No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20160225

Marrakech, Marocco - Dicembre 2015 (3)

Giovedì 10 dicembre
Colazione, e con calma, mi prelevano al riad e mi portano fuori città per la cammellata. Lo so, è il più classico degli "acchiapparelli" per i turisti, falso come una banconota da 30 euro, ma mi andava così. Fino ad una certa ora non è caldissimo, ed è per questo che mi vedete così intabarrato. Il ragazzo che guida il cammello da terra è simpatico, e gli lascio una mancia perfino esagerata, ma non ci posso fare niente, ho il cuore tenero. Scopro che tutte le palme, o quasi, sono tutte piantate a posteriori, non endemiche. La zona è costellata di alberghi di lusso e da ville di ricconi stranieri.
La cosa dura poco, e sono di ritorno prima di pranzo. Noto i mercati improvvisati fuori le mura. Rientro, e facendo affidamento sul mio senso dell'orientamento, mi armo di mappa, e decido di raggiungere a piedi il famoso Jardin Majorelle. Quando esco dalle mura, però, manco la svolta a desta, e proseguo per almeno un chilometro, un chilometro e mezzo a dritto, allontanandomi dalla meta. Scopro una semi-periferia piuttosto anonima, tenuta così così, per niente affascinante. Certo ormai di aver sbagliato, chiedo indicazioni ad un paio di agenti, e torno sui miei passi. Trovo la svolta corretta dopo un altro sbaglio, individuo l'ingresso, mangio un boccone prima dell'ingresso.
Come letto in rete, i giardini sono belli e perfettamente mantenuti, ma piccoli per il prezzo del biglietto. Intitolati al proprietario originale, il pittore francese Jacques Majorelle, stabilitosi nella Medina nel 1919, i giardini nascono con l'acquisto di un palmeto da parte dello stesso artista, dalla susseguente costruzione di una villa in stile moresco, dal giardino botanico creato tutto intorno alla villa sempre dal pittore, amante della botanica. Sperimentatore, nel 1937 crea il blu Majorelle, e dipinge la villa e alcuni elementi del giardino circostante con lo stesso colore. Nel 1947, aprì al pubblico il giardino. Dopo qualche anno, in seguito ad un incidente d'auto, tornò a Parigi dove poi morì nel 1962.
Yves Saint Laurent e Pierre Bergé scoprono il giardino nel 1966, durante il loro primo soggiorno a Marrakech, e lo acquistano nel 1980. Le ceneri dello stilista sono state disperse nel giardino, dove sorge anche un memoriale a lui dedicato. Al piano terra della villa è stato aperto da qualche anno un museo berbero, piccolo ma decisamente sfarzoso, e piuttosto interessante.
Non scatto foto, che tanto non riuscirei a rendere l'idea, ma tanto potete farvela digitando il nome del giardino su google immagini. Il blu majorelle è comunque un colore che rimane impresso, c'è da dire.
Torno sui miei passi, verso il riad. Per cena esco, che ormai ho deciso, dopo due sere consecutive, che la colazione passi, ma la cena decisamente non fa per me. Esco e cerco Le comptoir du pacha, ristorante segnalato in rete e vicinissimo al mio riad, mi infilo nel vicolo dove dovrebbe essere insieme ad una coppia di inglesi che, anche loro, stanno cercando lo stesso locale. Nessuna traccia. L'inglese bussa alla porta accanto, ci apre un tipo che ci dice che da qualche sera il ristorante non è aperto. Sorpresi, ce ne andiamo. Ceno al Palais Donab, anche questo annesso all'hotel omonimo, praticamente di fronte al ristorante dove ho pranzato il giorno precedente: non male neppure questo, per una spesa decisamente contenuta per i nostri standard.
Venerdì 11 dicembre
Per oggi, escursione di un giorno intero a Essaouira, cittadina sul mare. Il viaggio comincia abbastanza presto (ma senza esagerare), e dura oltre un paio d'ore, con uno stop a metà mattinata, e un altro poco prima di entrare a Essaouira presso una cooperativa artigianale di prodotti caseari ed altre cosette che non mi interessano particolarmente. In mezzo c'è anche un terzo stop per fotografare le capre sugli alberi.
Appena arrivo ad Essaouira, avendo qualche ora libera, mi faccio trasportare dalla pigrizia e mi faccio infinocchiare da un locale che si offre di farmi da guida per la cittadina, e di finire in bellezza con un pranzo regale in un ristorante da lui consigliato. Mi sono dimenticato il nome di questo personaggio, che acuirà la mia sensazione di totale sfiducia nei marocchini. La visita naturalmente comprende cosettine interessanti ma anche un passaggio presso una cooperativa orafa locale (interesse meno di zero), e il ristorante si rivela un'inculata (pardon my french) galattica (tutto relativo, intendiamoci), tanto è vero che ci sono solo io, il padrone, il cameriere e la mia guida, che nel prezzo (raddoppiato rispetto al pattuito iniziale) ci fa incastrare anche il pranzo per se e la sua famiglia (ma da asporto, da vero signore). Finalmente me ne libero, e anche un po' stanchino dal caldo e dal camminare, infastidito dal trattamento, mi siedo fuori da un caffé che mi dà l'aria di un posto dove non ti rompano troppo le scatole, e passo l'abbondante mezz'ora che mi rimane prima del rendez vous con l'autobus di ritorno sorseggiando un espresso e fumando una sigaretta.
Una delle tante zone residenziali che mi hanno incuriosito, anche a Marrakech. Decine e decine di appartamenti nuovissimi, completamente vuoti.

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