No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20060329

Colombia gen 06 - 44


Holiday in Colombia 28
1/2/2006 Un buon posto per morire

Niente cavalli, e in effetti non è che Jano sembri così preoccupato di procurarceli; ma forse è solo il suo modo di essere, molto ma molto rilassato. Inoltre, nella notte ha piovuto, quindi tutti gli indumenti che abbiamo lavato ieri sono ancora bagnati. Colazione ricchissima, le ragazze hanno delle mascelle instancabili, e mi coinvolgono, nonostante non sia un grande mangiatore da colazione. Uova, pane tostato, frutta, tutte cose per me inaccettabili in condizioni "normali" come partenza della giornata. Ma ormai me acostumbro. Questa frase, che ho usato moltissime volte in questo viaggio, mi accompagnerà fin dentro casa, al ritorno, e oltre. Per giorni ho continuato a bloccarmi prima di dire "dé ci s'abitua" perchè mi veniva da dire me acostumbro.
Decidiamo, dopo il solito briefing, di fare il giro dei siti archeologici che possiamo raggiungere camminando, ma Andrea non si unisce a noi, non ne ha voglia. Partiamo quindi io e Juli; il tempo è instabile ma non ci fa paura niente. La camminata inizialmente non è durissima, non ci sono discese e salite impraticabili e improponibili, ma il percorso è per una buona parte pieno di fango. La prima parte la facciamo sotto il sole, raggiungiamo un primo sito con alcune statue molto simili a quelle viste il giorno precedente nel parco archeologico, scendiamo una ripida discesa che, ovviamente, si trasforma in una salita abbastanza dura tornando indietro. Seguiamo le rare indicazioni verso un altro luogo sacro, camminiamo un altro po'. Chiediamo indicazioni ad una signora che abita in una casa isolata lungo il cammino, la signora ci dice che siamo vicini al posto che cerchiamo. Ci supera una coppia di turisti a cavallo, ci salutiamo. Poco più avanti, un paio di cavalli "parcheggiati" chissà da chi. Troviamo dei cartelli, siamo vicini, il camminamento inizia a scendere. Sotto di noi si apre una vallata impressionante. Scendiamo ancora, e in un tratto leggermente pianeggiante scorgiamo i cavalli della coppia che ci ha superato prima. Inizia una scalinata rudimentale completa di corrimano, altri cartelli ci comunicano che siamo arrivati al luogo sacro denominato La Cháquira. Scendiamo la scalinata, che circonda una rupe costellata di massi, sui quali si notano numerosi graffiti. Mi ricordano quelli di Rano Raraku all'isola di Pasqua. Figure miste uomo/animale. All'apice basso della rupe, ci fermiamo e rimaniamo alcuni minuti letteralmente senza parole. Complice il cielo sgombro e il sole a picco, la vallata sottostante e tutto il panorama attorno è realmente mozzafiato. Si sente davvero, adesso, l'energia della quale parlava Jano. Si comprende la leggenda che vuole questi luoghi non abitati dalle civiltà precolombiane, bensì scelti per farcisi seppellire. Un posto bellissimo per morire e per riposare in pace. Sui fianchi delle due valli, altissime e strette cascate di acqua incontaminata si fanno strada tra il verde abbarbicato agli stessi fianchi. Juli uno degli ultimissimi giorni mi dirà "una cosa he aprendido en Colombia: como es el verdadero color verde"; non credo serva tradurre. In basso, sul fondo della valle, il Rio Magdalena scorre tranquillo ma imponente, e anche se non è un grande fiume fa la sua porca figura. Non c'è niente che va veloce. Niente. Si capiscono molte cose.
