody, epic, power and great guitar riffs, nothing new but things that, at least to me, like.

20190319

Abbiamo già perso il mondo

We Already Lost the World - Birds In Row (2018)

Ormai siete abituati al fatto che dichiari di "essere arrivato tardi" su alcune band, ma l'importante è arrivarci. Sono rimasto sorpreso, a proposito dei Birds in Row, di scoprire che sono francesi di Laval, cittadina della regione dei Paesi della Loira. Segno evidente che la Deathwish, come forse ricorderete, etichetta diretta e fondata da Jacob Bannon dei Converge e dal suo amico Tre McCarthy, sta diventando un po' la Netflix dell'underground musicale post rock: il power trio francese, infatti, sono con l'etichetta dal 2011, l'anno precedente al loro debutto You, Me & the Violence. Oggi parliamo del loro secondo lavoro, uscito l'anno passato, dal titolo We Already Lost the World; la band francese è passata attraverso due cambi di formazione, ma continua a tenere nascoste le identità dei tre musicisti, perché vuole essere vista come una cosa sola. Il genere è un post punk, che volendo rimanere nei paraggi per darvi un'idea generica, potremmo definirli come i Touché Amoré che incontrano i Converge. Canzoni robuste con spirito punk ma con intense aperture melodiche e riduzioni di velocità e di potenza particolarmente suggestive, guidate da linee di basso invidiabili. Un cantato urlato e particolarmente sofferente, incornicia il tutto. Un disco potente, che consiglio.



By now you are used to the fact that I often declare to "have arrived late" on some bands, but the important thing is to get there. I was surprised, about the Birds in Row, to discover that they are French from Laval, Mayenne. A clear sign that Deathwish, as you may remember, a label direct and founded by Jacob Bannon of Converge and his friend Tre McCarthy, is becoming a bit like the Netflix of the post-rock musical underground: the French power trio, in fact, is with label since 2011, the year before their debut You, Me & the Violence. Today we talk about their second work, released last year, entitled We Already Lost the World; the French band has gone through two changes of line-up, but continues to keep the identities of the three musicians hidden, because it wants to be seen as one entity. The genre is a post punk, which, wanting to stay around to give you a generic idea, we could define them as Touché Amoré meets Converge. Robust songs with punk spirit but with intense melodic openings and particularly suggestive speed and power reductions, guided by enviable bass lines. A screaming and particularly suffering voice, frames the whole thing. A powerful album, which I recommend.

20190318

Gelibolu

Gallipoli - Beirut (2019)

Quinto disco per Zach Condon ed il suo collettivo, disco scritto tra New York, Berlino (dove Condon vive) e la Puglia (da qui il titolo). Niente di realmente nuovo, il solito disco di classe, con canzoni dove i fiati la fanno da padrone, il resto sono ukulele, Farfisa e la voce super malinconica di Condon canta di emozioni. Noto un po' di stanchezza compositiva, e una certa omogeneità, che rende il tutto piuttosto noioso. Forse è necessaria una svolta.



Fifth album for Zach Condon and his collective, a record written between New York, Berlin (where Condon lives) and Apulia (hence the title). Nothing really new, the usual classy record, with songs where the trumpets leads, the rest are ukulele, Farfisa, and Condon's super melancholy voice, that sings of emotions. I notice a bit of compositional fatigue, and a certain homogeneity, which makes it rather boring. Perhaps a breakthrough is needed.

20190317

protezione online delle persone LGBTQ

Ricevo e pubblico volentieri:


https://it.vpnmentor.com/blog/la-maggior-parte-delle-persone-lgbtq-e-esposta-a-cyberbullismo-ecco-come-rimanere-sicuri-online/



Club di corvi

Yo, Potro / La Balada de Hugo Sanchez - Di Marcos Bucay / Di Mark Alazraki, Moisés Chiver e Gaz Alazraki - Episodio unico / Stagione 1 (6 episodi) - Netflix - 2018

Forse stenterete a crederci, ma Club de Cuervos, la serie messicana acquisita da Netflix, della quale abbiamo parlato solo qualche giorno fa, ha già generato ben due spin off. Il primo è uno spassoso episodio unico di una cinquantina di minuti, dedicato a Potro Romani, il calciatore argentino dei Cuervos (interpretato da un ex attore porno), e l'altro è una mini serie di sei episodi dedicata a Hugo Sanchez, l'assistente di Chava, un altro personaggio a dir poco incredibile che la serie principale ci ha fatto conoscere.

