No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20081019

io e i Metallica - capitolo 11




Mi rendo conto oggi, nel 2008, quanto sia difficile raccontare dell'uscita del Black Album nel 1991. E' innegabile che il disco omonimo, che solo dopo prese il nome Black Album per comodità, come in uno slancio di intimità con la band, che ormai i fans sentivano propria, suscitò non poche polemiche e innumerevoli perplessità. Alla luce degli anni, e col senno di poi, come si suol dire, la grandezza di questo disco appare in tutta la sua nitidezza. Impossibile quindi, come detto prima, raccontare obiettivamente, ma ci proverò.

Come già detto, era estate piena. Ci si accinge all'ascolto per la prima volta da supporto compact disc: anche per me, nei 3 anni dal 1988 al 1991, erano cambiate molte cose. Il disco si presenta elegante, tutto nero con disegni grigi appena accennati, un serpente, come fosse un tatuaggio, e il logo, Metallica, ormai stra-famoso. Apre un arpeggio, quello di Enter Sandman, che sfocia in un riff al solito granitico, con un intro tambureggiante che a sua volta va a finire in un mid-tempo. E' un pezzo strano, non ci siamo abituati. Non convince al primo ascolto. Pian piano, conquista e si fa tormentone. Uscirà addirittura come singolo, e lo sentiremo nei posti più impensati, lo conosceranno persone che non ci immaginavamo. Se penso, negli anni, da quante chitarre ho sentito uscire quel riff, mi stupisco ancora oggi. Qualsiasi band, anche mediamente famosa, conosce quel pezzo. Profetico.

Sad But True, dal titolo pessimista, inizia lentissima, e dal vivo lo sarà ancor di più, ad amplificare la sensazione sincopata e la potenza del riff, si presenta da subito come un rullo compressore. Armonici vagamente arabeggianti introducono il ritornello, che sposa melodia a ruvidezza. James canta come non è mai riuscito a fare. Si fantastica di lezioni serie di canto. Il drumming di Lars, che non ha mai brillato per precisione, è perfetto. L'assolo di Kirk è affascinante, ma riconoscibile.

Holier Than Thou, che ci fa perfino conoscere un arcaismo della lingua inglese, è un bel pezzo che arriva subito, ma ha quella "leggerezza" che molti fans non perdonano. Il bridge prima dell'assolo arriva direttamente dal groove di And Justice For All, inteso come album e sessions; dopo l'assolo, forse per la prima volta, si sente che Jason è nella band.

La traccia 4 è e rimarrà sconvolgente, oltre che nella storia. Si intitola The Unforgiven, come un film di John Houston del 1960 e anticipa l'omonimo (in italiano Gli spietati) film di Eastwood. L'intro richiama atmosfere western, manco a farlo apposta. E' una ballad in piena regola, niente a che vedere con quello che era stata Fade To Black. Un altro "passo" che, appunto, sconvolge i fans. Ma il pezzo è fantastico, da qualsiasi punto di vista e di ascolto. Dopo l'intro, le chitarre travolgono potentissime, la batteria scandisce e punteggia, il cantato di James è ancora sugli scudi, passando dal ringhio della strofa alle delicatezze quasi sussurrate del ritornello. Una prova grandiosa, che segna definitivamente l'ingresso dei Metallica nell'Olimpo del rock. La loro Stairway To Heaven, modernissima (ancora oggi).

Le chitarre arabeggianti, così come in Sad But True, introducono Wherever I May Roam, un pezzo che parte lento ed accellera durante l'intro, con controtempi e rallentamenti vari. Intrigante, con una bellissima apertura melodica "troncata" nel ritornello (risulterà "completo" solo nel finale), altro topico che richiama alcuni pezzi di And Justice For All. Come i pezzi di Justice, questo è complesso e lungo, ma si sente maggiormente il basso di Jason. Risulterà il loro "preferito" dal vivo.

I pezzi seguenti, Don't Tread On Me e Through The Never risultano i meno riusciti dell'album. Nonostante ciò, non sono completamente da buttare, e l'iniziale citazione di America da West Side Story nel primo pezzo incuriosisce e invoglia l'ascolto. Forse un po' troppo "pop" ma complessa comunque, nonostante i "soli" 4 minuti di durata, Don't Tread On Me non verrà mai eseguita live e James la indicherà come una delle sue "sfavorite". Through The Never è meno complessa, anche se molto "Metallica", ma è decisamente un pezzo anonimo.

Ecco però che arriviamo alla traccia 8, dal titolo Nothing Else Matters. Si vociferava da tempo, molto prima dell'uscita dell'album, su questa traccia. Ancora più "morbida" di The Unforgiven, Nothing Else Matters è non solo una ballad, ma addirittura un pezzo romantico. James canta "never opened myself this way", "non mi sono mai aperto così", e forse è la verità. C'è un'orchestra che fa da tappeto al pezzo. Se prima eravamo sconvolti, adesso siamo basiti. C'è da riconsiderare tutto. E ci vorrà del tempo.

