Friday Night Lights - di Peter Berg - 5 stagioni (76 episodi; NBC) - 2006/2011
Immaginatevi. Uno stadio pieno di tifosi di football, in uno stato degli USA che impazzisce per quello sport. Finale del campionato dello Stato, football delle high school, le scuole superiori, una roba che qui in Italia non potremmo concepire, ma basta che pensate un attimo a tutti quei genitori che si scannano sulle tribune degli stadi di calcio delle categorie giovanili, e potrete immaginarvi qualcosa in più. Siamo negli spogliatoi, all'intervallo. La squadra che stiamo vedendo negli spogliatoi, una squadra del liceo di una cittadina di provincia non troppo grande, sta perdendo per 26 a 0. Sono arrivati alla finale statale pur avendo perso alla prima partita della stagione il loro miglior giocatore, il quarterback Jason Street, per un infortunio che lo ha reso disabile dalla vita in giù. Eppure, il loro coach, Eric Taylor, ha fatto della riserva di Street, Matt Saracen, un ragazzino timido con velleità da artista figurativo, che parla pochissimo ed è intimidito da qualsiasi cosa, cresciuto senza madre (che ha abbandonato il tetto familiare quando lui era ancora piccolo), e con il padre da anni nell'esercito statunitense, prendendosi cura della nonna ormai affetta da demenza senile, ha fatto di lui un quarterback più che valido, nonostante non abbia quel talento. Ha migliorato altri due giocatori importanti, ha messo a punto strategie intelligenti, ha portato la squadra a quella finale, giocando pulito e divertendo. Sotto di 26 punti, senza aver segnato, non smette di crederci, riunisce la squadra, ed ecco cosa dice loro:
Quando Jason Street s'infortunò alla prima partita della stagione, tutti ci consideravano fuori. Tutti. E nonostante questo siamo qui, alla finale statale. Anche queste 40mila persone, qua fuori, ci considerano fuori. Ma ce n'è qualcuna che crede ancora in voi. Qualche persona che non si arrenderà mai per quanto riguarda voi. Quando tornerete là fuori, sul campo, voglio che siano quelle le persone che avete in mente. Quelle le persone che voglio che siano nei vostri cuori.
Ogni uomo, ad un certo punto della sua vita, perderà una battaglia. Lotterà e perderà. Ma quello che fa di lui un uomo, nel mezzo di questa battaglia, è che non perde se stesso. Questa partita non è finita. Questa battaglia non è finita. Perciò fatemelo sentire ancora una volta, insieme: occhi sereni, cuori impavidi, non possono perdere!
Friday Night Lights, la serie NBC di cui vi sto parlando (e che ho appena terminato di vedere) è tratta dal libro quasi omonimo,
Friday Night Lights: A Town, A Team, and a Dream, di
H. G. Buzz Bissinger, lo stesso che aveva scritto l'articolo che ispirò il film
L'inventore di favole. Questo libro del 1990, mai tradotto in italiano, aveva già ispirato una mini-serie tv,
Against the Grain, del 1993, e un film per il cinema,
Friday Night Lights, diretto da Peter Berg ed interpretato da Billy Bob Thornton nella parte del protagonista (e non abbastanza convincente come questa serie, ma ne parleremo in occasione della recensione del film). Berg è, pensate un po', cugino di secondo grado del giornalista/scrittore Bissinger, ed ha preso talmente a cuore la storia (basata su fatti realmente accaduti, almeno quella del libro, nato come un
reportage/inchiesta sull'importanza e l'influenza del
football nel sud degli USA) che dopo il film, ha sviluppato per la televisione l'idea di farne una serie. Addirittura, Berg stesso ha dichiarato che se riuscirà a riunire lo stesso
main cast della serie, ha già pronto un secondo film per il cinema, che riprenderebbe il
plot della serie.
Detto questo, c'è chi, come Bill Simmons (ESPN Magazine), ha implorato i lettori di vedere la serie, definendola come la migliore serie sportiva mai realizzata. Negli USA, lo share non ha mai realmente entusiasmato, ma la critica ha acclamato lo show. In realtà, Friday Night Lights (in Italia inizialmente è stata intitolata High School Team) è una serie molto interessante dal punto di vista sociale e tecnico, e straordinariamente appassionante dal punto di vista dell'intreccio della sceneggiatura, che ovviamente mette in campo meccanismi da telenovela, soprattutto per quanto riguarda le storylines sentimentali. Provo a spiegarmi meglio.
