Veep - di Armando Iannucci - Stagione 6 (10 episodi; HBO) - 2017
Un anno dopo gli accadimenti della stagione precedente, Dan è passato definitivamente alla televisione, ed è il co-conduttore di CBS This Morning, e intervista Selina. Amy è fidanzata con Buddy Calhoun, del quale sta curando la campagna come governatore del Nevada. Mike è un padre casalingo di tre figli, ma è richiamato da Selina per stendere le sue memorie, per dare alle stampe una autobiografia. Richard è l'assistente di Selina, e questo rende Gary geloso. Jonah continua il suo mandato al Congresso, e Kent lavora per lui. Selina annuncia alla famiglia che si candiderà nuovamente alla Presidenza.
Nonostante siamo già alla seconda stagione senza il creatore Iannucci nei panni dello showrunner, mi sembra di poter dire che Veep (ricordiamolo: un po' la versione statunitense di The Thick of It) non ha perso il suo smalto caustico e politicamente ultra-scorretto. Battute al vetriolo su ogni possibile argomento in campo politico e no, tante risate e linguaggio gergale a palate. Cast come sempre meraviglioso.
Although we are already in the second season without the creator Iannucci in the role of the showrunner, I think I can say that Veep (let's remember: a bit the US version of The Thick of It) has not lost its caustic and politically ultra-incorrect grip. Jokes on every possible topic in the political field and not, so many laughs and very gergal language. Cast, as always, wonderful.
No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.
20170731
20170730
Somebody to Love
Fargo - di Noah Hawley - Stagione 3 (10 episodi; FX) - 2017
1988, Berlino Est, Germania Est; un uomo viene interrogato perché sospettato di essere un'altra persona, e di aver assassinato la sua fidanzata.
2010, Eden Prairie, Minnesota, USA. Emmit Stussy, il re dei parcheggi, celebra il suo 25esimo anniversario di matrimonio. Ray, suo fratello gemello, ufficiale di polizia incaricato di sorvegliare i detenuti rilasciati sulla parola, gli chiede soldi; Ray è ovviamente un uomo non di successo, e imputa al fratello di averlo truffato per quanto riguarda l'eredità avuta dal padre, e su quella, di aver costruito il suo successo. Ray ha bisogno di soldi per sposare la sua fidanzata Nikki Swango, ex detenuta e sorvegliata da Ray (da notare che l'avere relazioni di questo tipo è contro la legge). Ray, disperato, ricatta un altro dei suoi sorvegliati, Maurice LeFay, che ha fallito un test antidroga, e gli propone di andare a rubare dei soldi al fratello. LeFay si confonde, e uccide un altro Stussy, Ennis, patrigno del Capo della Polizia di Eden Prairie, Gloria Burgle. LeFay si confronta con Ray e Nikki, e la coppia, rendendosi conto del pasticcio, uccide LeFay in maniera rocambolesca. Nel frattempo, Emmit e Sy Feltz, suo partner fidato, contattano la compagnia dalla quale avevano ottenuto un consistente prestito due anni prima, quando navigavano in cattive acque, per restituire il prestito compresi gli interessi. Lo strano inviato della compagnia, V.M. Varga, spiega loro che la compagnia non vuole i soldi indietro, ma che il prestito è stato un investimento.
Ho sentito qualche critica sulla terza stagione di Fargo, ma sinceramente non riesco a capacitarmene. Sarà per la presenza della vincitrice dell'anno televisivo a mani basse, Carrie Coon, qui nella parte di Gloria Burgle, semplicemente spettacolare, sarà per il resto del cast (un doppio Ewan McGregor nei panni dei due Stussy), sarà per la solita ambientazione e la "solita" storia strana, asimmetrica e imprevedibile, ma a me la stagione è piaciuta così come le altre, e ve ne caldeggio la visione.
I've heard some criticism about Fargo's third season, but I honestly can not afford it. It will be for the presence of the winner of the TV season with low hands, Carrie Coon, here as Gloria Burgle, simply spectacular, will be for the rest of the cast (a double Ewan McGregor in the shoes of the two Stussy), it will be for the usual setting and the "usual" strange story, asymmetrical and unpredictable, but I liked the season like I liked the previous two, and I can't do anything but suggested the vision.
1988, Berlino Est, Germania Est; un uomo viene interrogato perché sospettato di essere un'altra persona, e di aver assassinato la sua fidanzata.
2010, Eden Prairie, Minnesota, USA. Emmit Stussy, il re dei parcheggi, celebra il suo 25esimo anniversario di matrimonio. Ray, suo fratello gemello, ufficiale di polizia incaricato di sorvegliare i detenuti rilasciati sulla parola, gli chiede soldi; Ray è ovviamente un uomo non di successo, e imputa al fratello di averlo truffato per quanto riguarda l'eredità avuta dal padre, e su quella, di aver costruito il suo successo. Ray ha bisogno di soldi per sposare la sua fidanzata Nikki Swango, ex detenuta e sorvegliata da Ray (da notare che l'avere relazioni di questo tipo è contro la legge). Ray, disperato, ricatta un altro dei suoi sorvegliati, Maurice LeFay, che ha fallito un test antidroga, e gli propone di andare a rubare dei soldi al fratello. LeFay si confonde, e uccide un altro Stussy, Ennis, patrigno del Capo della Polizia di Eden Prairie, Gloria Burgle. LeFay si confronta con Ray e Nikki, e la coppia, rendendosi conto del pasticcio, uccide LeFay in maniera rocambolesca. Nel frattempo, Emmit e Sy Feltz, suo partner fidato, contattano la compagnia dalla quale avevano ottenuto un consistente prestito due anni prima, quando navigavano in cattive acque, per restituire il prestito compresi gli interessi. Lo strano inviato della compagnia, V.M. Varga, spiega loro che la compagnia non vuole i soldi indietro, ma che il prestito è stato un investimento.
Ho sentito qualche critica sulla terza stagione di Fargo, ma sinceramente non riesco a capacitarmene. Sarà per la presenza della vincitrice dell'anno televisivo a mani basse, Carrie Coon, qui nella parte di Gloria Burgle, semplicemente spettacolare, sarà per il resto del cast (un doppio Ewan McGregor nei panni dei due Stussy), sarà per la solita ambientazione e la "solita" storia strana, asimmetrica e imprevedibile, ma a me la stagione è piaciuta così come le altre, e ve ne caldeggio la visione.
I've heard some criticism about Fargo's third season, but I honestly can not afford it. It will be for the presence of the winner of the TV season with low hands, Carrie Coon, here as Gloria Burgle, simply spectacular, will be for the rest of the cast (a double Ewan McGregor in the shoes of the two Stussy), it will be for the usual setting and the "usual" strange story, asymmetrical and unpredictable, but I liked the season like I liked the previous two, and I can't do anything but suggested the vision.
20170729
20170728
Altro
Other - Alison Moyet (2017)
Geneviève Alison Jane Moyet di Billericay, Essex, UK, è oggi una signora di 56 anni con tre figli (avuti da tre uomini diversi), che vive a Brighton. Seppure noi 50enni la ricordiamo ancora con gli Yazoo insieme a Vince Clarke (anche se prima aveva avuto numerose esperienze in punk band quali The Vandals e altri), Alf (nomignolo che le avevano dato nell'epoca punk, e che fece da titolo al suo primo disco solista) ha all'attivo nove dischi da solista dal 1984 ad oggi. Questo nuovissimo Other, è un rinnovato impegno a creare musica electropop degna di nota, e al passo con i tempi. Non è perfetto, a tratti un po' eterogeneo, ma c'è decisamente del buono. Prodotto e co-scritto da Guy Sigsworth, a tratti ci ricorda che le radici di Alison sono le stesse dei Depeche Mode (Beautiful Gun, Reassuring Pinches), ma in altri si sentono il marchio di fabbrica e le esperienze (e le influenze) di tutti questi anni. Voce che riesce ancora ad emozionare, se trova la giusta combinazione. Qui la trova a tratti.
Geneviève Alison Jane Moyet of Billericay, Essex, UK, is now a 56 year old lady with three children (with three different men) who lives in Brighton. Although we 50 years old guys, still remember her with the Yazoo with Vince Clarke (although she was previously involved with many punk band, as The Vandals and others), Alf (nickname that she had in the punk era, and with which she titled her first solo record) has released nine solo albums since 1984. This brand new "Other", is a renewed commitment to create electropop music worthy of note, and in keeping with the times. It's not perfect, at times a bit heterogeneous, but there is definitely some good. Produced and co-written with Guy Sigsworth, it sometimes reminds us that Alison's roots are the same as Depeche Mode ("Beautiful Gun", "Reassuring Pinches"), but in others you can feel the trademark and the experiences (and influences) of all these years. A voice that can still thrill if she finds the right combination. Here she finds it, sometimes.
Geneviève Alison Jane Moyet di Billericay, Essex, UK, è oggi una signora di 56 anni con tre figli (avuti da tre uomini diversi), che vive a Brighton. Seppure noi 50enni la ricordiamo ancora con gli Yazoo insieme a Vince Clarke (anche se prima aveva avuto numerose esperienze in punk band quali The Vandals e altri), Alf (nomignolo che le avevano dato nell'epoca punk, e che fece da titolo al suo primo disco solista) ha all'attivo nove dischi da solista dal 1984 ad oggi. Questo nuovissimo Other, è un rinnovato impegno a creare musica electropop degna di nota, e al passo con i tempi. Non è perfetto, a tratti un po' eterogeneo, ma c'è decisamente del buono. Prodotto e co-scritto da Guy Sigsworth, a tratti ci ricorda che le radici di Alison sono le stesse dei Depeche Mode (Beautiful Gun, Reassuring Pinches), ma in altri si sentono il marchio di fabbrica e le esperienze (e le influenze) di tutti questi anni. Voce che riesce ancora ad emozionare, se trova la giusta combinazione. Qui la trova a tratti.
Geneviève Alison Jane Moyet of Billericay, Essex, UK, is now a 56 year old lady with three children (with three different men) who lives in Brighton. Although we 50 years old guys, still remember her with the Yazoo with Vince Clarke (although she was previously involved with many punk band, as The Vandals and others), Alf (nickname that she had in the punk era, and with which she titled her first solo record) has released nine solo albums since 1984. This brand new "Other", is a renewed commitment to create electropop music worthy of note, and in keeping with the times. It's not perfect, at times a bit heterogeneous, but there is definitely some good. Produced and co-written with Guy Sigsworth, it sometimes reminds us that Alison's roots are the same as Depeche Mode ("Beautiful Gun", "Reassuring Pinches"), but in others you can feel the trademark and the experiences (and influences) of all these years. A voice that can still thrill if she finds the right combination. Here she finds it, sometimes.
20170727
Leonessa
Lioness - Sivert Hoyem (2016)
Certo che quando si parte con un pezzo come Sleepwalking Man, da una parte sei avvantaggiato, dall'altra dovresti quantomeno provare a mantenere un livello alto. Ma siccome Sivert Hoyem, musicista norvegese figlio di un insegnante e di una politica (del Socialist Left Party norvegese), ex cantante dei mai troppo rimpianti (ma misconosciuti) Madrugada, da queste parti è quasi osannato, il risultato è una vittoria su tutti i fronti. C'è da dire che, avendolo un poco perso di vista, ho recuperato insieme questo Lioness del 2016 e il precedente Endless Love del 2014, e quest'ultimo mi è parso un po' più debole. Con Lioness, Hoyem si allontana un poco dall'uso roccioso di chitarre elettriche, si diletta con arrangiamenti orchestrali, con pezzi intimisti (It Belongs To Me) e con tutta una serie di altre sconfinate influenze e generi, che vi lascio scoprire da soli, ma li padroneggia con maestria, aiutato dalla sua voce, troppo spesso sottovalutata, e dal suo saper scrivere bellissime canzoni. Ottimo disco, che precede il recentissimo Live at Acropolis, del quale vi parlerò a breve.
Of course, when you start with a track like "Sleepwalking Man", on the one hand, you are benefiting, on the other hand you should at least try to maintain a high level, and it's not easy. But since Sivert Hoyem, a Norwegian musician son of a teacher and a (female) politician (of the Norwegian Socialist Left Party), former singer of never too much regrets (but misunderstood) Madrugada, is almost worshipped here, the result is a victory over all fronts. It is to be said that having a little lost sight him, I have recovered this "Lioness" (2016), and the previous "Endless Love" (2014), and this last it seemed to me a little weaker. With "Lioness", Hoyem moves away a little from the rocky use of electric guitars, delights him with orchestral arrangements, with intimate tracks ("It Belongs To Me") and a whole host of other endless influences and genres that I will let you discover by yourself, but handling them with mastery, helped by his wonderful voice, too often underestimated, and his ability to write beautiful songs. Great record, which precedes the recent "Live at Acropolis", of which I will talk to you shortly.
