No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20121111

pietas

Pietà - di Kim Ki-duk (2012)
Giudizio sintetico: si può vedere (3/5)

Cheonggyecheon, Seoul. Lee Kang-do è il riscossore dei debiti per conto della malavita. E' spietato, non fa sconto alcuno; non ne trae grandi vantaggi, vive in maniera spartana, senza lussi di sorta. Durante uno dei suoi giri di riscossione, una donna comincia a seguirlo senza dire una parola. Lo segue incessantemente, nonostante lui si innervosisca e la respinga più e più volte. Dopo qualche tempo, lei gli rivela che è sua madre, la donna che lo ha abbandonato. Gli chiede perdono. Kang-do si arrabbia ancora di più, maltratta la donna, inveisce contro di lei, le intima di andarsene, ma lei ogni volta torna. Alla fine, Kang-do si arrende, ed abbraccia la madre ritrovata. Inizia un processo di redenzione per lui. Ma la donna viene rapita. Il dolore, lo stesso, più o meno, che provavano le sue vittime, è per lui devastante.

Il ritorno del regista coreano, che negli ultimi anni ha affascinato tantissimi amanti di cinema, me compreso, dopo la crisi seguita a Bimong e la catarsi di Arirang, è stato osannato da gran parte della critica, vincendo il Leone d'Oro all'ultima Mostra di Venezia. Film ruvido anche visivamente, girato in sobborghi miseri e sporchi, esasperando visioni ributtanti e violente, estremista nel messaggio (i soldi ci disumanizzano), è come al solito furbo dal punto di vista della sceneggiatura, ma ancora non mi convince appieno. Le emozioni che questo pur grande regista era solito riuscire a regalarmi, non sono ancora ritornate ai livelli di Indirizzo sconosciuto, Real Fiction, Primavera, estate, autunno, inverno... e ancora primavera, L'isola, Bad Guy, Ferro 3, questo almeno a mio modesto parere; anche se Kim rimane lo stesso spavaldo bad guy, un passo avanti alla provocazione di chiunque altro.

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