Davvero imperdibili di due spin off tratti da Club de Cuervos, quantomeno per chi segue la serie principale. In Yo, Potro, seguiamo le vicissitudini del Potro in seguito alla sua cessione fallimentare ad una squadra di Città del Messico, ed il suo ritorno in Argentina per il matrimonio del fratello, matrimonio al quale, badate bene, non è stato invitato, e non per errore. In La Balada de Hugo Sanchez seguiamo alcuni personaggi di Club de Cuervos, ma, come dice il titolo, soprattutto Hugo, al quale viene assegnato il compito di dirigere ed accompagnare la squadra in Nicaragua per un torneo estivo. Divertimento assicurato in entrambi i casi.

Really unmissable the two spin offs taken from Club de Cuervos, at least for those who follow the main series. In Yo, Potro, we follow the vicissitudes of the Potro following his bankruptcy assignment to a Mexico City team, and his return to Argentina for his brother's marriage, a marriage to which, mind you, he was not invited, and not by mistake. In La Balada de Hugo Sanchez we follow some characters from Club de Cuervos, but, as the title says, especially Hugo, who is assigned the task of directing and accompanying the team in Nicaragua for a summer tournament. Fun guaranteed in both cases.

20190315

Oslo, Norvegia - Febbraio 2019

Mercoledì 30 gennaio 2019
L'ho già accennato durante le recensioni dei concerti visti durante questo breve viaggio, ma ve lo racconto nuovamente volentieri. Visto l'amore che provo da diversi anni per la band norvegese dei Madrugada, e visto che di recente hanno deciso di tornare insieme per dapprima un concerto che voleva festeggiare i 20 anni dall'uscita del loro primo disco, un concerto che si sarebbe svolto allo Spektrum di Oslo, mi sarebbe piaciuto assistervi. Ho provato inizialmente, ma i biglietti sono andati esauriti in brevissimo tempo. Poi è stata aggiunta una data il giorno seguente, sempre nel solito luogo: biglietti esauriti. Ma una mattina lavorativa, mi arriva un alert su Facebook, dove si dice che sono stati messi in vendita altri biglietti. Corro a collegarmi e riesco ad acquistare tre biglietti (due dovevano essere per una coppia di amici che poi non è venuta). Presi i biglietti, mi organizzo il viaggio ed il soggiorno: volo con partenza l'1 febbraio da Milano Malpensa con Norwegian Air Shuttle, soggiorno ad Oslo vicinissimo al luogo dell'evento le notti dell'1 e del 2 febbraio, ritorno il 3. Dopo qualche tempo, esce una data degli Architects a Milano, il 30 gennaio. Bene, salirò a Milano prima e rimarrò lì fino all'1 febbraio. Dopo ancora qualche giorno, vedo che ci sono in tour in Europa i Mastodon, che non sono riuscito a vedere per un intero concerto poco più di un anno fa, che non toccano l'Italia, e che come supporto avranno Mutoid Man, visti e apprezzati, e i Kvelertak, che apprezzo ma che non ho ancora visto. Fanno una data ad Oslo, nello stesso luogo, la sera seguente, il 3 febbraio. Compro il biglietto, aggiungo una notte nello stesso hotel, cerco un volo di ritorno per il 4 febbraio, e la cosa si complica. Fare il cambio con Norwegian non è possibile, dovrei tornare il 5. Quindi cerco un'altra combinazione e trovo SAS,  Oslo-Milano il 4 febbraio, ma Milano Linate. Cerco un possibile collegamento tra i due aeroporti, e lo trovo, c'è una compagnia di autobus che collega, 5 volte al giorno, Linate con Malpensa. Dovrò aspettare un po', gli orari non sono convenientissimi, ma tant'è. E quindi, nella tarda mattinata di mercoledì 30 gennaio, parto per Milano, arrivo nel primo pomeriggio, alloggio all'hotel Contessa Jolanda, molto vicino all'Alcatraz, mi riposo, e in serata vado a vedere gli Architects Giovedì 31 gennaio 2019
Mi sveglio quando capita, e inganno il tempo per arrivare alle 12 e lasciare la camera. Esco da Milano, mangio qualcosa, e prendo alloggio al Crowne Plaza Milan Malpensa, dove mi metto a lavorare in camera, è l'ultimo giorno del mese e devo spedire il mio programma per i mesi a venire. Ci impiego un paio d'ore abbondanti, dopo di che mi rilasso, aspetto l'ora di cena, e poi a letto presto. Stanotte nevicherà, speriamo non troppo. Venerdì 1 febbraio 2019
Sono scesi diversi centimetri. Parto per fare quel chilometro scarso che mi separa dal parcheggio prenotato, l'auto è coperta di neve. Lascio l'auto e la navetta mi porta all'aeroporto. Coda, controlli, attesa, imbarco. De-icing, decollo. Ritardo, ma il cambio a Stoccolma è molto "largo", quando arrivo mangio qualcosa. Si riparte per Oslo quasi in orario, il maltempo è diffuso in tutta Europa. Si arriva, mi oriento, prendo il Flytoget, biglietti già fatti, in 21 minuti sono alla stazione centrale. Esco e sta nevicando, con un vento sostenuto. Mi perdo un po', chiedo indicazioni ad una poliziotta giovane, massiccia e sorridente, arrivo all'hotel Thon Hotel Spectrum (perché questo si scriva con la C e l'arena per concerti con la K lo chiederò ad una ragazza della reception, ma non mi saprà rispondere), mi installo, esco per mangiare qualcosa in un luogo che sia più vicino possibile. E poi, il meritato riposo.
De-Icing

