No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.
20150131
20150130
The Gold Rush
Klondike - scritta da Paul Scheuring, Josh Goldin e Rachel Abramowitz, diretta da Simon Cellan Jones (2014) - Miniserie in 6 episodi - Discovery Channel
Verso la fine del 1800, due amici per la pelle, Bill Haskell e Byron Epstein, appena terminati gli studi, invece di dedicarsi ad una vita prevedibile e tranquilla, decidono di tentare la fortuna affrontando il lungo, pericoloso e faticoso viaggio attraverso lo Yukon canadese, per raggiungere il Klondike, e la cittadina di Dawson City, per partecipare alla "corsa all'oro", oro che, in quel periodo, si diceva fosse non difficile da trovare proprio lì. Dopo un viaggio a dir poco rischioso, durante il quale conoscono padre Judge, un prete gesuita che si sta recando proprio a Dawson per mettere su una chiesa, riescono ad arrivare a Dawson City. Lì acquistano una parcella di terra dove iniziano a scavare cercando l'oro. Molti personaggi ruotano intorno a loro e a quella corsa all'oro: Jack London, un giovane aspirante scrittore che si è recato lì per trovare ispirazione per i suoi racconti, Belinda Mulrooney, proprietaria di case e venditrice di legname, Soapy Smith, un procacciatore di terre per conto di una compagnia mineraria, e Il Conte, un personaggio privo di scrupoli che sta cercando di accaparrarsi terreni per costruire servizi, supponendo che quella cittadina si espanderà a dismisura.
Klondike è la prima miniserie prodotta da Discovery Channel, ed è stata pensata per "integrare" altri programmi della rete quali i reality Gold Rush e Jungle Gold. E' basata sul libro di Charlotte Gray Gold Diggers: Striking It Rich in the Klondike. Il cast è notevole, le location sono mozzafiato, come potrete facilmente immaginare, ma il risultato non è particolarmente entusiasmante. La storia scorre a strappi, alcuni personaggi paiono messi lì un po' per caso, e insomma, i 272 minuti che si impiegano a vederla tutta non è che si "bevano" tutti d'un fiato. In effetti, bisogna pensare che Discovery non è esattamente una rete che punti tutto sull'entertainment, e quindi insomma, non è HBO.
Richard Madden (l'amato/odiato Robb Stark di Game of Thrones), qui protagonista indiscusso nei panni di Bill Haskell, si impegna al massimo con le sue espressioni da bravo ragazzo che però quando lo fanno incazzare diventa cattivo, e la bella Abbie Cornish (indimenticabile in Bright Star) interpreta la storica figura di Belinda Mulrooney con la consueta diligenza, mentre Tim Roth nei panni del Conte gigioneggia tutto il tempo come sa fare lui, ma sinceramente risulta un po' fuori luogo. Ci sono anche Martin Csokas (Sam Steele), Ian Hart (Soapy Smith), Sam Shepard (padre Judge), Tim Blake Nelson (Joe Meeker). Da segnalare pure la bella Conor Leslie (particine in Revenge e in No Ordinary Family) nella parte della prostituta (redenta) Sabine.
Verso la fine del 1800, due amici per la pelle, Bill Haskell e Byron Epstein, appena terminati gli studi, invece di dedicarsi ad una vita prevedibile e tranquilla, decidono di tentare la fortuna affrontando il lungo, pericoloso e faticoso viaggio attraverso lo Yukon canadese, per raggiungere il Klondike, e la cittadina di Dawson City, per partecipare alla "corsa all'oro", oro che, in quel periodo, si diceva fosse non difficile da trovare proprio lì. Dopo un viaggio a dir poco rischioso, durante il quale conoscono padre Judge, un prete gesuita che si sta recando proprio a Dawson per mettere su una chiesa, riescono ad arrivare a Dawson City. Lì acquistano una parcella di terra dove iniziano a scavare cercando l'oro. Molti personaggi ruotano intorno a loro e a quella corsa all'oro: Jack London, un giovane aspirante scrittore che si è recato lì per trovare ispirazione per i suoi racconti, Belinda Mulrooney, proprietaria di case e venditrice di legname, Soapy Smith, un procacciatore di terre per conto di una compagnia mineraria, e Il Conte, un personaggio privo di scrupoli che sta cercando di accaparrarsi terreni per costruire servizi, supponendo che quella cittadina si espanderà a dismisura.
Klondike è la prima miniserie prodotta da Discovery Channel, ed è stata pensata per "integrare" altri programmi della rete quali i reality Gold Rush e Jungle Gold. E' basata sul libro di Charlotte Gray Gold Diggers: Striking It Rich in the Klondike. Il cast è notevole, le location sono mozzafiato, come potrete facilmente immaginare, ma il risultato non è particolarmente entusiasmante. La storia scorre a strappi, alcuni personaggi paiono messi lì un po' per caso, e insomma, i 272 minuti che si impiegano a vederla tutta non è che si "bevano" tutti d'un fiato. In effetti, bisogna pensare che Discovery non è esattamente una rete che punti tutto sull'entertainment, e quindi insomma, non è HBO.
Richard Madden (l'amato/odiato Robb Stark di Game of Thrones), qui protagonista indiscusso nei panni di Bill Haskell, si impegna al massimo con le sue espressioni da bravo ragazzo che però quando lo fanno incazzare diventa cattivo, e la bella Abbie Cornish (indimenticabile in Bright Star) interpreta la storica figura di Belinda Mulrooney con la consueta diligenza, mentre Tim Roth nei panni del Conte gigioneggia tutto il tempo come sa fare lui, ma sinceramente risulta un po' fuori luogo. Ci sono anche Martin Csokas (Sam Steele), Ian Hart (Soapy Smith), Sam Shepard (padre Judge), Tim Blake Nelson (Joe Meeker). Da segnalare pure la bella Conor Leslie (particine in Revenge e in No Ordinary Family) nella parte della prostituta (redenta) Sabine.
20150129
The Drone Queen
Homeland - di Gideon Raff, sviluppato da Alex Gansa e Howard Gordon - Stagione 4 (12 episodi; Showtime) - 2014
Spoiler alert: chi non ha visto le prime tre stagioni, è meglio che non legga.
E' passato un po' di tempo. Carrie ha partorito (Frannie, identica a Brody), è stata prima assegnata a Istanbul, dopo di che è stata nominata CIA Station Chief in Afghanistan. In tutto questo, ovviamente non si è portata dietro Frannie, che sta venendo cresciuta dal padre di Carrie, Frank, e soprattutto dalla sorella Maggie. Sempre più determinata, sempre più concentrata sul lavoro, Carrie e il suo team riceve informazioni dal suo omologo a Islamabad, Pakistan, Sandy Bachman, sulla collocazione di Haissam Haqqani, un personaggio considerato il capo dei talebani in Afghanistan, in quel momento il nemico pubblico numero uno degli USA. A domanda di Carrie, Sandy rifiuta di fornire la fonte, ma assicura che è la stessa che ha permesso loro le ultime quattro uccisioni importanti, nella lotta al terrorismo. Carrie autorizza l'attacco con i droni, che distrugge la fattoria indicata. La tv pakistana certifica la morte di Haqqani, e, qualche giorno dopo, per il compleanno di Carrie, il suo team la festeggia regalandole una torta con su scritto The Drone Queen.
In seguito, le notizie sull'accaduto diventano più precise. Haqqani stava presenziando ad un matrimonio, oltre a lui le vittime sono 40 civili, tra i quali donne e bambini. Gli USA negano rapporti con l'accaduto. Nel frattempo, Aayan Ibrahim, uno studente di medicina che era presente al matrimonio ed è rimasto ferito, nipote di Haqqani, si sveglia e scopre che la madre e la sorella sono morte nell'attacco. Si accorge inoltre di aver videoregistrato il momento dell'attacco. Rahim, il suo compagno di stanza, invita Aayan a caricare il video su youtube; Aayan si rifiuta, ma Rahim lo carica ugualmente, sottraendo a Aayan il cellulare mentre lui dorme. Il video diventa virale in pochissimo tempo.
Lockhart avverte Carrie, aggiungendo che il Presidente USA è furioso, e che l'esercito pachistano sta chiedendo spiegazioni. Carrie viene quindi richiesta ad Islamabad per incontrare Sandy Bachman e l'ambasciatrice USA in Pakistan, Martha Boyd. Aayan è molto preoccupato, sa benissimo che il video può essere tracciato, e le agenzie di intelligence possono risalire a lui in poco tempo.
Sandy, poco prima di incontrare Carrie, esce dall'ambasciata da un passaggio segreto per andare ad incontrare la sua fonte. Sul luogo dell'incontro, un appartamento anonimo, scopre che la sua chiave non funziona più. Quinn, dislocato in Pakistan, va a prendere Carrie all'aeroporto; mentre sono lì, scoprono che l'identità di Sandy è trapelata verso stampa e tv, identificandolo come colui che c'è dietro il raid aereo. Riescono a raggiungere Sandy per telefono, e si precipitano in suo soccorso.
Fate come credete. Homeland è sopravvissuta alla morte di Brody, cambia ancora una volta pelle, ma anche questa quarta stagione si lascia vedere che è un piacere. Non solo. Come già riflettemmo in occasione di questo articolo, altri ne sono usciti sulla stampa internazionale, criticando la serie di essere troppo filo-USA, di semplificare tutto; la stagione della quale stiamo parlando ha suscitato forti indignazioni da parte pachistana; altre reazioni fanno invece pensare che gli autori non siano andati così lontani dalla vera situazione. Come che sia, e al netto di alcune sottotrame non perfettamente sviluppate o indovinate (ce ne sono a bizzeffe), Homeland svolge dannatamente bene il suo lavoro, e, visto il finale, si prepara a cambiare pelle ancora una volta con la quinta stagione.
Grande mattatore di questa quarta stagione, messa da parte una sempre intensa Claire Danes, è stato Rupert Friend nei panni di Peter Quinn. Nella parte di Aayan c'è Suraj Sharma (Vita di Pi), e in qualche episodio fa capolino Art Malik (segretario personale del papa in Borgia di Tom Fontana) nei panni del generale pachistano in pensione Bunran Latif. Raza Jaffrey (Aasar Khan) è bravo ma tiene poco a bada il suo accento molto inglese.
Tra i volti femminili, Laila Robins (In Treatment) è l'ambasciatrice Boyd, la bella Shavani Seth è Kiran (la fidanzata di Aayan), e l'intrigante Nimrat Kaur (The Lunchbox) è Tasneem Qureshi.
Spoiler alert: chi non ha visto le prime tre stagioni, è meglio che non legga.
E' passato un po' di tempo. Carrie ha partorito (Frannie, identica a Brody), è stata prima assegnata a Istanbul, dopo di che è stata nominata CIA Station Chief in Afghanistan. In tutto questo, ovviamente non si è portata dietro Frannie, che sta venendo cresciuta dal padre di Carrie, Frank, e soprattutto dalla sorella Maggie. Sempre più determinata, sempre più concentrata sul lavoro, Carrie e il suo team riceve informazioni dal suo omologo a Islamabad, Pakistan, Sandy Bachman, sulla collocazione di Haissam Haqqani, un personaggio considerato il capo dei talebani in Afghanistan, in quel momento il nemico pubblico numero uno degli USA. A domanda di Carrie, Sandy rifiuta di fornire la fonte, ma assicura che è la stessa che ha permesso loro le ultime quattro uccisioni importanti, nella lotta al terrorismo. Carrie autorizza l'attacco con i droni, che distrugge la fattoria indicata. La tv pakistana certifica la morte di Haqqani, e, qualche giorno dopo, per il compleanno di Carrie, il suo team la festeggia regalandole una torta con su scritto The Drone Queen.
In seguito, le notizie sull'accaduto diventano più precise. Haqqani stava presenziando ad un matrimonio, oltre a lui le vittime sono 40 civili, tra i quali donne e bambini. Gli USA negano rapporti con l'accaduto. Nel frattempo, Aayan Ibrahim, uno studente di medicina che era presente al matrimonio ed è rimasto ferito, nipote di Haqqani, si sveglia e scopre che la madre e la sorella sono morte nell'attacco. Si accorge inoltre di aver videoregistrato il momento dell'attacco. Rahim, il suo compagno di stanza, invita Aayan a caricare il video su youtube; Aayan si rifiuta, ma Rahim lo carica ugualmente, sottraendo a Aayan il cellulare mentre lui dorme. Il video diventa virale in pochissimo tempo.
Lockhart avverte Carrie, aggiungendo che il Presidente USA è furioso, e che l'esercito pachistano sta chiedendo spiegazioni. Carrie viene quindi richiesta ad Islamabad per incontrare Sandy Bachman e l'ambasciatrice USA in Pakistan, Martha Boyd. Aayan è molto preoccupato, sa benissimo che il video può essere tracciato, e le agenzie di intelligence possono risalire a lui in poco tempo.
Sandy, poco prima di incontrare Carrie, esce dall'ambasciata da un passaggio segreto per andare ad incontrare la sua fonte. Sul luogo dell'incontro, un appartamento anonimo, scopre che la sua chiave non funziona più. Quinn, dislocato in Pakistan, va a prendere Carrie all'aeroporto; mentre sono lì, scoprono che l'identità di Sandy è trapelata verso stampa e tv, identificandolo come colui che c'è dietro il raid aereo. Riescono a raggiungere Sandy per telefono, e si precipitano in suo soccorso.
