No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20060720

saturday night fever


The Strokes + Joan As Police Woman, 15/7/2006, Torino, Parco della Pellerina, Traffic Festival

Traffic Festival. Finalmente trovo la scusa giusta per andare e “toccare con mano”. E’ sabato, ci sono gli Strokes ma c’è anche questa Joan Wasser, in arte Joan As Police Woman, collaboratrice di nomi illustri (Nick Cave, Rufus Wainwright, Sebadoh e moltissimi altri), violinista fino a poco fa dei Johnsons di Antony, e, udite udite, data come ultima fidanzata, dal rock-gossip, niente popo’ di meno che di Jeff Buckley. Pare sia stata anche amica di Elliot Smith, per cui, non sarà mica che…..eh?
Ma torniamo seri, dicevo: c’è soprattutto lei, autrice di un disco di debutto molto molto bello, uno dei dischi che mi ha colpito maggiormente negli ultimi tempi. E allora via, a Torino.

Con ArezzoWave che, da quest’anno, si converte al biglietto (5 euro dopo le 21,15), il Traffic si vanta di essere rimasto l’unico festival italiano completamente gratuito. Il parco è piacevole, il posto grande ma non grandissimo, il palco piuttosto grande. Pian piano arriva un sacco di gente, il che aumenta in modo esponenziale il caldo già esagerato. Mi perdo visivamente la prima canzone di Joan, attorno alle 21,45, visto che poggiando una mano in terra mi taglio con un coccio di bottiglia: per la prima volta in vita mia, usufruisco del soccorso medico ad un concerto. Avrei preferito di no, ma almeno non è grave. Joan suona il Wurlitzer o la chitarra, ed è accompagnata da una bassista (Rainy) che sembra la controfigura femminile di Matt Bellamy dei Muse, e da un batterista (Ben) che sembra Jack Johnson dopo una cura ingrassante. E’ grintosa e al tempo stesso dolce, le sue canzoni sono asimmetriche e sconfinano nel jazz, ma non sono mai pallose; dipingono melodie belle e tortuose, sulle quali curve è gradevolissimo sentirsi sballottati. Provare per credere. We Don’t Own It e Real Life sono intense e bellissime, Flushed Chest e The Ride possono farti dimenticare una giornata storta, Anyone è pura alchimia musicale.

Joan è bella, non bellissima, sensuale, grintosa. Dedica un inedito, Happiness Is A Violator a Condoleeza Rice, ed esagera quando dice che tra poco salirà sul palco “the greatest rock band in the world: The Strokes!”. Joan è una bella realtà, suona 40 minuti scarsi, ma, almeno in me, lascia un segno. Il cerotto sul taglio mi si stacca continuamente, alzo gli occhi al cielo e vedo aerei alzarsi continuamente da Caselle.

Passano circa 30 minuti e le luci si spengono. Il pubblico freme, è numeroso e stretto, fa caldo. Arrivano sul palco e attaccano Juicebox. Il palco è essenziale ma elegante, luci frontali multicolori abbagliano gli spettatori, su di giri già col primo pezzo. Come li ricordavo, picchiano sodo e con pochi fronzoli vanno alla radice del suono. The End Has No End precede Red Light, ritmata e deliziosa, con Hammond e Valensi che cominciano quei favolosi intrecci armonici che contraddistinguono il suono della band della Grande Mela. Casablancas è chiaramente alticcio, come sempre (mi sono andato a rileggere della prima volta che li vidi, ed era la stessa storia), inoltre questa volta non pare nemmeno in grande forma vocale, anche se preme molto e grida come un ossesso quando serve, ma pare divertirsi un sacco. The Modern Age, Heart In A Cage col suo incedere da filastrocca rock, ma molto rock, Electricityscape, un pezzo geniale se ci pensate bene, tribale e canzonetta, con il solito ritornello da crooner ubriaco e l’assolo minimale ma allo stesso tempo pomposo, precedono l’esecuzione di Is This It, se possibile ancor più lenta dell’originale, ma ugualmente affascinante. Casablancas, come osserverà giustamente un’amica a fine concerto, è il top dell’autoironia, nonostante il gran parlare che se n’è fatto sulle riviste specializzate come uno dalla puzza sotto il naso: “Wow, cantate sicuramente meglio voi di me!” dice tranquillamente. Ize Of The World, altro esempio del songwriting complesso, ma all’apparenza minimalista, degli Strokes. Altra perla di Casablancas “Thanks for your roaring!”.
Someday è puro rock ‘n’ roll, e c’è poco da fare: stende. Impossibile rimanere immobili. Segue Hard To Explain, poi You Only Live Once. La differenza tra l’impatto dei pezzi del primo e dell’ultimo disco è tangibile; più immediati e diretti quelli da “Is This It”, più ricercati quelli da “First Impression Of Heart”. Nel mezzo “Room On Fire” un po’ snobbato, solo due estratti.

“Non capisco niente di quello che dite, ma mi piace”. Julian Casablancas. Un po’ come “It’s Only Rock ‘N’ Roll, But I Like It”. Sopperisce con la simpatia; gli altri sono impeccabili agli strumenti.
Last Night è salutata da un boato: è semplicemente grandiosa. Come un aforisma, come una battuta ficcante, come un gavettone d’inverno. Spariscono tutti, rientra Julian con Nick Valensi che lo accompagna alle tastiere per Ask Me Anything, e tutto sommato il singer non se la cava male in questo momento intimista. Si pesta duro di nuovo con Vision Of Division, altalenante e cattiva, urlata come si deve. Chiude Reptilia, un altro pezzo che è già un classico: le Converse si muovono da sole. E’ quasi passata un’ora, potrebbero anche non tornare, lo sappiamo che suonano poco.

E invece tornano, acclamati. Parte l’ormai fastidiosissimo coro sulle note di Seven Nation Army, reliquia pagana del Mondiale chissà per quale motivo, ma Hammond, Valensi e Moretti non si fanno pregare, accompagnano volentieri il pubblico per qualche secondo. Moretti si becca un applauso con ovazione a scena aperta, per il suo essere un po' italiano; si alza dalla batteria e allarga le braccia emozionato e lusingato. Casablancas si congratula ancora. Parte il dittico finale, da paura. Indugi rotti, dritti come un fuso: New York City Cops e Take It Or Leave It sono due gemme roots-rock tutte da gustare scuotendo corpo e testa.

Ringraziano ancora colpiti dal calore, non solo dell’aria, se ne vanno rapidi. Non saranno dei geni assoluti, ma di questa generazione sono senz’altro i numeri uno. The Strokes signori: come aveva detto Joan? The greatest rock band in the world!!

PS grazie a D per il supporto in traduzione

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