Sabato 2 febbraio 2019
La giornata, come da previsioni, è brutta. Vento, neve anche se poca ma costante, freddo. Esco tardissimo, giusto per entrare dentro l'enorme edificio della stazione centrale, e ritirare l'Oslo Pass, che ho comunque comprato, che dà accesso gratis a musei e mezzi di trasporto, e che sfrutterò pochissimo. Mangio, sempre dentro l'edificio, in una specie di ristorante italiano, e giusto per non tornare subito a dormire, esco e mi dirigo verso il Teatro dell'Opera, lì vicino. Torno sui miei passi e, come dire, ozio in camera per preparami all'evento della sera. Il racconto lo trovate qui.

Domenica 3 febbraio 2019
Oggi dovrebbe uscire anche il sole. Quantomeno non nevica, e si può passeggiare. Naturalmente, uscire prima delle 10 è inutile. A piedi, decido di andare al Munch Museum, piccolo, ma che riflette sull'opera dell'artista, soprattutto sul suo uso delle copie, dopo di che, mi incuriosisce il Museo Interculturale. Bella idea, da paese molto civile. Ci passo un po' di tempo, dopo di che pranzo, in un altro locale dentro la stazione centrale, e poi, con il sole ormai alto, faccio una passeggiata fino al famoso municipio. Rientro per il riposo pomeridiano, in forma per la serata.

Lunedì 4 febbraio 2019
Sveglia molto presto, due parole con il concierge che sostiene che non è vero che in Norvegia i treni sono sempre in orario. Viene smentito immediatamente: 19 minuti per arrivare all'aeroporto (senza fermata intermedia sono 2 minuti meno dell'andata). Colazione, controlli, imbarco, niente ritardo, cielo sgombro, cambio a Francoforte, tutto liscio, mangio qualcosa, riparto per Linate. Arrivo in orario, prima ancora di scendere mando un Whatsapp all'amico Monty che lavora lì, ci becchiamo per un caffé, una sigaretta e qualche chiacchiera. La battuta con la quale mi accoglie è bellissima: "quindi stai tornando da un viaggio di lavoro, che è recensire concerti!". Attendo quell'ora e mezzo l'autobus, finalmente si parte mentre il sole tramonta sulla grande Milano, arrivo al parking, ritiro l'auto, si torna a casa, e domani si torna a lavorare. E' stato bello.

