No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20090515

fuera de carta


Fuori menù - di Nacho García Velilla 2009


Giudizio sintetico: si può vedere


Maxi è uno chef in gamba, creativo e raffinato, proprietario di Xantarella, un ristorante nel quartiere di Cheuca, a Madrid. Il ristorante non va benissimo a livello economico, ma Maxi, e con lui tutto il personale, spera di ricevere la visita di un ispettore della guida Michelin, per avere almeno una delle loro stelle, in modo da innalzare il prestigio del locale e migliorare così la situazione economica di conseguenza.

Maxi è omosessuale dichiarato, e vive la cosa con una certa soddisfazione; l'ambiente di lavoro è familiare, il personale giovane e affiatato. La sua sicurezza verrà compromessa da due fattori destabilizzanti: l'ingresso nella vita di Maxi e Alex (maitre femminile di Xantarella, grande amica, oltre che collega, di Alex, una donna costantemente alla ricerca dell'anima gemella ma piuttosto sfortunata) del nuovo vicino di Maxi, Horacio Peretti, un ex calciatore argentino che ha smesso di giocare per un grave infortunio e si è riciclato come allenatore giovanile ma soprattutto come commentatore sportivo televisivo, e del ritorno nella vita di Maxi dei due figli, Edu (15 anni) e Alba (6 anni). Ebbene si, Maxi era sposato, ed ha avuto due figli, che ha abbandonato molti anni prima. La morte della ex moglie costringe Maxi a farsi carico dei due giovani, con i quali, soprattutto con Edu, il rapporto è quasi inesistente e, per quel poco che c'è, tesissimo.


Film spagnolo, debutto alla regia cinematografica di Velilla, esperto regista e sceneggiatore televisivo, Fuori menù è una commedia piacevole e divertente, senza grandi pretese (non tenete conto di quel che c'è scritto sulla locandina, per carità: Almodóvar è un'altra cosa), paragonabile a Reinas, non raffinata (diverse battute sono piuttosto grette, ma descrivono l'atteggiamento machista e omofobo che, nonostante la Spagna a qualcuno sembri il Bengodi da quando c'è Zapatero, sopravvive nei confronti degli omosessuali e, purtroppo, è duro a morire), ma neppure volgare come una buona parte, tanto per fare un esempio, di quella italiana; inoltre, ha il pregio di abbracciare una buona serie di argomenti più che attuali, senza dare risposte certe, ma almeno sollevando i temi.

La provenienza televisiva si nota forse di più nella sceneggiatura (alla quale Velilla partecipa) che nella tecnica, tutto sommato buona, con alcune trovate carine nei "capoversi": alcuni passaggi dai disegni alle immagini reali danno il via alle scene. Il finale, però, non è sconvolgente, ma molto umano e non perfettamente quel che si dice un happy ending.

La direzione degli attori è discutibile. Javier Cámara (Maxi), che in Italia è conosciuto soprattutto per Parla con lei, ma è un attore molto esperto ed affermato in Spagna, mette in scena un gay molto stereotipato, un po' troppo macchiettistico, anche se strappa qualche sorriso; il cileno Benjamín Vicuña (Horacio), sconosciuto in Europa, interpreta un argentino. Visto in versione originale non se la cava male con l'accento, e l'interpretazione del gay che stenta a fare il coming out non è eccezionale, ma comunque apprezzabile. Molto meglio Lola Dueñas (Alex), vista anche in Mare dentro e Volver, e che vedremo tra poco nel nuovo Almodóvar Los abrazos rotos, a tratti irresistibile, e Fernando Tejero (Ramiro, uno dei cucinieri più anziani), visto in Crimen perfecto e, in una piccola parte, in I lunedi al sole.

Niente di eccezionale, ma neppure da buttare. Le critiche ottenute in patria mi sono sembrate eccessive.

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