No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20091103

Angst essen Seele auf


La paura mangia l'anima - di Rainer Werner Fassbinder 1974


Giudizio sintetico: si può vedere


Anni '70, Germania Ovest. Alì è un giovane marocchino di origini berbere, che lavora duro da immigrato, un Gastarbeiter, e la sera si ritrova con amici, colleghi e connazionali, nel bar di Barbara, una giovane e procace tedesca amica di tutti, a bere, a giocare a carte, a scherzare. Una di queste sere, nel bar entra Emmi, una vedova all'incirca sessantenne, solitaria e dimessa. Lei ha tre figli tutti grandi e sposati, fa le pulizie in un'impresa, ed è da sempre incuriosita dalla musica araba che proviene da quel bar, davanti al quale passa tutte le sere per andare a casa. Barbara, semiseria, dice ad Alì di invitare la vecchia a ballare; Alì è una persona educata, tranquilla. Molto gentilmente, invita Emmi a ballare. Iniziano a chiacchierare, bevono qualcosa insieme, lui la accompagna a casa. Continua a piovere, Emmi lo fa salire, bevono ancora, e, vista la serata, lo invita a rimanere a dormire nella stanza degli ospiti. E' l'inizio di una strana storia d'amore, in un paese ancora molto chiuso verso gli stranieri.


Ispirato ai film di Douglas Sirk, in special modo a Secondo amore, questo lavoro di Fassbinder si distingue per la recitazione a tratti inguardabile, e addirittura all'errore nel titolo originale, che si riferisce allo strano modo di parlare il tedesco del protagonista, Alì, o meglio El Hedi ben Salem M'Barek Mohammed Mustapha, interpretato da un imponente El Hedi ben Salem, amante per alcuni anni di Fassbinder, finito tragicamente impiccato in prigione, dove era incarcerato per aver ucciso tre persone sotto l'effetto dell'alcool (Fassbinder gli dedicherà Querelle).

Girato usando spesso inquadrature fisse, che sovente ritraggono i personaggi "incorniciati" dentro porte, inferriate, finestre, o comunque un qualcosa che li ritrare fissi nelle loro posizioni anche mentali, genera proprio per la recitazione meccanica, resa perfettamente anche nel doppiaggio italiano, una sensazione straniante, ma è evidentemente cercata dal regista, che estremizza così la condizione umana incasellata da schemi razzisti e preconcetti, quella condizione umana meschina che costella l'intero film e tutti, o quasi, i personaggi; anche la coraggiosa protagonista, Emmi, interpretata da una commovente e al tempo stesso buffa Brigitte Mira, quando, per compiacere le colleghe "ritrovate", mostra loro il marito in tutto il suo fisico splendore, come un trofeo. Come al solito, critica sociale spietata verso il suo paese, Fassbinder chiude il film con un finale agrodolce, dove però per trovare il "dolce" bisogna avere tanta speranza.

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