20190314

Bambola russa

Russian Doll - Di  Natasha Lyonne, Amy Poehler e Leslye Headland - Stagione 1 (8 episodi; Netflix) - 2019

New York. Nadia sta festeggiando il suo compleanno, con una festa in suo onore organizzata dalle sue amiche più care, e con tanti invitati, molti a lei sconosciuti. Improvvisamente, esce in strada per cercare il suo gatto, e viene investita da un auto. Muore. E si risveglia nel bagno, facendo le cose che stava facendo pochi minuti prima. Inizialmente, dà la colpa alle droghe che ha preso. Ma poi la cosa accade nuovamente. Nadia insiste, cercando di convincere anche se stessa, che questa esperienza possa essere spiegata con le droghe, ma in cuor suo, sa che la cosa va più in profondità.

Serie "snella" (8 episodi da circa 30 minuti), simile al concetto di Groundhog Day, ma con la morte di mezzo. Un bel rischio, ma il rischio viene attutito dal buttare tutto in commedia. E siccome la protagonista è una sempre esilarante Natasha Lyonne (qui Nadia, la conoscete per la sua interpretazione di Nicky in Orange is the New Black), il tutto risulta gradevole e divertente, seppur contorto e naturalmente irrisolto. Vedremo se ci sarà un seguito. 

"Slim" series (8 episodes of about 30 minutes), similar to the concept of Groundhog Day, but with the death. A big risk, but the risk is mitigated by throwing everything into comedy. And since the protagonist is always an exhilarating Natasha Lyonne (here Nadia, you know her for her interpretation of Nicky in Orange is the New Black), everything is pleasant and enjoyable, albeit twisted and of course unsolved. We'll see if there will be a sequel.

