No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20061231

quando eravamo re


Tutti gli uomini del re – di Steven Zaillian 2006

giudizio sintetico: si può perdere

Louisiana anni ’30, Willie Stark è un idealista piuttosto ignorante ma sveglio, e si arrangia come può per sopravvivere insieme all’amata moglie, facendo mille lavori. Da tesoriere, denuncia un’assegnazione sospetta di un appalto per la costruzione di una scuola nel suo piccolo centro. La scuola dopo qualche tempo, crolla, e muoiono tre bambini: Stark diventa un piccolo eroe. Il giornalista Jack Burden, cresciuto agiatamente, colto e di buone maniere, viene inviato controvoglia a dare un’occhiata. Intuisce le potenzialità di Stark, e, curiosamente, lo sprona a fare politica nello stesso momento in cui un’altra persona, Tiny, che poi si rivelerà uno scagnozzo del governatore in carica, fa la stessa cosa. La mossa del governatore tende a rubare voti al suo antagonista, e così sembra, ma i suggerimenti di Burden, insieme al grande potenzialità e all’indiscutibile carisma di Stark, fanno il miracolo: Stark diventa governatore della Lousiana. Più populista che democratico, Stark costruisce strade, scuole ed ospedali, ma allo stesso tempo mesta nel torbido e si crea molti nemici. Assume Tiny per ricordare sempre di non fidarsi di nessuno, e anche Burden, all’inizio riluttante, poi completamente conquistato da Stark; il corto circuito però, arriva quando Stark si mette contro al giudice Irwin, che ha fatto da padre a Jack, e allo stesso tempo cerca di ingraziarsi i fratelli Anne ed Adam Stanton, per differenti motivi, rispettivamente grande amore adolescenziale e miglior amico di Burden.

Tratto dall’omonimo libro di Robert Penn Warren, che aveva già ispirato un film anni fa, e che a sua volta era pensato sulla storia vera di Huey Long, il film di Zaillian viaggia a scatti, ma risulta pesante, lento, retorico e davvero duro da sopportare. Bella la fotografia, sporca e adatta a rendere l’idea della Louisiana anni ’30, insopportabile la musica tronfia, epica e ridondante, che appesantisce ulteriormente un plot già di per sé complesso e pieno di molti personaggi, troppi per essere trattati degnamente ed approfonditamente. Regia passabile, qualche buona intuizione (l’iniziale scena/montaggio dei comizi) e qualche supponenza di troppo (la scena finale, bella ma specchio di tutto il film, evidentemente omaggiante al Brian De Palma de Gli Intoccabili), la pellicola tenta, per l’ennesima volta, di psicanalizzare la politica e il rapporto degli uomini con il potere, ma presume troppo inserendo dentro il tutto anche un complicato rapporto padri/figli (Stark stesso, ma soprattutto Burden), un irrisolto rapporto di coppia (Jack/Anne) e uno amicale (Jack/Adam) incrinato dagli anni e dai cambiamenti. Anche l’altissimo numero di ottimi attori (Penn, Law, Hopkins, Ruffalo, Gandolfini, Winslet ed altri) costringe il regista a dare spazio a tutti, a scapito della linearità della storia e della snellezza del prodotto.

Penn spesso sopra le righe (non ricorderemo questa prova tra le sue migliori), Law interessante, languido e freddo, la Winslet con dei capelli improponibili. Il doppiaggio inconcepibilmente “meridionale” per Penn e Gandolfini finisce di rovinare un film davvero troppo pesante, che dimenticheremo presto.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Io non l'ho dimenticato per niente. Debbo dire che, per quanto sia pesante, mi è piaciuto parecchio.

jumbolo ha detto...

io ti giuro, non mi ricordavo non solo dell'esistenza di questo film, ma neppure di questa critica.