Fate come credete. Homeland è sopravvissuta alla morte di Brody, cambia ancora una volta pelle, ma anche questa quarta stagione si lascia vedere che è un piacere. Non solo. Come già riflettemmo in occasione di questo articolo, altri ne sono usciti sulla stampa internazionale, criticando la serie di essere troppo filo-USA, di semplificare tutto; la stagione della quale stiamo parlando ha suscitato forti indignazioni da parte pachistana; altre reazioni fanno invece pensare che gli autori non siano andati così lontani dalla vera situazione. Come che sia, e al netto di alcune sottotrame non perfettamente sviluppate o indovinate (ce ne sono a bizzeffe), Homeland svolge dannatamente bene il suo lavoro, e, visto il finale, si prepara a cambiare pelle ancora una volta con la quinta stagione.
Grande mattatore di questa quarta stagione, messa da parte una sempre intensa Claire Danes, è stato Rupert Friend nei panni di Peter Quinn. Nella parte di Aayan c'è Suraj Sharma (Vita di Pi), e in qualche episodio fa capolino Art Malik (segretario personale del papa in Borgia di Tom Fontana) nei panni del generale pachistano in pensione Bunran Latif. Raza Jaffrey (Aasar Khan) è bravo ma tiene poco a bada il suo accento molto inglese.
Tra i volti femminili, Laila Robins (In Treatment) è l'ambasciatrice Boyd, la bella Shavani Seth è Kiran (la fidanzata di Aayan), e l'intrigante Nimrat Kaur (The Lunchbox) è Tasneem Qureshi.
20150128
punto di grazia
Gracepoint - di Chris Chibnall - Stagione 1 (10 episodi; Fox) - 2014
Gracepoint è una cittadina del nord della California, situata sul mare, vicina ad una splendida scogliera, un luogo dove è facile avvistare le balene. L'investigatrice (detective) Ellie Miller, della polizia locale, sposata con due figli, al rientro dalle vacanze trova una sorpresa che la mette davvero di cattivo umore, proprio a lei, sempre allegra e simpatica. Uno sconosciuto, tale Emmet Carver, viene nominato investigatore capo (lead detective). E pensare che Miller era sicura che il posto sarebbe stato suo, gliel'aveva promesso il suo capo. Il rapporto tra i due non parte, quindi, col piede giusto. Ad aggravare la cosa, il primo caso che si ritrovano da risolvere: viene ritrovato senza vita, il corpo di Danny Solano, sulla spiaggia sotto l'imponente scogliera locale. Miller e la sua famiglia sono molto amici dei Solano, Tom Miller, il figlio maggiore dei Miller, e Danny, erano migliori amici, inseparabili.
Un membro della scientifica rivela a Carver e Miller che la scena del crimine, la spiaggia, è stata chiaramente alterata, per simulare un incidente (o un suicidio), per far sembrare che il ragazzino si sia gettato dall'alto della scogliera: in realtà, Danny è stato ucciso da un forte trauma alla testa. I due investigatori informano i Solano della cosa.
Owen Burke, nipote di Miller, giornalista inesperto del quotidiano locale, mette su twitter informazioni che la zia gli fornisce inconsapevolmente, provocando ulteriori tensioni: Carver si infuria, i Solano si sentono circondati e impotenti, e si infuriano con Carver. Miller si prende tutta la responsabilità.
Arriva in città anche Renee Clemons, giornalista del San Francisco Globe, giornalista d'assalto e spregiudicata, che, scopriremo, ha a che fare con una ferita nel passato di Carver. La bella ragazza, vistasi rifiutare l'esclusiva dai Solano, "circuisce" immediatamente Owen, e riesce con un trucco scorretto, ad arrivare a Chloe, la sorella maggiore di Danny.
Miller parla con Tom, preoccupata delle conseguenze psicologiche che la morte dell'amico potranno avere sul proprio figlio, ma immediatamente dopo il colloquio, Tom "pulisce" il proprio cellulare ed il proprio computer, come a cancellare delle prove.
Miller e Carver recuperano dei filmati da una telecamera a circuito chiuso, dove si vede Danny, la notte della sua morte, sul suo skateboard lungo la strada principale di Gracepoint. Ellie osserva che non sono ancora riusciti a ritrovare né il cellulare, né lo skate di Danny.
Carver convoca una conferenza stampa, per tentare di arginare le polemiche provocate dalla fuga di notizie, e dal sentimento di paura sempre più forte che attraversa la cittadina, per un omicidio così brutale verso un ragazzino indifeso. Nel corso di questa conferenza stampa, invita chiunque abbia informazioni o sospetti a rivolgersi alla polizia, e conclude: "We will catch whoever did this" ("prenderemo chi ha fatto questo").
Sarò breve. Gracepoint, il remake statunitense della prima stagione dell'inglese Broadchurch, è stato un mezzo fiasco. La rete ha già comunicato che non ci sarà una seconda stagione (anche se in realtà era stata presentata cautamente come una miniserie). Per questo motivo, vi dico già da subito che non importa vi scomodiate a guardarla: guardate, se non l'avete vista, l'originale inglese, che dura pure due episodi in meno (e che è già alla seconda stagione, in onda proprio in questo periodo). Non vi fate attirare dal cast, e neppure dal fatto che siano state cambiate alcune cose, soprattutto nel finale. Non c'è assolutamente lo stesso pathos, e neppure le stesse grandiose prove attoriali. Io vi ho avvertito.
David Tennant interpreta lo stesso ruolo che aveva in Broadchurch (qui Emmett Carver, lì Alec Hardy), e se la cava dignitosamente mascherando il suo accentoinglese scozzese.
Anna Gunn (Breaking Bad) è Ellie Miller, senza infamia ma pure senza lode.
Michael Peña (American Hustle, Crash) è Mark Solano. Virginia Kull (Boardwalk Empire) è Beth Solano.
Nick Nolte è Jack Reinhold. Jacki Weaver è Susan Wright.
Josh Hamilton (American Horror Story - Coven) è Joe Miller.
Kevin Rankin (Breaking Bad) è Paul Coates (il prete).
Gracepoint è una cittadina del nord della California, situata sul mare, vicina ad una splendida scogliera, un luogo dove è facile avvistare le balene. L'investigatrice (detective) Ellie Miller, della polizia locale, sposata con due figli, al rientro dalle vacanze trova una sorpresa che la mette davvero di cattivo umore, proprio a lei, sempre allegra e simpatica. Uno sconosciuto, tale Emmet Carver, viene nominato investigatore capo (lead detective). E pensare che Miller era sicura che il posto sarebbe stato suo, gliel'aveva promesso il suo capo. Il rapporto tra i due non parte, quindi, col piede giusto. Ad aggravare la cosa, il primo caso che si ritrovano da risolvere: viene ritrovato senza vita, il corpo di Danny Solano, sulla spiaggia sotto l'imponente scogliera locale. Miller e la sua famiglia sono molto amici dei Solano, Tom Miller, il figlio maggiore dei Miller, e Danny, erano migliori amici, inseparabili.
Un membro della scientifica rivela a Carver e Miller che la scena del crimine, la spiaggia, è stata chiaramente alterata, per simulare un incidente (o un suicidio), per far sembrare che il ragazzino si sia gettato dall'alto della scogliera: in realtà, Danny è stato ucciso da un forte trauma alla testa. I due investigatori informano i Solano della cosa.
Owen Burke, nipote di Miller, giornalista inesperto del quotidiano locale, mette su twitter informazioni che la zia gli fornisce inconsapevolmente, provocando ulteriori tensioni: Carver si infuria, i Solano si sentono circondati e impotenti, e si infuriano con Carver. Miller si prende tutta la responsabilità.
Arriva in città anche Renee Clemons, giornalista del San Francisco Globe, giornalista d'assalto e spregiudicata, che, scopriremo, ha a che fare con una ferita nel passato di Carver. La bella ragazza, vistasi rifiutare l'esclusiva dai Solano, "circuisce" immediatamente Owen, e riesce con un trucco scorretto, ad arrivare a Chloe, la sorella maggiore di Danny.
Miller parla con Tom, preoccupata delle conseguenze psicologiche che la morte dell'amico potranno avere sul proprio figlio, ma immediatamente dopo il colloquio, Tom "pulisce" il proprio cellulare ed il proprio computer, come a cancellare delle prove.
Miller e Carver recuperano dei filmati da una telecamera a circuito chiuso, dove si vede Danny, la notte della sua morte, sul suo skateboard lungo la strada principale di Gracepoint. Ellie osserva che non sono ancora riusciti a ritrovare né il cellulare, né lo skate di Danny.
Carver convoca una conferenza stampa, per tentare di arginare le polemiche provocate dalla fuga di notizie, e dal sentimento di paura sempre più forte che attraversa la cittadina, per un omicidio così brutale verso un ragazzino indifeso. Nel corso di questa conferenza stampa, invita chiunque abbia informazioni o sospetti a rivolgersi alla polizia, e conclude: "We will catch whoever did this" ("prenderemo chi ha fatto questo").
Sarò breve. Gracepoint, il remake statunitense della prima stagione dell'inglese Broadchurch, è stato un mezzo fiasco. La rete ha già comunicato che non ci sarà una seconda stagione (anche se in realtà era stata presentata cautamente come una miniserie). Per questo motivo, vi dico già da subito che non importa vi scomodiate a guardarla: guardate, se non l'avete vista, l'originale inglese, che dura pure due episodi in meno (e che è già alla seconda stagione, in onda proprio in questo periodo). Non vi fate attirare dal cast, e neppure dal fatto che siano state cambiate alcune cose, soprattutto nel finale. Non c'è assolutamente lo stesso pathos, e neppure le stesse grandiose prove attoriali. Io vi ho avvertito.
David Tennant interpreta lo stesso ruolo che aveva in Broadchurch (qui Emmett Carver, lì Alec Hardy), e se la cava dignitosamente mascherando il suo accento
Anna Gunn (Breaking Bad) è Ellie Miller, senza infamia ma pure senza lode.
Michael Peña (American Hustle, Crash) è Mark Solano. Virginia Kull (Boardwalk Empire) è Beth Solano.
Nick Nolte è Jack Reinhold. Jacki Weaver è Susan Wright.
Josh Hamilton (American Horror Story - Coven) è Joe Miller.
Kevin Rankin (Breaking Bad) è Paul Coates (il prete).
20150127
Affrontare tutto e salire
F.E.A.R. - Papa Roach (2015)
Nono disco per i californiani Papa Roach, una band che a me è sempre piaciuta. Ora, intendiamoci, non è che la band di Jacoby Shaddix (pensate che è proprio il nome vero, e di secondo nome vero farebbe pure Dakota... ma che c'avevano in testa i suoi?) sia una di quelle che cambia, ha cambiato o cambierà la storia della musica, ma da un po' di tempo, ho come l'impressione che si siano adagiati nel punto dove sono arrivati, e non riescano, o non vogliano proprio, andare avanti, evolversi, progredire. Se per il precedente The Connection li "giustificavo" (un po' perché da molte parti ne parlavano male, un po' perché un minimo di progressione c'era, seppur impercettibile), qua c'è solo da sperare che venga loro qualche idea brillante per il prossimo disco.
Ed è una cosa strana da dire, perché in realtà il disco si ascolta con un certo piacere, seppure già al terzo giro ci si renda conto che i pezzi si assomigliano un po' tutti, e vengono in mente altre band che, giocoforza, si assomigliano (30 Seconds To Mars solo per dirne una). Non malaccio Gravity, impreziosita dalla voce di Maria Brink degli In This Moment.
L'acronimo del titolo ovviamente è "spiegato" dal titolo del secondo singolo, nonché primo videoclip (in stile Mad Max), Face Everything and Rise.
Ninth album for the californians Papa Roach, that, in brief, isn't so bad, you can listen it with pleasure, if you don't mind a sort of "nu metal" between 30 Seconds To Mars and Linkin Park; but it seems to me that Jacoby and his pals, are comfortable on their actual position, they aren't doing more efforts, in order to grow, even just a little.
Nono disco per i californiani Papa Roach, una band che a me è sempre piaciuta. Ora, intendiamoci, non è che la band di Jacoby Shaddix (pensate che è proprio il nome vero, e di secondo nome vero farebbe pure Dakota... ma che c'avevano in testa i suoi?) sia una di quelle che cambia, ha cambiato o cambierà la storia della musica, ma da un po' di tempo, ho come l'impressione che si siano adagiati nel punto dove sono arrivati, e non riescano, o non vogliano proprio, andare avanti, evolversi, progredire. Se per il precedente The Connection li "giustificavo" (un po' perché da molte parti ne parlavano male, un po' perché un minimo di progressione c'era, seppur impercettibile), qua c'è solo da sperare che venga loro qualche idea brillante per il prossimo disco.
Ed è una cosa strana da dire, perché in realtà il disco si ascolta con un certo piacere, seppure già al terzo giro ci si renda conto che i pezzi si assomigliano un po' tutti, e vengono in mente altre band che, giocoforza, si assomigliano (30 Seconds To Mars solo per dirne una). Non malaccio Gravity, impreziosita dalla voce di Maria Brink degli In This Moment.
L'acronimo del titolo ovviamente è "spiegato" dal titolo del secondo singolo, nonché primo videoclip (in stile Mad Max), Face Everything and Rise.