Risaliamo ancora intontiti, rivediamo la coppia dei cavalli, sono seduti sulle rocce. Guardo verso la mia sinistra, sul fianco della montagna dalla quale siamo venuti un contadino sta lavorando un appezzamento di terra assolutamente obliquo. Dev'essere il proprietario dei cavalli parcheggiati sul cammino, oltre ai due della coppia. Non abbiamo acqua con noi, oggi siamo stati frettolosi e poco previdenti, la salita di ritorno e il sole ci inaridiscono la gola. Ripassiamo davanti alla casa isolata e chiediamo un po' d'acqua alla signora. Nessun problema, ce la offre. Le chiediamo anche qualche indicazione per raggiungere il prossimo sito. Ripartiamo, ancora fango, arriviamo all'altezza di una fattoria, siamo costretti a scavalcare diversi recinti di filo spinato per evitare dei tratti di strada completamente pieni di fango, quindi per noi impraticabili. Arriviamo di nuovo alla strada asfaltata, incrociamo un tipo che ci spiega come arrivare ai siti che vorremmo raggiungere; ci dice che prendendo una scorciatoia passeremo davanti al suo ristorante. Proseguiamo. Troviamo la deviazione indicataci, si sale, il sole lentamente viene coperto dalle nuvole. Ci fermiamo a chiacchierare con due persone, uno sta curando il suo pezzo di terra coltivato, l'altro gli sta comprando della verdura. Cerchiamo acqua, il compratore ci dice che poco più su ha un posto dove la vende, un piccolo bar. Sale con noi, ci fa domande, noi pure, sorride. Il suo bar è in legno, è poco più che una casa con una stanza un po' più grande del solito con una grande veranda davanti, ha due due figlie, beviamo dell'acqua gassata, ha solo quella. Paghiamo, ci rinfresca la strada che dobbiamo fare, salutiamo tutti e ripartiamo. Si sale e si scende ma piuttosto dolcemente, scherziamo, passa il tempo e la fatica non è troppa. C'è meno fango. Troviamo solo un paio di case lungo la strada, che è sterrata. Arriviamo dopo un bel po' al sito che cercavamo. Ci sono un paio di tettoie che proteggono due agglomerati di statue, distanti tra loro mezzo chilometro, nel mezzo una specie di rifugio in legno. In lontananza rivediamo la coppia a cavallo, stanno cucinando, credo, hanno acceso un fuoco. Mentre stiamo osservando le statue del sito più in alto inizia a piovere. Ci ripariamo sotto la tettoia di questa specie di rifugio, aspettiamo che spiova. Il cielo sembra non promettere niente di buono. Juli si assopisce, io vedo che sulla porta di legno di questa specie di casa disabitata ci sono un sacco di scritte e non resisto: prendo la penna nella tracolla e scrivo un bel PISAMERDA. Juli mi sgrida un po', ma trattandosi di quella scritta non infierisce più di tanto. Riprendiamo a camminare, torniamo sui nostri passi e ogni tanto si rimette a piovere. Arriviamo ad una specie di chiosco dove dovremmo chiedere le indicazioni per una scorciatoia che ci permetterebbe di risparmiare tempo e strada. Il chiosco è aperto, c'è da bere, ma non c'è nessuno. C'è però un cane sul retro. Juli chiama, nessuno risponde, si avventura in un viottolo che si apre subito dietro il chiosco e il cane si fa ringhiante e la blocca, meno male è legato. Non so cosa fare, ma è legato e non mi preoccupo più di tanto. Arriva una signora, e ci indica un altro viottolo. Lo prendiamo ma non siamo molto convinti. Si scende abbastanza ripidi, fango, erba scivolosa; arriviamo nei pressi di un'altra casa abitata, un cane abbaia (un altro), la padrona ci urla di non aver paura. Chiediamo il permesso di entrare nella proprietà, accordato. Una donna, sua figlia grande e un piccolo di pochi anni, scherziamo un po', ci siamo incrociati più a valle, io mi ricordo e anche loro. Ci mostrano la strada, scendiamo ancora. Erba alta, fango, vacche al pascolo, grosse merde da scansare. Pioggerellina fine fine. Si cammina un sacco (e una sporta, dicevano i vecchi). Arrivo stremato al ricongiungimento con la strada principale, e dobbiamo fare un salto di alcuni metri, cado, mi innervosico, inizio a lamentarmi. Juli vuole