No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20081122

autoricarica 1

Da D la Repubblica delle donne, nr. 622
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ESPERIENZE
Auto, motorino e bici elettrica. Sono valide alternative ai mezzi a benzina. Ma il mercato non le accetta. D le ha provate per spiegare il perché

di Renata Storaci

Quando arrivano sotto casa, a bordo di un autocarro scoperto, sono persino un po' emozionata. Eccoli, i mezzi elettrici: una bici, uno scooter e un'auto. Buffissima, la Reva: è una minicar rosso fiammante (grande 2,6 m x 1,3 m) classificata come quadriciclo pesante. Ovviamente è una euro 4. Zero emissioni di CO2. Uno slogan campeggia sulle fiancate: "Io non inquino, e tu?". La prima sensazione alla guida è un certo déjà vu: capisco dopo un attimo che l'emozione che mi evoca è quella dell'autoscontro. Ovviamente c'è un indicatore della carica: segna giallo, cioè è quasi a metà. Luigi Rudelli, l'imprenditore che mi ha prestato i mezzi, ha un'officina meccanica alla periferia di Brescia e una passione per i veicoli elettrici: "Sono alternative valide, ma non si riesce ancora a proporle con facilità sul mercato", spiega mentre mi affida le chiavi dei tre mezzi. "È una questione di mentalità. La gente si rifiuta di pensare al futuro del pianeta, anche se si preoccupa del caro-petrolio. Personalmente preferisco la bici. È perfetta per muoversi in città. E se ti scordi di ricaricarla non rimani a piedi". La produzione delle due ruote elettriche è ormai monopolio assoluto della Cina. E biciclette dotate di batteria si trovano tra gli scaffali degli ipermercati, anche se non vanno a ruba. Gira anche voce di negozi gestiti da cinesi dove le bici elettriche vengono "truccate" sbloccando il meccanismo della pedalata assistita: non occorre cioè che si pedali per azionare il motore. Sulla nostra bici grigio metallizzato nuova di zecca, invece, è il pedale che regola la velocità e se si supera il limite dei 23 km/h il motore si ferma. Non ho un garage, quindi la ricarica dell'auto non è semplice. Tirare un cavo attraverso il cortile fino all'auto parcheggiata fuori è sconsigliabile. Chiedo aiuto al mio meccanico, che è incuriosito dal veicolo. Reva somiglia un po' all'auto di Topolino. È omologata per quattro, anche se i passeggeri dietro non viaggiano comodissimi. Il suo utilizzo è un po' condizionato dall'indicatore della carica e dal contamiglia. Non mi piacerebbe provare l'esperienza di rimanere con la batteria a terra. Vorrei invece ricaricare l'auto a una centralina pubblica. Chiamo così il call center della Regione Lombardia per scoprire quali sono quelle già attive. "Centraline di ricarica? Mai sentite prima", rispondono. Spiego cosa sono e aggiungo che dovrebbe essercene una in via Pola, in una delle loro sedi. "Mi informo e la richiamo". Ecco, quella stazione di ricarica è destinata solo ai mezzi della Regione (due scooter e due auto ibride), le altre invece dipendono da una società mista che si chiama Zincar, metà del Comune di Milano e metà privata, cioè dell'Unione del commercio. Bizzarro che neppure sul web esista una mappa delle centraline già attive. Per la cronaca: a Firenze ce ne sono un centinaio; a Roma una dozzina. La prima colonnina milanese è stata inaugurata due anni fa in largo Richini, di fronte all'Università Statale; le altre 19 previste vanno un po' a rilento (saranno sette entro fine novembre) per le autorizzazioni di vari uffici tecnici del Comune che occorrono per realizzare gli scavi. Scopro che per usare la centralina occorre una Eco-card (gratuita): vado in centro a ritirarla con la Reva che s'infila agile nel traffico, ma accade l'imponderabile. La spina del suo cavo elettrico non è compatibile con la presa della colonnina. Sono furibonda. Non rimane che il garage degli amici per ridarle la carica. La gestione di scooter e bici è più semplice: nottetempo stendo un cavo di un paio di metri in cortile, sperando di non essere spiata dai vicini. Lo confesso: sono abituata allo sprint di un motociclo 150 cc e all'inizio la velocità ridotta mi fa un po' effetto. Come la silenziosità dei mezzi. Li metto alla prova su una serie di tragitti di circa un paio di chilometri. Ovviamente il motorino è più veloce e più solido, ma a sorpresa non più di tanto: guadagna un terzo del tempo rispetto alla bicicletta. Il plus del tutto personale della bici è l'aria tra i capelli e la sensazione di svagatezza, un po' da gita in città. Il minus è che il telaio è un po' appesantito dal blocco batteria. Il problema della bici è che attira l'attenzione, forse troppo. Al mercato all'aperto due giovani nordafricani mi chiedono incuriositi come funziona. Finché un giorno accade l'irreparabile: l'assicuro a un palo davanti al negozio di scommesse vicino a casa di un amico. E la bici Anna scompare nel nulla, per sempre. Inutili le ricerche nei luoghi classici del riciclo dei mezzi rubati. Ps: il mio amico confesserà che quello è il palo preferito in assoluto dai ladri; una settimana dopo sparirà dal parcheggio nel cortile la sua due ruote, fedele compagna di viaggio fino a Santiago di Compostela. Che dire: non c'è (più) strada sacra che protegga.

continua domani

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