No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20080824

conservazionisti o neo-colonialisti? parte 7





La felicità non ha prezzo
Non deve stupire dunque che il Pew Research Centre denunci che la felicità è distribuita in maniera diseguale: il 50 per cento delle persone con un reddito superiore ai 150mila dollari all’anno si dichiara “molto felice”, mentre tra quelle che ne guadagnano meno di 20mila solo il 23 per cento se la sente di dire altrettanto. Se si confrontano le nazioni, è la stessa diseguaglianza a ridurre il benessere: alcuni dei paesi in cui c’è maggiore giustizia sociale (l’Islanda e la Norvegia) sono anche quelli ai primi posti dell’Indice di sviluppo umano delle Nazioni Unite. Siamo abituati a pensare alla povertà come a un problema sociale e alla ricchezza come a qualcosa da esaltare; ma anche l’estrema ricchezza è un problema sociale e i super ricchi sono diventati un peso per tutti gli altri. Se Edward O. Wilson ha ragione a parlare di “biofilia” come di un innato bisogno umano di interagire con la natura, lasciare che i ricchi si impadroniscano di tutti i posti più belli della terra potrebbe avere gravi conseguenze sulla salute mentale. Non aver modo di spaziare con lo sguardo per almeno una o due settimane all’anno su ampie distese d’acqua, orizzonti liberi e montagne che svettano nel cielo, provoca l’insorgere di una claustrofobia cronica e crescente. Secondo la psicologa evoluzionista Nancy Etcoff, il bisogno di bellezza naturale è codificato nel nostro patrimonio genetico. Ci piace anche poter contemplare l’acqua (da bere), gli alberi con le fronde basse (per l’ombra) e gli animali (la cui presenza indica che il luogo è abitabile). In fondo, però, l’accaparramento da parte dei ricchi dell’America rurale ha una contropartita anche per i benestanti. Più una località turistica diventa cara, tanto più lontano devono abitare i pendolari che ci lavorano e che la fanno funzionare. E se l’idea del lavapiatti o del lavavetri che passano quattro ore al giorno sui mezzi pubblici vi lascia indifferenti, versate una lacrima almeno per il ricco vacanziero che rimane imbottigliato nel traffico che ne risulta. Oppure può succedere semplicemente che una località resti senza operai. Dal 2000 la contea di Monroe, di cui fa parte Key West, ha assistito all’esodo di oltre duemila lavoratori, una perdita che il Los Angeles Times chiama “un duro colpo per l’economia dei servizi di una contea che ha 75mila residenti e due milioni di turisti all’anno”. Tra quelli che sono stati costretti a sloggiare da affitti superiori ai 1.600 dollari per un appartamento con una stanza da letto, ci sono camerieri, portieri d’albergo, giardinieri e idraulici. Non importa quanto denaro abbiate: ogni cosa richiederà più tempo, che si tratti di farvi aggiustare il bagno o di farvi servire un panino. Sono nata tra le Montagne Rocciose e poi sono cresciuta, con vari spostamenti, sull’una e sull’altra costa. Il cielo, le onde dell’oceano, le montagne coperte di neve: sono sempre stata convinta che tutto questo mi appartenesse per diritto di nascita. Adesso, però, ogni volta che ascolto le parole di Woodie Guthrie (“Questo paese è stato fatto per te e per me”) non posso fare a meno di trasalire: non credo che quella canzone sia stata scritta per un coro di speculatori finanziari.


Barbara Ehrenreich è una giornalista statunitense. Ha scritto Una paga da fame: come (non) si arriva a fine mese nel paese più ricco del mondo (Feltrinelli 2002).


fine reportage

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