Certo che quando si parte con un pezzo come Sleepwalking Man, da una parte sei avvantaggiato, dall'altra dovresti quantomeno provare a mantenere un livello alto. Ma siccome Sivert Hoyem, musicista norvegese figlio di un insegnante e di una politica (del Socialist Left Party norvegese), ex cantante dei mai troppo rimpianti (ma misconosciuti) Madrugada, da queste parti è quasi osannato, il risultato è una vittoria su tutti i fronti. C'è da dire che, avendolo un poco perso di vista, ho recuperato insieme questo Lioness del 2016 e il precedente Endless Love del 2014, e quest'ultimo mi è parso un po' più debole. Con Lioness, Hoyem si allontana un poco dall'uso roccioso di chitarre elettriche, si diletta con arrangiamenti orchestrali, con pezzi intimisti (It Belongs To Me) e con tutta una serie di altre sconfinate influenze e generi, che vi lascio scoprire da soli, ma li padroneggia con maestria, aiutato dalla sua voce, troppo spesso sottovalutata, e dal suo saper scrivere bellissime canzoni. Ottimo disco, che precede il recentissimo Live at Acropolis, del quale vi parlerò a breve.
Of course, when you start with a track like "Sleepwalking Man", on the one hand, you are benefiting, on the other hand you should at least try to maintain a high level, and it's not easy. But since Sivert Hoyem, a Norwegian musician son of a teacher and a (female) politician (of the Norwegian Socialist Left Party), former singer of never too much regrets (but misunderstood) Madrugada, is almost worshipped here, the result is a victory over all fronts. It is to be said that having a little lost sight him, I have recovered this "Lioness" (2016), and the previous "Endless Love" (2014), and this last it seemed to me a little weaker. With "Lioness", Hoyem moves away a little from the rocky use of electric guitars, delights him with orchestral arrangements, with intimate tracks ("It Belongs To Me") and a whole host of other endless influences and genres that I will let you discover by yourself, but handling them with mastery, helped by his wonderful voice, too often underestimated, and his ability to write beautiful songs. Great record, which precedes the recent "Live at Acropolis", of which I will talk to you shortly.
20170726
Festa
Party - Aldous Harding (2017)
Il secondo disco della cantautrice folk neozelandese Hannah Harding in arte Aldous contiene decisamente delle gemme preziose (I'm So Sorry, Horizon, Swell Does the Skull), a cominciare dal pezzo che potete ascoltare nel video clip annesso, Imagining My Man. Anche se la produzione di John Parish, e perfino la sua bellezza irregolare, definiamola così, potrebbero far pensare ad una nuova PJ Harvey, come dice la sempre acuta Kitty Empire su The Guardian, "Harding is her own woman", Harding è lei e non una nuova qualcuno. Estensione vocale impressionante (a volte si ha l'impressione di ascoltare cantanti diverse, se mettete a confronto il pezzo citato prima con la seguente Living the Classics sembra quasi impossibile che a cantarla sia la stessa voce), piglio soave ma deciso, folk che spazia dall'americana a qualcosa di molto più gotico, canzoni intense e strumenti appena sfiorati. Da tenere d'occhio: per il momento, almeno nel suo campo, uno dei dischi più belli dell'anno.
The second album of the New Zealand folk songwriter Hannah Harding aka Aldous, contains a lot of precious gems ("I'm So Sorry", "Horizon", "Swell Does the Skull"), beginning with the track you can hear in the attached video clip, "Imagining My Man". John Parish's production, and even its uneven beauty, could push to think her as a new PJ Harvey, but, as the ever-keen Kitty Empire on The Guardian says, "Harding is her own woman", Harding is she and not one "new somebody else". Awesome vocal extension (sometimes you have the impression of listening to different singers, if you compare the track I mentioned earlier with the following "Living the Classics", it seems almost impossible that could be sing by the same voice), gentle but decided, folk that goes from the americana to something much more gothic, intense songs and just brushed instruments. To keep an eye on: for the moment, at least in its field, one of the most beautiful records of the year.
Il secondo disco della cantautrice folk neozelandese Hannah Harding in arte Aldous contiene decisamente delle gemme preziose (I'm So Sorry, Horizon, Swell Does the Skull), a cominciare dal pezzo che potete ascoltare nel video clip annesso, Imagining My Man. Anche se la produzione di John Parish, e perfino la sua bellezza irregolare, definiamola così, potrebbero far pensare ad una nuova PJ Harvey, come dice la sempre acuta Kitty Empire su The Guardian, "Harding is her own woman", Harding è lei e non una nuova qualcuno. Estensione vocale impressionante (a volte si ha l'impressione di ascoltare cantanti diverse, se mettete a confronto il pezzo citato prima con la seguente Living the Classics sembra quasi impossibile che a cantarla sia la stessa voce), piglio soave ma deciso, folk che spazia dall'americana a qualcosa di molto più gotico, canzoni intense e strumenti appena sfiorati. Da tenere d'occhio: per il momento, almeno nel suo campo, uno dei dischi più belli dell'anno.
The second album of the New Zealand folk songwriter Hannah Harding aka Aldous, contains a lot of precious gems ("I'm So Sorry", "Horizon", "Swell Does the Skull"), beginning with the track you can hear in the attached video clip, "Imagining My Man". John Parish's production, and even its uneven beauty, could push to think her as a new PJ Harvey, but, as the ever-keen Kitty Empire on The Guardian says, "Harding is her own woman", Harding is she and not one "new somebody else". Awesome vocal extension (sometimes you have the impression of listening to different singers, if you compare the track I mentioned earlier with the following "Living the Classics", it seems almost impossible that could be sing by the same voice), gentle but decided, folk that goes from the americana to something much more gothic, intense songs and just brushed instruments. To keep an eye on: for the moment, at least in its field, one of the most beautiful records of the year.
20170725
Anticulto
Anticult - Decapitated (2017)
E mi perdonerete se vi parlo della band polacca solo all'uscita del loro settimo disco: ho avuto da fare. Scherzi a parte, i Decapitated sono una band voluta fortemente dal fenomenale chitarrista Waclaw Kyeltyka detto Vogg, nativo di Krosno, membro anche dei Lux Occulta (anche loro di Krosno), ex Sceptic e Vader, laureato in musica, capace di suonare anche basso, piano e fisarmonica, nel 2006 ha fatto un'audizione per i Morbid Angel ed è stato tecnico delle chitarre per gli svedesi Hypocrisy, nonché venditore di strumenti musicali. Fondati nel 1996, quando Waclaw aveva 15 anni, insieme al fratello Witold detto Vitek che, all'epoca, ne aveva 12, insieme ad un cantante ed un bassista, esordirono con il primo disco Winds of Creation nel 2000, e cominciarono a crearsi una solida base di sostenitori, facendo uscire altri due dischi (Nihility e The Negation, 2002 e 2004), per poi sostituire il cantante e far uscire l'ambizioso quarto lavoro Organic Hallucinosis nel 2006. Nel 2007, un incidente stradale del loro tour bus in Russia, causa la morte di Vitek e il coma del nuovo cantante Covan, e un lungo iato della band, che poi, sempre su volere di Vogg, si riforma nel 2011, con nuovi musicisti, e fa uscire Carnival is Forever nel 2011, e Blood Mantra nel 2014. Nel frattempo, altri cambi di bassista e batterista, ed eccoci al luglio 2017, mese in cui esce questo settimo Anticult. Ora, se Alternative Press li definisce come "una delle band d'elite del Death Metal", un motivo ci deve essere, ed è presto detto, confermato da questo disco. I polacchi sono una band estremamente tecnica, nonostante i numerosissimi cambi di formazione e la storia decisamente difficile (nel 2014 sono stati coinvolti in un ennesimo incidente stradale negli USA, questa volta per fortuna senza conseguenze), e, se mi permettete, sembrano una versione death dei Mesuggah (Tomas Haake, il loro batterista, non proprio l'ultimo arrivato, commentò sulla morte di Vitek: "la comunità metal ha perso uno dei più talentuosi e dotati batteristi dei nostri tempi...Vitek era un vero talento e un genio della batteria"), e questo disco è di una brutalità notevole, non perdendo mai di vista la tecnica, né nella parte musicale, tanto meno in quella vocale. Notevoli i soli di Vogg.
And you will have to forgive me if I talk to you about the Polish band just on the release of their seventh disc: I've been busy. Seriously, Decapitated are a band strongly wanted by the phenomenal guitarist Waclaw Kyeltyka aka Vogg, a native of Krosno, also a member of Lux Occulta (also from Krosno), former Sceptic and Vader, a graduate in music school, able to play bass, piano and accordion, in 2006 was audited by the Morbid Angel and was a guitar technician for Swedish Hypocrisy as well as a musical store salesman. Founded in 1996, when Waclaw was 15, along with his brother Witold called Vitek, who at the time had 12, together with a singer and a bassist, they had their debut album "Winds of Creation" in 2000, and they started to create a solid base of supporters, releasing two more discs ("Nihility" and "The Negation", 2002 and 2004), then replacing the singer and releasing the ambitious fourth "Organic Hallucinosis" in 2006. In 2007, a car crash of their tour bus in Russia, causes Vitek's death and the coma of the new singer Covan, and a long iatus of the band, who, according to Vogg's wish, was reformed in 2011 with new musicians and releases "Carnival is Forever" in 2011, and "Blood Mantra" in 2014. Meanwhile, other bass players and drummers changes, and here we are, in July 2017, the month this seventh "Anticult" comes out. Now, if "Alternative Press" defines them as "one of the Death Metal's elite bands", a reason must be, and it is soon said, confirmed by this record. The Poles are an extremely technical band, despite the tremendous change in the line-up and the difficult story (in 2014, they were involved in another road accident in the US, this time fortunately without any consequences), and if you let me, they look like a "death" version of the Mesuggah (Tomas Haake, their drummer, not just the last one, commented on Vitek's death: "The metal community lost one of the most talented and gifted drummers of our time ... Vitek was a real talent and a genius of the drum "), and this record is full of considerable brutality, never losing sight of the technique, in the musical part, nor in the vocal one. Noteworthy are the Vogg solos.
E mi perdonerete se vi parlo della band polacca solo all'uscita del loro settimo disco: ho avuto da fare. Scherzi a parte, i Decapitated sono una band voluta fortemente dal fenomenale chitarrista Waclaw Kyeltyka detto Vogg, nativo di Krosno, membro anche dei Lux Occulta (anche loro di Krosno), ex Sceptic e Vader, laureato in musica, capace di suonare anche basso, piano e fisarmonica, nel 2006 ha fatto un'audizione per i Morbid Angel ed è stato tecnico delle chitarre per gli svedesi Hypocrisy, nonché venditore di strumenti musicali. Fondati nel 1996, quando Waclaw aveva 15 anni, insieme al fratello Witold detto Vitek che, all'epoca, ne aveva 12, insieme ad un cantante ed un bassista, esordirono con il primo disco Winds of Creation nel 2000, e cominciarono a crearsi una solida base di sostenitori, facendo uscire altri due dischi (Nihility e The Negation, 2002 e 2004), per poi sostituire il cantante e far uscire l'ambizioso quarto lavoro Organic Hallucinosis nel 2006. Nel 2007, un incidente stradale del loro tour bus in Russia, causa la morte di Vitek e il coma del nuovo cantante Covan, e un lungo iato della band, che poi, sempre su volere di Vogg, si riforma nel 2011, con nuovi musicisti, e fa uscire Carnival is Forever nel 2011, e Blood Mantra nel 2014. Nel frattempo, altri cambi di bassista e batterista, ed eccoci al luglio 2017, mese in cui esce questo settimo Anticult. Ora, se Alternative Press li definisce come "una delle band d'elite del Death Metal", un motivo ci deve essere, ed è presto detto, confermato da questo disco. I polacchi sono una band estremamente tecnica, nonostante i numerosissimi cambi di formazione e la storia decisamente difficile (nel 2014 sono stati coinvolti in un ennesimo incidente stradale negli USA, questa volta per fortuna senza conseguenze), e, se mi permettete, sembrano una versione death dei Mesuggah (Tomas Haake, il loro batterista, non proprio l'ultimo arrivato, commentò sulla morte di Vitek: "la comunità metal ha perso uno dei più talentuosi e dotati batteristi dei nostri tempi...Vitek era un vero talento e un genio della batteria"), e questo disco è di una brutalità notevole, non perdendo mai di vista la tecnica, né nella parte musicale, tanto meno in quella vocale. Notevoli i soli di Vogg.
