No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20070121

confusa e felice


Carmen Consoli, 19/1/2007, Cascina (PI), Teatro Politeama

Basterebbe il vibrato sul poi finale della seconda strofa del ritornello di Contessa Miseria a descrivere la bravura e l'intensità dell'attuale Carmen Consoli. Ma, come al solito, voglio esagerare, e vi racconterò l'intero concerto di venerdì 19 gennaio, esattamente la seconda data (consecutiva al Politeama di Cascina, inaspettatamente scelto per cominciare questo tour) di questo giro d'Italia in teatro.

L'umidità dell'entroterra pisano affievolisce, ma solo di poco, il calore tenue di questo strano inverno. Rivedo Carmen per l'ennesima volta, con un pizzico di curiosità. E' ormai chiaro che gli artisti italiani devono ogni volta reinventarsi, per non annoiare (esclusi i fan isterici, o, in questo caso, mediamente). Già eseguito un tour in supporto dell'ultimo disco Eva contro Eva, questa volta si sperimenta un connubio musical-teatrale, con testi di Emma Dante, regista e autrice teatrale (appunto) siciliana. Pubblico numeroso, ordinato (anche troppo) e in grandissima parte femminile, si riempie tranquillamente il sobrio teatro di Cascina (si mormora a rischio chiusura, nonostante il cartellone di grande richiamo ogni anno); alle 21,45 l'intermittenza delle luci annuncia l'inizio del concerto. Sfumano le canzoni di Tori Amos, diffuse sicuramente non a caso dagli altoparlanti.

L'attrice (anche lei chiaramente siciliana) Simona Malato esce del sipario chiuso vestita da sposa e parte con il primo breve monologo, incentrato sulla perdita della fede nuziale e sul suo essere storpia. Divertente. Sfuma il monologo, si apre il sipario, l'attrice rimane in zona, parte la dolce Sulle rive di Morfeo. La band è numerosa, la versione da subito piuttosto intensa. Carmen appare in forma, anche a livello vocale (del resto, quando mai non lo è stata?). Acconciatura elegante, lunga ma sobria, truccata con cura ma non pesantemente, il piccolo viso assume un'estrema dolcezza, che contrasta con il furore che dimostrerà in alcuni frangenti. Un vestito lungo, elegante con un pizzico di giovanilismo, scarpe col tacco quadrato, aperte con cavigliera. Ripenso alla Carmen del concerto del Tenax nel novembre del 1996, e anche se il cambiamento a favore di una femminilità discreta ma potente è ormai conclamato da anni, adesso mi appare maestoso. Ora è davvero una donna sensuale, e le sue liriche assumono una profondità inaspettata. Fiori d'arancio si aggancia al monologo iniziale, Matilde odiava i gatti prosegue il cammino verso una ricerca nei meandri della musica popolare, e il concerto, già coinvolgente, tocca il suo apice già al quarto pezzo, Il pendio dell'abbandono, che passa elegantemente dalla sua originale versione arabeggiante a quella di questa sera, nella quale assume echi andini, passando, come gran parte degli arrangiamenti ascoltati, anche da atmosfere balcaniche, tessendo così un immaginaria tela che abbraccia una buona parte della musica popolare mondiale. Geisha riesce addirittura a conservare la propria iniziale carica esplosiva, pur non usando elettricità in eccesso sulle chitarre, e gli acuti di Carmen diventano lamenti disperati.
Santi Pulvirenti, fido chitarrista di Carmen, introduce lungamente, con l'aiuto di un bouzouki, Sentivo l'odore. Ci si ferma, rientra l'attrice che questa volta ci diverte con un monologo su Eva e la sua bambola, mangiando la mela biblica e sputandola, oltre che sulla bambola, sulle prime file. Tutto su Eva appare come la naturale prosecuzione dello spettacolo, mentre Simona rimane sul palco muovendosi come una bambola leggermente inceppata. Maria Catena termina con una coda "siciliana", e Carmen diventa una donna d'altri tempi, muovendosi e ballando sinuosamente. Un lungo passo indietro con la dolce Questa notte una lucciola illumina la mia finestra, dopo di che una Contessa Miseria intensa e sofferente.
Ancora un breve monologo, con Simona vestita di nero e incinta, e, di seguito, ovvia, La dolce attesa. Chiude la prima parte Masino, sempre colorata di Sicilia, con un finale che vede Giancarlo Parisi imbracciare la zampogna.
La band, appunto. Massimo Roccaforte e Santi Pulvirenti si destreggiano tra chitarre elettriche, acustiche, mandolini e strumenti a corda di ogni foggia, Andrea Di Cesare al violino, Marco Siniscalco contrabbasso e basso elettrico, Puccio Panettieri alla batteria e percussioni, il già citato Giancarlo Parisi ai fiati vari e alle tastiere.

