No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20061126

Argentina nov 06 - 9

así es la vida
Qui dentro fa un caldo terribile. Sono ad Arteaga, un ritorno, il piccolissimo centro a un centinaio di km da Rosario dove vive la famiglia Juli. Sta piovendo da un giorno intero, strade allagate e gente stanca reduce da una notte insonne di joda, dedita solo al calcio, oggi si potrebbe decidere il campionato a favore del Boca di Buenos Aires. Mi sono alzato verso le 14, casa deserta, lunch un po' a caso, televisione in cerca di Rai International e dei risultati italiani. Sono riuscito ad intuire che il Livorno ha pareggiato, ma nel frattempo ho visto il malore di Berlusconi e i due milioni di persone di venezuelani in piazza per il discorso di chiusura di campagna elettorale di Hugo Chavez. Sono in corso anche le elezioni in Ecuador. Intanto, in questo punto internet/kiosko, che qualche anno fa era della famiglia dei miei amici, si vede un programma calcistico argentino che segue in diretta la partita Boca-Colon con le immagini delle tribune e delle curve e due commentatori divertenti. Il Boca in vantaggio, Diego che esulta in tribuna con la camiseta del Boca e due catenoni d'oro al collo stile hip-hop. Un tamarro senza limiti.

L'errore di valutazione nella ricerca del bagno nell'hotel (gentilmente offerto dall'amico Gas, fratello di Juli) e' ovviamente dovuto all'assuefazione da hostel, e da bagni compartidos con altra gente. Ma diventera' la barzelletta (qui in Argentina un cuento) del soggiorno nella rinomata localita' argentina. La cena e' inclusa nel soggiorno (quindi gratis, per me), e ne approfitto. Lo staff dell'hotel, tutti amici di Gas, fanno il possibile per farmi sentire a mio agio senza formalismi, e fanno in modo che possa mangiare qualcosa di vegetariano. Dopo cena (a tavola io, Gas, Jani, la sua ragazza, e Mario, il chofer), io e la coppia usciamo a prendere un caffe' in un locale vicinissimo, nessuno ha voglia di muoversi molto. Parte la chiacchiera incontrollata, come sempre ne esce di tutto, si parla delle nostre famiglie, dei nostri lavori, delle nostre vite. Non avevo avuto modo di conoscere molto Jani la volta scorsa, questa volta un po' di piu' e devo dire che mi trovo bene. Rientriamo e dico a Gas che se e' possibile sono interessato all'escursione del giorno seguente. Nessun problema, mi dice Gas. Si va a El Bolsón. Quando Mario rientra, io dormo gia'. Il letto mi sembra storto, riallineo le doghe di legno, tutto ok. Gas mi spiega anche perche' la mia impressione dell'hotel era stata non buona: la parte dove alloggiamo noi e' quella riservata agli autisti e agli accompagnatori, quindi lasciata leggermente "indietro", mentre quella dei clienti paganti e' nuova. A domani.