And you will have to forgive me if I talk to you about the Polish band just on the release of their seventh disc: I've been busy. Seriously, Decapitated are a band strongly wanted by the phenomenal guitarist Waclaw Kyeltyka aka Vogg, a native of Krosno, also a member of Lux Occulta (also from Krosno), former Sceptic and Vader, a graduate in music school, able to play bass, piano and accordion, in 2006 was audited by the Morbid Angel and was a guitar technician for Swedish Hypocrisy as well as a musical store salesman. Founded in 1996, when Waclaw was 15, along with his brother Witold called Vitek, who at the time had 12, together with a singer and a bassist, they had their debut album "Winds of Creation" in 2000, and they started to create a solid base of supporters, releasing two more discs ("Nihility" and "The Negation", 2002 and 2004), then replacing the singer and releasing the ambitious fourth "Organic Hallucinosis" in 2006. In 2007, a car crash of their tour bus in Russia, causes Vitek's death and the coma of the new singer Covan, and a long iatus of the band, who, according to Vogg's wish, was reformed in 2011 with new musicians and releases "Carnival is Forever" in 2011, and "Blood Mantra" in 2014. Meanwhile, other bass players and drummers changes, and here we are, in July 2017, the month this seventh "Anticult" comes out. Now, if "Alternative Press" defines them as "one of the Death Metal's elite bands", a reason must be, and it is soon said, confirmed by this record. The Poles are an extremely technical band, despite the tremendous change in the line-up and the difficult story (in 2014, they were involved in another road accident in the US, this time fortunately without any consequences), and if you let me, they look like a "death" version of the Mesuggah (Tomas Haake, their drummer, not just the last one, commented on Vitek's death: "The metal community lost one of the most talented and gifted drummers of our time ... Vitek was a real talent and a genius of the drum "), and this record is full of considerable brutality, never losing sight of the technique, in the musical part, nor in the vocal one. Noteworthy are the Vogg solos.
20170724
La stanza dei sogni
Dreaming Room - Laura Mvula (2016)
L'amico G.S. mi segnalò, qualche settimana fa, questa artista inglese di origini caraibiche (madre di Saint Kitts, padre giamaicano). Ascolto interessante, come spesso mi capita di dire, per chi non si limita a cercare nel proprio orticello, limitandosi a generi ben definiti. Il secondo disco, a distanza di 3 anni dal debutto Sing to the Moon, di Laura Mvula, non si può neppure circoscrivere nell'ambito del soul o dell'R'n'B, dato che l'orizzonte che si dà è di più ampio respiro. Laureata al conservatorio di Birmingham (città inglese nei sobborghi della quale è nata e cresciuta), ex supplente di musica ed ex receptionist, Mvula è dotata di una voce impressionante, ma anche di una capacità compositiva sbalorditiva; nelle sue canzoni, come detto, abbraccia una serie impressionante di generi, che vanno dai due citati poc'anzi al gospel alla classica, dal funky alla musica da camera. Un susseguirsi di suggestioni spiazzanti, ma decisamente coraggiose e sicuramente interessanti.
Overcome è stata composta e vede la partecipazione di Nile Rodgers (ma non è una di quelle canzoni che ricorda gli Chic), e il disco vede anche la partecipazione di Wretch 32 e di John Scofield.
Per intenditori.
The friend G.S., weeks ago, suggested me this English female artist of Caribbean origin (mother of Saint Kitts, Jamaican father). Interestingly, as I often says, for those who are not just looking in their own garden, limiting their listening to well-defined genres. The second record, three years after her debut "Sing to the Moon", of Laura Mvula, can not even be circumscribed in the area of soul or in the R'n'B one, as the horizon that is given is more "full breath". Graduated at the Birmingham Conservatory (English city in the suburbs of which she was born and raised), a former music teacher and former receptionist, Mvula has an impressive voice, but also a stunning compositional capacity; as mentioned, embraces an impressive series of genres, ranging from the two cited earlier to gospel to classical music, from funky to chamber music. A succession of disorienting suggestions, but definitely courageous and interesting.
"Overcome" was composed and saw the featuring of Nile Rodgers (but is not one of those songs that reminds the Chic), and the disc also sees the participation of Wretch 32 and John Scofield.
For connoisseurs.
L'amico G.S. mi segnalò, qualche settimana fa, questa artista inglese di origini caraibiche (madre di Saint Kitts, padre giamaicano). Ascolto interessante, come spesso mi capita di dire, per chi non si limita a cercare nel proprio orticello, limitandosi a generi ben definiti. Il secondo disco, a distanza di 3 anni dal debutto Sing to the Moon, di Laura Mvula, non si può neppure circoscrivere nell'ambito del soul o dell'R'n'B, dato che l'orizzonte che si dà è di più ampio respiro. Laureata al conservatorio di Birmingham (città inglese nei sobborghi della quale è nata e cresciuta), ex supplente di musica ed ex receptionist, Mvula è dotata di una voce impressionante, ma anche di una capacità compositiva sbalorditiva; nelle sue canzoni, come detto, abbraccia una serie impressionante di generi, che vanno dai due citati poc'anzi al gospel alla classica, dal funky alla musica da camera. Un susseguirsi di suggestioni spiazzanti, ma decisamente coraggiose e sicuramente interessanti.
Overcome è stata composta e vede la partecipazione di Nile Rodgers (ma non è una di quelle canzoni che ricorda gli Chic), e il disco vede anche la partecipazione di Wretch 32 e di John Scofield.
Per intenditori.
The friend G.S., weeks ago, suggested me this English female artist of Caribbean origin (mother of Saint Kitts, Jamaican father). Interestingly, as I often says, for those who are not just looking in their own garden, limiting their listening to well-defined genres. The second record, three years after her debut "Sing to the Moon", of Laura Mvula, can not even be circumscribed in the area of soul or in the R'n'B one, as the horizon that is given is more "full breath". Graduated at the Birmingham Conservatory (English city in the suburbs of which she was born and raised), a former music teacher and former receptionist, Mvula has an impressive voice, but also a stunning compositional capacity; as mentioned, embraces an impressive series of genres, ranging from the two cited earlier to gospel to classical music, from funky to chamber music. A succession of disorienting suggestions, but definitely courageous and interesting.
"Overcome" was composed and saw the featuring of Nile Rodgers (but is not one of those songs that reminds the Chic), and the disc also sees the participation of Wretch 32 and John Scofield.
For connoisseurs.
20170723
Ipnotizzato
Mesmer - Northlane (2017)
Eccoci ad un'altra band "scoperta" dietro segnalazione (you know who you are), gli australiani Northlane (che si chiamano così per via di North Lane, canzone degli inglesi Architects contenuta nel loro secondo disco Ruin), qui al loro quarto lavoro. Vengono inseriti nel calderone del metalcore, e loro si dichiarano debitori di molto buon pop, oltre che naturalmente di Architects, Underoath, Limp Bizkit, RHCP, Slayer e altri. Questo disco è, come dire, un poco più "ricercato" dei precedenti, e, seppure si muova dentro un genere abbastanza circoscritto e piuttosto prevedibile, denota personalità, buone canzoni, atmosfera e aggressività ben dosate tra di loro. Interessanti intuizioni elettroniche denotano una fascia di influenze forse più ampia di quelle denunciate (Zero-One). A chi piace il genere non deluderà certamente.
Here we are to another band "discovered" behind a tips (you know who you are), the Australians Northlane (who are so called by "North Lane", a song by the British band Architects, contained in their second record "Ruin"), here at their fourth job. They are included in the metalcore cauldron, and they declare themselves debtors to the good pop, of course to the Architects, and also to band like Underoath, Limp Bizkit, RHCP, Slayer and others. This record is a bit more "sought after" than the previous ones, and although it moves within a fairly circumscribed and rather predictable genre, it denotes personality, good songwriting, atmosphere, and aggressiveness well-proportioned among themselves. Interesting electronic insights denote a range of influences that are perhaps wider than those denounced ("Zero-One"). Those who like genre will be certainly not disappointed.
Eccoci ad un'altra band "scoperta" dietro segnalazione (you know who you are), gli australiani Northlane (che si chiamano così per via di North Lane, canzone degli inglesi Architects contenuta nel loro secondo disco Ruin), qui al loro quarto lavoro. Vengono inseriti nel calderone del metalcore, e loro si dichiarano debitori di molto buon pop, oltre che naturalmente di Architects, Underoath, Limp Bizkit, RHCP, Slayer e altri. Questo disco è, come dire, un poco più "ricercato" dei precedenti, e, seppure si muova dentro un genere abbastanza circoscritto e piuttosto prevedibile, denota personalità, buone canzoni, atmosfera e aggressività ben dosate tra di loro. Interessanti intuizioni elettroniche denotano una fascia di influenze forse più ampia di quelle denunciate (Zero-One). A chi piace il genere non deluderà certamente.
Here we are to another band "discovered" behind a tips (you know who you are), the Australians Northlane (who are so called by "North Lane", a song by the British band Architects, contained in their second record "Ruin"), here at their fourth job. They are included in the metalcore cauldron, and they declare themselves debtors to the good pop, of course to the Architects, and also to band like Underoath, Limp Bizkit, RHCP, Slayer and others. This record is a bit more "sought after" than the previous ones, and although it moves within a fairly circumscribed and rather predictable genre, it denotes personality, good songwriting, atmosphere, and aggressiveness well-proportioned among themselves. Interesting electronic insights denote a range of influences that are perhaps wider than those denounced ("Zero-One"). Those who like genre will be certainly not disappointed.
20170722
20170721
La parte inferiore del potere
The Underside of Power - Algiers (2017)
Non so se vi è mai accaduto. A me si. In Sud America, ogni tanto, sento schiacciante il senso di colpa di essere europeo, e del fatto che i miei antenati abbiano sterminato intere etnie, con i Conquistadores. Ecco, quello che gli Algiers tentano di fare è un po' questo: ricordare agli orgogliosi Americans quello che hanno fatto in passato, nel corso della loro pur breve storia, soprattutto con il razzismo verso gli afroamericani. Ma non solo: il discorso sociale che portano avanti con i loro testi è estensibile a tutto il resto del mondo, contro ogni fascismo e contro ogni settarismo. L'atmosfera della musica è ossessiva, a tratti disturbante, solo con qualche sprazzo di luce (la canzone che dà il titolo all'album ne è un esempio, giusto nel ritornello), tanto da farmi pensare spesso ad un qualcosa di teatrale, oltre che musicale. Le influenze che emergono dal loro stile complessivo sono quelle già citate in occasione del loro folgorante debutto risalente ad un paio di anni fa, ma forse per il contenuto dei loro testi, il gospel, una specie di gospel moderno e rivisitato attraverso la lente del dark e del post punk, è quello che a me colpisce maggiormente. Band fuori dagli schemi, ottima prosecuzione del loro, come detto, interessantissimo debutto.
I do not know if it ever happened to you. It happens to me all the time that I went to South America, every now and then, I feel overwhelming by the sense of guilt of being European, and from the fact that my ancestors have ravaged entire ethnic groups, with the Conquistadores. Here's what the Algiers are trying to do is a bit like this: remember to the proud Americans what they did in the past, in their brief history, especially with racism against African Americans. But not only: the social speech they carry on with their texts is extensible to the rest of the world, against any fascism and against any sectarianism. The atmosphere of music is obsessive, sometimes disturbing, with only a few "ray of light" (the title-track is an example, right in the chorus) so much to make me think often of something theatrical, beyond the music. The influences that emerge from their overall style are those already cited in their amazing debut dating back a couple of years ago, but perhaps because of the content of their lyrics, the gospel, a kind of modern gospel, revisited through the lens of the dark and the post-punk, is what strikes me most. A band out of the schemes, and this album is a great continuation of their, as mentioned, very interesting debut.
Non so se vi è mai accaduto. A me si. In Sud America, ogni tanto, sento schiacciante il senso di colpa di essere europeo, e del fatto che i miei antenati abbiano sterminato intere etnie, con i Conquistadores. Ecco, quello che gli Algiers tentano di fare è un po' questo: ricordare agli orgogliosi Americans quello che hanno fatto in passato, nel corso della loro pur breve storia, soprattutto con il razzismo verso gli afroamericani. Ma non solo: il discorso sociale che portano avanti con i loro testi è estensibile a tutto il resto del mondo, contro ogni fascismo e contro ogni settarismo. L'atmosfera della musica è ossessiva, a tratti disturbante, solo con qualche sprazzo di luce (la canzone che dà il titolo all'album ne è un esempio, giusto nel ritornello), tanto da farmi pensare spesso ad un qualcosa di teatrale, oltre che musicale. Le influenze che emergono dal loro stile complessivo sono quelle già citate in occasione del loro folgorante debutto risalente ad un paio di anni fa, ma forse per il contenuto dei loro testi, il gospel, una specie di gospel moderno e rivisitato attraverso la lente del dark e del post punk, è quello che a me colpisce maggiormente. Band fuori dagli schemi, ottima prosecuzione del loro, come detto, interessantissimo debutto.
I do not know if it ever happened to you. It happens to me all the time that I went to South America, every now and then, I feel overwhelming by the sense of guilt of being European, and from the fact that my ancestors have ravaged entire ethnic groups, with the Conquistadores. Here's what the Algiers are trying to do is a bit like this: remember to the proud Americans what they did in the past, in their brief history, especially with racism against African Americans. But not only: the social speech they carry on with their texts is extensible to the rest of the world, against any fascism and against any sectarianism. The atmosphere of music is obsessive, sometimes disturbing, with only a few "ray of light" (the title-track is an example, right in the chorus) so much to make me think often of something theatrical, beyond the music. The influences that emerge from their overall style are those already cited in their amazing debut dating back a couple of years ago, but perhaps because of the content of their lyrics, the gospel, a kind of modern gospel, revisited through the lens of the dark and the post-punk, is what strikes me most. A band out of the schemes, and this album is a great continuation of their, as mentioned, very interesting debut.
