No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20080217

Charlie Wilson's War


La guerra di Charlie Wilson - di Mike Nichols 2008


Giudizio sintetico: si può vedere


Siamo negli anni '80, negli USA. Charlie Wilson è un deputato del Texas al congresso, conosciuto solo perchè gli piacciono l'alcol e le belle donne. Ma Charlie sa il fatto suo. Incuriosito dall'invasione russa dell'Aghanistan, sollecitato dall'amica Joanne Herring, una conservatrice di ferro libertina ma devota cattolica, aiutato dall'agente CIA Gust Avrakotos, una spia poco diplomatica, riuscirà a mettere in piedi una strana alleanza segreta tra Egitto, Israele e Pakistan per fornire i mujaheddin afgani di armi all'avanguardia per contrastare (e poi respingere) l'Armata Russa.


Mike Nichols è una vecchia volpe, e un regista capace di cambiare genere con grande disinvoltura. Il film in questione è gradevole e ben girato, ha un gran bel ritmo e si avvale di un cast di tutto rispetto con prestazioni interessanti, ma non eccelse (questo lo dice chi vi scrive, visto che Philip Seymour Hoffman nel ruolo di Gust Avrakotos è candidato all'Oscar come miglior attore non protagonista: a me pare abbia recitato meglio in altri film, così come Tom Hanks, Charlie Wilson, divertente ma poco credibile come donnaiolo incallito e alcolizzato sempre sulla linea di galleggiamento, e Julia Roberts, sempre splendida ma qui a filo di gas). La guerra di Charlie Wilson ha senz'altro anche un altro grande merito: ci apre uno spaccato interessante su come funzioni la politica americana, sia quella estera che quella interna. La parte dello scambio di voti da parte di un rappresentante di una parte di elettorato "che non chiede mai niente" come quello del protagonista, è probabilmente la più interessante. Qui arrivano i difetti: è la parte trattata con meno attenzione. Preoccupato un po' troppo di piacere a tutti, Nichols, che si ispira al libro del giornalista della CBS George Crile III, che fu davvero al fianco di Wilson fino in Afghanistan, non graffia fino in fondo, e rimane perennemente in bilico tra denuncia e facile patriottismo, fino ad un finale fin troppo retorico e conciliante, seppur amaro.

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