Ninth album for the californians Papa Roach, that, in brief, isn't so bad, you can listen it with pleasure, if you don't mind a sort of "nu metal" between 30 Seconds To Mars and Linkin Park; but it seems to me that Jacoby and his pals, are comfortable on their actual position, they aren't doing more efforts, in order to grow, even just a little.
20150126
Gomorrah
Gomorra - di Roberto Saviano, Stefano Bises, Leonardo Fasoli, Ludovica Rampoldi, Giovanni Bianconi - Stagione 1 (12 episodi; Sky Italia) - 2014
Ciro Di Marzio è detto Immortale. Fa parte della "famiglia" di camorra dei Savastano, al cui vertice si trova Don Pietro Savastano. Il quartiere in cui la famiglia opera è principalmente quello di Scampia. Ciro e il suo mentore, Attilio 'o trovatiello, sono stati incaricati da Don Pietro, di incendiare la casa della madre di Salvatore Conte, boss di un clan rivale dei Savastano, che gestisce la quasi totalità del traffico di hashish a Napoli e dintorni. Conte, al momento dell'incendio appiccato da Ciro e Attilio, è a cena dalla madre, ma si salva.
Iniziano così una serie di ritorsioni, alle quali Don Pietro decide di porre fine definitivamente comandando un assalto massivo al laboratorio di confezionamento del "prodotto" di Conte. Conte si salva e fugge all'estero; Attilio muore. Ciro, che aveva palesemente espresso ad Attilio i suoi dubbi sulla prima decisione di Don Pietro, inizia la sua rotta di collisione con il clan.
E' di questi giorni la notizia delle ottime "prestazioni" (recensioni e successo di spettatori) di Gomorra - La serie anche all'estero. Non c'erano dubbi: quando si decide di fare le cose per bene, con un budget serio e attori non improvvisati, ce la possiamo fare anche in Italia. Lo avevamo già visto con Romanzo Criminale: si sceglie una storia accattivante, violenta, magari pure vera, ci si mette al lavoro sceneggiatori veri, gli si dà un plot, e si gira con registi veri. Non è fusione a freddo: all'estero lo fanno, lo fanno negli USA, in UK, nel Nord Europa, in Spagna, in Francia, in Sud America. L'importante, come con tutte le cose, è farlo seriamente.
Gomorra - La serie mette insieme le atmosfere pulp del libro-inchiesta e del film di Garrone, ci mette subito in "contatto" con un protagonista anche troppo figo, e soprattutto, mette in piedi una storia coi controcazzi, che ti tiene incollato allo schermo fino alla fine, e lascia aperta la porta per l'immancabile seconda stagione.
Ottimo tutto. Nell'immensità del cast, mi ha colpito Salvatore Esposito, che interpreta Genny Savastano, autore di una trasformazione, nel corso della stagione, a dir poco impressionante. Ve ne consiglio la visione, anche per "staccare" un po' dalle serie statunitensi.
Ciro Di Marzio è detto Immortale. Fa parte della "famiglia" di camorra dei Savastano, al cui vertice si trova Don Pietro Savastano. Il quartiere in cui la famiglia opera è principalmente quello di Scampia. Ciro e il suo mentore, Attilio 'o trovatiello, sono stati incaricati da Don Pietro, di incendiare la casa della madre di Salvatore Conte, boss di un clan rivale dei Savastano, che gestisce la quasi totalità del traffico di hashish a Napoli e dintorni. Conte, al momento dell'incendio appiccato da Ciro e Attilio, è a cena dalla madre, ma si salva.
Iniziano così una serie di ritorsioni, alle quali Don Pietro decide di porre fine definitivamente comandando un assalto massivo al laboratorio di confezionamento del "prodotto" di Conte. Conte si salva e fugge all'estero; Attilio muore. Ciro, che aveva palesemente espresso ad Attilio i suoi dubbi sulla prima decisione di Don Pietro, inizia la sua rotta di collisione con il clan.
E' di questi giorni la notizia delle ottime "prestazioni" (recensioni e successo di spettatori) di Gomorra - La serie anche all'estero. Non c'erano dubbi: quando si decide di fare le cose per bene, con un budget serio e attori non improvvisati, ce la possiamo fare anche in Italia. Lo avevamo già visto con Romanzo Criminale: si sceglie una storia accattivante, violenta, magari pure vera, ci si mette al lavoro sceneggiatori veri, gli si dà un plot, e si gira con registi veri. Non è fusione a freddo: all'estero lo fanno, lo fanno negli USA, in UK, nel Nord Europa, in Spagna, in Francia, in Sud America. L'importante, come con tutte le cose, è farlo seriamente.
Gomorra - La serie mette insieme le atmosfere pulp del libro-inchiesta e del film di Garrone, ci mette subito in "contatto" con un protagonista anche troppo figo, e soprattutto, mette in piedi una storia coi controcazzi, che ti tiene incollato allo schermo fino alla fine, e lascia aperta la porta per l'immancabile seconda stagione.
Ottimo tutto. Nell'immensità del cast, mi ha colpito Salvatore Esposito, che interpreta Genny Savastano, autore di una trasformazione, nel corso della stagione, a dir poco impressionante. Ve ne consiglio la visione, anche per "staccare" un po' dalle serie statunitensi.
20150125
Cecchino americano
American Sniper - di Clint Eastwood (2014)
Giudizio sintetico: si può vedere, ma anche no (2,5/5)
Chris Kyle nasce l'8 aprile 1974 a Odessa, Texas, da un'insegnante e un diacono. Dimostra un carattere forte fin da bambino, difendendo il fratello piccolo anche nelle piccole beghe scolastiche. Il padre gli regala il suo primo fucile a otto anni, per la caccia. Dimostra subito buona mira. Crescendo, rimane molto legato al fratello minore, e dopo essersi distinto, negli anni della scuola, nel football e nel baseball, si dedica alla carriera professionale dei rodei; la carriera viene terminata per un infortunio al braccio. Recuperato l'infortunio, colpito dagli attentati alle ambasciate statunitensi in Tanzania ed in Kenya, si arruola nei marines, interessato alle operazioni speciali, ma viene rifiutato a causa dei perni che porta nel braccio (qui, il film soprassiede, e ci fa vedere direttamente l'arruolamento seguente e l'addestramento). Conosce un reclutatore che gli parla delle Forze Speciali e dei Rangers, poi un altro ancora che gli parla dei Navy SEALs. Entra in Marina nel 1999. Dopo gli attentati alle Torri Gemelle, sposa la moglie Taya, e parte per la prima volta per l'Iraq. Qui, diventa una leggenda (passerà alla storia come il cecchino più letale nella storia militare statunitense, con 160 vittime confermate - probabilmente sono state più di 250), ed ingaggia una sorta di duello a distanza con un cecchino siriano, arruolato tra gli insorti irakeni. Nel frattempo, mentre lui inanella quattro "turni" di missione in Iraq, la moglie gli dà due figli. Quando Chris torna a casa tra una missione e l'altra, Taya lo rimprovera costantemente di "non essere lì", in realtà.
Per conto mio, questo nuovo film di Clint Eastwood (ma non doveva smettere?), film che in Italia ma anche in giro ha polverizzato record di incassi, ha due grandi difetti.
Il primo, lo dico rischiando che magari ci vinca pure l'Oscar, è che il protagonista Chris Kyle è interpretato da Bradley Cooper. Cooper, pur ingrossato a dismisura per la parte (a occhio avrà messo su almeno 15 chili di massa muscolare), non mi è parso assolutamente adatto al ruolo. Come ve lo posso spiegare? Non riesce ad essere abbastanza "drammatico", a mio parere. Sarà la sua faccia da cazzo o i suoi occhi celesti, sarà invidia la mia, ma non è riuscito a trasmettermi alcunché, in generale durante la sua carriera (se non per alcuni bei film, che mi son piaciuti in quanto bei film), ma in special modo in questa parte. A parziale scusante, ho visto il film doppiato, e il doppiaggio della sua "voce italiana" Christian Iansante non aiuta: è decisamente una voce da film commedia.
Il secondo difetto è che Clint, come regista, da Invictus in poi non è più riuscito a fare un film travolgente, quantomeno a livello emozionale, cosa che invece gli era riuscita più volte in passato. Non so se stavolta il problema sia lo sceneggiatore (Jason Hall, una carriera discutibile a livello di scenggiatore), o il fatto che il regista non volesse essere troppo prevedibile, il film, pur partendo da una storia che, tutto sommato, era pronta per essere raccontata, per far discutere, finisce per perdersi nella parte "irakena", senza arrivare ad essere adrenalinico (ci voleva la Bigelow per questo), e per risultare abbastanza superficiale in quella che invece qualche critico sottolineava (probabilmente senza aver visto il film), e cioè quella della "decompressione", del ritorno alla vita normale, al disadattamento dei reduci, che viene liquidata in circa 7 minuti, più o meno.
Che sia un'occasione sprecata, o il segnale che, a differenza dei film sull'Olocausto o sul Vietnam, i film sulla cosiddetta esportazione della democrazia hanno già esaurito il loro momento propizio, giudicate voi. Sappiate però che potete risparmiarvi il prezzo del biglietto, perché questo film non è granché.
Giudizio sintetico: si può vedere, ma anche no (2,5/5)
Chris Kyle nasce l'8 aprile 1974 a Odessa, Texas, da un'insegnante e un diacono. Dimostra un carattere forte fin da bambino, difendendo il fratello piccolo anche nelle piccole beghe scolastiche. Il padre gli regala il suo primo fucile a otto anni, per la caccia. Dimostra subito buona mira. Crescendo, rimane molto legato al fratello minore, e dopo essersi distinto, negli anni della scuola, nel football e nel baseball, si dedica alla carriera professionale dei rodei; la carriera viene terminata per un infortunio al braccio. Recuperato l'infortunio, colpito dagli attentati alle ambasciate statunitensi in Tanzania ed in Kenya, si arruola nei marines, interessato alle operazioni speciali, ma viene rifiutato a causa dei perni che porta nel braccio (qui, il film soprassiede, e ci fa vedere direttamente l'arruolamento seguente e l'addestramento). Conosce un reclutatore che gli parla delle Forze Speciali e dei Rangers, poi un altro ancora che gli parla dei Navy SEALs. Entra in Marina nel 1999. Dopo gli attentati alle Torri Gemelle, sposa la moglie Taya, e parte per la prima volta per l'Iraq. Qui, diventa una leggenda (passerà alla storia come il cecchino più letale nella storia militare statunitense, con 160 vittime confermate - probabilmente sono state più di 250), ed ingaggia una sorta di duello a distanza con un cecchino siriano, arruolato tra gli insorti irakeni. Nel frattempo, mentre lui inanella quattro "turni" di missione in Iraq, la moglie gli dà due figli. Quando Chris torna a casa tra una missione e l'altra, Taya lo rimprovera costantemente di "non essere lì", in realtà.
Per conto mio, questo nuovo film di Clint Eastwood (ma non doveva smettere?), film che in Italia ma anche in giro ha polverizzato record di incassi, ha due grandi difetti.
Il primo, lo dico rischiando che magari ci vinca pure l'Oscar, è che il protagonista Chris Kyle è interpretato da Bradley Cooper. Cooper, pur ingrossato a dismisura per la parte (a occhio avrà messo su almeno 15 chili di massa muscolare), non mi è parso assolutamente adatto al ruolo. Come ve lo posso spiegare? Non riesce ad essere abbastanza "drammatico", a mio parere. Sarà la sua faccia da cazzo o i suoi occhi celesti, sarà invidia la mia, ma non è riuscito a trasmettermi alcunché, in generale durante la sua carriera (se non per alcuni bei film, che mi son piaciuti in quanto bei film), ma in special modo in questa parte. A parziale scusante, ho visto il film doppiato, e il doppiaggio della sua "voce italiana" Christian Iansante non aiuta: è decisamente una voce da film commedia.
Il secondo difetto è che Clint, come regista, da Invictus in poi non è più riuscito a fare un film travolgente, quantomeno a livello emozionale, cosa che invece gli era riuscita più volte in passato. Non so se stavolta il problema sia lo sceneggiatore (Jason Hall, una carriera discutibile a livello di scenggiatore), o il fatto che il regista non volesse essere troppo prevedibile, il film, pur partendo da una storia che, tutto sommato, era pronta per essere raccontata, per far discutere, finisce per perdersi nella parte "irakena", senza arrivare ad essere adrenalinico (ci voleva la Bigelow per questo), e per risultare abbastanza superficiale in quella che invece qualche critico sottolineava (probabilmente senza aver visto il film), e cioè quella della "decompressione", del ritorno alla vita normale, al disadattamento dei reduci, che viene liquidata in circa 7 minuti, più o meno.
Che sia un'occasione sprecata, o il segnale che, a differenza dei film sull'Olocausto o sul Vietnam, i film sulla cosiddetta esportazione della democrazia hanno già esaurito il loro momento propizio, giudicate voi. Sappiate però che potete risparmiarvi il prezzo del biglietto, perché questo film non è granché.