20170720
Melodramma
Melodrama - Lorde (2017)
Come vi dicevo, stanno uscendo dischi interessanti. Questo secondo disco della neozelandese Ella Marija Lani Yelich-O'Connor in arte Lorde, nata a Takapuna, sobborgo di Auckland, da un ingegnere civile di origini irlandesi e da una poetessa croata (quanto amo queste storie), mi ha affascinato sin dall'inizio, nonostante avessi rifiutato di approfondire la musica proposta dalla ragazza (ha 20 anni, il suo debutto datato 2013 è stato pubblicato quindi quando lei era 16enne...) quando è divenuta famosissima grazie al successo di Royals. Questo Melodrama, catalogato come electropop e descritto dall'autrice, a livello di testi, come un vago concept album che esplora il tema della solitudine, è un disco moderno, potente, dove si possono sentire echi di Bjork e del miglior Peter Gabriel, oltre naturalmente alle influenze che la stessa Lorde cita, come Grimes, Bon Iver, Fleetwood Mac e molti altri, tutti filtrati dall'intelligenza musicale di questa giovanissima ragazza che sicuramente, sarà uno degli astri più splendenti della musica mondiale dei prossimi anni.
Jack Antonoff è il collaboratore più stretto per questo disco, e, curiosità, un brano (Homemade Dynamite) è scritto in collaborazione con Tove Lo. Difficile scegliere un brano da citare su tutti, ma certo se dovessi portarmene uno su un'isola deserta opterei per la struggente Liability.
As I was saying, interesting albums are coming out. This second album by New Zealand's Ella Marija Lani Yelich-O'Connor aka Lorde, born in Takapuna, suburb of Auckland, from a civil engineer of Irish origins and a Croatian poetess (God, I love these stories), fascinated me since the beginning, despite I refused to deepen the music of the girl (she is 20 years old, her 2013 debut was released when she was 16...) when she became famous thanks to "Royals'" success. This "Melodrama", cataloged as an electropop and described by the author as a loose concept album exploring the theme of loneliness, is a modern, powerful disc, where you can hear echoes of Bjork and the best Peter Gabriel, beyond of course, the influences that Lorde herself cites, such as Grimes, Bon Iver, Fleetwood Mac and many others, all filtered by the musical intelligence of this young girl who will surely be one of the brightest stars of world music in the coming years.
Jack Antonoff is the closest collaborator on this record, and, curiosity, a song ("Homemade Dynamite") is written in collaboration with Tove Lo. It is difficult to choose a song to mention on everyone, but of course if I had to bring one on a deserted island I would strive for the touching "Liability".
Come vi dicevo, stanno uscendo dischi interessanti. Questo secondo disco della neozelandese Ella Marija Lani Yelich-O'Connor in arte Lorde, nata a Takapuna, sobborgo di Auckland, da un ingegnere civile di origini irlandesi e da una poetessa croata (quanto amo queste storie), mi ha affascinato sin dall'inizio, nonostante avessi rifiutato di approfondire la musica proposta dalla ragazza (ha 20 anni, il suo debutto datato 2013 è stato pubblicato quindi quando lei era 16enne...) quando è divenuta famosissima grazie al successo di Royals. Questo Melodrama, catalogato come electropop e descritto dall'autrice, a livello di testi, come un vago concept album che esplora il tema della solitudine, è un disco moderno, potente, dove si possono sentire echi di Bjork e del miglior Peter Gabriel, oltre naturalmente alle influenze che la stessa Lorde cita, come Grimes, Bon Iver, Fleetwood Mac e molti altri, tutti filtrati dall'intelligenza musicale di questa giovanissima ragazza che sicuramente, sarà uno degli astri più splendenti della musica mondiale dei prossimi anni.
Jack Antonoff è il collaboratore più stretto per questo disco, e, curiosità, un brano (Homemade Dynamite) è scritto in collaborazione con Tove Lo. Difficile scegliere un brano da citare su tutti, ma certo se dovessi portarmene uno su un'isola deserta opterei per la struggente Liability.
As I was saying, interesting albums are coming out. This second album by New Zealand's Ella Marija Lani Yelich-O'Connor aka Lorde, born in Takapuna, suburb of Auckland, from a civil engineer of Irish origins and a Croatian poetess (God, I love these stories), fascinated me since the beginning, despite I refused to deepen the music of the girl (she is 20 years old, her 2013 debut was released when she was 16...) when she became famous thanks to "Royals'" success. This "Melodrama", cataloged as an electropop and described by the author as a loose concept album exploring the theme of loneliness, is a modern, powerful disc, where you can hear echoes of Bjork and the best Peter Gabriel, beyond of course, the influences that Lorde herself cites, such as Grimes, Bon Iver, Fleetwood Mac and many others, all filtered by the musical intelligence of this young girl who will surely be one of the brightest stars of world music in the coming years.
Jack Antonoff is the closest collaborator on this record, and, curiosity, a song ("Homemade Dynamite") is written in collaboration with Tove Lo. It is difficult to choose a song to mention on everyone, but of course if I had to bring one on a deserted island I would strive for the touching "Liability".
20170719
Chicanery
Better Call Saul - di Vince Gilligan e Peter Gould - Stagione 3 (10 episodi; AMC) - 2017
Gene è ancora relegato al suo lavoro al fast food, e ci regala gustosi (per noi, tristi per lui) siparietti. Quando si torna nel 2003, Jimmy sta aiutando Chuck a rimettere a posto la casa, ricordando l'infanzia, ma mentre Jimmy gli apre il cuore, Chuck lo pugnala alle spalle, facendogli confessare la sua ultima truffa e registrandolo. Jimmy lo sfida, e Chuck gli assicura che troverà il modo di far accettare quel nastro come prova in tribunale. Parte la sfida, mentre Kim diventa ansiosa a proposito del lavoro. Nel frattempo, Mike in quale modo gli hanno impedito di uccidere Hector.
Better Call Saul prosegue imperterrita, anche se i suoi creatori hanno assicurato che non durerà molte altre stagioni perché non la vogliono tirare per le lunghe, e si dimostra sempre più una serie talmente stratificata da essere forse in grado di diventare migliore di quella dalla quale trae spunto. Obiettivo ben piantato su come Jimmy sia diventato Saul Goodman, ma in mezzo ad un caleidoscopio di personaggi meravigliosi. Non ci sono più aggettivi per descrivere la bravura di Bob Odenkirk (Jimmy) e di Rhea Seehorn (Kim), per non parlar degli altri.
Better Call Saul continues impassive, even though his creators have assured that it will not last many other seasons, because they do not want to pull him for long, and it is increasingly becoming so layered that, it may be able to become better than the series from it is inspired. A well-planned target on how Jimmy became Saul Goodman, but in the midst of a kaleidoscope of marvelous characters. There are no more adjectives to describe the skill of Bob Odenkirk (Jimmy) and Rhea Seehorn (Kim), not to mention the others.
Gene è ancora relegato al suo lavoro al fast food, e ci regala gustosi (per noi, tristi per lui) siparietti. Quando si torna nel 2003, Jimmy sta aiutando Chuck a rimettere a posto la casa, ricordando l'infanzia, ma mentre Jimmy gli apre il cuore, Chuck lo pugnala alle spalle, facendogli confessare la sua ultima truffa e registrandolo. Jimmy lo sfida, e Chuck gli assicura che troverà il modo di far accettare quel nastro come prova in tribunale. Parte la sfida, mentre Kim diventa ansiosa a proposito del lavoro. Nel frattempo, Mike in quale modo gli hanno impedito di uccidere Hector.
Better Call Saul prosegue imperterrita, anche se i suoi creatori hanno assicurato che non durerà molte altre stagioni perché non la vogliono tirare per le lunghe, e si dimostra sempre più una serie talmente stratificata da essere forse in grado di diventare migliore di quella dalla quale trae spunto. Obiettivo ben piantato su come Jimmy sia diventato Saul Goodman, ma in mezzo ad un caleidoscopio di personaggi meravigliosi. Non ci sono più aggettivi per descrivere la bravura di Bob Odenkirk (Jimmy) e di Rhea Seehorn (Kim), per non parlar degli altri.
Better Call Saul continues impassive, even though his creators have assured that it will not last many other seasons, because they do not want to pull him for long, and it is increasingly becoming so layered that, it may be able to become better than the series from it is inspired. A well-planned target on how Jimmy became Saul Goodman, but in the midst of a kaleidoscope of marvelous characters. There are no more adjectives to describe the skill of Bob Odenkirk (Jimmy) and Rhea Seehorn (Kim), not to mention the others.
20170718
It's All Ok at Home
A casa tutto bene - Brunori Sas (2017)
Al quarto disco in studio, mi sono deciso ad ascoltare Dario Brunori in arte Brunori Sas. Le mie prime impressioni sono state "Dalla, De Gregori, Battisti soprattutto, Daniele Silvestri, un po' di Battiato e pure di Vasco Brondi". C'è anche altro, ma so che è vagamente irrispettoso, e in fondo, il quarantenne calabrese non mi dispiace affatto: credo che la "stirpe" dei cantautori italiani ha bisogno di essere perpetrata, e Brunori sta facendo bene. Canzoni semplici, ma non semplicistiche: le influenze sono plurime, e gli arrangiamenti sono interessanti; i testi sono curiosi e interessanti, c'è un bel tocco surreale nonostante tratti costantemente di temi decisamente attuali. Bravo.
At the fourth studio album, I decided to listen to Dario Brunori aka Brunori Sas. My first impressions were "Dalla, De Gregori, Battisti above all, Daniele Silvestri, a bit of Battiato and also Vasco Brondi". There is more, but I know it is vaguely disrespectful, and in the end, the 40 years old from Calabria do not mind me at all: I think the ancestry of the Italian songwriters needs to be perpetrated, and Brunori is doing fine. Simple, but non-simplistic songs: the influences are multiple, and the musical arrangements are interesting; the lyrics are curious and interesting, there is a nice surreal touch despite being constantly drawn to very recent themes. Bravo.
Al quarto disco in studio, mi sono deciso ad ascoltare Dario Brunori in arte Brunori Sas. Le mie prime impressioni sono state "Dalla, De Gregori, Battisti soprattutto, Daniele Silvestri, un po' di Battiato e pure di Vasco Brondi". C'è anche altro, ma so che è vagamente irrispettoso, e in fondo, il quarantenne calabrese non mi dispiace affatto: credo che la "stirpe" dei cantautori italiani ha bisogno di essere perpetrata, e Brunori sta facendo bene. Canzoni semplici, ma non semplicistiche: le influenze sono plurime, e gli arrangiamenti sono interessanti; i testi sono curiosi e interessanti, c'è un bel tocco surreale nonostante tratti costantemente di temi decisamente attuali. Bravo.
At the fourth studio album, I decided to listen to Dario Brunori aka Brunori Sas. My first impressions were "Dalla, De Gregori, Battisti above all, Daniele Silvestri, a bit of Battiato and also Vasco Brondi". There is more, but I know it is vaguely disrespectful, and in the end, the 40 years old from Calabria do not mind me at all: I think the ancestry of the Italian songwriters needs to be perpetrated, and Brunori is doing fine. Simple, but non-simplistic songs: the influences are multiple, and the musical arrangements are interesting; the lyrics are curious and interesting, there is a nice surreal touch despite being constantly drawn to very recent themes. Bravo.
20170717
Sir David Attenborough
Attenberg - di Athina Rachel Tsangari (2010)
Giudizio sintetico: da vedere ma non per tutti (3,5/5)
Grecia, piccola città industriale sul mare. Marina è una 23enne sessualmente inesperta, che vive con il padre Spyros, un ingegnere malato terminale di cancro. Come se fosse autistica, è poco capace di relazionarsi con il prossimo, e vive passando il tempo tra il suo lavoro part-time di autista per la fabbrica vicina, guardando i documentari naturalistici di Sir David Attenborough, le canzoni dei Suicide, e l'amicizia con l'unica amica Bella, completamente opposta a lei in quanto a comportamenti sessuali.
Nonostante l'apparente durezza di Marina, le poche persone che le stanno intorno, mostrano calore e profondità. Il padre morente condivide con lei pensieri filosofici, mentre Bella, seppur eterosessuale e abbastanza promiscua, prova ad "educarla" sessualmente.
Quando in ingegnere arriva in città per lavorare nella fabbrica e Marina è a lui "assegnata" come autista, Marina, timidamente ma curiosamente e in maniera del tutto goffa, ha con lui il suo primo rapporto sessuale. Ne parla prima col padre, poi con Bella. Il padre le chiede di conoscerlo, ma lei rifiuta, quindi il padre stesso le domanda per quale motivo gliene ha parlato. Marina chiede poi a Bella di fare l'amore col padre, come ultimo favore prima che muoia. Nel frattempo, la relazione di Marina con l'ingegnere prosegue, tra goffaggine e tenerezza.