Sveglia verso le 7,30, colazione inclusa, pronto per partire. Mi accomodo in un furgone da 16 posti, leggermente scomodo. Ci sono anche persone di un altro hotel. L'autista/guida parla con un microfono di quelli a casco, mentre guida, e' piuttosto simpatico e fa anche sorridere. Andiamo verso sud, il paesaggio e' davvero bello, aspro e imponente. Siamo vicini al confine col Cile, e sulla eterna rivalita' tra i due paesi ci sono un'infinita' di storie. Ci fermiamo in un negozietto sulla strada gestito da una coppia molto anziana, prendo delle tartas fritas che somigliano allo gnocco fritto emiliano. Prima di comprarle, chiedo spiegazioni ad un ragazzo giovane che e' nel bus con me, mi assicura che sono vuote dentro, non c'e' carne. Proseguiamo oltrepassando El Bolsón, usciamo dalla provincia del Rio Negro ed entriamo, anche se per poco, in quella del Chubut (la stessa di Puerto Madryn), e arriviamo al Lago Puelo, che arriva fino in Cile. Di fatto, attraccati al moletto ci sono, con la loro barca, due pescatori cileni. Colore diverso da quello del Lago Argentino, piu' scuro. Boschi fitti tutto intorno. Torniamo verso El Bolsón, dove visitiamo una piccola fabbrica di marmellata; una bionda molto carina, Marina, ci mostra alcuni dei frutti che usano e ci spiega il processo di maturazione e quello di lavorazione. Sospetto di dover mangiare arrangiandomi (sperare che Gas mi abbia messo in conto anche un cestino da viaggio mi sembra onestamente troppo, anche per un amico), quindi approfitto per prendermi, nella caffetteria adiacente alla fabbrica, una fetta imponente di una torta ai frutti di bosco, con un caffe' chico, che ha del sovrannaturale. Se poi pensate anche che costa 4 pesos argentini (praticamente un euro), potrete gustarne anche voi il sapore superbo. Ci fermiamo poi nel centro della piccola localita', El Bolsón appunto, famosa una trentina di anni fa per essere diventata un punto nel quale molti hippies si stabilivano per realizzare il loro sogno di peace & love, coltivando marijuana e vivendo dei prodotti della terra, realizzando lavoretti di piccolo artigianato. Il mercatino, che di hippy non ha piu' niente, e' di quelli che vediamo dappertutto anche in Italia, quindi ne approfitto per collegarmi ad internet, scaricare la posta, fare due chiacchiere con chi e' on-line. Tra una sosta e l'altra, come ormai e' di rito, ognuno dei passeggeri mi domanda da dove vengo, mi racconta le sue origini italiane oppure le sue conoscenze italiane, e mi mette a conoscenza di parte della sua vita, mi domanda di me, del mio viaggio, le mie impressioni. Ripartiamo e andiamo a dare un'occhiata ad una piccola fabbrica di birra artigianale. Il proprietario, giovane, spiega il processo ed io penso all'amico Livio e a quante volte me l'ha spiegato. Nonostante il mio interesse, non riuscirei a rispiegarlo come si deve. Assaggio la birra, non ha quel gusto deciso delle birre artigianali che mi ha fatto conoscere Livio. Terminata la visita, sottolineato il fatto che tutti gli abitanti di questo piccolissimo centro producono artigianalmente le cose che vendono, Eduardo (cosi' si chiama la guida/autista) ci dice che visto che siamo un gruppo che gli e' piaciuto, ci vuole regalare un fuori programma. Penso che faccia parte della scena, ma sono curioso. Si arrampica col furgone sulle colline che sovrastano El Bolsón, si ferma e ci fa scendere, e il panorama sotto di noi e' davvero mozzafiato. Una vallata con un ruscello limpido e trasparente, stretto tra due montagne piuttosto alte. Verde dappertutto. Non e' magnetico come La Chaquira (vi ricordate il viaggio in Colombia?), ma Eduardo e' da ringraziare. Foto ricordo, qualche battuta, via sulla strada del ritorno. Faccio amicizia con Luca, il ragazzo al quale avevo chiesto spiegazioni la mattina sulle tartas. L'avevo gia' notato al Plaza, e' un ragazzone di 23 anni con la faccia da buono. E' simpatico, legato alla famiglia, appassionato di foto (ha due macchine e una cinepresa) e devoto ai genitori, professori entrambi. Simpatizziamo e inganniamoil tempo che ci separa dall'arrivo a Bariloche. Rientro, il tempo di fare una doccia e poi qualche chiacchiera nella hall aspettando la cena. Si guarda la tv, calcio ma anche tg, la figlia di Bush e' stata rapinata nel quartiere di San Telmo a BAires, si ironizza sul fatto. Un servizio sulla nuova droga dei poveri mi colpisce: si chiama Paco, e' una mistura micidiale di acidi e solventi. Ti brucia in poco tempo. Costa 2 pesos a dose. Noi, nel frattempo, mangiamo. Mario racconta a Gas e a Jani della professoressa che simpatizzava per me nel viaggio a Puerto Madryn. Si ride. Dopo cena Mario si ritira per guardare la sua telenovela preferita, io e la coppia, visto che e' tardi per il cinema (Jani lo aveva proposto), facciamo un giro lunghissimo per arrivare in un locale dove le cameriere sono bellissime e servono, tra l'altro, il caffe' all'italiana (cosi' c'e' scritto sul menu'), che e' caffe', scaglie di cioccolato (la specialita' di Bariloche) e liquore Strega (ma vi rendete conto?!?!?!). Prima, passiamo dall'hotel dove sono alloggiati gli altri partecipanti all'escursione che ho fatto oggi, perche' Gas deve salutare un amico. Alcuni mi riconoscono, mi salutano e mi chiedono che ci faccio. Jani mi chiede come li conosco, le spiego. Gas chiama Juli, mi ci fa parlare. Ridiamo e ci prendiamo in giro.
Nessuno ha preso la giacca a vento, ma fuori fa un freddo cane quando si alza il vento. Torniamo all'hotel e soffriamo il freddo. Dico a Gas che l'indomani vorrei fare l'escursione a San Martin de Los Andes, detta anche dei sette laghi. Nessun problema. Rientro in camera e Mario sta ancora fumando e guardando la tv. Mi addormento mentre ascolto la tele. Mario ha una faccia che non si scorda.