20150124
20150123
Paura e sabato sera
Fear and Saturday Night - Ryan Bingham (2015)
Come scrissi in occasione dell'altra, unica recensione (fino ad oggi) di un disco di Bingham, il ragazzo si chiama esattamente come il protagonista di Up in the Air, interpretato da George Clooney. In realtà, non me n'ero reso conto da solo: fu l'amico Monty a farmelo notare, e del resto non poteva essere altrimenti: l'americana è la sua tazza di té, non certo la mia. Come però ormai avrete capito, mi sono convinto di essere onnisciente, e quindi parlo spesso, a vanvera soprattutto, di qualsiasi genere: sono abbastanza convinto che, prima o poi, recensirò dischi di musica classica.
Fear and Saturday Night è il quinto disco del trentatreenne nato a Hobbs, New Mexico, cresciuto nel West Texas, graduato alla Westfield di Houston. La leggenda (Rolling Stone Country) vuole che Ryan (che di primo nome, pensate un po', fa proprio George) abbia composto questo disco in una roulotte (airstream trailer, per la precisione), parcheggiata sulle montagne della California (il giovanotto risiede a Los Angeles), senza elettricità né telefono cellulare, una situazione che gli ha dato la chiarezza per comporre canzoni ispirate dalla sua infanzia problematica, la morte per alcolismo della madre, il suicidio del padre. Non che ci creda molto, ma, siccome Bingham ha già vinto perfino un Oscar (per The Weary Kind, dalla colonna sonora di Crazy Heart, pezzo composto insieme al guru T-Bone Burnett), ormai ogni cosa che fa è normalmente ammantata, appunto, di leggenda. Perfino il pezzo che fa da sigla alla pessima serie televisiva The Bridge, Until I'm One With You, che si sposa perfettamente alle atmosfere della serie (non alla mediocrità della sceneggiatura).
Ora, di tutte queste cose mi frega il giusto. Quel che mi interessa è, come dico e ripeto spesso, la musica, addirittura più delle parole. E la musica è buona, a tratti buonissima. Immagino perfino che questo disco sarebbe gradito a Raylan Givens, il protagonista di Justified.
Fear and Saturday Night sicuramente non cambierà la storia della musica, né lui né nessun altro disco di Bingham, ma sicuramente il ragazzo sa come scrivere canzoni di un'americana che pesca da qualsiasi altro genere compatibile, ed è sicuramente uno di quei dischi che risultano perfetti per viaggiare in auto. Certamente, la sua voce calibrata, roca al punto giusto di "cottura", sexy e vagamente vissuta, è il valore aggiunto, ma non si può discutere il songwriting di pezzi quali Broken Heart Tattoos, Fear and Saturday Night, Radio.
"Nobody knows about my trouble, except for my baby and me", sings Ryan Bingham in the opener of his fifth album. Who knows if the baby in question is his wife, Anna Axster, director of his latest video clip, or even his guitar. Anyway, "Fear and Saturday Night", as his previous albums, will not change the history of music, but we can't deny that the guy is very good at writing songs, and his voice is sexy and beautiful.
So, I don't care about the legend or the truth, that he wrote this album in a trailer over California mountains, without electricity or cell phone, I don't care (even if I'm sorry about) of his mother's death by alcohol, or his father's suicide, I care about the music, and the music is good. Perfect for driving alone.
Come scrissi in occasione dell'altra, unica recensione (fino ad oggi) di un disco di Bingham, il ragazzo si chiama esattamente come il protagonista di Up in the Air, interpretato da George Clooney. In realtà, non me n'ero reso conto da solo: fu l'amico Monty a farmelo notare, e del resto non poteva essere altrimenti: l'americana è la sua tazza di té, non certo la mia. Come però ormai avrete capito, mi sono convinto di essere onnisciente, e quindi parlo spesso, a vanvera soprattutto, di qualsiasi genere: sono abbastanza convinto che, prima o poi, recensirò dischi di musica classica.
Fear and Saturday Night è il quinto disco del trentatreenne nato a Hobbs, New Mexico, cresciuto nel West Texas, graduato alla Westfield di Houston. La leggenda (Rolling Stone Country) vuole che Ryan (che di primo nome, pensate un po', fa proprio George) abbia composto questo disco in una roulotte (airstream trailer, per la precisione), parcheggiata sulle montagne della California (il giovanotto risiede a Los Angeles), senza elettricità né telefono cellulare, una situazione che gli ha dato la chiarezza per comporre canzoni ispirate dalla sua infanzia problematica, la morte per alcolismo della madre, il suicidio del padre. Non che ci creda molto, ma, siccome Bingham ha già vinto perfino un Oscar (per The Weary Kind, dalla colonna sonora di Crazy Heart, pezzo composto insieme al guru T-Bone Burnett), ormai ogni cosa che fa è normalmente ammantata, appunto, di leggenda. Perfino il pezzo che fa da sigla alla pessima serie televisiva The Bridge, Until I'm One With You, che si sposa perfettamente alle atmosfere della serie (non alla mediocrità della sceneggiatura).
Ora, di tutte queste cose mi frega il giusto. Quel che mi interessa è, come dico e ripeto spesso, la musica, addirittura più delle parole. E la musica è buona, a tratti buonissima. Immagino perfino che questo disco sarebbe gradito a Raylan Givens, il protagonista di Justified.
Fear and Saturday Night sicuramente non cambierà la storia della musica, né lui né nessun altro disco di Bingham, ma sicuramente il ragazzo sa come scrivere canzoni di un'americana che pesca da qualsiasi altro genere compatibile, ed è sicuramente uno di quei dischi che risultano perfetti per viaggiare in auto. Certamente, la sua voce calibrata, roca al punto giusto di "cottura", sexy e vagamente vissuta, è il valore aggiunto, ma non si può discutere il songwriting di pezzi quali Broken Heart Tattoos, Fear and Saturday Night, Radio.
"Nobody knows about my trouble, except for my baby and me", sings Ryan Bingham in the opener of his fifth album. Who knows if the baby in question is his wife, Anna Axster, director of his latest video clip, or even his guitar. Anyway, "Fear and Saturday Night", as his previous albums, will not change the history of music, but we can't deny that the guy is very good at writing songs, and his voice is sexy and beautiful.
So, I don't care about the legend or the truth, that he wrote this album in a trailer over California mountains, without electricity or cell phone, I don't care (even if I'm sorry about) of his mother's death by alcohol, or his father's suicide, I care about the music, and the music is good. Perfect for driving alone.
20150122
Risorse
The Assets - Scritta da Drew Chapman, Alex Berger, Bruce Terris, Karen Stillman, Sarah Byrd; diretta da Jeff T. Thomas, Adam Lucas Feinstein, Rudy Bednar, Trygve Allister Diesen, Peter Medak (2014) - Miniserie in 8 episodi - ABC
1985. Aldrich Ames, agente CIA, sta passando, già da qualche tempo, documenti considerati top-secret, all'ambasciata sovietica in Washington D.C.
Nel corso di una riunione del controspionaggio, l'agente CIA Sandra Grimes sta discutendo a proposito di un alto ufficiale del KGB, che già nel 1970 passò alla CIA informazioni molto utili; c'è in programma uno scambio di informazioni e denaro, ma l'asset (così, in inglese, ci si riferisce alle fonti, alle risorse di informazioni di controspionaggio) e l'agente CIA che doveva ricevere le nuove informazioni, sono entrambi catturati del KGB. L'agente viene rilasciato, ma l'asset viene ucciso.
La situazione preoccupa Sandra, che inizia ad indagare ossessivamente, scoprendo alcune cose che la fanno iniziare a sospettare che ci sia una talpa nella stessa CIA, nel suo stesso ufficio. Quasi negli stessi giorni, in Italia, un uomo che afferma di essere un alto colonnello del controspionaggio KGB, contatta l'ambasciata degli USA a Roma, dicendo che vuole disertare.
The Assets è una miniserie che ha battuto diversi record. Tutti negativi. Ha avuto il pilot meno visto di tutti i tempi, per quanto riguarda i 3 grandi network statunitensi (ABC, CBS e NBC); tanto per darvi un'idea, stiamo parlando di quasi 4 milioni di spettatori. Il 10 gennaio 2014, dopo soli 2 episodi, è stato cancellato dalla programmazione ABC, annunciando che gli episodi non andati in onda sarebbero poi stati mandati in seguito. Il 21 giugno 2014 è stato riprogrammato il terzo episodio, di sabato, ma già dopo il quarto episodio, la settimana seguente, la programmazione è stata nuovamente sospesa, sempre a causa di bassissimi dati di audience. I rimanenti 4 episodi sono quindi poi andati in onda a coppie, la domenica pomeriggio d'estate, a cavallo tra la fine di luglio e l'inizio di agosto.
Effettivamente, bisogna riconoscere che, seppure tratto da una storia vera che ebbe un eco rilevante, da un libro autobiografico scritto a quattro mani che soprattutto negli USA ha avuto un grande successo (Circle of Treason: A CIA Account of Traitor Aldrich Ames and the Men He Betrayed, di Sandra Grimes e Jeanne Vertefeuille), e che nonostante racconti una storia tutto sommato intrigante, la miniserie ha dei grossi difetti, e non è il massimo dell'intrattenimento. Giusto per il fatto che gli anni '80, almeno alla televisione, stanno andando forte, e per riempire i buchi di alcune sere, me la sono guardata senza impegno.
Quel che prima di tutto non ho capito, è il perché si sia scelto un cast praticamente tutto inglese per interpretare una storia tutta statunitense. Gli attori del cast sono poco conosciuti, se escludiamo la sempre bravissima Jodie Whittaker (qui Sandra Grimes; ultimamente in Broadchurch) e il belloccio Julian Ovenden (qui Gary Grimes, il marito dell'eroina; ultimamente in Downton Abbey), il che naturalmente non sottintende che gli altri non siano bravi, al contrario. Ma, a mio giudizio, c'è una generale "ingessatura" di fondo, nelle dinamiche, nei flashback, nelle scene in interno (e pure in quelle esterne), insomma, il tutto risulta davvero poco naturale, difficilmente credibile, poco appassionante (se si eccettua, per me, la visione di Catalina Denis nei panni di Rosario Ames; l'avevamo vista pure in The Tunnel). In definitiva, storia interessante, svolgimento non all'altezza. Se interessasse, qua la storia di Ames, e le bio di Grimes e Vertefeuille.
1985. Aldrich Ames, agente CIA, sta passando, già da qualche tempo, documenti considerati top-secret, all'ambasciata sovietica in Washington D.C.
Nel corso di una riunione del controspionaggio, l'agente CIA Sandra Grimes sta discutendo a proposito di un alto ufficiale del KGB, che già nel 1970 passò alla CIA informazioni molto utili; c'è in programma uno scambio di informazioni e denaro, ma l'asset (così, in inglese, ci si riferisce alle fonti, alle risorse di informazioni di controspionaggio) e l'agente CIA che doveva ricevere le nuove informazioni, sono entrambi catturati del KGB. L'agente viene rilasciato, ma l'asset viene ucciso.
La situazione preoccupa Sandra, che inizia ad indagare ossessivamente, scoprendo alcune cose che la fanno iniziare a sospettare che ci sia una talpa nella stessa CIA, nel suo stesso ufficio. Quasi negli stessi giorni, in Italia, un uomo che afferma di essere un alto colonnello del controspionaggio KGB, contatta l'ambasciata degli USA a Roma, dicendo che vuole disertare.
The Assets è una miniserie che ha battuto diversi record. Tutti negativi. Ha avuto il pilot meno visto di tutti i tempi, per quanto riguarda i 3 grandi network statunitensi (ABC, CBS e NBC); tanto per darvi un'idea, stiamo parlando di quasi 4 milioni di spettatori. Il 10 gennaio 2014, dopo soli 2 episodi, è stato cancellato dalla programmazione ABC, annunciando che gli episodi non andati in onda sarebbero poi stati mandati in seguito. Il 21 giugno 2014 è stato riprogrammato il terzo episodio, di sabato, ma già dopo il quarto episodio, la settimana seguente, la programmazione è stata nuovamente sospesa, sempre a causa di bassissimi dati di audience. I rimanenti 4 episodi sono quindi poi andati in onda a coppie, la domenica pomeriggio d'estate, a cavallo tra la fine di luglio e l'inizio di agosto.
Effettivamente, bisogna riconoscere che, seppure tratto da una storia vera che ebbe un eco rilevante, da un libro autobiografico scritto a quattro mani che soprattutto negli USA ha avuto un grande successo (Circle of Treason: A CIA Account of Traitor Aldrich Ames and the Men He Betrayed, di Sandra Grimes e Jeanne Vertefeuille), e che nonostante racconti una storia tutto sommato intrigante, la miniserie ha dei grossi difetti, e non è il massimo dell'intrattenimento. Giusto per il fatto che gli anni '80, almeno alla televisione, stanno andando forte, e per riempire i buchi di alcune sere, me la sono guardata senza impegno.
Quel che prima di tutto non ho capito, è il perché si sia scelto un cast praticamente tutto inglese per interpretare una storia tutta statunitense. Gli attori del cast sono poco conosciuti, se escludiamo la sempre bravissima Jodie Whittaker (qui Sandra Grimes; ultimamente in Broadchurch) e il belloccio Julian Ovenden (qui Gary Grimes, il marito dell'eroina; ultimamente in Downton Abbey), il che naturalmente non sottintende che gli altri non siano bravi, al contrario. Ma, a mio giudizio, c'è una generale "ingessatura" di fondo, nelle dinamiche, nei flashback, nelle scene in interno (e pure in quelle esterne), insomma, il tutto risulta davvero poco naturale, difficilmente credibile, poco appassionante (se si eccettua, per me, la visione di Catalina Denis nei panni di Rosario Ames; l'avevamo vista pure in The Tunnel). In definitiva, storia interessante, svolgimento non all'altezza. Se interessasse, qua la storia di Ames, e le bio di Grimes e Vertefeuille.
