No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20060220

Colombia gen 06 - 32


Holiday in Colombia 17
21/1/2006 Medellin città aperta

Penso, anzi ripenso. Ripenso a Peter, che fino alla fine del viaggio (e anche oltre) ci ricorderemo con amicizia e simpatia. Invidio il fatto che a 19 anni stesse in giro per il mondo, con la sua faccia da svizzero-tedesco, da uomo-bambino, sempre pronto a scherzare e ad aiutarti, ma che si incazzava se gli davano del gringo, e a quella volta all’uscita del Tayrona quando mi disse “Voglio smettere di dire che sono svizzero. Sono tutti convinti che gli svizzeri abbiano i soldi. Non sono ricco!”, a come mi spiegava che lui non era proprio di Berna, ma di un piccolo paese lì vicino, un paesino di contadini, con le mucche al pascolo proprio come in Colombia, dei genitori, divorziati, del fidanzato della madre, davvero comunista, degli amici di sua madre che si erano trasferiti in Malesia, e stavano bene, avevano comprato un pezzo di terra e davano lavoro a parecchia gente del posto. Entusiasmo giovanile, trasporto sentimentale (sembrava sempre innamorato, e il giorno dopo aveva il cuore spezzato, ma sempre col sorriso sulle labbra). Parlava quasi sempre sotto voce, nonostante avesse la voce profonda, ma rideva forte quando si divertiva (spesso), e la alzava solo quando scherzavamo prendendoci in giro reciprocamente. Al contrario dei tre italiani che incontrammo a Cartagena, durante il city tour, gli impresentables. Occhiali a fascia, maglie senza maniche, catenoni e braccialetti, voce alta, non una parola di castigliano, gli ultimi ad arrivare, sempre, chiassosi e poco interessati ai particolari. Señora, no todos son así en Italia, se lo juro.
Il viaggio diventerebbe inquietante, se non fossimo di buon umore. Arriviamo a Medellin che sono quasi le 16. Non voglio fare il conto delle ore che abbiamo passato in bus. Mi rifiuto. Mi rendo conto che il mio non avere fame, finché sono in viaggio sul bus, ha radici psicologiche; evidentemente ho sempre paura che viaggiare a stomaco pieno mi faccia male. Da qui la mia indecisione cronica durante le soste, che mi sembrano sempre troppo brevi, ma che in effetti durano abbastanza. Il fatto è che mi bloccano anche le visioni degli autisti che, mettiamo, la mattina alle 8 fanno colazione con una zuppa e un piatto pieno di carne, uova, riso, fagioli e altro. Extraño cappuccino e pezzo dolce, non lo posso più negare. Inoltre, altro fattore determinante, i bagni dei bus sono talmente piccoli che non ci entro. Non è uno scherzo: se provo a mettermi a sedere, non sono in grado di far rientrare il pisello nella circonferenza della tazza. Questo vuol dire che, se dovessi fare la pipì, dovrei farla in piedi, ma le scosse lo impediscono. Anche cacare sarebbe complesso, per cui mi tengo ultra-leggero ed evito di aver bisogno. Fine dell’intermezzo poco fine.
Arriviamo al terminal nord di Medellin. Qualche giorno dopo scopriremo di essere stati piuttosto fortunati, questo è praticamente adiacente ad una stazione della metro, Caribe, quello sud no. Il terminal è probabilmente uno dei più belli che vedremo. Telefoniamo per fissare un posto per dormire, poi ci informiamo su come arrivare. Normalmente queste indicazioni complesse le domanda e ascolta la risposta Juli, io provo ad ascoltare ma non capisco niente, troppo rapide. Ci imbarchiamo nella metro. E’ molto moderna, a doppio binario, tutta sopraelevata. Somiglierebbe a quelle spagnole, Madrid e Barcelona, se non fosse, appunto, per il fatto che non è sotterranea. Indoviniamo la direzione, ma evidentemente ci hanno dato un'indicazione sbagliata, o abbiamo capito male. Infatti, prima di uscire dalla stazione dove a Juli è stato detto di scendere, Prado, chiediamo indicazioni su come raggiungere l’hostel dove abbiamo fissato ad un policia; dopo un giro di telefonate, e un briefing con la donna delle pulizie (si, perché i ragazzi della polizia sono gentilissimi e disponibilissimi, ma non sanno niente; evidentemente nessuno è di città, tantomeno di quella città. Inoltre, in ogni stazione c’è un poliziotto e almeno una donna delle pulizie. Così, tanto per darvi