No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20091110

le chien


Bombón - El perro - di Carlos Sorin 2004


Giudizio sintetico: da vedere


Juan Villegas ha lavorato per 20 anni presso una pompa di benzina nella Patagonia argentina, su una strada dove raramente passa qualcuno, dove il vento ti taglia veramente la faccia. Adesso, senza lavoro per una classica "ristrutturazione degli impianti", è costretto a farsi ospitare dalla figlia, irascibile, piena di figli e con un marito buono a nulla, e si sente di troppo, senza poter fare nulla in proposito. Anzi, qualcosa Juan la fa: è continuamente in giro col suo vecchissimo (ma stiloso) furgoncino, in cerca di lavoro. Nei ritagli di tempo, visto che è bravo con le mani, intaglia manici di coltello, stupendi, che prova a vendere ovunque, perfino fuori dagli impianti di estrazione di petrolio (comunissimi in Argentina, soprattutto nel Sud, e paradosso della crisi, visto che la gestione Menem li ha svenduti all'estero): il problema è che è tutto troppo costoso, e la gente non ha nemmeno i soldi per comprarsi da mangiare, figuriamoci per un lusso come un coltellino col manico intagliato.

Juan è un uomo riservato, educato, parla sommessamente e con il massimo rispetto, non alza mai la voce, è gentile. Casualmente, su una delle strade lunghe, dritte e vuote della Patagonia, trova una giovane donna con l'auto in panne; ovviamente Juan si ferma e prova a fare qualcosa per lei, riparandole la vettura. Per ripararla la deve rimorchiare fino alla casa della di lei madre, dove riuscirà a compiere un miracolo, senza chiedere nulla in cambio. Le due donne si vogliono comunque sdebitare, ma la crisi è dappertutto. La madre della donna decide di regalare a Juan un cane, uno stupendo dogo argentino, con pedigree, uno dei cani che il marito, morto da un po', allevava proprio lì nella casa di famiglia. Juan accetta per cortesia: di un cane, lui che non riesce a sfamare neppure se stesso, non sa che farsene. Eppure, quel cane, che lui chiama erroneamente Lechien (pronunciandolo all'argentina, lescién, visto che sul cartello del recinto ha visto scritto Le Chien, mentre scoprirà, casualmente più in là, che il vero nome del cane è un ridicolo Bombón), gli cambierà la vita.


"Il mondo interiore del più umile contadino è impenetrabile quanto quello di un professore di filosofia. La differenza è che quest’ultimo comunica principalmente con le parole, mentre il contadino, più essenziale, con gesti e silenzi. Questo è ciò che accade con personaggi semplici: devi leggere i loro occhi". Questo discorso eloquente, giustifica la scelta del regista di usare quasi esclusivamente attori non professionisti o alle primissime armi. E la scelta è vincente, soprattutto perchè Sorin è magistrale nel dirigerli. Se c'è una cosa che vi rimane, dopo aver visto questo film delicato ma straordinariamente intenso, padrone di una storia dura, difficile, quasi disperata, che riesce comunque a concludersi con un sorriso di speranza che vale una vita, non è la faccia di Bombón, bensì gli occhi, lo sguardo meraviglioso di Juan Villegas, che nella realtà si chiama Juan Villegas, detto Coco, un personaggio che vorreste abbracciare dopo cinque minuti di film.

In questo film c'è tutto il dramma argentino e tutta l'essenza latina ma mediterranea degli argentini, oltre al paradosso dell'epoca moderna: le persone non hanno lavoro, non hanno da mangiare, ma c'è chi riesce ad arricchirsi con un cane.

Fotografia che rende giustizia alle location mozzafiato, soprattutto per il nulla selvaggio (infatti il film e la fotografia soprattutto perdono un po' di smalto nelle scene in interno), gusto stupendo per le inquadrature, storia lenta ma avvincente e sorprendente, con un finale plurimo e aperto, pieno di speranza, attori veri, come detto prima, ma, e forse per questo, estremamente espressivi e intensi.

Una storia "piccola" e semplice, che racchiude un'umanità intera.

Vi allego la locandina originale, che mi piace di più di quella italiana.

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