20150121
bunch of money and other stories
Per la serie esticazzi alla romana*, sappiate che scrivo questo post di sabato, ma sarà pubblicato dopo che ho depositato l'assegno in banca. Quindi, non venite a tentare di estorcermelo. Cosa? Il bunch of money del titolo.
Ebbene si. Anche il 2015 è iniziato col botto: ho messo in vendita l'appartamento che fino a un mese fa stavo affittando, e poco dopo l'agenzia immobiliare ha trovato dei compratori. Scrivo nel giorno in cui abbiamo firmato il cosiddetto compromesso; i compratori mi hanno dato un assegno che definirei importante (l'equivalente del costo di un'autovettura nuova del segmento C). Il resto, oltre il doppio di quello di oggi, a contratto di vendita ultimato davanti al notaio, nel giro di un paio di mesi.
E' una sensazione particolare. Non ricordo di aver mai avuto in tasca tanti soldi, se non per pagare qualcosa, ma probabilmente erano cifre più piccole. Nonostante stia accadendo una cosa della quale forse vi parlerò in futuro, una cosa che potrebbe far sembrare questa decisione errata, almeno in questo momento, sono decisamente convinto di aver preso la giusta decisione: comprato 18 anni fa con le lire, l'ho rivenduto praticamente al doppio, quindi posso ritenermi soddisfatto, soprattutto perché non è che siamo in un momento particolarmente florido o propenso alle grandi vendite.
I motivi sono vari, e potete facilmente intuirli da soli; in definitiva, lo acquistai per abitarci, ma in realtà vi ho abitato per 3 anni, dopo di che la situazione cambiò, e da circa 15 anni abito da solo nella grande casa di famiglia, casa che alcuni di voi lettori conoscono.
Insomma, questo per dirvi che il buon momento continua. Non ultimo, un fatterello che fino a qualche anno fa mi sarebbe stato indifferente, è accaduto qualche giorno fa, e mi ha lasciato uno strascico tutto sommato molto positivo, senza apparentemente spostare di una virgola gli equilibri mondiali.
Un collega, che occupa una posizione più alta della mia, di base al quartier generale belga della società per cui lavoro, sta per cambiare posizione; ci è stata data la comunicazione, e ci è stato detto che verrà aperto, come va di moda adesso, un job posting, per il quale ognuno, teoricamente, può fare la sua application. Il posto è libero, ognuno può candidarsi, se pensa di esserne in grado. Scherzando, ho domandato al mio capo se secondo lei potevo candidarmi. Lei mi ha guardato come se avessi detto una stronzata colossale, e quasi infastidita dalla mia ingenuità (e secondo me esagerando), mi ha risposto "scherzi? tu ne vali due". Quasi sorpreso, ho buttato lì la cosa ad altri colleghi, e la risposta di tutti è stata che in definitiva dovevo provarci. Continuo a pensare che esagerino, e che la cosa non sia alla mia portata, ma non posso negare di starci pensando, almeno un po'.
La cosa che mi lascia del tutto tranquillo è che non la vedo come una questione di "ora o mai più". Secondo me treni del genere passano continuamente. L'importante è lavorare con diligenza; e poi, in fondo, anche solo il fatto che il mio capo e alcuni colleghi siano convinti che io potrei essere in grado di occupare quel posto, per me è una grandissima soddisfazione.
Ebbene si. Anche il 2015 è iniziato col botto: ho messo in vendita l'appartamento che fino a un mese fa stavo affittando, e poco dopo l'agenzia immobiliare ha trovato dei compratori. Scrivo nel giorno in cui abbiamo firmato il cosiddetto compromesso; i compratori mi hanno dato un assegno che definirei importante (l'equivalente del costo di un'autovettura nuova del segmento C). Il resto, oltre il doppio di quello di oggi, a contratto di vendita ultimato davanti al notaio, nel giro di un paio di mesi.
E' una sensazione particolare. Non ricordo di aver mai avuto in tasca tanti soldi, se non per pagare qualcosa, ma probabilmente erano cifre più piccole. Nonostante stia accadendo una cosa della quale forse vi parlerò in futuro, una cosa che potrebbe far sembrare questa decisione errata, almeno in questo momento, sono decisamente convinto di aver preso la giusta decisione: comprato 18 anni fa con le lire, l'ho rivenduto praticamente al doppio, quindi posso ritenermi soddisfatto, soprattutto perché non è che siamo in un momento particolarmente florido o propenso alle grandi vendite.
I motivi sono vari, e potete facilmente intuirli da soli; in definitiva, lo acquistai per abitarci, ma in realtà vi ho abitato per 3 anni, dopo di che la situazione cambiò, e da circa 15 anni abito da solo nella grande casa di famiglia, casa che alcuni di voi lettori conoscono.
Insomma, questo per dirvi che il buon momento continua. Non ultimo, un fatterello che fino a qualche anno fa mi sarebbe stato indifferente, è accaduto qualche giorno fa, e mi ha lasciato uno strascico tutto sommato molto positivo, senza apparentemente spostare di una virgola gli equilibri mondiali.
Un collega, che occupa una posizione più alta della mia, di base al quartier generale belga della società per cui lavoro, sta per cambiare posizione; ci è stata data la comunicazione, e ci è stato detto che verrà aperto, come va di moda adesso, un job posting, per il quale ognuno, teoricamente, può fare la sua application. Il posto è libero, ognuno può candidarsi, se pensa di esserne in grado. Scherzando, ho domandato al mio capo se secondo lei potevo candidarmi. Lei mi ha guardato come se avessi detto una stronzata colossale, e quasi infastidita dalla mia ingenuità (e secondo me esagerando), mi ha risposto "scherzi? tu ne vali due". Quasi sorpreso, ho buttato lì la cosa ad altri colleghi, e la risposta di tutti è stata che in definitiva dovevo provarci. Continuo a pensare che esagerino, e che la cosa non sia alla mia portata, ma non posso negare di starci pensando, almeno un po'.
La cosa che mi lascia del tutto tranquillo è che non la vedo come una questione di "ora o mai più". Secondo me treni del genere passano continuamente. L'importante è lavorare con diligenza; e poi, in fondo, anche solo il fatto che il mio capo e alcuni colleghi siano convinti che io potrei essere in grado di occupare quel posto, per me è una grandissima soddisfazione.
20150120
L'imperatore pallido
The Pale Emperor - Marilyn Manson (2015)
Sarà pure la solita zuppa, ma intanto vuol dire che il Reverendo è riuscito a creare, in tutti questi anni di attività, un suo stile, personale e riconoscibilissimo (tra l'altro, vanta numerosi tentativi di imitazione). E poi voglio dire, in quanto metalhead, è difficile resistere al tiro di pezzi quali Deep Six, per quanto telefonati. E quanto sono fighi gli armonici decisamente rock and roll? Insomma, sappiamo che Manson o si ama o si odia, e come sapete, io appartengo alla prima categoria, senza averne fatto un idolo o portarmi dietro i santini nel portafoglio.
Questo nono album del nostro, mostra una compattezza invidiabile, seppure molti dei brani contenuti siano già conosciuti ed editi in precedenza: Cupid Carries a Gun era la sigla di Salem, Killing Strangers era in John Wick (film con Keanu Reeves, inedito in Italia), Third Day of a Seven Day Binge è stata fatta ascoltare su BBC1 il 26 di ottobre, e subito dopo messa in free download sul sito ufficiale della band, ed infine Deep Six è stata fatta uscire come singolo il 16 dicembre 2014.
C'è, forte, la mano di Tyler Bates su questo disco. Chitarrista e tastierista inglobato adesso nella band, ma in realtà compositore principalmente di colonne sonore, produttore (anche di questo disco), compositore anche di colonne sonore di videogiochi, ha lavorato con Zack Snyder, Neil Marshall, Rob Zombie, William Friedkin, ha scritto i temi principali di Californication, e via discorrendo. Forse per questo, forse per le "tentazioni" recitative sempre meno occasionali di Manson, il disco ha un respiro "cinematografico", e, se durerà, la collaborazione tra Manson e Bates potrebbe indirizzare la band verso territori interessanti.
Per la cronaca, sono della partita a livello strumentale Twiggy Ramirez / Jeordie White al basso, nientemeno che Gil Sharone (The Dillinger Escape Plan, Puscifer, Stolen Babies) alla batteria, e addirittura Shooter Jennings alle chitarre addizionali. Direi niente male.
Love him or leave him, Marilyn Manson has reached, during all these years of activity, to create a personal and unmistakable factory brand. He is continuing along his road, but this time there's mister Tyler Bates, experienced composer of music in movies, television series and video games, to help and address the work in a cinematic direction. I think that, if this collaboration will last, there could be some interesting implications.
Anyway, "The Pale Emperor" sounds massive, although some songs were already known, and the band is now like a supergroup. Besides Bates (composer, producer, guitarist, keyboardist), there are Jeordie White aka Twiggy Ramirez on bass, Gil Sharone on drums, and Shooter Jennings on additional guitars. Not bad at all.
Sarà pure la solita zuppa, ma intanto vuol dire che il Reverendo è riuscito a creare, in tutti questi anni di attività, un suo stile, personale e riconoscibilissimo (tra l'altro, vanta numerosi tentativi di imitazione). E poi voglio dire, in quanto metalhead, è difficile resistere al tiro di pezzi quali Deep Six, per quanto telefonati. E quanto sono fighi gli armonici decisamente rock and roll? Insomma, sappiamo che Manson o si ama o si odia, e come sapete, io appartengo alla prima categoria, senza averne fatto un idolo o portarmi dietro i santini nel portafoglio.
Questo nono album del nostro, mostra una compattezza invidiabile, seppure molti dei brani contenuti siano già conosciuti ed editi in precedenza: Cupid Carries a Gun era la sigla di Salem, Killing Strangers era in John Wick (film con Keanu Reeves, inedito in Italia), Third Day of a Seven Day Binge è stata fatta ascoltare su BBC1 il 26 di ottobre, e subito dopo messa in free download sul sito ufficiale della band, ed infine Deep Six è stata fatta uscire come singolo il 16 dicembre 2014.
C'è, forte, la mano di Tyler Bates su questo disco. Chitarrista e tastierista inglobato adesso nella band, ma in realtà compositore principalmente di colonne sonore, produttore (anche di questo disco), compositore anche di colonne sonore di videogiochi, ha lavorato con Zack Snyder, Neil Marshall, Rob Zombie, William Friedkin, ha scritto i temi principali di Californication, e via discorrendo. Forse per questo, forse per le "tentazioni" recitative sempre meno occasionali di Manson, il disco ha un respiro "cinematografico", e, se durerà, la collaborazione tra Manson e Bates potrebbe indirizzare la band verso territori interessanti.
Per la cronaca, sono della partita a livello strumentale Twiggy Ramirez / Jeordie White al basso, nientemeno che Gil Sharone (The Dillinger Escape Plan, Puscifer, Stolen Babies) alla batteria, e addirittura Shooter Jennings alle chitarre addizionali. Direi niente male.
Love him or leave him, Marilyn Manson has reached, during all these years of activity, to create a personal and unmistakable factory brand. He is continuing along his road, but this time there's mister Tyler Bates, experienced composer of music in movies, television series and video games, to help and address the work in a cinematic direction. I think that, if this collaboration will last, there could be some interesting implications.
Anyway, "The Pale Emperor" sounds massive, although some songs were already known, and the band is now like a supergroup. Besides Bates (composer, producer, guitarist, keyboardist), there are Jeordie White aka Twiggy Ramirez on bass, Gil Sharone on drums, and Shooter Jennings on additional guitars. Not bad at all.
20150119
Bianco Natale
Black Mirror - di Charlie Brooker - Stagione 3 / Christmas Special (1 episodio dal titolo White Christmas; Channel 4) - 2014
Siamo in un futuro prossimo. Joe Potter e Matt Trent condividono casa e lavoro in un remoto avamposto chissà dove, in mezzo al bianco accecante della neve tutta intorno. Il giorno di Natale, Joe si sveglia e trova Matt che sta preparando il pranzo di Natale, al suono della radio che manda I Wish It Could Be Christmas Everyday. Matt tenta di coinvolgere Joe in una conversazione quasi normale, chiedendogli perché si è ritrovato a vivere e a lavorare lì, un argomento che non avevano evidentemente mai discusso nei 5 anni in cui si erano ritrovati fianco a fianco. Joe si rivela piuttosto riluttante, mentre Matt rivela il suo "segreto".
Da qui, partono tre sottotrame.
Matt comincia a raccontare di quello che lo ha portato lì, che però in realtà era solo il suo hobby, e non il suo vero lavoro. L'hobby era l'essere un dating coach, per single con problemi relazionali; tramite lo Z-Eye, un apparecchio che si può impiantare nell'occhio, e che permette di accedere ad Internet, Matt, tra gli altri, ha guidato Harry a concludere un appuntamento con la misteriosa e riservata Jennifer, una storia che si è conclusa molto male. La particolarità di questi incontri guidati era che Matt e il suo cliente non erano "soli", ma un gruppo di persone era online, tutti potevano vedere cosa accadeva attraverso lo Z-Eye del cliente, ed il cliente stesso era consapevole di ciò.
