No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20080427

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Giorni fa abbiamo "festeggiato" la vittoria di Fernando Lugo in Paraguay. Approfondiamo. Mi ha colpito (non ne ero a conoscenza) l'accordo sull'energia elettrica col quale Brasile e Argentina "strangolano" il piccolo e povero paese confinante. Leggete qui.



Firmato dal dittatore Stroessner, un trattato impone a Asunción di «regalare» energia
Megawatt da 80 dollari venduti a 2: la resurrezione passa per l'elettricità
Il patto leonino Accordi firmati negli anni dei dittatori dissanguano il paese. Lugo li vuole cambiare, ma Brasile e Argentina non ci sentono
Maurizio Matteuzzi
Asunción
Il Paraguay non ha mai avuto fortuna con i suoi vicini. Praticamente fu l'unico paese dell'America latina a conquistare l'indipendenza dalla Spagna, nel 1811, senza guerre e massacri, ma le guerre e i massacri sarebbero venuti dopo. Fra il 1865 e il 1870 la guerra contro Brasile, Argentina e Uruguay finì in un olocausto paraguayano. Su una popolazione di 1.3 milioni di abitanti, i sopravissuti furono 300 mila, di cui 14 mila uomini (e solo 2000 di loro con più di 20 anni) e il resto donne. Fra il 1932 e il 1935 la guerra del Chaco contro la Bolivia per il petrolio che non fu trovato, si concluse con un'inutile strage in cui 80 mila boliviani e 50 mila paraguayani combatterono e morirono per conto della Standard Oil of New Jersey e della Royal Dutch-Shell.Nel 1973 le mire di dominio di Brasile e Argentina sul Paraguay non si manifestarono più con le armi ma con i trattati. In quell'anno furono firmati il Trattato di Itaipú con il Brasile e il Trattato di Yaciretá con l'Agentina per la costruzione delle due grandi dighe e centrali idro-elettriche binazionali che dovevano sfruttare le acque del fiume Paraná per farne energia. Quelli erano i tempi in cui l'America latina era dominata dai regimi militari e dittature fasciste. I nomi dei firmatari in calce ai due trattati parlano da soli: il generale Emílio Garrastazu Médici, presidente del Brasile degli "anni di piombo", María Estela Martínez Perón, presidente dell'Argentina della Triple A, e, per il Paraguay, il generale Alfredo Stroessner, già al potere da quasi 20 anni, che fu facilmente convinto a suon di prebende (rovesciato nell'89, trovò poi rifugio a Brasilia).Quei due trattati, che in tanti qui in Paraguay definiscono «i più colonalisti della storia paraguayana», sono divenuti una sacrosanta ossessione nazionale. Per tutti eccetto i presidenti e la «cricca mafiosa» colorada della falsa transizione alla democrazia cominciata nel febbraio '89 e finita domenica scorsa, che come il loro predecessore Stroessner si sono fatti facilmente convincere da brasiliani e argentini, a suon di milioni, a lasciare le cose come stanno. L'alibi era in una delle clausole di quei due patti leonini: la loro durata, 50 anni. 1973-2023, fino ad allora non c'è niente da fare. Sul piano strettamente giuridico, forse no - «la certezza del diritto...» - ma sul piano politico il discorso è diverso. L'hanno mostrato casi quali la nazionalizzazione degli idrocarburi nella Bolivia di Morales e nel Venezuela di Chávez (che non era neanche una nazionalizzazione quanto un adeguamento di imposte e royalities). Il candidato Fernando Lugo, che domenica ha vinto trionfalmente le elezioni presidenziali dopo 61 anni filati di Partido colorado, ha fatto della sovranità energetica uno dei suoi cavalli di battaglia. Ma non sarà facile. Il Paraguay, che con la Bolivia è il paese più povero del Cono sud dell'America latina, sarebbe ricchissimo se solo potesse esportare oltre alle persone - quasi un milione di emigranti sui 6.5 milioni di abitanti - e alla soia - di cui è diventato il quarto esportatore mondiale - anche la «sua» energia.E' più che mai aperto il discorso sull'impatto ambientale e umano provocato dalle due grandi dighe sul Paraná. Ma ormai ci sono, funzionano - Itaipú dall'84, Yaciretá dal '94 - e sono una colossale fonte effettiva di energia e potenziale di ricchezza Itaipù, «la pietra che canta» in guarani, è la più grande centrale idro-elettrica del mondo, produce 90 mila giga-watts/ora l'anno, 45 mila per il Brasile e 45 mila per il Paraguay, e fornisce il 95% del fabbisogno energetico del Paraguay, e questo è ovvio, ma soprattutto il 20-25% di quello del Brasile, un gigante in espansione affamato d'energia. Yaciretá, "la terra della luna", produce 19 mila gwh l'anno e fornisce