Dal punto di vista sociale, la serie è uno spaccato della profonda provincia sud degli USA, nello specifico del "grande stato" del Texas. I personaggi sono tutti amabili nel loro attaccamento alle loro radici, ma al tempo stesso lasciano continuamente trapelare una sorta di profonda insofferenza rispetto alla pochezza offerta dalla loro realtà. Questa è una cosa comune, ma quando si osservano alcuni popoli dall'esterno, il fatto è coinvolgente. Lo statunitense, il texano medio, viene dipinto con tutti i suoi limiti e i suoi difetti. Razzismo, fondamentalismo cattolico, passioni per le armi, per l'alcool, per le risse, machismo, campanilismo esagerato. Lo stato sociale non riceve nessuno sconto da Friday Night Lights: i tagli scolastici sono una delle costanti della serie. Grande attenzione alla descrizione della famiglia: l'unica che sembra decente è quella dei protagonisti, del coach Taylor, ma pure questa viene continuamente messa alla prova dall'essere costantemente sul filo del rasoio della stabilità economica. Il resto è davvero deprimente: genitori completamente assenti, alcolizzati, drogati, carcerati, divorziati con rancori estremi, bugiardi, fedifraghi, incapaci di un minimo di equilibrio, oppure intolleranti, pregni di un razzismo strisciante o di una falsa morale cattolica. Quasi ogni famiglia ha, nella sua storia, un aborto o una gravidanza indesiderata, un concepimento in giovane età. Inoltre, spesso le decisioni prese dalle scuole, dipendono o sono fortemente influenzate dai finanziatori privati. Il football, le cui partite a livello di high school si giocano il venerdì sera (da qui il titolo), è una passione viscerale (come il calcio da noi; una battuta frequente è "ama il football, è solo che ancora non lo sa!"), attorno al quale ruotano interessi piuttosto grandi, e a volte rappresenta una via d'uscita da situazioni familiari o sociali disastrose, una possibilità di riscatto, di ascesa sociale.
Dal punto di vista tecnico, oltre ad una lunga serie di interpretazioni davvero valide e brillanti, la serie si differenzia dalle altre per una libertà di azione che la produzione, gli sceneggiatori e i registi, hanno dato al
cast, lasciandoli liberi di "creare" e di arricchire i proprio personaggi, pur mantenendo le linee guida. Pare che non ci fossero prove, e che gli attori fossero lasciati liberi anche di muoversi a loro piacimento, e che le direttive date agli operatori di macchina fossero quelle di seguirli in ogni movimento. Le camere sono molto spesso usate a mano, e per questo le immagini sono sovente mosse e inizialmente sfuocate, quando comincia una nuova inquadratura. Le scene delle partite sono ovviamente dinamiche e molto coinvolgenti. Il crescendo che gli sceneggiatori riescono a creare anche per le partite è ottimo: mi sono spesso ritrovato ad esultare per un
touch-down (ma, per rimanere fedele al mio carattere, anche a piangere su quasi ogni episodio, nonché ad esultare per una particolare proposta di matrimonio). Le dinamiche tra i personaggi, siano questi amici, nemici, amanti, sono estremamente credibili, se ci si mette nell'ottica di una cittadina non troppo grande: a proposito, è Dillon, una cittadina texana fittizia. C'è un sacco di musica, godibile, famosa o meno (quando ho sentito, in un episodio della quinta stagione, un pezzo di
Basia Bulat, ho gettato alle ortiche anche le ultime resistenze critiche sullo show). C'è perfino uno dei personaggi che ha una band, i
Crucifictorius, che durante le stagioni passano dal
death metal (anche se uno spettatore sicuramente più attento, e più americano di me, dice che è una
christian speed metal band, e
sottolinea lo splendido merchandising) al
rock alternativo.
Kyle Chandler (visto ultimamente in
Super 8), che ha vinto un
Emmy per questa interpretazione, è uno splendido coach Eric Taylor. I suoi discorsi negli spogliatoi o in mezzo al campo, così come i suoi silenzi, il suo accento strascicato (visto naturalmente in originale), sono irresistibili.
Connie Britton (due Emmy per lei), attrice che non conoscevo e che aveva interpretato la moglie del coach anche nel film di Berg, è una presenza irrinunciabile nei panni di Tami Taylor.
Aimee Teegarden è Julie, la loro deliziosa figlia maggiore, brava a descrivere un'adolescente non problematica, ma piena di dubbi. Il bellissimo
Taylor Kitsch (in questo periodo sugli schermi con
John Carter, da protagonista), è il tormentato
full back Tim Riggins, e devo dire che la parte da bello e dannato gli riesce proprio dannatamente bene.
Zach Gilford è il
quarterback Matt Saracen, e a mio parere fa uno splendido lavoro nell'interpretazione di questo timido, delicato, tormentato, artisticamente dotato, giovane texano un po' fuori posto.
Jesse Plemons è un simpaticissimo Landry Clark, fondatore tra l'altro dei
Crucifictorius. Probabilmente il mio personaggio preferito, unico del
cast ad aver giocato a
football.
Minka Kelly è la bella Lyla Garrity, e
Adrianne Palicki è la secondo me esplosiva (e altissima) Tyra Collette. Potrei continuare, ma se vi interesserà, lascio a voi scoprire il resto del
cast.
Una serie degna di nota.