Alla fine di questa prima storia, Matt racconta di essere stato bloccato da sua moglie. Il blocco si può ottenere sempre attraverso lo Z-Eye, e rende la persona bloccata invisibile e inaudibile all'altro. Il bloccato vede l'altra persona come una sagoma indistinguibile fatta di pixel.
Ma il lavoro di Matt era un altro. E lo racconta iniziando dalla storia di Greta, una donna ricca ed esigente, che era in un ospedale in attesa di una piccola operazione. L'operazione in questione è l'estrazione dalla sua testa di un piccolo dispositivo chiamato cookie. Il cookie non è altro che una sorta di altra coscienza dell'individuo che se lo è fatto impiantare; il cookie di Greta, posto in un apposito dispositivo, è contattato da Matt (questo il suo vero ex lavoro), che le comunica la verità. Lei non è la vera Greta, ma solo una sua copia digitale, programmata per apprendere tutte le esigenze, a pensare come lei, in modo da essere poi usata per comandare in maniera domotica la sua elegante casa, senza che la vera Greta abbia bisogno di azionare pulsanti, schioccare le dita, e neppure pensare di volere qualcosa. Il compito di Matt non termina ovviamente alla spiegazione: la copie digitali sono ancora convinte di essere umane, per cui inizialmente si ribellano; Matt, tramite torture psicologiche avanzatissime, deve piegare le loro resistenze, e renderle adeguate e docili per il compito.
Joe, disgustato dal vero lavoro di Matt, rompe finalmente il suo silenzio, e rivela il motivo per cui si trova lì.
Fidanzato felicemente con la bella Beth, l'unica preoccupazione di Joe era il fatto che il di lei padre non lo vedeva di buon occhio. Non era però l'unico problema. Una sera, a cena con una coppia di amici (colleghi di Beth, che stavano insieme proprio perché introdotti l'un l'altra da Beth), Joe alticcio si accorge che Beth non è proprio di buon umore. A casa, scopre che è incinta. Ma, mentre lui è al settimo cielo, lei gli rivela di voler abortire. Lui, ancora mezzo ubriaco, la accusa di crudeltà, e lei sconvolta, lo blocca. E, non contenta, lo lascia, andando via di casa, e lasciando il blocco attivo. Joe non accetta la cosa, continua a cercarla, e un giorno intravede la sua sagoma, rendendosi conto che è ancora incinta. Non ha quindi abortito. La cosa lo sconvolge ancora di più, la affronta, la supplica, ma lei lo fa arrestare e gli impone un ordine restrittivo. Lui comincia a sorvegliare la casa del padre ogni Natale, vede crescere il figlio, e ad un certo punto si accorge che è una bambina: il blocco è ereditario, e anche lei è una sagoma di pixel, per Joe.
Un giorno, guardando le notizie alla tv, Joe viene a conoscenza che Beth è morta in un incidente ferroviario. La sua morte ha rimosso il blocco: può vedere finalmente sua figlia. Ma quando la vede...
Beh, non importa che vi confessi che mi sono divertito quasi quanto durante la visione, a riassumervi la trama di White Christmas. Purtroppo, Charlie Brooker non è riuscito ad andare oltre ad un solo episodio da 75 minuti circa, ma la densità di questo episodio è tale da renderlo un regalo più che gradito.
So che ormai sembro un crociato, ma se questo non è grande cinema, meglio del cinema, non so cos'altro fare per sostenere la mia teoria.
Charlie Brooker è un genio, e questo White Christmas è quanto di meglio si possa vedere nella fiction, quantomeno di un certo tipo di fantascienza. E vorrei davvero che fosse possibile vedere più storie scritte da Brooker.
Per questo speciale natalizio, dall'ottima realizzazione visiva e dall'incedere apparentemente rilassato, ma al contrario dal ritmo molto sostenuto, e come al solito, visionario ma forse non troppo, è stato riunito un ottimo cast.
Jon Hamm (Mad Men) è Matt Trent.
Rafe Spall (Vita di Pi) è Joe Potter.
Oona Chaplin (Game of Thrones, The Hour) è Greta.
Natalia Tena (Game of Thrones, è Osha) è Jennifer.
Janet Montgomery (Salem) è Beth.
Dirige ottimamente Carl Tibbetts, che aveva debuttato con Retreat.
Siamo in un futuro prossimo. Joe Potter e Matt Trent condividono casa e lavoro in un remoto avamposto chissà dove, in mezzo al bianco accecante della neve tutta intorno. Il giorno di Natale, Joe si sveglia e trova Matt che sta preparando il pranzo di Natale, al suono della radio che manda I Wish It Could Be Christmas Everyday. Matt tenta di coinvolgere Joe in una conversazione quasi normale, chiedendogli perché si è ritrovato a vivere e a lavorare lì, un argomento che non avevano evidentemente mai discusso nei 5 anni in cui si erano ritrovati fianco a fianco. Joe si rivela piuttosto riluttante, mentre Matt rivela il suo "segreto".
Da qui, partono tre sottotrame.
Matt comincia a raccontare di quello che lo ha portato lì, che però in realtà era solo il suo hobby, e non il suo vero lavoro. L'hobby era l'essere un dating coach, per single con problemi relazionali; tramite lo Z-Eye, un apparecchio che si può impiantare nell'occhio, e che permette di accedere ad Internet, Matt, tra gli altri, ha guidato Harry a concludere un appuntamento con la misteriosa e riservata Jennifer, una storia che si è conclusa molto male. La particolarità di questi incontri guidati era che Matt e il suo cliente non erano "soli", ma un gruppo di persone era online, tutti potevano vedere cosa accadeva attraverso lo Z-Eye del cliente, ed il cliente stesso era consapevole di ciò.
Alla fine di questa prima storia, Matt racconta di essere stato bloccato da sua moglie. Il blocco si può ottenere sempre attraverso lo Z-Eye, e rende la persona bloccata invisibile e inaudibile all'altro. Il bloccato vede l'altra persona come una sagoma indistinguibile fatta di pixel.
Ma il lavoro di Matt era un altro. E lo racconta iniziando dalla storia di Greta, una donna ricca ed esigente, che era in un ospedale in attesa di una piccola operazione. L'operazione in questione è l'estrazione dalla sua testa di un piccolo dispositivo chiamato cookie. Il cookie non è altro che una sorta di altra coscienza dell'individuo che se lo è fatto impiantare; il cookie di Greta, posto in un apposito dispositivo, è contattato da Matt (questo il suo vero ex lavoro), che le comunica la verità. Lei non è la vera Greta, ma solo una sua copia digitale, programmata per apprendere tutte le esigenze, a pensare come lei, in modo da essere poi usata per comandare in maniera domotica la sua elegante casa, senza che la vera Greta abbia bisogno di azionare pulsanti, schioccare le dita, e neppure pensare di volere qualcosa. Il compito di Matt non termina ovviamente alla spiegazione: la copie digitali sono ancora convinte di essere umane, per cui inizialmente si ribellano; Matt, tramite torture psicologiche avanzatissime, deve piegare le loro resistenze, e renderle adeguate e docili per il compito.
Joe, disgustato dal vero lavoro di Matt, rompe finalmente il suo silenzio, e rivela il motivo per cui si trova lì.
Fidanzato felicemente con la bella Beth, l'unica preoccupazione di Joe era il fatto che il di lei padre non lo vedeva di buon occhio. Non era però l'unico problema. Una sera, a cena con una coppia di amici (colleghi di Beth, che stavano insieme proprio perché introdotti l'un l'altra da Beth), Joe alticcio si accorge che Beth non è proprio di buon umore. A casa, scopre che è incinta. Ma, mentre lui è al settimo cielo, lei gli rivela di voler abortire. Lui, ancora mezzo ubriaco, la accusa di crudeltà, e lei sconvolta, lo blocca. E, non contenta, lo lascia, andando via di casa, e lasciando il blocco attivo. Joe non accetta la cosa, continua a cercarla, e un giorno intravede la sua sagoma, rendendosi conto che è ancora incinta. Non ha quindi abortito. La cosa lo sconvolge ancora di più, la affronta, la supplica, ma lei lo fa arrestare e gli impone un ordine restrittivo. Lui comincia a sorvegliare la casa del padre ogni Natale, vede crescere il figlio, e ad un certo punto si accorge che è una bambina: il blocco è ereditario, e anche lei è una sagoma di pixel, per Joe.
Un giorno, guardando le notizie alla tv, Joe viene a conoscenza che Beth è morta in un incidente ferroviario. La sua morte ha rimosso il blocco: può vedere finalmente sua figlia. Ma quando la vede...
Beh, non importa che vi confessi che mi sono divertito quasi quanto durante la visione, a riassumervi la trama di White Christmas. Purtroppo, Charlie Brooker non è riuscito ad andare oltre ad un solo episodio da 75 minuti circa, ma la densità di questo episodio è tale da renderlo un regalo più che gradito.
So che ormai sembro un crociato, ma se questo non è grande cinema, meglio del cinema, non so cos'altro fare per sostenere la mia teoria.
Charlie Brooker è un genio, e questo White Christmas è quanto di meglio si possa vedere nella fiction, quantomeno di un certo tipo di fantascienza. E vorrei davvero che fosse possibile vedere più storie scritte da Brooker.
Per questo speciale natalizio, dall'ottima realizzazione visiva e dall'incedere apparentemente rilassato, ma al contrario dal ritmo molto sostenuto, e come al solito, visionario ma forse non troppo, è stato riunito un ottimo cast.
Jon Hamm (Mad Men) è Matt Trent.
Rafe Spall (Vita di Pi) è Joe Potter.
Oona Chaplin (Game of Thrones, The Hour) è Greta.
Natalia Tena (Game of Thrones, è Osha) è Jennifer.
Janet Montgomery (Salem) è Beth.
Dirige ottimamente Carl Tibbetts, che aveva debuttato con Retreat.
20150118
1 - Bianco
Posizione 1 / Position 1
Neneh Cherry
Blank Project
Giù il cappello: la regina è tornata, e spacca. Disco avvolgente.
Hats off: the queen is back, and she smashed the competitors. Enveloping and involving album.
Neneh Cherry
Blank Project
Giù il cappello: la regina è tornata, e spacca. Disco avvolgente.
Hats off: the queen is back, and she smashed the competitors. Enveloping and involving album.
20150117
20150116
2 - Sole
Posizione 2 / Position 2
Mastodon
Once More 'Round the Sun
Il metal moderno viaggia di pari passo con i nuovi dischi dei Mastodon. Che non deludono neppure questa volta.
The modern Heavy Metal music goes hand in hand with the new albums of Mastodon. They didn't disappointed us this time either.
Mastodon
Once More 'Round the Sun
Il metal moderno viaggia di pari passo con i nuovi dischi dei Mastodon. Che non deludono neppure questa volta.
The modern Heavy Metal music goes hand in hand with the new albums of Mastodon. They didn't disappointed us this time either.
20150115
20150114
4 - Caustico
Posizione 4 / Position 4
Paolo Nutini
Caustic Love
Non c'è niente da fare: il ragazzo è bravo.
There's nothing to do: the guy is good.
Paolo Nutini
Caustic Love
Non c'è niente da fare: il ragazzo è bravo.
There's nothing to do: the guy is good.
20150113
5 - Messia
Posizione 5 / Position 5
D'Angelo and The Vanguard
Black Messiah
A parte la musica (che è stupenda), è tutto nella tagline che appare sul disco: tutto quello che volevamo era la possibilità di parlare, invece quello che abbiamo ottenuto è stato farci uccidere ("outlined in chalk" credo che a questo faccia riferimento).
The music is great, but it's all in the tagline: "All we wanted was a chance to talk, stead we only got outlined in chalk".
D'Angelo and The Vanguard
Black Messiah
A parte la musica (che è stupenda), è tutto nella tagline che appare sul disco: tutto quello che volevamo era la possibilità di parlare, invece quello che abbiamo ottenuto è stato farci uccidere ("outlined in chalk" credo che a questo faccia riferimento).
The music is great, but it's all in the tagline: "All we wanted was a chance to talk, stead we only got outlined in chalk".
20150112
6 - Siamo
Posizione 6 / Position 6
Sharon Van Etten
Are We There
Forse è nato, per me, un nuovo amore musicale.
Maybe, for me, a new musical love is born.
Sharon Van Etten
Are We There
Forse è nato, per me, un nuovo amore musicale.
Maybe, for me, a new musical love is born.
20150111
7 - Celeste
Posizione 7 / Position 7
Wolves in the Throne Room
Celestite
Indescrivibile. Non la nuova frontiera del metal, bensì la nuova frontiera della musica tutta.
Indescribable. Not the new frontier of the heavy metal music, but the new frontier of the music throughout.
Wolves in the Throne Room
Celestite
Indescrivibile. Non la nuova frontiera del metal, bensì la nuova frontiera della musica tutta.
Indescribable. Not the new frontier of the heavy metal music, but the new frontier of the music throughout.
20150110
20150109
8 - Mai
Posizione 8 / Position 8
Lykke Li
I Never Learn
Disco quasi intimo. Quasi inafferrabile, come lei.