Eppure, al momento dell'assolo, le chitarre salgono e James si lascia andare un classico "yeah yeah" per lanciarlo. Nothing Else Matters, ancora col senno di poi, ha spostato di molto le barriere dell'heavy metal.

Of Wolf And Man è una scarica di adrenalina, ma come la quasi totalità dell'album, parte selvaggia e conserva un rifferama notevole, ma rimane controllatissima a livello di velocità.

The God That Failed è un altro pezzo alla Metallica, ma ancora una volta un mid-tempo. Ancora una volta, grande lavoro di chitarre, batteria e basso, voce e cori. Nonostante tutto, anche questa coppia di pezzi non rimarrà nella storia.

My Friend Of Misery invece è un pezzo forse sottovalutato, ma molto interessante. Siamo su tempi ancora più lenti, con una intro di basso particolare che porta al tempo dispari ancora prima di quanto ci si immagini, molta melodia diffusa, mood cupo nella strofa e apertura quasi "solare" nel ritornello; bello lo stop centrale che porta lentamente all'assolo, composto di due parti. Grande lavoro di tutti gli strumenti, testo adeguato. Tra i migliori pezzi del disco.

Chiude The Struggle Within, ed è per l'ennesima volta una chiusura speed-metal degna dei suoi predecessori Damage Inc. e Dyers Eve, anche se, nel rispetto delle "velocità ridotte" dell'intero disco, il pezzo è, passatemi il termine, finto-veloce, almeno per gli standard di una band che, agli inizi, era famosa per suonare pezzi velocissimi e, dal vivo, rifarli ancora più veloci. Qui potremmo aprire però una nota interessante: nel corso degli anni, soprattutto live, i Metallica hanno rallentato le esecuzioni e hanno ridotto gli errori. Segno di maturità.


A prescindere dalle impressioni dell'epoca sul Black Album, i Metallica mettono a segno un disco di poco inferiore al loro capolavoro Master Of Puppets, ma raggiungono un suono formidabile a livello di potenza; la produzione di Bob Rock, coadiuvato da Lars e James, è chiaramente orientata ad incanalare la potenza di fuoco della band in canoni più "vendibili", ma così facendo, il trio riscrive le regole e crea un genere. Una sorta di compromesso tra thrash metal e hard rock radiofonico. Ci sono abbastanza canzoni "giuste" per avere un airplay e per entrare in case dove non erano mai entrati. I fans di vecchia data o si rassegnano, o si rivolgono ad altri lidi.


Personalmente, prendo atto. I tempi stanno cambiando, e c'è un sacco di musica interessante che mi "dice" che non c'è solo il metal o i Metallica. Questo mi fa capire che la strada intrapresa dai Four Horsemen è lecita e va rispettata. Apprezzo molto di più le band che si sforzano di cambiare di disco in disco, ed andare oltre la complessità di Justice avrebbe probabilmente portato ad un insopportabile prog-metal. In questo nuovo disco, invece, i Metallica hanno accorciato i pezzi e hanno provato a mantenere la stessa complessità, andando contemporaneamente a ricercare più melodia. Una semplicità solo in superficie. Nel contempo, il posto di "band preferita" nel mio cuore è adesso conteso. Altre band mi toccano il cuore e la pancia, oltre al cervello. Ma la varietà è cultura.

Per cui, avanti verso settembre: il giorno 14 li vedremo live ancora una volta, col materiale "fresco". L'edizione italiana del Monsters Of Rock ci aspetta all'arena del Festival de l'Unità di Modena. I Metallica non saranno gli headliner: dopo di loro suoneranno gli immortali australiani AC/DC. Prima di loro, i Queensryche, i Black Crowes e gli italiani Negazione, da me amatissimi.

Dal paesello stiamo già organizzando le macchine.
continua

5 commenti:

monty ha detto...

sì, ricordo molto bene le polemiche
che hanno accompagnato questo disco
sin dalla sua gestazione.
fa piacere che il tempo sia davvero
galantuomo e sistemi tutto.

è una frase abusata, ma io l'ho
letteralmente consumato dagli ascolti. rientra nella categoria
greatest hits di inediti.

Anonimo ha detto...

io questo aspettavo. parlami di Mathieu che vomita sui cavi, di Zazzo che urla Brucia di vita, di Tax che riffa a petto nudo.

ah i Black Crowes.... hehe.

sì comunque presi l'album quell'estate, in cassettina che costava meno. da mondodisco a viareggio.

fu proprio uno shock... questi quando c'era cliff non volevano fare i video perchè commerciali.

non aggiungo altro.
mau

jumbolo ha detto...

guarda mau, ci arrivo.stay tuned

Anonimo ha detto...

sì sì lo avevo capito
: )

I was sproning you to write
Mau

Anonimo ha detto...

ma lo sapevate che: http://it.wikipedia.org/wiki/Gadsden_flag


comunque la prima canzone che ho ascoltato dei metallica è stata proprio The Unforgiven.
in tutta onestà, io ho AMATO e AMO il black album... e solo negli ultimi anni sono riuscito ad ascoltare e ad apprezzare appieno il resto. purtroppo si matura più tardi del solito nel 2000.

sui giovani d'oggi...