un’idea), ci indicano l’itinerario preciso. Dobbiamo risalire sulla metro, raggiungere la stazione di cambio, o di transferencia, la stazione di San Antonio (ne approfitto per fare il figo e spiegarvi una regola del castigliano che ho imparato in questo viaggio; i nomi dei santi, quelli maschili, anche se cominciano per vocale, non prendono, come in italiano, il prefisso sant e l’apostrofo, anche perché in castigliano l’apostrofo non esiste), prendere la linea che va verso il capolinea San Javier e scendere a Suramericana. Grazie muchísimas. Durante il tragitto, un signore ci domanda dove andiamo, Juli gli mostra l’indirizzo, e lui ci dice che invece ci conviene scendere a Estadio (chiaramente, la stazione vicina allo stadio), perché per arrivare a quell’indirizzo se scendiamo alla fermata che ci hanno detto, dobbiamo salire, mentre se scendiamo dove dice lui la strada è in discesa. Ci fidiamo, perché è una prerogativa del viaggio: confíar en la gente. Incontriamo qualche difficoltà nel rintracciare l’indirizzo: le strade sono numerate, come nella maggior parte delle città colombiane, si incrociano carreras e calles, ma sono anche sottonumerate (esempio: carrera 4, 4a, 4b, 4c e così via). Camminiamo un po’, ma alla fine rintracciamo l’hostel, il Palm Tree. Bello forse è una parola che non si addice agli hostel, ma in questo caso è quasi appropriata. Cucina, bar, sala tv, sala pranzo, patio, amache, internet, caffè gratis, birre e bibite a prezzi convenienti, servizio di lavanderia non troppo costoso, almeno due ragazze che lavorano lì davvero carine, avventori di tutto il mondo e, per la maggior parte, simpatici. Camerate da 4 posti, due letti a castello. Per una strana combinazione, io finisco in una camerata al primo piano, Juli a pianterreno. Ci avevano proposto un letto matrimoniale, ma ovviamente Juli si oppone, io taccio. Su queste cose non mi faccio problemi: quando vado a Roma dormo nel letto con Fabio, figuriamoci se mi faccio problemi a dormire con una donna! Tornando al letto a castello, sono al piano di sopra sia dell’hostel, sia del letto a castello. Al piano di sotto c’è un tedesco piuttosto taciturno. Usciamo, proprio davanti c’è un iper-mercato, facciamo un po’ di spesa, io ne approfitto per mangiare una pizza, adesso ho davvero fame. Juli non ha fame, dice, io ordino una pizza enorme, non ce la faccio a finirla, Juli ne prende uno spicchio. Questa sarà la mia tattica in queste occasioni. Noto che la pizza costa cara. Forse è anche giusto. Questo supermercato è enorme, inoltre ci sono almeno 10 posti per mangiare, altri tipi di negozi, 2 bancomat. Un’altra cosa che notiamo è che le confezioni sono tutte da famiglia, enormi, appunto.
Rientriamo al Palm Tree, tentiamo di contattare Catalina per telefono. Le comunicazioni sono difficili, ma riusciamo a fissare per dopo cena. Familiarizziamo con la popolazione dell’hostel, ci sono inglesi, australiani, un tedesco che sta con una colombiana mora, un’altra colombiana bionda che sta con un inglese taciturno, un paio di ragazzi francesi e una ragazza francese, un tipo che sembra italiano ma non si capisce bene. Poi ci sono due giapponesi, uno praticamente muto, l’altro che parla anche troppo. Ci laviamo, mangiamo qualcosa, io ovviamente ho poca fame dopo la grande pizza, siamo pronti ad uscire, l’appuntamento è per le 22, dobbiamo prendere la metro. Il giapponese parlante ha detto che viene anche lui, ma è sparito, inoltre anche uno dei francesi, Didier, sembrava di questa idea, e anche di lui si sono perse le tracce. Si rivede il giapponese, ma non è pronto: ci dice se possiamo aspettare, perché ha chiamato un suo amico che sta arrivando. Mando un sms a Cata, dicendole che faremo tardi. In pratica, facciamo tardi. Il fantomatico amico del giap non arriva, alle 22,15 abbondanti usciamo, prendiamo la metro, cambiamo a San Antonio e arriviamo a Poblado (sull'altro "ramo" della metro, rispetto a quello da dove siamo arrivati oggi) quasi alle 23. Seguiamo le indicazioni che ci ha dato, e la troviamo, nella sua twingo con l’amico Andres. Il programma è: andiamo a casa sua, lasciamo la macchina e andiamo a piedi verso la zona