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20080820

conservazionisti o neo-colonialisti? parte 3





Emarginati dai gorilla
Uno degli episodi più gravi è successo negli anni novanta, quando le terre dei pigmei bambuti bat’wa, che vivevano nelle basse foreste equatoriali al confine tra il Ruanda e la Repubblica Democratica del Congo, sono state trasformate in un parco nazionale per la tutela dei gorilla. I pigmei sono stati sloggiati in nome del conservazionismo e ora vivono in maniera precaria, dispersi in piccoli gruppi intorno alla periferia del parco. “La nostra vita era sana: ora siamo
diventati mendicanti, ladri e delinquenti”, spiega uno dei loro capi. “Questa catastrofe è la diretta conseguenza della creazione del parco nazionale”. “Si stima che in Africa, dagli anni settanta, siano stati coinvolti dalla creazione di aree protette o di interesse naturalistico circa un milione di chilometri quadrati di foreste, savane, pascoli e terreni agricoli. Eppure in gran parte di queste aree, alle popolazioni indigene è stato negato il diritto di possedere, controllare e gestire i propri territori”, spiega Colchester. “Nessuno sa quante persone siano state obbligate a emigrare dalle aree protette”. Di fronte alla presenza dilagante diprivati, onlus, fondazioni e gruppi ambientalisti che comprano fattorie, campi, colline e foreste, molti temono una nuova ondata di eco-colonialismo. In Patagonia, la regione che comprende le estremità meridionali del Cile e dell’Argentina, si stima che almeno trecento ricchi statunitensi abbiano comprato centinaia di migliaia di ettari dei più selvaggi, remoti e spettacolari angoli del pianeta a circa 120 dollari all’ettaro, in nome della conservazione della natura. I più importanti acquirenti di quelle terre ricche di laghi incontaminati, fiumi e vette innevate sono miliardari come i coniugi statunitensi Douglas e Kris Tompkins, proprietari degli imperi dell’abbigliamento North Face e Patagonia. Hanno cominciato con un allevamento di pecore e ora sono proprietari di vari milioni di ettari. Il loro scopo, spiega Kris Tompkins, era quello di creare il primo parco nazionale costiero in Argentina. “Improvvisamente mi sono resa conto che era a rischio la natura incontaminata,
apparentemente perfetta, in cui per anni siamo andati ad arrampicarci, a sciare e a camminare. L’impegno dei benefattori privati, insieme alla volontà politica, può consentire la conservazione
dell’ambiente su vasta scala e permetterà di invertire la tendenza all’estinzione delle specie minacciate”.


continua

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