Almost an intimate album. Almost elusive, like her.
Lykke Li
I Never Learn
Disco quasi intimo. Quasi inafferrabile, come lei.
Almost an intimate album. Almost elusive, like her.
20150108
9 - Inchiostro
Posizione 9 / Position 9
Triptykon
Melana Chasmata
Death Metal intellettuale. Un omaggio a Tom G. Warrior, verso il quale in molti siamo debitori.
Intellectual Death Metal. A tribute to Tom G. Warrior, to which many of us are indebted.
Triptykon
Melana Chasmata
Death Metal intellettuale. Un omaggio a Tom G. Warrior, verso il quale in molti siamo debitori.
Intellectual Death Metal. A tribute to Tom G. Warrior, to which many of us are indebted.
20150107
10 - In bolletta
Posizione 10 / Position 10
Azealia Banks
Broke with Expensive Taste
Commerciale, ma intrigante.
Commercial, but intriguing.
Azealia Banks
Broke with Expensive Taste
Commerciale, ma intrigante.
Commercial, but intriguing.
By any means necessary
Come vi avevo annunciato qui, quest'anno adotterò ogni mezzo necessario per postare almeno 1 roba al giorno. Ecco quindi che nasce l'esigenza di "spalmare" la classifica dei migliori dieci dischi del 2014 su dieci giorni.
Per mettermi l'anima in pace, giustificherò il tutto dicendovi che in questo modo avrete la possibilità di riflettere su quello che eventualmente vi siete persi, non seguendo i miei consigli (anche se so benissimo che molti di voi li hanno presi alla lettera).
Partirò dalla posizione 10 via via fino alla 1. Cominciando tra 30 minuti.
Per mettermi l'anima in pace, giustificherò il tutto dicendovi che in questo modo avrete la possibilità di riflettere su quello che eventualmente vi siete persi, non seguendo i miei consigli (anche se so benissimo che molti di voi li hanno presi alla lettera).
Partirò dalla posizione 10 via via fino alla 1. Cominciando tra 30 minuti.
20150106
Messia Nero
Black Messiah - D'Angelo and The Vanguard (2014)
Forse molti se n'erano dimenticati. 14 anni in effetti sono molti. Michael Euguene Archer in arte D'Angelo, da pronunciare di-angelo, era stato in silenzio quattordici anni dal suo secondo disco Voodoo, appunto del 2000. E' passato tanto di quel tempo da Voodoo che, confesso, non mi ricordo niente di quel disco, se non che era tanto bello quanto particolare. E, diciamolo subito a scanso di equivoci, questo Black Messiah non gli è da meno: strano, asimmetrico, funky, r'n'b, nero fin nel midollo, oggetto difficile da inquadrare ed identificare, ma senza nessun dubbio affascinante. Già dall'intro del brano che apre il disco, Ain't That Easy, si capisce quasi tutto. Ritmi sinuosi, incedere sghembo, ma un groove da paura.
Forse è vero, come suggerisce Pitchfork, che D'Angelo si è reso conto che la sua immagine era divenuta più forte della sua musica, ed ha deciso di defilarsi. Chissà se gli arresti (per aver insistentemente proposto sesso orale ad una poliziotta in borghese, oltre che per droghe varie), l'incidente d'auto, sono conseguenze o solo combinazioni sfortunate.
Quello che sappiamo per certo è che la musica che D'Angelo riesce a creare, ancora una volta, vale la pena. Black Messiah, titolo azzeccato (un giornalista musicale una volta lo definì r'n'b Jesus), è un concentrato del meglio di quello che la musica nera può offrire oggi, e i testi sembrano giustificare l'attesa di 14 anni, essendo interessanti metafore di tutto quanto è accaduto tra bianchi e neri in questo inizio di secolo.
E' un disco talmente denso e stratificato, che alla fine del secondo pezzo, 1000 Deaths, sembra di aver già ascoltato almeno 45 minuti di musica. E invece, siamo solo all'inizio (ce ne sono 12 in totale).
Giusto per convincere gli scettici, c'è da dire che i musicisti sul disco sono Pino Palladino al basso e James Gadson alle percussioni; D'Angelo pare si sia occupato ovviamente della voce e delle chitarre, ma c'è pure lo zampino di ?uestlove.
Ma se siete curiosi, open minded, o se vi ricordate positivamente di Voodoo, non avete bisogno di spintarelle.
I think many of you don't even remember D'Angelo. Actually, the last album, the second, was "Voodoo", in 2000. So, it was 14 years that D'Angelo doesn't come out with some music. But if you listen to this "Black Messiah", you will realize that it was worth. With Pino Palladino on bass, and James Gadson on drums, ?uestlove here and there and the same D'Angelo on guitars and vocals, D'Angelo's music is the best of what black music can offer to us in these days. Amazing groove, mixture of blues, r'n'b, funky and whatever. Please, quench your thirst.
Forse molti se n'erano dimenticati. 14 anni in effetti sono molti. Michael Euguene Archer in arte D'Angelo, da pronunciare di-angelo, era stato in silenzio quattordici anni dal suo secondo disco Voodoo, appunto del 2000. E' passato tanto di quel tempo da Voodoo che, confesso, non mi ricordo niente di quel disco, se non che era tanto bello quanto particolare. E, diciamolo subito a scanso di equivoci, questo Black Messiah non gli è da meno: strano, asimmetrico, funky, r'n'b, nero fin nel midollo, oggetto difficile da inquadrare ed identificare, ma senza nessun dubbio affascinante. Già dall'intro del brano che apre il disco, Ain't That Easy, si capisce quasi tutto. Ritmi sinuosi, incedere sghembo, ma un groove da paura.
Forse è vero, come suggerisce Pitchfork, che D'Angelo si è reso conto che la sua immagine era divenuta più forte della sua musica, ed ha deciso di defilarsi. Chissà se gli arresti (per aver insistentemente proposto sesso orale ad una poliziotta in borghese, oltre che per droghe varie), l'incidente d'auto, sono conseguenze o solo combinazioni sfortunate.
Quello che sappiamo per certo è che la musica che D'Angelo riesce a creare, ancora una volta, vale la pena. Black Messiah, titolo azzeccato (un giornalista musicale una volta lo definì r'n'b Jesus), è un concentrato del meglio di quello che la musica nera può offrire oggi, e i testi sembrano giustificare l'attesa di 14 anni, essendo interessanti metafore di tutto quanto è accaduto tra bianchi e neri in questo inizio di secolo.
E' un disco talmente denso e stratificato, che alla fine del secondo pezzo, 1000 Deaths, sembra di aver già ascoltato almeno 45 minuti di musica. E invece, siamo solo all'inizio (ce ne sono 12 in totale).
Giusto per convincere gli scettici, c'è da dire che i musicisti sul disco sono Pino Palladino al basso e James Gadson alle percussioni; D'Angelo pare si sia occupato ovviamente della voce e delle chitarre, ma c'è pure lo zampino di ?uestlove.
Ma se siete curiosi, open minded, o se vi ricordate positivamente di Voodoo, non avete bisogno di spintarelle.
I think many of you don't even remember D'Angelo. Actually, the last album, the second, was "Voodoo", in 2000. So, it was 14 years that D'Angelo doesn't come out with some music. But if you listen to this "Black Messiah", you will realize that it was worth. With Pino Palladino on bass, and James Gadson on drums, ?uestlove here and there and the same D'Angelo on guitars and vocals, D'Angelo's music is the best of what black music can offer to us in these days. Amazing groove, mixture of blues, r'n'b, funky and whatever. Please, quench your thirst.
20150105
Olive
Olive Kitteridge - Scritta da Jane Anderson, diretta da Lisa Cholodenko (2014) - Miniserie in 4 episodi - HBO
Crosby, Maine, USA. Olive Kitteridge, un'anziana insegnante in pensione, sta cercando un posto ideale, nei boschi vicino casa, per suicidarsi con una pistola in bocca. Come è arrivata a questo punto, considerando anche che pare stranamente calma per essere sul punto di compiere un gesto così estremo?
La miniserie, ripercorrendo gli ultimi 25 anni di vita di Olive, ce lo racconta. Olive è una donna dura, ma intelligente. Troppo intelligente per una provincia tutto sommato retrograda, troppo dura per un marito come Henry, semplice, accondiscendente, amorevole in maniera perfino sdolcinata. Olive, insegnante di ottimo livello che non trova soddisfazione nel suo lavoro, tendente alla depressione, tratta suo marito sempre troppo duramente, e suo figlio Christopher più o meno allo stesso modo, se ne accorge, ma non riesce ad invertire questa tendenza. Suo padre si è suicidato, sempre in preda alla depressione, e lei vive probabilmente terrorizzata di diventare come lui, o che chiunque le stia intorno diventi come lei. Detesta gli ignoranti e i sempliciotti, e non fa niente per nasconderlo.
Può una storia di una vita ordinaria diventare prima un libro best seller, e poi una miniserie con i controcazzi? La risposta è si, e ve lo dico senza aver letto il libro, che se ho capito bene, differisce dalla miniserie per il fatto di essere un libro i racconti brevi strutturato in forma di romanzo. La miniserie, che non poteva essere prodotta se non da HBO, difficilmente poteva essere un flop. Frances McDormand è una straordinaria Olive Kitteridge, e la regia è di Lisa Cholodenko, che ci ha regalato gioiellini quali Laurel Canyon e The Kids Are All Right. La sceneggiatura, che evidentemente è basata sul libro, ma che doveva "cucire" i racconti facendone un flusso, è stata scritta da Jane Anderson, sceneggiatrice di Mad Men dalla seconda stagione in poi, tra le altre cose. Del cast aggiuntivo parleremo più avanti, quel che voglio aggiungere adesso è che, ancora una volta, qui siamo davanti a grande cinema, solo che nasce per il "piccolo" schermo. Circa quattro ore di, come detto, una storia di una vita ordinaria, che rivela risvolti psicologici importanti, e riesce con una certa lievità ad ironizzare sul mal di vivere, sulle amarezze che pervadono la maggioranza delle persone a proposito della vita di coppia, o del vivere in ambienti che non soddisfano le proprie aspettative, rimpianti per storie che potevano essere ma che non si ha mai avuto il coraggio di cominciare, per parole e sentimenti che non si ha mai avuto il coraggio di esprimere.
Se non vi basta questo, passo ad elencarvi il resto del cast.
Richard Jenkins (Six Feet Under, L'ospite inatteso) è Henry Kitteridge.
Zoe Kazan (Ruby Sparks, Meek's Cutoff, Revolutionary Road, In the Valley of Elah) è Denise Thibodeau.
Rosemarie DeWitt (United States of Tara, Rachel sta per sposarsi) è Rachel Coulson.
Martha Wainwright (la sorella di Rufus) è Angela O'Meara, la pianista.
John Gallagher Jr. (The Newsroom) è Christopher Kitteridge adulto.
Devin Druid (Louie) è Christopher adolescente.
Jesse Plemons (Breking Bad, Friday Night Lights) è Jerry McCarthy.
Bill Murray è Jack Kennison.
Peter Mullan è Jim O'Casey.
Ann Dowd (The Leftovers) è Bonnie Newton (forse l'unica pseudo-amica di Olive).
Cory Michael Smith (nel cast di Gotham) è Kevin Coulson adulto (molto, molto bravo).
Rachel Brosnahan (House of Cards USA) è Patty Howe.
Qui una interessante recensione del The New Yorker, che parla pure di Jane the Virgin, una delle novità più fresche del 2014.
Crosby, Maine, USA. Olive Kitteridge, un'anziana insegnante in pensione, sta cercando un posto ideale, nei boschi vicino casa, per suicidarsi con una pistola in bocca. Come è arrivata a questo punto, considerando anche che pare stranamente calma per essere sul punto di compiere un gesto così estremo?
La miniserie, ripercorrendo gli ultimi 25 anni di vita di Olive, ce lo racconta. Olive è una donna dura, ma intelligente. Troppo intelligente per una provincia tutto sommato retrograda, troppo dura per un marito come Henry, semplice, accondiscendente, amorevole in maniera perfino sdolcinata. Olive, insegnante di ottimo livello che non trova soddisfazione nel suo lavoro, tendente alla depressione, tratta suo marito sempre troppo duramente, e suo figlio Christopher più o meno allo stesso modo, se ne accorge, ma non riesce ad invertire questa tendenza. Suo padre si è suicidato, sempre in preda alla depressione, e lei vive probabilmente terrorizzata di diventare come lui, o che chiunque le stia intorno diventi come lei. Detesta gli ignoranti e i sempliciotti, e non fa niente per nasconderlo.