20190313

March of the Fire Ants

Mastodon + Kvelertak + Mutoid Man, Spektrum, Oslo N, 3 febbraio 2019

Per la seconda sera consecutiva, esco nel fresco norvegese zampettando sulla neve, attraverso la piazza che separa l'hotel dove alloggio dallo Spektrum, ed eccomi, stasera seduto sulle gradinate, per assistere, stavolta lo spero, ad un concerto completo dei Mastodon. Visto che ero a Oslo per i Madrugada, a suo tempo ho deciso di allungare la permanenza di un giorno, e di vedermi per intero i Mastodon (forse vi ricordate che quando li vidi a Stoccolma, poco più di un anno fa, non stavo bene e me ne andai dopo qualche canzone), visto che a questo giro non passeranno dall'Italia, e che ad aprire, oltre ai già visti e molto apprezzati Mutoid Man, ci saranno i norvegesi Kvelertak, una delle band "giovani" più interessanti, anche se reduci del recente cambio di cantante. Quindi, siamo qua, ottima forma fisica, seduti comodi, e pronti al via. Lo Spektrum non è assolutamente pieno, anzi, con un gioco di teloni, è stato "ridotto" a livello di gradinate (sono semplicemente coperte, in modo che l'impatto non sia troppo triste, ma questo è un espediente che ho visto usare anche all'Alcatraz a Milano). Nota interessante, che ho evinto la sera precedente: ai banchi del merchandise non si può pagare con i contanti, solo carta di credito. Che paese meraviglioso.
Orario perfetto, ecco i 30 minuti concessi ai Mutoid Man, che però sono "orfani" di Ben Koller (batterista anche dei Converge, reduce da un incidente al polso, e ancora in riabilitazione - le band dove milita hanno organizzato un crowdfunding sui social per pagare le spese mediche...Koller come gli altri è statunitense e lì funziona così, come sapete): lo rimpiazza l'ottimo Chris Maggio (Wear Your Wounds, Trap Them), che si cala a dovere sia ai ritmi, sia verso l'attitudine cazzara del trio. Il pubblico è ancora sparuto, e Stephen deve sollecitare e solleticare un po' i presenti, ma la resa sonora è come sempre, da grandi professionisti. Mi pare di notare un grande affiatamento tra le tre band che dividono il palco per questo tour europeo, tra l'altro, per i richiami che si fanno.
Qualche decina di minuti di cambio palco, ed ecco i Kvelertak, con le loro tre chitarre e il loro metal sghembo ma efficace. Ivar Nikolaisen, che ha rimpiazzato il primo cantante Erlend, è inarrestabile sia sul palco che oltre il palco (si calerà più volte tra le prime file), e l'impatto è davvero d'effetto. Il fatto di giocare in casa fa ovviamente in modo che il pubblico reagisca in maniera più rumorosa, ma insomma, i ragazzi se lo meritano, sono interessanti sia come proposta sonora, che come resa dal vivo. Avanti così.
Eccoci quindi al piatto principale della serata: i Mastodon da Atlanta, Georgia. Palco bello grande e spazioso, visual che sembrano disegnati da un Robert Crumb in un trip fantasy, belle luci. Scaletta bilanciatissima tra i loro dischi (niente da The Hunter, ma addirittura un pezzo, Toe to Toes, dall'ultimo EP Cold Dark Place), suoni perfetti che fanno apprezzare il fatto che sono quattro ottimi musicisti, ma, devo ammetterlo, un grandissimo difetto: le voci. Troy se la cava, seppur non sia il massimo, ma quando canta Brann, è una catastrofe. Una band di questa caratura, con questo successo, non può permetterselo. Credo sia giunta l'ora di pensare ad un cantante vero. Ecco perché, dopo circa 45 minuti di concerto e ben 12 pezzi snocciolati, arriva sul palco Scott Kelly direttamente dai Neurosis, per le ultime sei canzoni (Scorpion Breath, Crystal Skull, Aqua Dementia, Crack the Skye, Diamond in the Witch House, Blood and Thunder), 30 minuti circa nei quali sembra di assistere ad un altro concerto, decisamente migliore. Terminato il set, la band saluta, e Brann, con un mazzo di bacchette da distribuire in mano, si prende tre minuti da entertainer, facendo praticamente un breve show da stand up comedian: se non fosse un così bravo batterista, direi che ha sbagliato mestiere. Soddisfazione quindi a metà, e un sollecito ai Mastodon per trovare urgentemente una soluzione per il canto.



So here we are at the main course of the evening: the Mastodon from Atlanta, Georgia. A large and spacious stage, visual that seems to be designed by a Robert Crumb in a fantasy trip, beautiful lights. Set list very balanced between their records (nothing from The Hunter, but even a track, Toe to Toes, from the last EP Cold Dark Place), perfect sounds that make you appreciate the fact that they are four excellent musicians, but, I must admit, a very great defect: the voices. Troy hold enough, though it's not the best, but when Brann sings, it's a catastrophe. A band of this caliber, with this success, can not afford it. I think it's time to think of a real singer. That's why, after about 45 minutes of concert and 12 tracks, Scott Kelly arrives on stage directly from Neurosis, for the last six songs (Scorpion Breath, Crystal Skull, Aqua Dementia, Crack the Skye, Diamond in the Witch House, Blood and Thunder), about 30 minutes in which it seems to attend another concert, much better. After the set, the band greets, and Brann, with a bunch of drumsticks by the hand, ready to be distributed, takes three minutes as an entertainer, practically doing a short stand-up comedian show: if he were not such a good drummer, I'd say he chosen the wrong craft. So half satisfaction, and a reminder to Mastodon to urgently find a solution for singing.

