Garcia Plays Kyuss - venerdì 4 giugno 2010 - Estragon, Bologna
Serata primaverile che già mette i pensieri su come abbigliarsi per rimanere dentro l'Estragon, che è notoriamente un forno, almeno un'ora, un'ora e mezzo. Chi si domanda se ne valga la pena, evidentemente non ha ancora ben chiara l'importanza che hanno avuto i Kyuss nell'economia del rock pesante degli ultimi 15 anni.
Affluenza interessante. Lunghe code all'ingresso, ma biglietti disponibili. Alla fine, un migliaio abbondante di persone riunite per la celebrazione di un feticcio, lo stoner-rock. Che, forse, senza i Kyuss non sarebbe esistito.
Si parte così così, con la notizia della defezione di Brant Bjork (And The Bros), previsto come band di supporto, che pare sia rimasto bloccato in Svizzera col tour bus. E' destino che i quattro Kyuss originali non si riuniscano nemmeno per una rimpatriata, dunque. Ma verso le 22,30 ecco che la band di John Garcia sale sul palco e attacca Molten Universe. Era piuttosto prevedibile l'apertura con uno strumentale, in modo da creare ancora più attesa verso l'arrivo del frontman. Ed eccolo qua, mentre Molten Universe sfocia dentro una massiccia esecuzione di Thumb, il vecchio amico John, che dopo pochissimo si accende una sigaretta, mentre dentro l'Estragon forse per la prima volta la security cerca di preservare il divieto di fumo, da legge apposita.
La voce è sempre bellissima, c'è poco da dire. John, un po' come tutti (è un plurale che uso soprattutto pensando a me), è ingrassato, ma basta la voce e la postura, un po' pigra, la figura perennemente appoggiata all'asta del microfono, a confermare quel carisma che una manciata di dischi a nome Kyuss, e un'altra manciata con altri vari nomi (Slo Burn, Unida, Hermano), tutti decenti, gli hanno procurato.
La band è all'altezza. Il pelato Rob Snijders alla batteria picchia sodo e si fa sentire. Lo schivo Bruno Fevery, vaghissima somiglianza con Jimmy Page (da lontano, sia chiaro), è un buon chitarrista, e ricalca ritmiche ed assoli di Josh Homme fatta eccezione per i suoni, perchè per il resto, abituatici al fatto (appunto, che i suoni non siano esattamente pedissequi), dopo qualche pezzo, soddisfa pienamente. Jacques de Haard, il dinoccolato al basso, è davvero un ottimo bassista, ed è pure un degno "aiutante" sul palco, perchè in effetti è l'unico che si muove davvero.
Le perplessità iniziali svaniscono col passare dei pezzi. A mio giudizio, dipendono da due fattori. Il primo è quello già detto a proposito dello stile chitarristico di Fevery: i suoni differiscono da quelli di Homme, che del resto erano un po' il "marchio di fabbrica" dei Kyuss, nonostante il ragazzo si sforzi di eseguire quasi alla lettera le parti. Questo crea ovviamente una certa idiosincrasia momentanea, nei fans (me compreso) dei Kyuss, accorsi qua per una cosa a metà tra la celebrazione di un mito, una festa di ringraziamento per uno di loro, e una sorta di funerale allegro in ritardo.
Il secondo fattore è puramente di riscaldamento, anche se, visto il caldo che fa dentro l'Estragon la cosa può far sorridere. La prestazione collettiva della band, Garcia compreso, è "diesel", ed ingrana mano a mano. E' probabile pure che, come ho giustamente trovato scritto in rete da più parti, nessuno dei Garcia Plays Kyuss si aspettasse un successo di pubblico come quello che c'è qui stasera: in fondo, neppure ai tempi dei Kyuss "originali", i "figli del deserto" riscossero grandi successi di pubblico, in termini di numeri.
Mi sento di mettere in piedi questa specie di teoria, forte del fatto che l'esecuzione di Green Machine, unico pezzo annunciato prima dell'esecuzione da Garcia, avvenuta verso la fine del set, è probabilmente il punto più alto della serata, ed è una specie di delirio collettivo.
La riflessione da fare, inoltre, è la seguente. In scaletta trovano posto, in un'ora e mezzo circa, pezzi come Apothecaries' Weight, Allen's Wrench, Hurricane, 100°, One Inch Man, El Rodeo, Size Queen, Supa Scoopa and Mighty Scoop, Asteroid, Demon Cleaner, Odyssey, Gardenia, tutte cose scritte tra il 1992 e il 1995. Ebbene, signori, a distanza di 15/18 anni, ancora grandi, grandi, grandi canzoni.
Poco altro da aggiungere, se non un grazie a John Garcia, che ci ha regalato una serata come questa.