Può una storia di una vita ordinaria diventare prima un libro best seller, e poi una miniserie con i controcazzi? La risposta è si, e ve lo dico senza aver letto il libro, che se ho capito bene, differisce dalla miniserie per il fatto di essere un libro i racconti brevi strutturato in forma di romanzo. La miniserie, che non poteva essere prodotta se non da HBO, difficilmente poteva essere un flop. Frances McDormand è una straordinaria Olive Kitteridge, e la regia è di Lisa Cholodenko, che ci ha regalato gioiellini quali Laurel Canyon e The Kids Are All Right. La sceneggiatura, che evidentemente è basata sul libro, ma che doveva "cucire" i racconti facendone un flusso, è stata scritta da Jane Anderson, sceneggiatrice di Mad Men dalla seconda stagione in poi, tra le altre cose. Del cast aggiuntivo parleremo più avanti, quel che voglio aggiungere adesso è che, ancora una volta, qui siamo davanti a grande cinema, solo che nasce per il "piccolo" schermo. Circa quattro ore di, come detto, una storia di una vita ordinaria, che rivela risvolti psicologici importanti, e riesce con una certa lievità ad ironizzare sul mal di vivere, sulle amarezze che pervadono la maggioranza delle persone a proposito della vita di coppia, o del vivere in ambienti che non soddisfano le proprie aspettative, rimpianti per storie che potevano essere ma che non si ha mai avuto il coraggio di cominciare, per parole e sentimenti che non si ha mai avuto il coraggio di esprimere.
Se non vi basta questo, passo ad elencarvi il resto del cast.
Richard Jenkins (Six Feet Under, L'ospite inatteso) è Henry Kitteridge.
Zoe Kazan (Ruby Sparks, Meek's Cutoff, Revolutionary Road, In the Valley of Elah) è Denise Thibodeau.
Rosemarie DeWitt (United States of Tara, Rachel sta per sposarsi) è Rachel Coulson.
Martha Wainwright (la sorella di Rufus) è Angela O'Meara, la pianista.
John Gallagher Jr. (The Newsroom) è Christopher Kitteridge adulto.
Devin Druid (Louie) è Christopher adolescente.
Jesse Plemons (Breking Bad, Friday Night Lights) è Jerry McCarthy.
Bill Murray è Jack Kennison.
Peter Mullan è Jim O'Casey.
Ann Dowd (The Leftovers) è Bonnie Newton (forse l'unica pseudo-amica di Olive).
Cory Michael Smith (nel cast di Gotham) è Kevin Coulson adulto (molto, molto bravo).
Rachel Brosnahan (House of Cards USA) è Patty Howe.
Qui una interessante recensione del The New Yorker, che parla pure di Jane the Virgin, una delle novità più fresche del 2014.
20150104
Southampton and surroundings (UK) - Dicembre 2014 (5)
In breve, siamo a Salisbury. Cittadina come molte, tipicamente inglese, ha dei sobborghi bruttini e un centro carino. Bagnata dal fiume Avon, è famosa, oltre che per aver dato i natali a Joseph Fiennes, per la sua cattedrale. Lo so, starete già pensando, dentro di voi, "un'altra?!". Alla fine, devo dire che questa mi ha impressionato di più, rispetto a quella di Winchester, ma magari solo perché la visita si è svolta quando ancora la luce del giorno filtrava dalle vetrate, rispetto alla precedente, svoltasi quando era già buio, e l'impressione che ne ho ricavato è stata un po' troppo cupa. Cipo mi guida ad un parcheggio facile e non troppo lontano dal centro (tutti a rispettoso pagamento, e vorrei sottolineare, un pagamento facile da fare, non come in alcuni luoghi affollati dello stivale dove devi fare i salti mortali per procurarti un gratta-e-vinci o roba del genere), il tempo è nuvoloso ma al momento non piove, per cui decidiamo di avventurarci subito verso la cattedrale, per fare un'ora di pranzo un po' più spagnola.
C'è da sottolineare che la cittadina si è sviluppata leggermente a sud rispetto alla sua antica sede, denominata Old Sarum. Sito interessante, che però lasciamo alla prossima volta. Partiamo dalla sala dove viene conservato uno degli esemplari originali della Magna Carta. Detta sala viene è denominata sala capitolare, è ottagonale, austera, e al suo interno, appunto, viene conservata una delle quattro copie del documento risalente al 1215; ci sono ben tre gentili signore che supervisionano le visite e, all'occorrenza, forniscono opuscoli esplicativi in diverse lingue compreso l'italiano, e si profondono in spiegazioni storiche e curiosità. Inutile sottolineare che questo scritto, profondamente influenzato dalla chiesa, è comunque fondamentale per quella che sarà poi la Dichiarazione universale dei diritti umani.
Proseguiamo nella visita della cattedrale, che annovera un enorme chiostro, l'orologio funzionante più antico del mondo, una guglia alta 123 metri, e ovviamente, un organo imponente e un coro interessante.
Si è fatta una certa (non mi ricordavo così tardi, l'orario dell'ultima foto segna 13,47), quindi usciamo e cerchiamo un pub per mangiare. Dopo, ci attardiamo nel mercatino natalizio della piazza principale, dove Cipo può pensare ai regali di Natale. Scatto questa foto, immaginandomi che Salisbury sia gemellata con Xanten, Germania, dove vi ricorderete ho soggiornato qualche tempo fa (infatti, così è).
Ripartiamo per Southampton, arriviamo dopo un'oretta, cambiamo auto, controlliamo le condizioni di MP, e andiamo a prendere Riccardino al doposcuola. Il sorrisone che mi fa quando mi vede è quasi meglio della visita a Stonehenge. Si torna a casa e Cipo ci cucina la pizza, buona. La serata finisce con MP che si sente un po' meglio, io e Cipo tiriamo tardi guardando vecchi video dei Toto.
Tuesday the 16th
Ci si sveglia di buon'ora, colazione, poi io e Cipo accompagniamo Riccardino a scuola. Molto interessante vedere l'eterogeneità dei genitori e dei bambini. La giornata non sembra promettere bene, ma Cipo si dice convinto che ne uscirà bel tempo: ha ragione. Ci salutiamo, appuntamento a presto, cerco di ripercorrere esattamente al contrario la strada che ho fatto sabato scorso ma non ci riesco (sbaglio strada un paio di volte pur avendo il GPS, troppe svolte improvvise; riesco a far suonare il clacson - incredibile ma vero - ad un guidatore inglese perché faccio un'inversione a U dopo un incrocio), ma arrivo comunque in orario quasi perfetto a Gatwick. Riconsegno l'auto, mi avvio all'imbarco. Sul volo, una delle hostess più belle che mi sia capitato di vedere quest'anno, inglese fino al midollo. Riconosco uno steward di quelli del volo d'andata, tratti asiatici, molto simpatico. Foto di rito prima dell'atterraggio.
Scherzo con il mio vicino di posto, dicendogli in inglese che potrei guidare l'aereo in atterraggio, da quante volte sono atterrato; lui mi dice che comunque è meglio di no.
E' finita anche questa. Al prossimo anno.
C'è da sottolineare che la cittadina si è sviluppata leggermente a sud rispetto alla sua antica sede, denominata Old Sarum. Sito interessante, che però lasciamo alla prossima volta. Partiamo dalla sala dove viene conservato uno degli esemplari originali della Magna Carta. Detta sala viene è denominata sala capitolare, è ottagonale, austera, e al suo interno, appunto, viene conservata una delle quattro copie del documento risalente al 1215; ci sono ben tre gentili signore che supervisionano le visite e, all'occorrenza, forniscono opuscoli esplicativi in diverse lingue compreso l'italiano, e si profondono in spiegazioni storiche e curiosità. Inutile sottolineare che questo scritto, profondamente influenzato dalla chiesa, è comunque fondamentale per quella che sarà poi la Dichiarazione universale dei diritti umani.
Proseguiamo nella visita della cattedrale, che annovera un enorme chiostro, l'orologio funzionante più antico del mondo, una guglia alta 123 metri, e ovviamente, un organo imponente e un coro interessante.
Si è fatta una certa (non mi ricordavo così tardi, l'orario dell'ultima foto segna 13,47), quindi usciamo e cerchiamo un pub per mangiare. Dopo, ci attardiamo nel mercatino natalizio della piazza principale, dove Cipo può pensare ai regali di Natale. Scatto questa foto, immaginandomi che Salisbury sia gemellata con Xanten, Germania, dove vi ricorderete ho soggiornato qualche tempo fa (infatti, così è).
Ripartiamo per Southampton, arriviamo dopo un'oretta, cambiamo auto, controlliamo le condizioni di MP, e andiamo a prendere Riccardino al doposcuola. Il sorrisone che mi fa quando mi vede è quasi meglio della visita a Stonehenge. Si torna a casa e Cipo ci cucina la pizza, buona. La serata finisce con MP che si sente un po' meglio, io e Cipo tiriamo tardi guardando vecchi video dei Toto.
Tuesday the 16th
Ci si sveglia di buon'ora, colazione, poi io e Cipo accompagniamo Riccardino a scuola. Molto interessante vedere l'eterogeneità dei genitori e dei bambini. La giornata non sembra promettere bene, ma Cipo si dice convinto che ne uscirà bel tempo: ha ragione. Ci salutiamo, appuntamento a presto, cerco di ripercorrere esattamente al contrario la strada che ho fatto sabato scorso ma non ci riesco (sbaglio strada un paio di volte pur avendo il GPS, troppe svolte improvvise; riesco a far suonare il clacson - incredibile ma vero - ad un guidatore inglese perché faccio un'inversione a U dopo un incrocio), ma arrivo comunque in orario quasi perfetto a Gatwick. Riconsegno l'auto, mi avvio all'imbarco. Sul volo, una delle hostess più belle che mi sia capitato di vedere quest'anno, inglese fino al midollo. Riconosco uno steward di quelli del volo d'andata, tratti asiatici, molto simpatico. Foto di rito prima dell'atterraggio.
Scherzo con il mio vicino di posto, dicendogli in inglese che potrei guidare l'aereo in atterraggio, da quante volte sono atterrato; lui mi dice che comunque è meglio di no.
E' finita anche questa. Al prossimo anno.
20150103
20150102
Southampton and surroundings (UK) - Dicembre 2014 (4)
Qui finiscono le mie foto di Stonehenge, e se pensavate di esservela cavata così vi sbagliate, perché ce ne sono alcune scattate da Cipo.
Ci soffermiamo il tempo necessario; il freddo diluisce un po' quella sensazione che provo quando mi trovo in luoghi dove si respira l'incedere ineluttabile del tempo. Ripenso a quanti danni le credenze religiose abbiano fatto al pensiero dell'uomo, e al tempo stesso quanto abbiano stimolato la forza, l'intuizione, il coraggio per costruire cose molto più grandi di lui. In ogni luogo del mondo conosciuto. E', forse, la nostra paura ancestrale, il nostro malcelato timore che ci sia qualcuno o qualcosa più grande, infinitamente più grande e più potente, al quale dobbiamo rispetto e riverenza, per il quale dimostrare di avere, appunto, forza sufficiente, e verso il quale erigere monumenti. Che animale affascinante e complicato, l'essere umano. Saliamo su uno dei minibus per il ritorno, si viene fatti scendere giusto all'ingresso del negozio di souvenir, dove compro una t-shirt per il nipote, che Natale si avvicina e l'atlante geografico che gli avevo preparato è stato "scoperto" tramite una soffiata di mio padre, per cui gliel'ho dovuto consegnare, non sia mai che diventi ignorante in geografia per 20 giorni senza un atlante come si deve. In vendita, c'è di tutto, dai poster a giochi da tavolo ispirati al sito, dai vini ai sali da bagno, ai chewingum fatti a forma di sasso. Visita qui e visita là, si è fatta una certa, e Salisbury non è propriamente accanto. L'importante è che per le 18 dobbiamo essere di ritorno a Southampton, che MP non sta bene e dobbiamo andare a prendere Riccardino al doposcuola. Via verso Salisbury e il pranzo, quindi.
Il selfie a Stonehenge è d'obbligo. Ma attenzione, non ho chiesto a Cipo la liberatoria, quindi la foto potrebbe essere rimossa a breve! |
Potreste non averlo notato, ma in questa foto c'è un corvo che si sta posando proprio sopra l'incastro della pietra più alta. |
E' atterrato. Si nota poco. |
Ci soffermiamo il tempo necessario; il freddo diluisce un po' quella sensazione che provo quando mi trovo in luoghi dove si respira l'incedere ineluttabile del tempo. Ripenso a quanti danni le credenze religiose abbiano fatto al pensiero dell'uomo, e al tempo stesso quanto abbiano stimolato la forza, l'intuizione, il coraggio per costruire cose molto più grandi di lui. In ogni luogo del mondo conosciuto. E', forse, la nostra paura ancestrale, il nostro malcelato timore che ci sia qualcuno o qualcosa più grande, infinitamente più grande e più potente, al quale dobbiamo rispetto e riverenza, per il quale dimostrare di avere, appunto, forza sufficiente, e verso il quale erigere monumenti. Che animale affascinante e complicato, l'essere umano. Saliamo su uno dei minibus per il ritorno, si viene fatti scendere giusto all'ingresso del negozio di souvenir, dove compro una t-shirt per il nipote, che Natale si avvicina e l'atlante geografico che gli avevo preparato è stato "scoperto" tramite una soffiata di mio padre, per cui gliel'ho dovuto consegnare, non sia mai che diventi ignorante in geografia per 20 giorni senza un atlante come si deve. In vendita, c'è di tutto, dai poster a giochi da tavolo ispirati al sito, dai vini ai sali da bagno, ai chewingum fatti a forma di sasso. Visita qui e visita là, si è fatta una certa, e Salisbury non è propriamente accanto. L'importante è che per le 18 dobbiamo essere di ritorno a Southampton, che MP non sta bene e dobbiamo andare a prendere Riccardino al doposcuola. Via verso Salisbury e il pranzo, quindi.
Iscriviti a:
Post (Atom)