20190312

Maestà

Madrugada + Great News, Spektrum, Oslo N, 2 febbraio 2019

E così, sono qui, il 2 di febbraio ad Oslo, Norvegia, per assistere al secondo concerto, per due sere di seguito sold out, di riunione dei leggendari norvegesi Madrugada, una band fantastica fattami conoscere da una persona che non finirò mai di ringraziare anche per questo. La location è l'Oslo Spektrum, che può ospitare fino a 10mila spettatori, e le serate sono esaurite entrambe: ancora non ci credo che sono riuscito a trovare il biglietto. Ma sono qui, in platea, a ridosso del pit (una mania che ormai pare esistere ad ogni concerto), fin dall'apertura delle porte, e purtroppo, prima dell'inizio, mi ritrovo a sopportare circa tre quarti d'ora dei Great News, una band di giovani norvegesi che veste in modo osceno, e fa musica in maniera quasi altrettanto oscena. Resisto, conscio che la ricompensa sta per arrivare, e sarà quasi sicuramente molto alta. 
8.30 PM: eccoli. Si comincia con Vocal, e non poteva essere altrimenti: primo pezzo del loro primo disco, disco che dà il titolo a queste due date e che diventerà il titolo del tour europeo che seguirà (Industrial Silence), disco che compie 20 anni nel 2019. Brividi forti, pubblico che riempie lo Spektrum e che completa lo splendido colpo d'occhio, pubblico attento e partecipe, anche se alla loro maniera (anche in platea si sta larghissimi, per dire). Si prosegue con Belladonna, poi Higher e Sirens. Innegabile che i Madrugada mettano il blues al primo posto. Si va avanti con Shine. Mi lascio andare, l'emozione prende il sopravvento, e mentre balbetto insieme a Sivert "Oh well, hunny you, tonight/I'm here, tonight/Oh no, fall like a star/Oh in time, you and I, we'll shine", piango, in maniera discreta, senza farmene accorgere, ma piango. Come quando ero più giovane, quando ancora mi emozionavo ai concerti. Piango, sulle note di un pezzo che forse non è il loro più bello, ma che forse mi fa pensare alle persone che ho amato. Forse. Ma piango. This Old House, l'indimenticabile Strange Colour Blue, Salt, Norwegian Hammerworks Corp. con la quale si aumentano i ritmi e i visual si fanno decisivi, Beautyproof, Quite Emotional (mamma mia), Terraplane (blues allo stato quasi puro), Electric (anche questa è di quelle che mi farebbero venir voglia di scarnificarmi). Tutto Industrial Silence è stato eseguito. Diamine, questi si che sanno scrivere le canzoni. Ma che voce c'ha Hoyem? Niente, non mi danno il tempo di riflettere, siamo agli encore. Si riprende con Black Mambo, ed è forse qui che mi accorgo che c'è anche un quartetto d'archi (ma posso sbagliarmi, forse era su un'altra canzone). Hands Up I Love You, Only When You're Gone, quindi un trittico, veramente dark, dal secondo The Nightly Disease. Però. Succede qualcosa: arriva sul palco Ane Brun, per eseguire insieme alla band, Lift Me, il singolo del 2005, composto per il disco della stessa Brun Duets. Applausoni per tutti, giocano in casa. Si riprende con What's On Your Mind (dall'ultimo Madrugada, 2008, pubblicato dopo la morte del chitarrista Robert Buras), e finalmente, ecco LA canzone. Da Grit (2002), eccola: Majesty. Non poteva proprio mancare, e la versione le rende giustizia. Meravigliosa. Ancora qualche cartuccia, del resto fin dall'inizio ho notato delle reti attaccate al soffitto dello Spektrum contenenti palloncini colorati: The Kids Are on High Street dà il via alla festa, infatti. Che pezzo anche questo. Pioggia di palloncini, anche di taglie importanti, con uno che finisce per importunare il bassista Frode Jacobsen, rimbalzando dal pubblico al palco, durante l'ultima canzone, che è Valley of Deception (sulla quale arrivano anche i coriandoli, del resto, è una festa). Altra bellissima canzone, semplice ma sentita ed efficace, che chiude due ore tonde di un concerto che segna una rinascita, un tour celebrativo (tornerò a vederli in una delle tre date italiane), e chissà che altro. Sono davvero felice di aver fatto questa ulteriore follia, anche se appunto, ci saranno delle date italiane, ne è valsa la pena. La band saluta, la folla applaude. Giusto così. Si esce camminando nella neve. Grazie Madrugada.