Sveglia alle 7, mi alzo e vado direttamente a fare colazione. Dopo 10 minuti che giro nella sala, si accorgono di me e mi dicono gentilmente che cominciano alle 7,30. Mica ci avevo pensato, cazzo. Me ne torno in camera e faccio toilette. Torno piu' tardi per far colazione e mi invitano al tavolo Ana, sua madre, Susi e sua sorella. Sono compaesane di Luca, che si unisce anche lui. Ana ha avuto un calo di zuccheri, e sono tutte preoccupate. Ci scherzo su. Si parte poco piu' tardi, viene anche Gas. Mi siedo in fondo, il bus e' un po' vecchiotto, sono accanto a Luca e alla mamma di Ana. Ci fermiamo a Villa La Angostura, che sembra finta: e' tutta fatta di edifici di legno, sullo stesso lago di Bariloche (il Nahuel Huapi) ma dalla parte opposta, in un posto spettacolare. Mi va di rifare colazione, Ana viene con me, le offro un caffe', di piu' non vuole. E' giovanissima, 19 anni, e' simpatica ed ha una voce da cartone animato, stile Paperino. Si riparte. Inizia la strada sterrata, si soffre un po' (il bus di piu'), ma la vista ne gode. Uno ad uno, si passano in rassegna sette laghi, si attraversa una foresta fitta e spettacolare. La guida, una ragazza della quale non ricordo il nome, parla molto, ma ci da' parecchi ragguagli storici. Si arriva a San Martin che sono ormai le 13 passate, ci mettiamo a cercare un posto per mangiare. Mi unisco al gruppo della colazione, insieme a noi c'e' anche una coppia giovane. Mi scolo una bottiglia di Quilmes "negra" da 750 cl da solo, mangiando una pizza. Non ne risento, al momento. La strada del ritorno e' la stessa, ma ci fermiamo presso una fattoria gestita da una famiglia di discendenti di indios Mapuche, unici autorizzati a vivere dentro al parco naturale Nahuel Huapi. Ilposto e' indescrivibile, da sogno. Fanno tartas fritas sul retro della casa, hanno 4 tavoli dove servono da mangiare, hanno 4 camere che affittano ai pescatori di trote che accorrono numerosi, una ampia piazzola camping. Rifiuto le foto ricordo assieme alle due anziane Mapuche, scelgo invece la via del dialogo. Comprando una Coca-Cola (il che e' gia' tutto un programma), domando alla giovane Mapuche se tra di loro parlano la lingua india. Mi dice di no, nemmeno i nonni la conoscono bene. Le dico che e' un peccato, sono quasi scocciato. Ma cosi' e'. La sciarpa del Livorno che mi porto sempre dietro, mi serve al ritorno. La polvere dentro al bus e' insopportabile, il viaggio sembra non finire mai. La guida, parlando di Bariloche, ha citato un film/documentario girato li', che parla degli ex nazisti che vivono ancora nei paraggi. Non vedo l'ora di arrivare, fare una doccia, e magari riuscire a vedere questo documentario. Arriviamo, in tempo per la cena (21,30). Non ho fame, la Quilmes negra mi gira ancora nello stomaco, mi godo la doccia un po' troppo. Scendo e chiedo informazioni sugli orari e sul cinema. E' tardi per qualsiasi cosa. Decido ugualmente di arrivare al cinema a piedi, cosi', non si sa mai nella vita. Nonostante sotto la giacca a vento mi metta solo una maglia, sudo come un porco, e questo, unito al leggero mal di gola che sento da qualche ora, non mi aiuta di certo. Torno all'albergo guardandomi in giro, compro una bottiglia d'acqua da 750 cl e la finisco in pochi minuti, cerco un cajero per prelevare un po' di pesos, rientro e trovo Mario che fuma e guarda la tele. Facciamo due risate, e mi addormento mentre ascolto lui che fa zapping. Mi pare di aver sempre fatto cosi'.