rosa, così si definisce la zona dove si trovano i locali notturni, in qualsiasi città colombiana. Purtroppo, Veronica non è dei nostri: è uscita con il pollo. Il quartiere è della medio-alta borghesia, scopriremo più tardi che i genitori si sono ritirati in campagna e hanno lasciato la casa alle ragazze. La madre è antropologa. Andres è simpatico, sembra uno degli Strokes, e parla a mitraglia, ma gli sto dietro. Andiamo in una piazza, che, ci dicono, è l’unica dove si può bere alcol all’aperto, e partiamo con le birre. Ci sono centinaia di persone, tutte allegre, tutte giovani. In un intreccio di saluti, parliamo delle solite cose, ma è interessante parlarne con gente nuova. Andres mi spiega che, ovviamente, se qui vuoi della droga, di qualsiasi tipo, non fai altro che chiedere, e costa pochissimo. Era piuttosto chiaro, ma è giusto sentirlo dire da qualcuno che vive qui. Ci spostiamo in un altro locale, il Berlin. Beviamo qualcosa, Cata e Andres salutano gente, il giap insiste per la discoteca. Ci mettiamo in fila davanti a quella che lui dice essere la migliore, e arriva la notizia della serata: io non posso entrare, ho i pantaloni corti. Tutto il mondo è paese. Rido sotto i baffi. Il giap mi suggerisce di andare all’hostel a cambiarmi i pantaloni. E’ l’unico che ci prova. Vado a rimorchio degli altri, verifichiamo altre discoteche, ma in tutte sono inflessibili, non posso entrare. Andres si allontana con una ragazza. Torniamo al Berlin, prendiamo un tavolo, ci raggiungono due amici di Cata: Juan David e un altro Andres. Juan è piuttosto taciturno, Andres per niente, e diventiamo subito molto amici. Le birre girano vorticosamente, Cata e Juli parlano fitte, così come io e Andres. Calcio, donne, Andres mi dice che mi devo sforzare di non parlare correttamente castigliano, se le donne sentono che sono italiano è fatta, e si esibisce in una spettacolare lezione di castigliano con pronuncia italiana. Esce fuori che tra Cata e Andres c’era del tenero, quindi cominciano accuse scherzose, racconti piccanti, si introduce Juan che porta altri esempi di rapporti complicati, ridiamo da matti. Il giap sembra fuori dalla serata, pensa solo alla discoteca, e dopo un po’ ci lascia. Se non ricordo male, Juli mi ringrazia per i pantaloni corti, la discoteca dove voleva entrare il giap era tutta musica techno, non l’avrebbe sopportata. Prendo le parti dell’amico Andres, intercedendo per una riappacificazione con Cata. Chiaramente pretendo collaborazione segreta da parte di Andres per raggiungere Veronica. Parliamo un po’ di musica e gli cito gli And You Will Know Us By The Trail Of Dead, non li conosce, non è in grado di ricordarsi il nome, gli prometto che se Cata mi farà avere la sua mail gli rimanderò il nome insieme ad altre segnalazioni. Continuo a pensare che ci si diverta più così che in discoteca. Sono le 3, sta chiudendo tutto. Torniamo verso la piazza dove si può bere fuori, e ci salutiamo. A Juli piange un po’ il cuore, ma dobbiamo prendere un taxi. Dal finestrino del taxi, sulla circonvallazione, vedo las putas. Tutto il mondo è paese.

Nella foto allegata, a sinistra il patio con l’amaca, a destra la camerata dove ho dormito. Il letto è quello accanto alla finestra.

7 commenti:

Anonimo ha detto...

QUESTO é UN DIARIO DI VIAGGIO PER BACCO !!!!!!!!!!!!!!

scoppe

lafolle ha detto...

ma quella del vaporino?

jumbolo ha detto...

spiegati livio
non hai capito il vaporino o quando arriva lei?

lafolle ha detto...

quando arriva la parte del vaporino...
che cosa è il vaporino l'ho capito!

jumbolo ha detto...

ah ecco. dunque è alla puntata...23/24

lafolle ha detto...

perfetto.
ma le foto le hai fatte tu?

jumbolo ha detto...

no,ti stupirai, ma tutte le foto che ho messo per ora le ho trovate cercando con gugol immagini. e sono esattamente dei luoghi che descrivo, fino all'assurdo della camerata dove dormivo al palm tree a medellin. io non avevo la macchina foto, ce l'aveva juli, ma non digitale, mi ha scritto che le ha pronte ma non ha lo scanner. quando me le manda le mettiamo, per il momento mi piace anche questa cosa di cercare le foto e trovare quelle dei luoghi visitati