No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20080517

omofobia


Da Liberazione di oggi.



Oggi la giornata mondiale contro il pregiudizio anti gay lesbiche trans.

Ma attenti alla definizione!
Omofobia

rimandiamo al mittente pure la parola

Elena Biagini

Nel 2003 esce in Francia, sotto la guida di Louis-Georges Tin, ricercatore dell'École normale supérieure il Dictionnaire de l'homophobie: sessantacinque autori e autrici scandagliano non l'omosessualità e il lesbismo ma sentimenti, azioni, parole cariche di omofobia, di odio per le persone a orientamento omosessuale. Nel 2005, proprio per iniziativa di Tin, viene istituita in alcuni paesi la Giornata mondiale dell'omofobia il 17 maggio, cioè nella data che ricorda la cancellazione dell'omosessualità dall'elenco delle malattie mentali, operata dall'Organizzazione mondiale della sanità. Lo scorso anno anche l'Unione europea ha approvato una risoluzione in merito che invita gli stati membri a «condannare ogni discriminazione fondata sull'orientamento sessuale», a «assicurare che le persone glbt vengano protette da discorsi omofobici intrisi d'odio e da atti di violenza omofobici», a riconoscere le coppie dello stesso sesso, a garantire «libertà di manifestazione». Si parla quindi in questa risoluzione di violenza omofobica, così come spesso l'aggettivo viene associato ad altri concetti quali leggi, riflessioni, azioni.Il concetto di omofobia è stato veicolato dai movimenti di gay, lesbiche e transessuali (anche nelle varianti di lesbofobia e transfobia) ma la parola è stata coniata, nel 1973, dallo psicologo George Weinberg. Proprio a partire da questo fatto Celia Kitzinger, accademica di gender studies dell'università di York (Gran Bretagna) ed esponente del lesbismo radicale, ne ha sottolineato la pericolosità politica. Kitzinger nel 1987 ha pubblicato The Social Construction of Lesbianism, nel quale mette in rilievo come i movimenti lgbt abbiano desunto una parte rilevante del proprio lessico proprio dalla psicanalisi, che a lungo, come la psichiatria, è stata veicolo di oppressione e repressione per lesbiche, gay e trans. Kitzinger mette in risalto che "omofobia" è una diagnosi psicologica che «si applica a qualcuno che soffre una "paura irrazionale" (una "fobia") degli omosessuali e delle lesbiche, così come altre persone hanno una paura irrazionale dei ragni (aracnofobia) o di piccoli spazi chiusi (claustrofobia)» (Incontro con Celia Kitzinger in Un posto per noi, atti e misfatti della prima settimana lesbica, Bologna 1992). Usando il termine omofobia, quindi, affermiamo - sottolinea Kitzinger - che «il comportamento degli "omofobici" è "irrazionale"» e, ponendo l'omofobia tra i problemi individuali delle persone, asseriamo anche che lesbiche, gay, trans non sono soggettività eccentriche, potenzialmente eversive dell'eterosistema, ma anzi che chi ha comportamenti omofobici è affetto da una paura irrazionale, quindi immotivata e così, di fatto, «che non ci sono motivi per avere paura di noi perché dopo tutto siamo tali e quali le eterosessuali, in realtà». Insomma, secondo la lettura radicale di Kitzinger, l'uso del termine omofobia sottintende la rinuncia alla carica rivoluzionaria del lesbismo - rivoluzionaria ovviamente rispetto all'assetto patriarcale, sessista e gerarchico della società - e alla denuncia della «oppressione sistematica dei sistemi eteropatriarcale». D'altro canto l'utilizzo di una categoria psicanalitica per definire le violenze perpetrate ai danni di lesbiche, gay e trans, significa - chiosa Kitzinger - «che le persone che ci odiano e che hanno paura di noi sono "malate", non normali, che sono diverse dalla maggioranza della gente. Stiamo spiegando la nostra oppressione in termini di patologia individuale, invece di fare luce sul potere strutturale ed istituzionale». Questa riflessione, formulata negli anni '80, sembra particolarmente calzante all'Italia di oggi, dove assistiamo ad un sovrapporsi tra pregiudizio antiomosessuale tradizionale e violenza di matrice politica, neofascista o integralista religiosa, a seconda dei casi. Una violenza, quella politica, che è organizzata, è arma contro il cambiamento, contro "degradazione" "degenerazione", decomposizione" dell'Ordine sulla cui scelta si basa l'ideologia di destra (Claudie Lesselier), è una violenza quindi che non ha quindi niente di "irrazionale". Altrimenti, analogamente, avremmo dovuto spiegare la morte di Nicola Tommasoli con il gesto di alcuni balordi con turbe psicologiche. Che poi le politiche razziste, xenofobe, antisessiste e "omofobiche" giochino sui pregiudizi popolari e sulle paure irrazionali verso il diverso, l'altro da sé, è un altro inquietante aspetto della questione. L'uso strategico del pregiudizio, dell'ignoranza, della "pancia" delle masse è un gioco a cui, ad esempio, le gerarchie vaticane ci hanno abituati da da tempo: Monsignor Tony Anatrella, gesuita e psicanalista francese, consigliere di Papa Ratzinger in materia di omosessualità (oggi sotto inchiesta da parte delle autorità francesi con l'accusa di aver abusato di un suo giovane paziente), è il teorico vaticano dell'omofobia (ha infatti curato la voce "Omosessualità e omofobia" nel Lexicon curato dal Pontificio Consiglio per la famiglia), ed è l'esempio di come un'opposizione ideologica possa accrescere - se non addirittura, in alcuni casi, creare - la paura verso la diversità. Anatrella, infatti, nel succitato saggio ripropone «lo stereotipo antisemita sugli omosessuali - la teoria del complotto» (Poidimani in We will survive. Lesbiche, gay, e trans in Italia): l'omofobia non sarebbe la violenza che lesbiche, gay e trans subiscono ma una loro strategia vittimistica per ottenere privilegi. Ovviamente aggressioni, stupri, omicidi, assoluta mancanza di diritti, cioè l'analisi oggettiva della realtà qui e ora, in questo discorso non hanno nessun spazio.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Senza ombra di dubbio la parola OMOFOBIA in greco significa "Omo = uguale" e "fobia= paura", dunque, significa PAURA DELL'UGUALE.

Lo psicologo che ha coniato il neologismo nel 1973 oltre ad essere un ideologo da strapazzo, era pure un ignorante.