8.30pm: here they are. It starts with Vocal, and it could not be otherwise: first track of their first album, an album that gives the title for these dates and that will become the title of the European tour that will follow, record that turns 20 in 2019. Strong chills, public that fills the Spektrum and completes the beauty, attentive audience and participant, even if in their way (quite cold). It continues with Belladonna, then Higher and Sirens. Undeniable that Madrugada put the blues in first place. It goes on with Shine, and I let myself go. While I whisper, with Sivert "Oh well, hunny you, tonight/I'm here, tonight/Oh no, fall like a star/Oh in time, you and I, we'll shine", I cry, discreetly, without let the others know, but I cry. Like when I was younger, when I still got excited at the concerts. I cry, on the notes of a track that perhaps is not their most beautiful, but that perhaps makes me think of the people I loved. Maybe. But I cry. This Old House, the unforgettable Strange Colour Blue, Salt, Norwegian Hammerworks Corp. with which the visuals are relevant, Beautyproof, Quite Emotional (oh my!), Terraplane (blues almost pure), Electric (also this song it is one of those that make me want to scarnify myself). All Industrial Silence has been performed. Heck, these are able to write the songs. And what a voice Hoyem! Nothing, they do not give me time to reflect, we are at the encore. It resumes with Black Mambo, and is perhaps the one when I notice that there is also a string quartet (but I can be wrong, maybe it was on another song). Hands Up I Love You, Only When You're Gone, then a triptych, really dark, from the second The Nightly Disease. However. Something happens: Ane Brun arrives on stage, to perform together with the band, Lift Me, the 2005 single, composed for Brun's Duets album. Applause for everyone, they play at home. It resumes with What's On Your Mind (from the last Madrugada, 2008, published after the death of the guitarist Robert Buras), and finally, here is the song. From Grit (2002), here it is: Majesty. It could not be missing, and the version renders it justice. Wonderful. Some other more shot are remaining, I noticed some nets attached to the ceiling of the Spektrum containing colored balloons: The Kids Are on High Street starts the party, in fact. What a track this too. Rain of balloons, also of important sizes, with one that ends up disturbing bassist Frode Jacobsen, bouncing from the audience to the stage, during the last song, which is Valley of Deception (on which also it comes confetti, remember, it's a party). Another beautiful song, simple but heartfelt and effective, a celebratory tour, who knows what else. I'm really happy to have had this experience, even if indeed, there will be Italian dates, it was worth it to come until up here. The band greets, the crowd applauds. That's right. We go out walking in the snow. Thanks Madrugada.