Secondo film per la regista greca, legata a doppio filo con il più conosciuto Yorgos Lanthimos, Attenberg vinse la Coppa Volpi a Venezia 2010 per la miglior attrice protagonista Ariane Labed (Marina), nella vita moglie di Lanthimos (lei qui era al debutto, lui qui appare nella parte dell'Ingegnere). Il film potrebbe tranquillamente essere scambiato per una creatura di Lanthimos: assurdo, provocatorio, disturbante, lento, con recitazioni tra il teatrale e il meccanico, con dialoghi rarefatti e apparentemente senza senso, in realtà duri come macigni e densi di spunti di riflessione. E' senza dubbio, uno di quei film che può suscitare pareri completamente opposti, irritare o irretire, affascinare o far incazzare, con quel suo tono da film francese intellettuale trasferito in un non luogo, come pare che la regista voglia far apparire la sua Grecia provinciale. A me è piaciuto, perché una faccia come quella di Marina non la si dimentica (infatti la riconosco in ogni film che fa), così come alcune scene completamente prive di apparente senso (la gara di sputi giusto per dirne una), e perché di film convenzionali sono pieni i multisala.
Second movie directed by the Greek director, tied to double thread with the best-known Yorgos Lanthimos, "Attenberg" won the Volpi Cup in Venice 2010 for the best actress Ariane Labed (Marina), in the real life wife of Lanthimos (she was here to debut, he here appears in the Engineer's role). The film could easily be mistaken for a Lanthimos creature: absurd, provocative, disturbing, slow, with actorial performance between the theatrical and the mechanic, with rarefied and seemingly meaningless dialogs, in reality harsh as a stone, denses and starting point for various reflections. Without a doubt, one of those films that can give rise to completely opposed opinions, irritate or enmesh, fascinate or pisses off, with its French intellectual film tone transferred to a nowhere land, as the director seems to want to make appear her provincial Greece. I liked it because a face like that of Marina does not forget it (in fact, I recognize her in every movie she does), as well as some scenes completely devoid of apparent meaning (the spit race, just to say one), and because the multiplex are full of conventional movies.
Giudizio sintetico: da vedere ma non per tutti (3,5/5)
Grecia, piccola città industriale sul mare. Marina è una 23enne sessualmente inesperta, che vive con il padre Spyros, un ingegnere malato terminale di cancro. Come se fosse autistica, è poco capace di relazionarsi con il prossimo, e vive passando il tempo tra il suo lavoro part-time di autista per la fabbrica vicina, guardando i documentari naturalistici di Sir David Attenborough, le canzoni dei Suicide, e l'amicizia con l'unica amica Bella, completamente opposta a lei in quanto a comportamenti sessuali.
Nonostante l'apparente durezza di Marina, le poche persone che le stanno intorno, mostrano calore e profondità. Il padre morente condivide con lei pensieri filosofici, mentre Bella, seppur eterosessuale e abbastanza promiscua, prova ad "educarla" sessualmente.
Quando in ingegnere arriva in città per lavorare nella fabbrica e Marina è a lui "assegnata" come autista, Marina, timidamente ma curiosamente e in maniera del tutto goffa, ha con lui il suo primo rapporto sessuale. Ne parla prima col padre, poi con Bella. Il padre le chiede di conoscerlo, ma lei rifiuta, quindi il padre stesso le domanda per quale motivo gliene ha parlato. Marina chiede poi a Bella di fare l'amore col padre, come ultimo favore prima che muoia. Nel frattempo, la relazione di Marina con l'ingegnere prosegue, tra goffaggine e tenerezza.
Secondo film per la regista greca, legata a doppio filo con il più conosciuto Yorgos Lanthimos, Attenberg vinse la Coppa Volpi a Venezia 2010 per la miglior attrice protagonista Ariane Labed (Marina), nella vita moglie di Lanthimos (lei qui era al debutto, lui qui appare nella parte dell'Ingegnere). Il film potrebbe tranquillamente essere scambiato per una creatura di Lanthimos: assurdo, provocatorio, disturbante, lento, con recitazioni tra il teatrale e il meccanico, con dialoghi rarefatti e apparentemente senza senso, in realtà duri come macigni e densi di spunti di riflessione. E' senza dubbio, uno di quei film che può suscitare pareri completamente opposti, irritare o irretire, affascinare o far incazzare, con quel suo tono da film francese intellettuale trasferito in un non luogo, come pare che la regista voglia far apparire la sua Grecia provinciale. A me è piaciuto, perché una faccia come quella di Marina non la si dimentica (infatti la riconosco in ogni film che fa), così come alcune scene completamente prive di apparente senso (la gara di sputi giusto per dirne una), e perché di film convenzionali sono pieni i multisala.
Second movie directed by the Greek director, tied to double thread with the best-known Yorgos Lanthimos, "Attenberg" won the Volpi Cup in Venice 2010 for the best actress Ariane Labed (Marina), in the real life wife of Lanthimos (she was here to debut, he here appears in the Engineer's role). The film could easily be mistaken for a Lanthimos creature: absurd, provocative, disturbing, slow, with actorial performance between the theatrical and the mechanic, with rarefied and seemingly meaningless dialogs, in reality harsh as a stone, denses and starting point for various reflections. Without a doubt, one of those films that can give rise to completely opposed opinions, irritate or enmesh, fascinate or pisses off, with its French intellectual film tone transferred to a nowhere land, as the director seems to want to make appear her provincial Greece. I liked it because a face like that of Marina does not forget it (in fact, I recognize her in every movie she does), as well as some scenes completely devoid of apparent meaning (the spit race, just to say one), and because the multiplex are full of conventional movies.
20170716
Guai di guerra
War Moans - Mutoid Man (2017)
Devo ammettere che questo, a differenza di altri anni, è un buon periodo di uscite musicali. Secondo disco a lunga durata per il terzetto newyorkese ultra-tecnico, che non sposta di una virgola il loro stile, che, come già descritto ampiamente in occasione del loro precedente Bleeder, ingloba dall'hardcore punk al classic rock (per dirne una, omaggiano spesso dal vivo Prince), dal progressive al metal più estremo. Ancora, per dirne altre, leggendo qualche recensione in giro, ho trovato, solo nella prima che mi è capitato, riferimenti a Voivod, Van Halen, Slayer, Muse, Morbid Angel, e allo stile chitarristico di Marty Friedman. Ecco, capite quindi che, se da una parte una roba del genere non è catalogabile (mettere nello stesso disco Afterlife e Bandages, provare per credere, è una cosa che solo dei pazzi farebbero), dall'altra, ad ascoltatori abbastanza open minded, può molto interessare. Sparita la piacevolezza della sorpresa data dai primi due dischi (incluso qui l'iniziale EP Helium Head), rimane la certezza che i Mutoid Man, al netto del fatto che soprattutto Ben Koller (batteria) è legato ai Converge (e ad altri mille progetti), e che siano nati come divertissement estremo (a livello musicale, dico), basti scorrere un poco i loro testi, sono una band matura, difficilmente catalogabile, ma decisamente interessante per qualsiasi amante del rock a tutto tondo.
PS su Bandages, pezzo stupendo, c'è una timida Chelsea Wolfe "sullo sfondo".
I have to admit that this, with a difference of other years, is a good time of music releases. Second full length for the ultra-technical New York based trio, which does not move a comma of their style, which, as already described broadly when I talked about their previous "Bleeder", incorporates from hardcore punk to classic rock (to tell you just one thing, when they are playing live they often performs "Purple Rain" from Prince), from progressive to extreme metal. Still, to tell you another thing, reading some reviews around, I found, only in the first, references to Voivod, Van Halen, Slayer, Muse, Morbid Angel and Marty Friedman's guitar style. Here, then, understand that, on the one hand, such a stuff is not catalogable (put into the same disk "Afterlife" and "Bandages", is something that only some crazy people would do), on the other hand, to open minded listeners, it can be very interesting. The pleasure of the surprise given by the first records (including the debut EP "Helium Head") is gone, but now remains the certainty that Mutoid Man, in spite of the fact that Ben Koller (drums) is linked to Converge (and to a thousand other projects), and that they were born as an extreme "divertissement" (at a musical level, I'm saying), just scroll their lyrics about that, they are a mature band, hardly catalogable, but definitely interesting for every all-around-rock lover.
PS on "Bandages", amazing piece, there is a shy Chelsea Wolfe in the background.
Devo ammettere che questo, a differenza di altri anni, è un buon periodo di uscite musicali. Secondo disco a lunga durata per il terzetto newyorkese ultra-tecnico, che non sposta di una virgola il loro stile, che, come già descritto ampiamente in occasione del loro precedente Bleeder, ingloba dall'hardcore punk al classic rock (per dirne una, omaggiano spesso dal vivo Prince), dal progressive al metal più estremo. Ancora, per dirne altre, leggendo qualche recensione in giro, ho trovato, solo nella prima che mi è capitato, riferimenti a Voivod, Van Halen, Slayer, Muse, Morbid Angel, e allo stile chitarristico di Marty Friedman. Ecco, capite quindi che, se da una parte una roba del genere non è catalogabile (mettere nello stesso disco Afterlife e Bandages, provare per credere, è una cosa che solo dei pazzi farebbero), dall'altra, ad ascoltatori abbastanza open minded, può molto interessare. Sparita la piacevolezza della sorpresa data dai primi due dischi (incluso qui l'iniziale EP Helium Head), rimane la certezza che i Mutoid Man, al netto del fatto che soprattutto Ben Koller (batteria) è legato ai Converge (e ad altri mille progetti), e che siano nati come divertissement estremo (a livello musicale, dico), basti scorrere un poco i loro testi, sono una band matura, difficilmente catalogabile, ma decisamente interessante per qualsiasi amante del rock a tutto tondo.
PS su Bandages, pezzo stupendo, c'è una timida Chelsea Wolfe "sullo sfondo".
I have to admit that this, with a difference of other years, is a good time of music releases. Second full length for the ultra-technical New York based trio, which does not move a comma of their style, which, as already described broadly when I talked about their previous "Bleeder", incorporates from hardcore punk to classic rock (to tell you just one thing, when they are playing live they often performs "Purple Rain" from Prince), from progressive to extreme metal. Still, to tell you another thing, reading some reviews around, I found, only in the first, references to Voivod, Van Halen, Slayer, Muse, Morbid Angel and Marty Friedman's guitar style. Here, then, understand that, on the one hand, such a stuff is not catalogable (put into the same disk "Afterlife" and "Bandages", is something that only some crazy people would do), on the other hand, to open minded listeners, it can be very interesting. The pleasure of the surprise given by the first records (including the debut EP "Helium Head") is gone, but now remains the certainty that Mutoid Man, in spite of the fact that Ben Koller (drums) is linked to Converge (and to a thousand other projects), and that they were born as an extreme "divertissement" (at a musical level, I'm saying), just scroll their lyrics about that, they are a mature band, hardly catalogable, but definitely interesting for every all-around-rock lover.
PS on "Bandages", amazing piece, there is a shy Chelsea Wolfe in the background.
20170715
20170714
Una rivoluzione gentile
A Kind Revolution - Paul Weller (2017)
Su quante vite abbia vissuto John William Weller Jr. detto Paul, detto pure The Modfather, 59 anni e una discografia sterminata (The Jam, Style Council, dopo di che una longeva carriera solista), potremmo stare a parlarne per ore. Quel che conta in questo momento è parlare brevemente del suo tredicesimo disco solista, A Kind Revolution, titolo che riflette probabilmente un'età in cui non ci si aspetta più la rivoluzione guerreggiata. Ne abbiamo parlato, sporadicamente, probabilmente meno di quanto si meriti. Ma la conclusione è sempre la stessa: quando uno sa, sa. Anche in questo disco, che esce come spesso accade, anche in versione tripla, disco "normale", disco con tutte le canzoni strumentali (forse per fare karaoke), e un terzo disco con varie versioni remixate, è un campionario di stili, che Weller padroneggia tutti, che non esalta ma che comunque fa togliere il cappello dinanzi a cotanta classe.
Robert Wyatt su She Moves With the Fayre. Ascoltate The Cranes are Back.
On how many lives did John William Weller Jr. (also known as Paul, also known as The Modfather) has lived, 59, and an endless discography (The Jam, Style Council, after which a long-running solo career), we could talk about it, for hours. What matters at this moment is to talk briefly about its thirteenth solo disc, "A Kind Revolution", a title that probably reflects an age when the war-torn revolution is no longer expected. We talked about him sporadically, probably less than he deserves. But the conclusion is always the same: when someone knows, he knows. Also on this record, which comes out as often happens, even in a triple version, a "normal" disc, a disc with all the instrumental songs (maybe to do karaoke), and a third disc with various remixed versions, is a caleydoscope of styles, that (of course) Weller manages all pretty well; not magnificent, but however, take off our hats, in front of so much class.
Robert Wyatt on "She Moves With the Fayre". Listen to "The Cranes are Back".
