Acciaio - di Stefano Mordini (2012)
Giudizio sintetico: si può perdere (2/5)
Piombino, potrebbe essere qualche anno fa ma pure adesso. Anna e Francesca sono due amiche di quelle che difficilmente riescono ad immaginare di perdersi, un giorno. Frequentano ancora le scuole medie, e flirtano con i ragazzini solo perché vedono che di solito si fa così. Ognuna di loro ha un vuoto in famiglia. In casa di Anna il padre non c'è, non si sa dove sia e quando tornerà, la madre si dà da fare per tirare avanti come può, il fratello più grande Alessio lavora in acciaieria, la grande "mamma" della cittadina toscana, e non riesce ad immaginare un futuro diverso da quello. Francesca non ha fratelli, ma ha una madre sottomessa e un padre che pare più un despota che un familiare. Mentre le due bambine diventano donne, l'acciaieria passa di padrone in padrone licenziando di continuo e destabilizzando gli abitanti del territorio. L'equilibrio tra Anna e Francesca si rompe quando Anna si sveglia una mattina e trova in casa Mattia, un amico del fratello.
E' la solita, vecchia storia: quando ti capita di leggere un libro che ti piace, che poi diventa, o è già diventato, un best seller, non ti aspettare niente quando lo traspongono sullo schermo, perché potresti rimanere davvero deluso. Sinceramente, stavolta c'era pure un'aggravante che poteva pregiudicare il mio personale giudizio: Mordini aveva esordito nel lungometraggio di fiction con Provincia Meccanica, un film che si era meritato un giudizio vernacolare del tenore di "fa veramente ca'à" nonostante la presenza di Valentina Cervi e dei Mogwai nella colonna sonora. Vi posso assicurare che ce l'ho messa tutta per non (appunto) pre-giudicare, ma nonostante il mio impegno, quello di Mordini non è risultato sufficiente. Il libro in questione è l'omonimo Acciaio di Silvia Avallone, che mi piacque perché ruvido, realistico e un po' pruriginoso, e Mordini, che ha steso la sceneggiatura insieme a Giulia Calenda e alla stessa Avallone, non riesce a rendergli giustizia come dovrebbe. Lo stile di Mordini è riconoscibile, e seppur sia encomiabile l'ennesimo tentativo di distaccarsi da un qualcosa di "troppo italiano", finisce per far risultare la storia sfilacciata, e non solo perché taglia parti importanti e "censura" in gran parte il carattere del padre di Francesca, che a me era (dis)piaciuto nel libro (una sorta di orco che riceve una punizione quasi divina), ma soprattutto per il suo modo di staccare all'improvviso le scene, non riuscendo ad imprimere fluidità alla storia. Manca, insomma, qualcosa alla sufficienza, nonostante le prove di un sempre ottimo Michele Riondino (Alessio), una sorprendentemente accettabile Vittoria Puccini (Elena; anche la storia tra i due, nel film, soffre di poco approfondimento), ma soprattutto le straordinarie recitazioni delle due piombinesi debuttanti, Matilde Giannini (Anna) e Anna Bellezza (Francesca), due talenti naturali (e due bellezze in erba, soprattutto la prima) che avrebbero meritato un film migliore. Peccato.
1 commento:
Ho letto il libro e mi è piaciuto abbastanza. Non sono andato a vedere il film perchè temevo ciò che hai scritto nella recensione. A questo punto aggiungo...senza rimpianti. Le due ragazze però sono veramente belle.
Mog-ur.
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