Il pubblico nella pausa non si mostra particolarmente caldo, conscio che non può finire qui. Eppure, questa prima ora abbondante di spettacolo rimarrà indimenticabile. Carmen e i suoi, come detto poc'anzi, hanno evidentemente lavorato sodo su ogni sfaccettatura della musica popolare, e ogni pezzo eseguito lascia esterrefatti per la profondità e l'intensità. Difficile fare meglio. Infatti, nonostante il pezzo con il quale si apre la seconda parte sia probabilmente il mio preferito del repertorio della Consoli, quella Fino all'ultimo straziante e quasi offensiva verso ogni uomo viscido e stupido, il concerto ha un calo che pare fisiologico. Arrivano i pezzi da cantare in coro, perfino la seguente Bonsai #2, Per niente stanca, Venere (probabilmente il pezzo peggiore di questa sera), poi Carmen rimane da sola sul palco con la sua chitarra per L'ultimo bacio e In bianco e nero. Pezzi belli, ma di sicuro meno intensi e più usuali. La maggioranza del pubblico però, gradisce, e gli applausi fioccano. Rientra la band, e qui si gode di un siparietto forse irripetibile. In un momento di breve silenzio, una fan isterica dal loggione lancia un complimento alla cantantessa, usando la classica aspirazione della C alla fiorentina: e ci hapisci colla chitarre, ci hapisci. Carmen travisa, capendo tutt'altro, da poetessa quale è, e risponde "voi, mi rapite, completamente". Ci sarebbe da ridere, o forse da piangere di fronte all'ormai consueto egocentrismo dilagante del pubblico dei concerti. In fondo, però, la ragazza siciliana se l'è cavata alla grande, pur travisando. Insieme alla band si lancia in una bella versione di Malarazza, un traditional siciliano dei primi del '900, anche molto "zigana" nel suo incedere superbo e viscerale.

Ancora una breve pausa, e siamo alle due ore. Un ultimo bis ci regala la coppia Uva acerba più Pioggia d'aprile, carine, ma in fondo poco più che canzonette.
Due ore e un quarto di concerto, la band, Simona Malato ed Emma Dante sul palco per salutare e prendersi gli applausi.

Concludendo, una prima parte intensa e "popolare", quasi di ricerca, che regala emozioni e incanta. Una seconda leggermente autocelebrativa, ma anche dedicata ai fans da "singolo".
Con un pizzico di coraggio in più, la piccola siciliana potrebbe scrivere una pagina indelebile nella musica italiana, ma correrebbe il rischio di scontentare la maggioranza.

Accontentiamoci di mezzo concerto, e di una grande voce.

16 commenti:

Anonimo ha detto...
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Anonimo ha detto...

Ciao, hai qualche foto del concerto da condividere con chi, come me, è dovuto starsene a casa causa esame universitario??
Sarebbe davvero un bel regalo!
Grazie
Valentina

jumbolo ha detto...

ciao Valentina, purtroppo non uso fare fotografie ai concerti. però c'era moltissima gente con flash e telefonini vari, sicuramente troverai foto dell'evento. mi spiace.

Anonimo ha detto...

jumbolo ma te sei il sindaco?

jumbolo ha detto...

c'è una cerchia di amici conosciuti via internet che mi chiama anche sindaco di soprannome

bobmanno ha detto...

è il sindaco di Pisa ad honorem

lafolle ha detto...
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lafolle ha detto...

ahah

jumbolo ha detto...

franco, ora te lo dicevo chi è sindaco di pisa....

bobmanno ha detto...

già so....

Anonimo ha detto...

L'anonimo sopra è la bischera della mì sorella...SE

jumbolo ha detto...

piano coll'offese eh!!

Anonimo ha detto...

Offese...bischero è un intercalare...se un tu lo sai te ^_^

jumbolo ha detto...

:)

Anonimo ha detto...

carmen mi fa troppo sesso

jumbolo ha detto...

Mando Diao?