Su quante vite abbia vissuto John William Weller Jr. detto Paul, detto pure The Modfather, 59 anni e una discografia sterminata (The Jam, Style Council, dopo di che una longeva carriera solista), potremmo stare a parlarne per ore. Quel che conta in questo momento è parlare brevemente del suo tredicesimo disco solista, A Kind Revolution, titolo che riflette probabilmente un'età in cui non ci si aspetta più la rivoluzione guerreggiata. Ne abbiamo parlato, sporadicamente, probabilmente meno di quanto si meriti. Ma la conclusione è sempre la stessa: quando uno sa, sa. Anche in questo disco, che esce come spesso accade, anche in versione tripla, disco "normale", disco con tutte le canzoni strumentali (forse per fare karaoke), e un terzo disco con varie versioni remixate, è un campionario di stili, che Weller padroneggia tutti, che non esalta ma che comunque fa togliere il cappello dinanzi a cotanta classe.
Robert Wyatt su She Moves With the Fayre. Ascoltate The Cranes are Back.
On how many lives did John William Weller Jr. (also known as Paul, also known as The Modfather) has lived, 59, and an endless discography (The Jam, Style Council, after which a long-running solo career), we could talk about it, for hours. What matters at this moment is to talk briefly about its thirteenth solo disc, "A Kind Revolution", a title that probably reflects an age when the war-torn revolution is no longer expected. We talked about him sporadically, probably less than he deserves. But the conclusion is always the same: when someone knows, he knows. Also on this record, which comes out as often happens, even in a triple version, a "normal" disc, a disc with all the instrumental songs (maybe to do karaoke), and a third disc with various remixed versions, is a caleydoscope of styles, that (of course) Weller manages all pretty well; not magnificent, but however, take off our hats, in front of so much class.
Robert Wyatt on "She Moves With the Fayre". Listen to "The Cranes are Back".
20170713
Le bambine non muoiono mai
Babes Never Dies - Honeyblood (2016)
Finalmente (san Spotify) sono riuscito ad ascoltare il secondo disco del duo scozzese tutto femminile Honeyblood, che, come vi avevo già detto in occasione della tardiva rece del debutto, ha cambiato formazione, visto l'abbandono della batterista originale Shona McVicar, rimpiazzata da Cat Myers. Gustosissimo garage lo-fi pop punk, definitelo come vi pare, le due ragazze scrivono canzoncine deliziose, con strofe e ritornelli accattivanti, le loro voci si intrecciano in maniera meravigliosa, le chitarre grattano come piace a noi, la batteria picchia il giusto in modo semplice e lineare, insomma, il disco è un susseguirsi di belle canzoni che si piantano nelle orecchie e nella testa e non la lasciano più. C'è bisogno anche di musica così, come ben sapete. Mi auguro che durino.
Finally (thanks to Holy Spotify), I was able to listen to the second album of the all-female Scottish duo Honeyblood, which, as I said before on the late review of their debut, has changed the formation, given the abandonment of the original drummer/vocalist Shona McVicar, replaced by Cat Myers. Very tasty pop-punk lo-fi garage, define it as you'd like, of the two girls, that are capable to write delicious songs with captivating strophes and choruses, their voices marvelously intertwine, the guitars scratch as we like, the drums kicks in the right way, simple and straightforward, in short, the album is a succession of beautiful songs that it will stick it in your ears and in the head, and they do not leave it anymore. We also need music like this, as you well know. I hope they will last.
Finalmente (san Spotify) sono riuscito ad ascoltare il secondo disco del duo scozzese tutto femminile Honeyblood, che, come vi avevo già detto in occasione della tardiva rece del debutto, ha cambiato formazione, visto l'abbandono della batterista originale Shona McVicar, rimpiazzata da Cat Myers. Gustosissimo garage lo-fi pop punk, definitelo come vi pare, le due ragazze scrivono canzoncine deliziose, con strofe e ritornelli accattivanti, le loro voci si intrecciano in maniera meravigliosa, le chitarre grattano come piace a noi, la batteria picchia il giusto in modo semplice e lineare, insomma, il disco è un susseguirsi di belle canzoni che si piantano nelle orecchie e nella testa e non la lasciano più. C'è bisogno anche di musica così, come ben sapete. Mi auguro che durino.
Finally (thanks to Holy Spotify), I was able to listen to the second album of the all-female Scottish duo Honeyblood, which, as I said before on the late review of their debut, has changed the formation, given the abandonment of the original drummer/vocalist Shona McVicar, replaced by Cat Myers. Very tasty pop-punk lo-fi garage, define it as you'd like, of the two girls, that are capable to write delicious songs with captivating strophes and choruses, their voices marvelously intertwine, the guitars scratch as we like, the drums kicks in the right way, simple and straightforward, in short, the album is a succession of beautiful songs that it will stick it in your ears and in the head, and they do not leave it anymore. We also need music like this, as you well know. I hope they will last.
20170712
Disco
Album - Ghali (2017)
A proposito di Ghali Amdouni, 24 anni, milanese di Baggio nato da genitori tunisini, ci sono un paio di aneddoti gustosi che potrete trovare sul mio profilo Facebook, e riguardano mio nipote e giovanissimi più giovani di lui. Io, inizialmente incuriosito da storie come questa, dapprima ho pensato ad Amir (ve lo ricordate? Romano di genitori egiziani, alcuni dischi rap interessanti qualche anno fa - tra l'altro innescarono una interessantissima discussione nei commenti, naturalmente sull'immigrazione, molto curioso, 11 anni fa stessi temi di oggi), poi, quando mi sono reso conto che tutti gli under 14 conoscono a memoria i suoi pezzi (di Ghali), mi sono reso conto che qua siamo di fronte ad un successo esponenziale.
Poi mi sono deciso ad ascoltarlo seriamente. E a quel punto, non ho potuto non pensare e non definirlo il "nostro" Stromae (mi dà ragione Ghali stesso quando lo cita come una delle sue influenze più forti insieme a quella di Michael Jackson). In realtà, il giovane Ghali è un mix tra queste due cose, e molte altre ancora. Non è propriamente hip hop, non lo è solamente, non è così musicale come il collega belga, ma è terribilmente coinvolgente con semplicità, e parla come i giovani e gli ultra-giovani di oggi (compreso mio nipote). Il disco non è tutto composto da pezzi irresistibili, ma promette molto molto bene. Non voglio chiudere come feci anni fa con Amir, ma è innegabile che queste sono le storie belle che vorremmo leggere tutti i giorni.
About Ghali Amdouni, 24, born and raised in Baggio, Milan, from Tunisian parents, there are a couple of tasty anecdotes that you can find on my Facebook profile, and that concern my nephew and children younger than him. I, initially intrigued by stories like this, first I thought to Amir (remember him? Born and raised in Rome from Egyptian parents, some interesting rap albums a few years ago - among other things, one post of mine about him triggered a very interesting discussion in comments, of course on immigration, very curious, 11 years ago the same themes of today), then, when I realized that all the "under 14" knows by heart his tracks (of Ghali), I realized that here we are facing an exponential success.
Then I decided to listen to him seriously. And at that point, I could not think of it and not define it as "our" Stromae (Ghali really give me the reason when he cites it as one of his strongest influences along with that of Michael Jackson). In fact, young Ghali is a mix between these two things, and many more. It's not really hip-hop, it's not just that, it's not as musical as the Belgian colleague, but it's terribly engaging with simplicity, and speaks the idiom of today's young and ultra-young people (including my nephew). The album is not all made up of irresistible tracks, but promises very well. I do not want to close like I did years ago with Amir, but it is undeniable that these are the beautiful stories we would like to read every day.
A proposito di Ghali Amdouni, 24 anni, milanese di Baggio nato da genitori tunisini, ci sono un paio di aneddoti gustosi che potrete trovare sul mio profilo Facebook, e riguardano mio nipote e giovanissimi più giovani di lui. Io, inizialmente incuriosito da storie come questa, dapprima ho pensato ad Amir (ve lo ricordate? Romano di genitori egiziani, alcuni dischi rap interessanti qualche anno fa - tra l'altro innescarono una interessantissima discussione nei commenti, naturalmente sull'immigrazione, molto curioso, 11 anni fa stessi temi di oggi), poi, quando mi sono reso conto che tutti gli under 14 conoscono a memoria i suoi pezzi (di Ghali), mi sono reso conto che qua siamo di fronte ad un successo esponenziale.
Poi mi sono deciso ad ascoltarlo seriamente. E a quel punto, non ho potuto non pensare e non definirlo il "nostro" Stromae (mi dà ragione Ghali stesso quando lo cita come una delle sue influenze più forti insieme a quella di Michael Jackson). In realtà, il giovane Ghali è un mix tra queste due cose, e molte altre ancora. Non è propriamente hip hop, non lo è solamente, non è così musicale come il collega belga, ma è terribilmente coinvolgente con semplicità, e parla come i giovani e gli ultra-giovani di oggi (compreso mio nipote). Il disco non è tutto composto da pezzi irresistibili, ma promette molto molto bene. Non voglio chiudere come feci anni fa con Amir, ma è innegabile che queste sono le storie belle che vorremmo leggere tutti i giorni.
About Ghali Amdouni, 24, born and raised in Baggio, Milan, from Tunisian parents, there are a couple of tasty anecdotes that you can find on my Facebook profile, and that concern my nephew and children younger than him. I, initially intrigued by stories like this, first I thought to Amir (remember him? Born and raised in Rome from Egyptian parents, some interesting rap albums a few years ago - among other things, one post of mine about him triggered a very interesting discussion in comments, of course on immigration, very curious, 11 years ago the same themes of today), then, when I realized that all the "under 14" knows by heart his tracks (of Ghali), I realized that here we are facing an exponential success.
Then I decided to listen to him seriously. And at that point, I could not think of it and not define it as "our" Stromae (Ghali really give me the reason when he cites it as one of his strongest influences along with that of Michael Jackson). In fact, young Ghali is a mix between these two things, and many more. It's not really hip-hop, it's not just that, it's not as musical as the Belgian colleague, but it's terribly engaging with simplicity, and speaks the idiom of today's young and ultra-young people (including my nephew). The album is not all made up of irresistible tracks, but promises very well. I do not want to close like I did years ago with Amir, but it is undeniable that these are the beautiful stories we would like to read every day.
20170711
Sangue dal crinale blu
Blue Ridge Blood - Chelle Rose (2016)
Ecco qui invece una country girl che piacerebbe senz'altro all'amico Monty, che stranamente non ne ha ancora parlato sul suo blog (ma che io ho "scoperto" grazie a link a lui collegati). Al contrario di molte cantanti folk o pseudo country che mi ha segnalato, forse solo per la presunta avvenenza, questa Rachelle Rhea Rose detta Chelle, tre dischi in diciassette anni di attività (è stata ferma anche per una malattia), suona e compone canzoni che profumano, per me che non ci sono mai stato, di Appalachi. Avvicinata spesso a Lucinda Williams, Townes Van Zandt, Steve Earle e Alejandro Escovedo, parla di sé e delle sue terre (Tennessee, North Carolina) con onestà e dedizione, ed è dotata di un ottimo songwriting.
Here is a country girl who would have been liked by my friend Monty, who strangely has not talked about her on her blog yet (but that I've "found out" thanks to his links). Contrary to many female folk or pseudo-country singers who he reported to me, perhaps only for the alleged beauty, this Rachelle Rhea Rose called Chelle, three records in seventeen years of activity (she has also been stopped for a disease), plays and composes songs that smells, for me, that I've never been there, of Appalachian Mountains. She was often compared to Lucinda Williams, Townes Van Zandt, Steve Earle and Alejandro Escovedo, she sings and writes about herself and her lands (Tennessee, North Carolina) with honesty and dedication, and has a good songwriting.
Ecco qui invece una country girl che piacerebbe senz'altro all'amico Monty, che stranamente non ne ha ancora parlato sul suo blog (ma che io ho "scoperto" grazie a link a lui collegati). Al contrario di molte cantanti folk o pseudo country che mi ha segnalato, forse solo per la presunta avvenenza, questa Rachelle Rhea Rose detta Chelle, tre dischi in diciassette anni di attività (è stata ferma anche per una malattia), suona e compone canzoni che profumano, per me che non ci sono mai stato, di Appalachi. Avvicinata spesso a Lucinda Williams, Townes Van Zandt, Steve Earle e Alejandro Escovedo, parla di sé e delle sue terre (Tennessee, North Carolina) con onestà e dedizione, ed è dotata di un ottimo songwriting.
Here is a country girl who would have been liked by my friend Monty, who strangely has not talked about her on her blog yet (but that I've "found out" thanks to his links). Contrary to many female folk or pseudo-country singers who he reported to me, perhaps only for the alleged beauty, this Rachelle Rhea Rose called Chelle, three records in seventeen years of activity (she has also been stopped for a disease), plays and composes songs that smells, for me, that I've never been there, of Appalachian Mountains. She was often compared to Lucinda Williams, Townes Van Zandt, Steve Earle and Alejandro Escovedo, she sings and writes about herself and her lands (Tennessee, North Carolina) with honesty and dedication, and has a good songwriting.