20190311

Santo Inferno dal vivo

Architects + Beartooth + Polaris, Alcatraz MI, 30 gennaio 2019

Primo concerto del 2019, si parte già a gennaio con un minitour personale, prima tappa a Milano. Albergo nelle vicinanze dell'ormai leggendario Alcatraz, 15 minuti a piedi per raggiungerlo, so già che lì mi incontrerò con gli amici Elenina e Beach. Arrivo e, pare per i fatti tristi accaduti qualche settimana prima ad un concerto di Sfera (morti calpestati per fuggi fuggi seguito ad alcuni spruzzi di spray al peperoncino), la coda si prolunga per diverse centinaia di metri, svolta in via Giuseppe Piazzi, lungo il marciapiede. La affronto con molta serenità, anche se un gruppetto di giovani dell'hinterland milanese mi fa riflettere su quanto eravamo tristi quando anche noi eravamo giovani, ascoltando i racconti delle loro serate precedenti (ma non glielo dico), e mi stupisce la regolarità della coda stessa, essendo in Italia. Naturalmente, non potevano mancare dei venditori irregolari di birra. C'è però un altro motivo che causa l'assembramento: l'organizzazione, su Facebook, ha comunicato (alle 17,21) che i concerti erano stati tutti anticipati di 30 minuti, in seguito alle richieste degli artisti (quindi degli Architects, che evidentemente volevano essere pronti per le 23); l'apertura delle porte rimane alle 19, e l'inizio dei Polaris va alle 19,30. Scontato perderli. I Polaris, quindi, continueranno ad essere dei perfetti sconosciuti per me, ma quando entro trovo quasi subito Elenina, che mi fa sempre piacere incontrare. Tra l'altro, lei è una fotografa accreditata, ed è pure brava. Dopo un po' ecco anche Beach con la sua combriccola. Chiacchieriamo sopra l'esibizione dei Beartooth, creatura del vocalist Caleb Shomo, un tipo che sa come tenere in pugno un audience, band che mescolando punk rock e metalcore torna indietro fino ad ottenere una sorta di revival nu metal. Esibizione apprezzata ed Alcatraz che si riempie, cosa che regala un bel colpo d'occhio. Migliorie visibili (era un bel po' che non ci mettevo piede), peccato per la sala fumo, enorme ma simile ad una camera a gas.
Poco dopo le 21,30 parte l'intro di Death Is Not Defeat, e i cinque salgono sull'elegante palco per un concerto, la cui scaletta potrete trovare qui, che sicuramente consacra Sam Carter come uno dei cantanti metalcore più dotati, insieme ad una band che è riuscita a trovare una nuova spinta dalla catarsi seguita all'elaborazione del lutto, dopo la morte di uno dei loro componenti più importanti. Infatti, su quel palco è un po' come fossero in sei, fino all'omaggio finale, con le iniziali di Tom Searle dentro un cuore stilizzato, sul fondale del palco, calato sulle note della conclusiva Doomsday, subito dopo Gone With the Wind, canzone nella quale lo stesso Tom, autore delle liriche come sempre fino alla sua morte, parlava apertamente dell'avvicinarsi della sua fine. Il live degli Architects è quindi una roba emotiva, oltre ad essere una sassata di incredibile potenza. Grazie al suono, sorprendentemente chiaro per un concerto in terra italica, abbiamo potuto apprezzare una band che suona come una cosa sola, e che a differenza degli amici BMTH, vuole rimanere dentro lo steccato del metalcore per rimanerci e per primeggiare. Canzoni perfette, esecuzioni impeccabili, partecipazione corale alle stelle, comunicazione di Sam tra un pezzo e l'altro infarcita di ringraziamenti e di fuckin' (probabilmente più i secondi che i primi, anche se i primi sono stati molti), trovate sceniche d'effetto, potenza da vendere. Alle 22,55 è tutto finito, e la notte milanese non è neppure troppo fredda (anche se l'indomani nevicherà): usciamo fuori per ribadire a noi stessi che è stato un gran concerto.



Shortly after 9.30 PM the intro of Death Is Not Defeat starts, and the five go up on the elegant stage for a concert, whose set list you can find here, which surely consecrates Sam Carter as one of the most gifted metalcore singers, together with a band that has managed to find a new push from the catharsis following the mourning process, after the death of one of their most important components. In fact, on that stage is a bit as if they were in six, up to the final tribute, with the initials of Tom Searle inside a stylized heart, on the backdrop of the stage, dropped on the notes of the final Doomsday, just after Gone With the Wind, song in which the same Tom, author of lyrics as always until his death, spoke openly of the approach of his end. The Architects' live is therefore an emotional stuff, besides being a throwing stone of incredible power. Thanks to the sound, surprisingly clear for a concert in Italy, we could appreciate a band that sounds like one thing only, and that unlike the friends BMTH, wants to stay inside the metalcore fence to stay and to excel. Perfect songs, impeccable performance, choral participation to the stars, Sam's communication between a track and the other filled with thanks and fuckin' (probably more the seconds than the first, even if the first were many), suggestives theatrical effects, powerful. At 10.55 it's all over, and the night in Milan is not even too cold (even if the next day it will snow): we go out to reiterate to ourselves that it was a great concert.