Sveglia verso le 7,30, colazione. Saluto tutti, non tutti hanno capito che torno anch'io verso i loro paesi d'origine, col bus della Arteaga Turismo. Gas mi assegna un posto accanto a Jani, ma gia' so che non lo usero' molto. Dopo qualche chilometro mi chiama in cabina, e per un lungo tratto ci godiamo la vista della strada. Mario guida, Gas sta nella poltroncina accanto, Jani nella cuccetta retrostante. Io sugli scalini che scendono in cabina. La giornata e' splendida, il paesaggio e' da alta Patagonia, quindi vegetazione bassa, montagne rocciose, fiumi, ruscelli, laghi scintillanti tutto intorno. L'arrivo e' previsto per la mattinata seguente, inoltrata. C'e' un sacco di strada da fare. Ci fermiamo per il pranzo poco dopo Nequen, e si riforma la tavolata del giorno prima a San Martin. Susi scherza e ordina per me come se fossimo una coppia. La mamma di Ana mi rivela che fa la poliziotta. Ha 4 figli, se capisco bene da diversi uomini. Negli intermezzi, storie di nonni italiani. Addirittura, fotografie di me o con me, per avere un italiano nelle foto ricordo. Per cena ci fermiamo passato Santa Rosa. Gente stanca, al tavolo solo io e Luca. Tenedor Libre, puoi mangiare quello che vuoi quanto vuoi per 18 pesos. Mettici un paio di pesos per qualcosa da bere, fai i conti. Negli ultimi giorni l'euro e' quasi a 4 pesos. La notte, resisto stoicamente a fianco di Mario, anche se mi si chiudono gli occhi. Guida che e' un piacere, anche se a me farebbe paura, l'imponenza del bus a due piani e la velocita' (mai sopra i 100). Luca e' spesso accanto a me, mi dice che ha chiamato il padre, lo viene a prendere al terminal dei bus e mi porta una copia di uno dei suoi libri, tutti scritti per diletto, non editi. Storia delle citta' argentine. In questo caso, la loro cittadina, Laboulaye, un curioso nome evidentemente francese, pronunciato all'argentina. Il giro per scaricare tutti i passeggeri e' interminabile, tutti paesi piuttosto piccoli. Ogni scalo, tutti mi salutano. La mattina, gli ultimi rimasti mi offrono un mate. Nella notte, ho imparato a prepararlo per Mario e Gas. A me non piace, ma se e' dolce non e' cosi' male. Racconti di nonni italiani, di come questo paese e' stato costruito, di come e' stato derubato di ogni cosa. Rabbia mista a fatalismo. Arriviamo ad Arteaga che sono le 9 circa. Saluto Marcellino, il padre di Juli, Gas e Rafa, Juan, il ragazzo tuttofare dell'officina. Gas mi accompagna a casa, saluto Anna, la padrona di casa. Mi dice di salire e di fare come sempre, la stanza e' la stessa della volta scorsa. Salgo, mi lavo e mi addormento pesantemente. Mi sveglio che sono le 19 di sera.

C'e' Juli. Ci abbracciamo. Fa caldo, apriamo una birra, prendiamo un po' di formaggio e qualche stuzzichino e ci sediamo fuori casa. Arrivano Juan, il suo ragazzo, Sabi, una sua amica, passano altre amiche. Racconto un po' del mio viaggio. Le birre vanno via come il vento. Rientra Ana, ci dice che da mangiare c'e' questo e quello, ci spostiamo in terrazza e li' continuiamo. Juan mi spiega il suo progetto per vivere. Interessante, si tratta di turismo. Mi chiede che ne penso. Mi chiede dell'Italia e di me. Io ci parlo volentieri e un po' lo studio. Mi piace, e sono contento per Juli. E' un bel ragazzo, ed e' simpatico. Si vogliono bene e si vede. Rientriamo in casa, rientrano anche Marcellino e Anna, poi Gastone che pero' riparte per un viaggio a Buenos Aires. Si parla, si beve, si fuma e si scherza. Il giorno seguente ci sarebbe un viaggio a Victoria, per il Casino'(qui in Argentina, come in USA, senza accento). Juli deve andare. Mi chiede se ho voglia di accompagnarla. Certo che si. L'autista e' Mario, ancora una volta. Piu' un altro che ancora non conosco. Benissimo. Sono quasi le tre, e nonostante la dormita sonora dell'intero pomeriggio (compresa una parte di mattina), sono di nuovo stanco, mi sta venendo il raffreddore, mi fa male una gengiva. Saluto e vado a dormire. Domani ci aspetta un'altra avventura.

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