proseguire per un altro sito, io tornerei indietro, siamo bagnati, continua a piovigginare, ho i pantaloni strappati, sono stanco, abbiamo visto abbastanza. Juli si innervosisce e dice di tornare indietro, io mi pento, lei non vuole sentire più ragioni. Incrociamo una vecchia signora che ci dice che il posto che cerchiamo è vicino, sorrido amaro. Torniamo indietro. Mi spiace che Juli si sia innervosita, però tornare indietro non è una brutta idea, sono stanco. Camminiamo per un po'. Iniziano a passare delle macchine, Juli riesce dopo alcuni tentativi a fermarne una, un pick up che sul cassone porta già una signora e un tipo storpio e incapace di parlare, ma che sorride e fa dei gesti. Saliamo e ringraziamo. Pioviggina ancora. Ci rendiamo conto di aver fatto un sacco di strada, viaggiamo un po' sul cassone del pick up. Ad un bivio l'infelice chiede di scendere come sa fare lui, lo aiuto, si avvia zigzagando e sorreggendosi sul suo bastone. Ancora strada, riconosciamo l'incrocio tra la strada asfaltata e quella sterrata vicino all'hostel e chiediamo di scendere. Salutiamo e ringraziamo. Ultimi metri. Arriviamo alla Casa di François, Andrea è lì e anche la signora che fa le pulizie. Ci sembra tardissimo: e invece sono le tre del pomeriggio. Sono fradicio, ma vista l'ora, decidiamo di scendere in paese e di pranzare, e magari di fare un po' di spesa. Andiamo a provare l'altro ristorante che ci dicono a buon mercato, La rana verde. Comida ejecutiva a 3500 pesos, 500 in più che al Brahma, con un succo delizioso da bere, il posto è una specie di corridoio largo dove sono i tavoli, che poi si slarga all'altezza della cucina, aperto dalla parte opposta all'entrata che è sulla strada principale del paese. Televisore in bella posta, la nostra telenovela preferita che è appena cominciata. Mangiamo a più non posso e ci divertiamo guardando e commentando, ci sono anche altri commensali e il personale del posto interessatissimo, ovviamente. Tutti in ansia per le sorti dei protagonisti. Situazione irreale, ma anche noi ci facciamo prendere. Restiamo un bel po', poi paghiamo, ringraziamo, salutiamo, usciamo a bighellonare per le strade e facciamo la spesa. Risaliamo stancamente all'hostel di buon umore. C'è un nuovo ospite, Pachi, francese dei paesi baschi, simpatico; il copione è il solito, si chiacchiera, si fuma, le ragazze mangiano frutta e tutto quello che trovano, bevono mate. Facciamo la doccia a turno. Jano si ferma poco, Mariana si vede appena ed è sempre in pigiama, non sta ancora bene. Si arriva così all'ora di cena, mi rimetto al lavoro, stasera non metto le uova ma uso dei pomodori rimasti, un po' d'aglio e un po' di cipolla, la pasta mi scuoce leggermente, la riuscita è peggiore di quella della sera precedente, ma le ragazze fanno festa lo stesso, faccio anche qualche crostino sempre al pomodoro. Le chiacchiere vanno avanti senza fine, Jano ci propone seriamente una passeggiata fino a casa sua per la mattina seguente, trova lui i cavalli da un conoscente, accettiamo di buon grado pur sapendo che non è così scontato, mentre Andrea decide di partire di buon mattino per l'Ecuador. Noi abbiamo il bus per Bogotá alle 18,30, non dovremmo avere problemi. Ci sono rimasti all'incirca 20mila pesos per uno. Dovremmo farcela, anzi, dobbiamo farcela per forza, oggi in paese abbiamo dato un'occhiata e cambiare denaro non è un'impresa facile. E' quasi finita, e l'eccitazione si mischia alla nostalgia. Prima di chiudere la porta della camera guardo verso la valle nel buio, e ascolto i rumori della notte di San Agustín.
Sono bellissimi.

2 commenti:

lafolle ha detto...

il viaggio sta per finire...
si percepisce la malinconia.

Anonimo ha detto...

Perche non:)