20170710
Laocoonte
Laocoon - Ravena (2016)
Quando ci si addentra nel vero underground, bisogna pure farsi guidare. Quando non è una rivista musicale, ci sono gli amici, quelli, magari, di cui conosci i gusti musicali, sai che sono vicini ai tuoi ma non esattamente gli stessi. Ecco che su segnalazione di Beach, arrivano nelle mie orecchie i californiani di Modesto Ravena, che purtroppo per loro, sono omonimi di una all female band pop brasiliana uscita dal locale X Factor (questo nel caso cerchiate notizie). Il terzetto, che si definisce semplicemente post-rock, si mette insieme nel 2012 e per quattro anni, lavora a comporre e de-comporre e ri-comporre quello che, finalmente, diventa il loro debut album dal titolo mitologico di Laocoon. Si autoproclamano pure una band da studio, quindi lavorano senza l'affanno di dover suonare dal vivo. Ecco che il disco è una piccola gemma, che tra l'altro si presenta in due versioni. Quattro movimenti diversi, Teraphim, Valta, Unnok, Carrion, in tutto poco meno di 50 minuti, e poi un altro pezzo che dà il titolo all'album, Laocoon, che però in realtà non è altro che i quattro movimenti uno di seguito all'altro ma "legati" da delle connessioni ambient, una sorta di director's cut, dalla durata totale di un'ora e dieci minuti. Un disco davvero visionario, un'esperienza quasi trascendentale, che di metal ha davvero solo il retrogusto. Ottimo.
When you enter the real underground, you have to be guided. When it's not a music magazine, there are friends, of that, maybe, you know the musical tastes, you know they are close to yours but not exactly the same. Here, on Beach reporting, the band from Modesto, California, Ravena comes into my ears; unfortunately for them, in case you look for some info, they are homonimous of a Brazilian pop combo all-female, that came out from the local X Factor. Come back to Ravena from California, the three musicians, which defines themselves simply post-rock, comes together in 2012 and for four years, they works to compose, de-compose and re-compose what finally becomes their debut album with the mythological title of "Laocoon". They also self-proclaim a studio band, so they work without the bother of having to play live. Here's the album is a small gem, which comes in two versions. Four different movements, "Teraphim", "Valta", "Unnok", "Carrion", all in under 50 minutes, and then another track that gives the title to the album, "Laocoon", which in reality is nothing but the four movements one below, but linked by ambient connections, a kind of director's cut, with a total duration of one hour and ten minutes. A truly visionary record, an almost transcendental experience, that of metal really has only the aftertaste. Great.
Quando ci si addentra nel vero underground, bisogna pure farsi guidare. Quando non è una rivista musicale, ci sono gli amici, quelli, magari, di cui conosci i gusti musicali, sai che sono vicini ai tuoi ma non esattamente gli stessi. Ecco che su segnalazione di Beach, arrivano nelle mie orecchie i californiani di Modesto Ravena, che purtroppo per loro, sono omonimi di una all female band pop brasiliana uscita dal locale X Factor (questo nel caso cerchiate notizie). Il terzetto, che si definisce semplicemente post-rock, si mette insieme nel 2012 e per quattro anni, lavora a comporre e de-comporre e ri-comporre quello che, finalmente, diventa il loro debut album dal titolo mitologico di Laocoon. Si autoproclamano pure una band da studio, quindi lavorano senza l'affanno di dover suonare dal vivo. Ecco che il disco è una piccola gemma, che tra l'altro si presenta in due versioni. Quattro movimenti diversi, Teraphim, Valta, Unnok, Carrion, in tutto poco meno di 50 minuti, e poi un altro pezzo che dà il titolo all'album, Laocoon, che però in realtà non è altro che i quattro movimenti uno di seguito all'altro ma "legati" da delle connessioni ambient, una sorta di director's cut, dalla durata totale di un'ora e dieci minuti. Un disco davvero visionario, un'esperienza quasi trascendentale, che di metal ha davvero solo il retrogusto. Ottimo.
When you enter the real underground, you have to be guided. When it's not a music magazine, there are friends, of that, maybe, you know the musical tastes, you know they are close to yours but not exactly the same. Here, on Beach reporting, the band from Modesto, California, Ravena comes into my ears; unfortunately for them, in case you look for some info, they are homonimous of a Brazilian pop combo all-female, that came out from the local X Factor. Come back to Ravena from California, the three musicians, which defines themselves simply post-rock, comes together in 2012 and for four years, they works to compose, de-compose and re-compose what finally becomes their debut album with the mythological title of "Laocoon". They also self-proclaim a studio band, so they work without the bother of having to play live. Here's the album is a small gem, which comes in two versions. Four different movements, "Teraphim", "Valta", "Unnok", "Carrion", all in under 50 minutes, and then another track that gives the title to the album, "Laocoon", which in reality is nothing but the four movements one below, but linked by ambient connections, a kind of director's cut, with a total duration of one hour and ten minutes. A truly visionary record, an almost transcendental experience, that of metal really has only the aftertaste. Great.
20170709
Giorno
Zi - Negura Bunget (2016)
Eccoci all'ennesimo disco dei rumeni Negura Bunget, testardamente (dopo litigi e abbandoni) portati avanti dal batterista Negru, all'anagrafe Gabriel Mafa, che purtroppo è morto, a 42 anni, qualche mese fa (unico membro fondatore rimasto nella formazione, è lui quello raffigurato sulla copertina). Un disco che, nelle intenzioni della band, rappresenta il secondo tassello di una trilogia intitolata alla Transilvania (la band è originaria di Timisoara), dopo la prima parte uscita nel 2015, Tau. Con Zi (giorno, in rumeno) la band fa un ulteriore passo verso un mix affascinante di black metal, folk tribale che pesca a piene mani nella tradizione rumena/transilvana, e di un ambient epico e ispirato, che raggiunge forse il suo apice nella traccia finale del disco, la lunga Marea cea mare (Il grande mare), suonato insieme ai conterranei Thy Veils, corroborato da un video pensato e diretto da uno dei membri del combo, Daniel Dorobantu, che si occupa della parte visuale. Molto meno black metal, pochissimo blast beat e cantato growl, molta epicità e atmosfere forse più aperte che horror rispetto al passato, un disco di passaggio che lascia intravedere ulteriori possibilità di progressione. Solo il futuro ci dirà se, mancando un importante tassello, i restanti componenti saranno in grado di mantenersi all'altezza di tale compito.
Here we are at the new (the seventh) album of Negura Bunget, stubbornly (after fights and abandonment) carried on by drummer Gabriel Mafa aka Negru, who unfortunately died at 42 few months ago (the only founding member remaining, is him pictured on the cover). A record that, in the band's intentions, is the second piece of a trilogy called Transylvania (the band originates in Timisoara) Trilogy, after the first release in 2015, "Tau". With "Zi" ("day" in Romanian), the band makes a further step towards a fascinating mix of black metal, tribal folk that is taken with full hands from the Romanian / Transilvanian tradition, and an epic and inspired "ambient" that reaches its apex in the final track of the record, the long "Marea cea mare" (The Great Sea), played together with the countrymen Thy Veils, supported by a video designed and directed by one of the combo members, Daniel Dorobantu, who deals with the visual aspect. Much less black metal, very little blast beat and growl singing, much epicity and atmospheres, perhaps more open mood than the horror one than in the past, a passing album that lets you see further chances of progression. Only the future will tell us if, without a major stakeholder, the remaining components will be able to keep up to that task.
Eccoci all'ennesimo disco dei rumeni Negura Bunget, testardamente (dopo litigi e abbandoni) portati avanti dal batterista Negru, all'anagrafe Gabriel Mafa, che purtroppo è morto, a 42 anni, qualche mese fa (unico membro fondatore rimasto nella formazione, è lui quello raffigurato sulla copertina). Un disco che, nelle intenzioni della band, rappresenta il secondo tassello di una trilogia intitolata alla Transilvania (la band è originaria di Timisoara), dopo la prima parte uscita nel 2015, Tau. Con Zi (giorno, in rumeno) la band fa un ulteriore passo verso un mix affascinante di black metal, folk tribale che pesca a piene mani nella tradizione rumena/transilvana, e di un ambient epico e ispirato, che raggiunge forse il suo apice nella traccia finale del disco, la lunga Marea cea mare (Il grande mare), suonato insieme ai conterranei Thy Veils, corroborato da un video pensato e diretto da uno dei membri del combo, Daniel Dorobantu, che si occupa della parte visuale. Molto meno black metal, pochissimo blast beat e cantato growl, molta epicità e atmosfere forse più aperte che horror rispetto al passato, un disco di passaggio che lascia intravedere ulteriori possibilità di progressione. Solo il futuro ci dirà se, mancando un importante tassello, i restanti componenti saranno in grado di mantenersi all'altezza di tale compito.
Here we are at the new (the seventh) album of Negura Bunget, stubbornly (after fights and abandonment) carried on by drummer Gabriel Mafa aka Negru, who unfortunately died at 42 few months ago (the only founding member remaining, is him pictured on the cover). A record that, in the band's intentions, is the second piece of a trilogy called Transylvania (the band originates in Timisoara) Trilogy, after the first release in 2015, "Tau". With "Zi" ("day" in Romanian), the band makes a further step towards a fascinating mix of black metal, tribal folk that is taken with full hands from the Romanian / Transilvanian tradition, and an epic and inspired "ambient" that reaches its apex in the final track of the record, the long "Marea cea mare" (The Great Sea), played together with the countrymen Thy Veils, supported by a video designed and directed by one of the combo members, Daniel Dorobantu, who deals with the visual aspect. Much less black metal, very little blast beat and growl singing, much epicity and atmospheres, perhaps more open mood than the horror one than in the past, a passing album that lets you see further chances of progression. Only the future will tell us if, without a major stakeholder, the remaining components will be able to keep up to that task.
20170708
20170707
Protezione
Protection - Face to Face (2016)
Per rimanere nel campo del classic punk rock, oggi vi voglio parlare di una band che ha una storia piuttosto lunga alle spalle, essendosi formata nel 1991 a Victorville, California, dal frontman e chitarrista Trever Keith, unico ancora nella formazione oggigiorno, e dagli allora bassista e batterista Matt Riddle e Rob Kurth. Acquistano una certa notorietà nel 1995, quando il loro pezzo Disconnected, contenuto nel secondo disco Big Choice, viene usato per i film Tank Girl (che aveva una grandissima colonna sonora) e La scuola più pazza del mondo (National Lampoon's Senior Trip). Svariati cambi di formazione e uno iato che durò dal 2003 al 2008, l'anno scorso in marzo hanno fatto uscire il loro nono disco in studio, dal titolo Protection. Sul punk rock c'è poco da dire, è un tipo di musica abbastanza stereotipata, ma che personalmente mi fa godere quando suonata come si deve. E' proprio il caso dei Face to Face, e di questo intero Protection, che contiene pezzi eccitanti (tra tutti, davvero buoni, il mio preferito è It Almost All Went Wrong) e molto ben suonati. Attitudine abbastanza fuck off and die, disco come detto godibilissimo.
To stay in the classic punk rock field, today I want to talk you about a band that has a long history behind, having been formed in 1991 in Victorville, California, by the frontman and guitarist Trever Keith, still in the line-up today, and the, at that time, bassist and drummer Matt Riddle and Rob Kurth. They became enough famous in 1995 when their track "Disconnected", contained in the second album "Big Choice", is used for the movies "Tank Girl" (which had a great soundtrack) and "The National Lampoon's Senior Trip". Various tline-up changes and a iatus lasted from 2003 to 2008, last year in March they released their ninth studio record, entitled "Protection". There is little to say about punk rock, it's a kind of stereotyped music, but that personally makes me enjoy, if played as it should be. It's exactly the case with Face to Face, and this whole "Protection", which contains exciting pieces (all really good, my favorite is "It Almost All Went Wrong") and very well played. Attitude pretty "fuck off and die", album, as already said, truly enjoyable.
Per rimanere nel campo del classic punk rock, oggi vi voglio parlare di una band che ha una storia piuttosto lunga alle spalle, essendosi formata nel 1991 a Victorville, California, dal frontman e chitarrista Trever Keith, unico ancora nella formazione oggigiorno, e dagli allora bassista e batterista Matt Riddle e Rob Kurth. Acquistano una certa notorietà nel 1995, quando il loro pezzo Disconnected, contenuto nel secondo disco Big Choice, viene usato per i film Tank Girl (che aveva una grandissima colonna sonora) e La scuola più pazza del mondo (National Lampoon's Senior Trip). Svariati cambi di formazione e uno iato che durò dal 2003 al 2008, l'anno scorso in marzo hanno fatto uscire il loro nono disco in studio, dal titolo Protection. Sul punk rock c'è poco da dire, è un tipo di musica abbastanza stereotipata, ma che personalmente mi fa godere quando suonata come si deve. E' proprio il caso dei Face to Face, e di questo intero Protection, che contiene pezzi eccitanti (tra tutti, davvero buoni, il mio preferito è It Almost All Went Wrong) e molto ben suonati. Attitudine abbastanza fuck off and die, disco come detto godibilissimo.