il 15% dell'energia consumata in Argentina.Il trucco dietro questa suddivisione formalmente paritaria c'è e si vede. Di quei 45 mila gwh il Paraguay ne usa solo 7mila e gli altri 38mila li vende. Se li potesse mettere sul mercato farebbe «3645 milioni di dollari l'anno» secondo i calcoli dell'ingegner Ricardo Canese, esperto paraguayano di risorse energetiche. Altri parlano di 2000 milioni. Invece i tratatti impongono che se «una delle due parti» (quale?) non usa tutta la quota che le spetta è obbligata a «cedere il diritto di acquisto» solo all'altra (quale?) in cambio di una «compensazione» calcolata al prezzo di costo: più di 10 volte inferiore a quello di mercato, più di 100 volte inferiore al suo valore finale sul mercato brasiliano. Così il Paraguay per le sue eccedenze incassa la miseria di 102 milioni di dollari l'anno e il Brasile paga 2.72 dollari a mega-watt/ora mentre quello stesso mega-watt/ora in Brasile vale 80.84 dollari. «Significa - dice Canese - che il Paraguay potrebbe aver incassato, per l'esportazione di 38 mila giga-watts/ora in un anno, quasi 13 miliardi di dollari e al netto di tutti i costi relativi, 11 miliardi, ossia il corrispettivo dell'intero prodotto interno lordo paraguayano». E il debito del Paraguay verso la controparte brasiliana, che anticipò il finanziamento di Itaipú imponendo tassi d'usura, nonostante siano stati già pagati più di 20 miliardi di dollari (per un'opera che doveva costarne 2) non ha fatto che aumentare, secondo il classico schema «debito esterno-debito eterno».Per completare la beffa, il Paraguay deve importare 30 mila barili di petrolio al giorno - in attesa di «scoprire» finalmente il petrolio del Chaco - che al prezzo, mettiamo, di 100 dollari al barile fanno 1.1 miliardi l'anno. Contro i 350 milioni incassati da Brasile e Argentina per le eccedenze. Il povero Paraguay finanzia lo sviluppo dei grandi Brasile e Argentina. La «resurrezione» del Paraguay, come l'ha chiamata Lugo, è cominciata domenica 20 aprile. Ma sarà una resurrezione quasi altrettanto spinosa del calvario che l'ha preceduta. Lugo, che forse per questa sua ossessione non era considerato il candidato preferito dal Brasile, ha parlato con Lula e Cristina Kichner. Il primo non ha detto di no a un «tavolo di dialogo» e la seconda si è mostrata «disponibile e aperta». Come possono aggrapparsi, si chiede Lugo a voce alta, a un patto leonino firmato in epoca di sanguinose dittature fasciste e, se non bastasse, quando il barile di petrolio costava 5 dollari e non 115? Se a Brasilia e Buenos Aires faranno orecchie da mercante, Lugo dice che ricorrerà alle istanze internazionali, come la Corte di giustizia dell'Aja. Ma serebbe un pessimo segnale per i progetti d'integrazione latino-americana.Frei Betto, il noto esponente brasiliano della teologia della liberazione che domenica è venuto qui a Asunción a portare auguri e conforto a Lugo, dice che «il presidente Lula è consapevole dei rapporti asimmetrici di Itaipú e per questo sono sicuro che accederà alla richiesta di una commissione tecnica per analizzare l'accordo». Anche quando la Petrobras «non voleva riconoscere gli aumenti di prezzo del gas boliviano, Lula riconobbe che Evo aveva ragione».Ma Lula lunedì ha subito detto che «il Trattato di Itaipú non si tocca». In Brasile fanno il gioco del good cop-bad cop dei film americani. Oltre a Lula, il ministro dell'energia Edison Lobao dice che il prezzo «è giusto» così, e il direttore brasiliano dell'ente binazionale di Itaipú, Jorge Samek, assicura che il Brasile a conti fatti paga 41 dollari e non 2.80 per ogni mega-watt/ora e quindi non c'è niente da rinegoziare. Ma poi arriva il buon Celso Amorim, il ministro degli esteri, a dire che «noi non siamo imperialisti, discuteremo con il Paraguay per vedere come possono ottenere una remunerazione adeguata per la loro energia». L'ipotesi possibile e più probabile è che il Trattato non si tocchi ma che sia ritoccato il prezzo di compensazione per l'eccedenza. A meno di non voler mandare all'inferno i propositi della «resurrezione democratica» del Paraguay e dell'integrazione dell'America latina. E dar ragione a Chávez.




Completano il quadro questi due articoli, un'intervista a Lugo e la situazione di stallo col Vaticano.

Qui e qui.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Sai che con il Buse ci sono stato alla diga?! E' spaventosa...
Omo

jumbolo ha detto...

Già, me l'avevi detto. Ci credo, a giudicare dai numeri si capisce!!