No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20091202

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Per uno solo dei miei due occhi - di Avi Mograbi 2008


Giudizio sintetico: da vedere


Scene di tutti i giorni in Israele e in Palestina. Una gita turistica a Masada, per ebrei, alla ricerca della storia perduta degli ebrei che fecero "la Resistenza" contro i Romani. In Palestina, alcuni soldati fermano dei trattori palestinesi perchè, così sostengono i soldati, la zona è militare. Una classe israeliana, scuola elementare supponiamo, riflette, con l'aiuto della maestra, sul mito di Sansone: si suicidò in maniera calcolata, portando con sé "tutti i Filistei", e prima di sucidarsi chiese a Dio di ridargli la forza, perduta col taglio dei capelli, "per uno solo dei miei due occhi". In Palestina, un blindato non fa passare da un check point (improvvisato) un uomo che porta sua moglie all'ospedale perchè sanguina. A Masada, la gita prosegue, ben organizzata, le guide cercano di far immedesimare i turisti, molti dei quali giovani, negli ebrei di quell'epoca, facendogli fare silenzio completo poco prima dell'alba e invitandoli a sentire gli echi delle armature dei Romani e le grida di disperazione dei loro avi. Poi gli fanno osservare una sorta di muro che i Romani stessi eressero per imprigionare gli ebrei. Poi li mettono di fronte a quattro opzioni, quelle che avevano gli ebrei di Masada: resa, suicidio, preghiera o lotta. La maggioranza sceglie la lotta, alcuni la preghiera, diversi il suicidio, nessuno la resa. Si conclude con una bella lezione di retorica patriottica: "là dove ora sventola quella bandiera israeliana, 2000 anni fa c'erano le legioni Romane, che avevano sottomesso il popolo ebreo. Se cercate adesso i Romani, potrete trovarli solo sui libri di Storia. Noi, invece, siamo qua, e siamo ben radicati!".

Tra uno spezzone e un altro (non c'è solo quello che vi ho descritto fin qui, naturalmente), il regista Mograbi conversa affabilmente, ma anche con una certa preoccupazione, con un amico palestinese sull'escalation della tensione tra i due popoli, e sulla rabbia palestinese che monta sempre di più. L'ultimo check point è quello che tiene fermi, davanti ad un cancello, un manipolo di bambini palestinesi di ritorno dalla scuola. Dalla parte di là, oltre al nostro regista con la telecamera e qualche assistente, una jeep con tre, forse quattro militari israeliani che mantengono chiuso il cancello senza neppure rispondere alla domanda: "quando avete intenzione di aprirlo?".


Attivista pacifista, Mograbi è una piacevolissima scoperta, nonostante lavori da un po': che io sappia, questo è il primo lavoro che arriva, in qualche modo, in Italia. Il documentario parte sornione, mi ha completamente sorpreso: non capivo dove aveva intenzione di andare a parare, soprattutto con la gita turistica israeliana a Masada. Ma poco a poco, le intenzioni risultano chiarissime, e la lezione della classe di bambini su Sansone rivela definitivamente il giochetto. Un giochetto intelligente, sfrontato, dove si invita a riflettere Israele sul fatto che si mitizza un kamikaze (Sansone, appunto). La camera è ovviamente sempre a mano, ma la fotografia è perfetta, così come il suono. Assenza totale di musica, com'è giusto che sia, ma abbondano le idee. La scena del cancello con i bambini che tornano da scuola, e, supponiamo, del regista che si infuria contro "soldati che difendono i miei diritti di cittadino di questo paese" ha una tensione che difficilmente potremo rilevare in altri casi di fiction, ovviamente.

Abbiamo bisogno di più persone come Mograbi.

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