To stay in the classic punk rock field, today I want to talk you about a band that has a long history behind, having been formed in 1991 in Victorville, California, by the frontman and guitarist Trever Keith, still in the line-up today, and the, at that time, bassist and drummer Matt Riddle and Rob Kurth. They became enough famous in 1995 when their track "Disconnected", contained in the second album "Big Choice", is used for the movies "Tank Girl" (which had a great soundtrack) and "The National Lampoon's Senior Trip". Various tline-up changes and a iatus lasted from 2003 to 2008, last year in March they released their ninth studio record, entitled "Protection". There is little to say about punk rock, it's a kind of stereotyped music, but that personally makes me enjoy, if played as it should be. It's exactly the case with Face to Face, and this whole "Protection", which contains exciting pieces (all really good, my favorite is "It Almost All Went Wrong") and very well played. Attitude pretty "fuck off and die", album, as already said, truly enjoyable.
20170706
Lupi
Wolves - Rise Against (2017)
Are we not good enough?
Are we not brave enough?
Is the violence in our nature
Just the image of our maker?
Are we not good enough?
Are we not brave enough?
To become something greater
Than the violence in our nature?
Are we not good enough
Or is it all a dream?
(da The Violence)
C'è qualcosa di puro nella musica dei Rise Against, per quanto gli elementi rarefatti di hardcore, ma soprattutto di classico punk rock à la Bad Religion, siano edulcorati in ritornelli, e pure strofe, decisamente orecchiabili, e per questo molto spesso in classifica. E non c'è davvero niente di male, ad essere popolari, speriamo sempre di più, se si continua ad elargire messaggi tipo quelli riportati in apertura. Quando un frontman (Tim McIlrath) dichiara "Voglio creare spazi pericolosi dove la misoginia non può esistere, dove la xenofobia non può esistere. Voglio creare spazi in cui questi sentimenti non abbiano aria e soffochino: dove idee di questo tipo muoiano. Wolves non riguarda la creazione di uno spazio sicuro, bensì cerca di creare uno spazio pericoloso per l'ingiustizia", c'è solo da togliersi il cappello e ringraziare. Se poi ci sono anche belle canzoni punk, tanto di guadagnato!
Are we not good enough?
Are we not brave enough?
Is the violence in our nature
Just the image of our maker?
Are we not good enough?
Are we not brave enough?
To become something bigger
Than the violence in our nature?
Are we not good enough
Or is it all a dream?
(from The Violence)
There is something pure in Rise Against's music, though rare elements of hardcore, but especially of classic punk rock à la Bad Religion, are sweetened in chorus, and even verses, very catchy, and for that very often in the rankings. And there is really nothing wrong with being popular, we hope for more and more, if they continue to deliver messages like the ones in the opening. When a frontman (Tim McIlrath) declares “I want to create dangerous spaces where misogyny can’t exist, where xenophobia can’t exist. I want to create spaces where those sentiments don’t have any air, and they suffocate: where those ideas die. Wolves isn’t about creating a safe space, it’s about creating a space that’s dangerous for injustice”, there is only to take off the hat and thank. If there are also nice punk songs, so much to gain!
Are we not good enough?
Are we not brave enough?
Is the violence in our nature
Just the image of our maker?
Are we not good enough?
Are we not brave enough?
To become something greater
Than the violence in our nature?
Are we not good enough
Or is it all a dream?
(da The Violence)
C'è qualcosa di puro nella musica dei Rise Against, per quanto gli elementi rarefatti di hardcore, ma soprattutto di classico punk rock à la Bad Religion, siano edulcorati in ritornelli, e pure strofe, decisamente orecchiabili, e per questo molto spesso in classifica. E non c'è davvero niente di male, ad essere popolari, speriamo sempre di più, se si continua ad elargire messaggi tipo quelli riportati in apertura. Quando un frontman (Tim McIlrath) dichiara "Voglio creare spazi pericolosi dove la misoginia non può esistere, dove la xenofobia non può esistere. Voglio creare spazi in cui questi sentimenti non abbiano aria e soffochino: dove idee di questo tipo muoiano. Wolves non riguarda la creazione di uno spazio sicuro, bensì cerca di creare uno spazio pericoloso per l'ingiustizia", c'è solo da togliersi il cappello e ringraziare. Se poi ci sono anche belle canzoni punk, tanto di guadagnato!
Are we not good enough?
Are we not brave enough?
Is the violence in our nature
Just the image of our maker?
Are we not good enough?
Are we not brave enough?
To become something bigger
Than the violence in our nature?
Are we not good enough
Or is it all a dream?
(from The Violence)
There is something pure in Rise Against's music, though rare elements of hardcore, but especially of classic punk rock à la Bad Religion, are sweetened in chorus, and even verses, very catchy, and for that very often in the rankings. And there is really nothing wrong with being popular, we hope for more and more, if they continue to deliver messages like the ones in the opening. When a frontman (Tim McIlrath) declares “I want to create dangerous spaces where misogyny can’t exist, where xenophobia can’t exist. I want to create spaces where those sentiments don’t have any air, and they suffocate: where those ideas die. Wolves isn’t about creating a safe space, it’s about creating a space that’s dangerous for injustice”, there is only to take off the hat and thank. If there are also nice punk songs, so much to gain!
20170705
Lione (Francia) - Giugno 2017 (2)
Martedì 20 giugno
E' ormai una settimana che sono via da casa. Mi sveglio col sole e scendiamo per colazione, per far compagnia a C che ha impegni mattutini, mentre io e L ce la possiamo prendere comoda. Risaliamo in camera per approntare bagagli e scendere per il check out, poi via di nuovo a depositare i bagagli in auto, e ad attendere O che arriva con il TGV. 5 minuti di ritardo, saluti e convenevoli, si sale in auto e via verso la località di Saint-Just-Saint-Rambert, non lontana da Saint-Etienne, dove appunto si trova questo cliente. Un'ora e mezzo circa di auto, guida sempre L, uno a cui piace davvero tanto guidare, perfino più che a me, e siamo quasi puntuali per l'appuntamento. Riunione con tre persone (un manager e due ingegneri di produzione), tutta in francese e su temi tecnici, me la cavo discretamente ascoltando, capendo quasi tutto, e parlando il minimo indispensabile, poi visita alla linea di produzione (tutto personale molto giovane, ragazzi e ragazze), tutto per noi interessante, dopo di che pranzo alla vicina Brasserie de l'Industrie, pieno di persone, prezzi modici con molte varianti di menù a prezzo fisso, tutti soddisfatti ci salutiamo all'uscita, e ognuno per la sua strada. Si torna verso Lione riflettendo sull'incontro, e si pensa a cosa possiamo fare come strategia commerciale ma soprattutto, noi dal punto di vista produzione e logistica. Non sarà facile, i nostri mezzi sono abbastanza limitati, ma il cliente ha chiaramente espresso la volontà e la disponibilità ad acquistare il nostro prodotto. Vedremo. Si entra in città, una città semi deserta come solo le grandi città possono essere in estate piena (ma siamo solo a giugno...), e accompagniamo O stavolta alla stazione di Part-Dieu, salutandoci. Qualche incertezza sulle rotatorie, ma riusciamo, abbastanza velocemente, ad uscire da Lione e metterci in direzione Italia. Sono le 15 passate da poco, e dovremmo farcela ad arrivare prima di mezzanotte dalle nostre parti: io ho l'auto all'aeroporto di Pisa, e L, teoricamente, ma non obbligatoriamente, deve riconsegnare l'auto alla Stazione Marittima di Livorno. Appena in direzione, ci fermiamo per un caffè ad una stazione di servizio. Sorprendente l'uso di macchinette per le bevande, il ristorante apre solo ore pasti, ma angolo lettura e relax. Qua alcune foto di affissioni che mi hanno colpito molto: la prima a proposito dei picnic, la seconda di suggerimenti in caso di attentati.
Qua invece una visione dell'area di sosta con le pre-Alpi francesi sullo sfondo.
E quindi, via verso il Frejus, cercando di evitare multe, come la volta scorsa in novembre. Giornata splendida, la strada che scorre e la guida sicura di L, le chiacchiere in libertà su tutto lo scibile umano e, ovviamente, sul lavoro, ogni giorno più stressante ma anche più "sfidante", come si usa dire ultimamente. Noi finché ce la facciamo, resistiamo. Si arriva al Frejus, pallosetto (70 km/h e 150 metri di distanza obbligatoria rispetto al veicolo precedente) ma è per la sicurezza, si ascolta la radio apposita. Si esce e siamo in Italia, telefonate che si susseguono ovviamente su argomenti di lavoro con colleghi vari, e sono quasi le 18,30, orario di inizio de La Zanzara su Radio 24, ma ancora il segnale non si trova. Poco prima di Torino e della sua tangenziale si comincia a captare, e sono subito risate grasse. Ci fermiamo verso le 19,30 per una sosta tecnica, poi di nuovo verso le 20,30 poco prima di Genova. Mi sovviene che ci eravamo fermati qui anche la volta scorsa. Cena da autogrill con l'aria condizionata da maglioncino, e via di nuovo, per il "circuito cittadino" di Genova (ogni volta che attraverso Genova via autostrada ho questa sensazione), ormai siamo arrivati. Nemmeno due ore e siamo all'aeroporto di Pisa, ci separiamo salutandoci all'indomani, e come sempre, anche questa è andata.
E' ormai una settimana che sono via da casa. Mi sveglio col sole e scendiamo per colazione, per far compagnia a C che ha impegni mattutini, mentre io e L ce la possiamo prendere comoda. Risaliamo in camera per approntare bagagli e scendere per il check out, poi via di nuovo a depositare i bagagli in auto, e ad attendere O che arriva con il TGV. 5 minuti di ritardo, saluti e convenevoli, si sale in auto e via verso la località di Saint-Just-Saint-Rambert, non lontana da Saint-Etienne, dove appunto si trova questo cliente. Un'ora e mezzo circa di auto, guida sempre L, uno a cui piace davvero tanto guidare, perfino più che a me, e siamo quasi puntuali per l'appuntamento. Riunione con tre persone (un manager e due ingegneri di produzione), tutta in francese e su temi tecnici, me la cavo discretamente ascoltando, capendo quasi tutto, e parlando il minimo indispensabile, poi visita alla linea di produzione (tutto personale molto giovane, ragazzi e ragazze), tutto per noi interessante, dopo di che pranzo alla vicina Brasserie de l'Industrie, pieno di persone, prezzi modici con molte varianti di menù a prezzo fisso, tutti soddisfatti ci salutiamo all'uscita, e ognuno per la sua strada. Si torna verso Lione riflettendo sull'incontro, e si pensa a cosa possiamo fare come strategia commerciale ma soprattutto, noi dal punto di vista produzione e logistica. Non sarà facile, i nostri mezzi sono abbastanza limitati, ma il cliente ha chiaramente espresso la volontà e la disponibilità ad acquistare il nostro prodotto. Vedremo. Si entra in città, una città semi deserta come solo le grandi città possono essere in estate piena (ma siamo solo a giugno...), e accompagniamo O stavolta alla stazione di Part-Dieu, salutandoci. Qualche incertezza sulle rotatorie, ma riusciamo, abbastanza velocemente, ad uscire da Lione e metterci in direzione Italia. Sono le 15 passate da poco, e dovremmo farcela ad arrivare prima di mezzanotte dalle nostre parti: io ho l'auto all'aeroporto di Pisa, e L, teoricamente, ma non obbligatoriamente, deve riconsegnare l'auto alla Stazione Marittima di Livorno. Appena in direzione, ci fermiamo per un caffè ad una stazione di servizio. Sorprendente l'uso di macchinette per le bevande, il ristorante apre solo ore pasti, ma angolo lettura e relax. Qua alcune foto di affissioni che mi hanno colpito molto: la prima a proposito dei picnic, la seconda di suggerimenti in caso di attentati.
Qua invece una visione dell'area di sosta con le pre-Alpi francesi sullo sfondo.
E quindi, via verso il Frejus, cercando di evitare multe, come la volta scorsa in novembre. Giornata splendida, la strada che scorre e la guida sicura di L, le chiacchiere in libertà su tutto lo scibile umano e, ovviamente, sul lavoro, ogni giorno più stressante ma anche più "sfidante", come si usa dire ultimamente. Noi finché ce la facciamo, resistiamo. Si arriva al Frejus, pallosetto (70 km/h e 150 metri di distanza obbligatoria rispetto al veicolo precedente) ma è per la sicurezza, si ascolta la radio apposita. Si esce e siamo in Italia, telefonate che si susseguono ovviamente su argomenti di lavoro con colleghi vari, e sono quasi le 18,30, orario di inizio de La Zanzara su Radio 24, ma ancora il segnale non si trova. Poco prima di Torino e della sua tangenziale si comincia a captare, e sono subito risate grasse. Ci fermiamo verso le 19,30 per una sosta tecnica, poi di nuovo verso le 20,30 poco prima di Genova. Mi sovviene che ci eravamo fermati qui anche la volta scorsa. Cena da autogrill con l'aria condizionata da maglioncino, e via di nuovo, per il "circuito cittadino" di Genova (ogni volta che attraverso Genova via autostrada ho questa sensazione), ormai siamo arrivati. Nemmeno due ore e siamo all'aeroporto di Pisa, ci separiamo salutandoci all'indomani, e come sempre, anche questa è andata.
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