Generation Kill - di David Simon e Ed Burns - Miniserie completa (7 episodi; Blown Deadline Productions per HBO) - 2008
Arrivo tardi, ma arrivo. Eccomi all'appuntamento con un altro parto della "premiata ditta" Simon e Burns (ricercando qua e là ho scoperto che il primo è stato reporter di nera a Baltimora per molti anni, e l'altro era investigatore di polizia; è facile credere che si siano conosciuti così. Per aggiungere notizie e curiosità, il secondo è il padre dell'omonimo Edward o Ed Burns, attore regista e sceneggiatore, nonchè fortunato marito di Christy Turlington), già creatori di The Wire, che basandosi sul libro di Evan Wright, Generation Kill (appunto), che raccontava la sua esperienza durante la seconda Guerra del Golfo (2003) da cronista embedded (scriveva per Rolling Stone), quando fu "incorporato" a una squadra del 1st Reconnaissance Battalion dei Marines USA per due mesi, a partire dal Kuwait, fino a Baghdad.
Coadiuvati da tre marines che effettivamente facevano parte di quel plotone, Eric Kocher, Jeffrey Carisalez e Rudy Reyes (quest'ultimo addirittura oltre che come consulente, anche come attore, che interpreta se stesso - per facilitarvi le cose, è quello che viene considerato gay perchè fa il caffè con la moka all'italiana -), con riprese effettuate in Mozambico, Namibia e Sud Africa, regia divisa quasi equamente (4 episodi l'una, 3 l'altro) tra Susanna White e Simon Cellan Jones, un'ottima fotografia, che rende giustizia alla bellezza dei panorami del (finto) Iraq, e un cast giovane e molto ben assortito, questa Generation Kill è una miniserie molto molto valida, che parte molto lentamente (nei primi due episodi non si spara neppure un colpo), accelera e poi rallenta di nuovo, ma a quel punto comincia a generare dubbi, perplessità e sensi di colpa, riesce a cesellare una serie molto ricca di personaggi (ci vuole, questo si, una certa attenzione, soprattutto per i soprannomi che hanno praticamente tutti, e per avere chiari anche i personaggi meno protagonisti), molto umani, molto veri, a raccontarne, di alcuni, le motivazioni che li spingono a desiderare di appartenere a quel corpo, e a descrivere in maniera molto nitida, a proposito della guerra, le tattiche, le gerarchie, ma soprattutto gli errori, le frustrazioni, i sentimenti generati nei vari componenti del plotone, fino ad una chiusura personalissima, che mina addirittura quello che all'inizio sembrava scontato (le posizioni ideologiche che distanziavano il reporter dai marines, forse azzerate da una soggettiva emozionale, propria solo di chi rischia la vita veramente, riassunta nella domanda senza risposta fatta dal Tenente Colonnello Ferrando - il Padrino - al reporter Wright).
Tutto questo partendo da posizioni non aprioristicamente contro, ma cercando appunto di raccontare davvero quell'evento senza censure, e quelle persone senza nessun filtro. La contestualizzazione più ampia viene poi lasciata allo spettatore, se vuole.
Indimenticabili i due personaggi principali, il Sergente Brad Iceman Colbert (che cita Shakespeare e brama di combattere) ed il Caporale Josh Ray Person (battute micidiali a raffica e parlantina inarrestabile), resi splendidi dalle interpretazioni rispettivamente di Alexander Skarsgard (il figlio di Stellan - vi ricordate Le onde del destino? -, e qualcuno mi dovrebbe spiegare come può uno svedese recitare in maniera così convincente un marines statunitense - lo dico avendo visto la serie in lingua originale -), che scopro essere stato nel cast di Zoolander, e di James Ransone (era in The Wire, e pure in una particina in Inside Man), Generation Kill è una miniserie asciutta e diretta, che, come giustamente afferma Variety, "è così reale da farvi dimenticate che è finzione". Sette ore, al termine delle quali, vi dispiacerà non sapere più cosa stanno facendo i ragazzi della Bravo Company. Anche se siete pacifisti.
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