No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20091205

my generation


La mia generazione - di Wilma Labate 1996


Giudizio sintetico: si può vedere


Braccio, terrorista non pentito condannato a 30 anni e recluso in Sicilia, viene improvvisamente trasferito a Milano per colloqui con la fidanzata (ex? non lo sa neppure lui), colloqui chiesti un anno prima. Gli avevano appena comunicato che la settimana seguente i detenuti avrebbero messo in scena una protesta. Viene preso in carico da un capitano dei Carabinieri che si dimostra gioviale, quasi comprensivo, che si interessa al suo caso, e cerca, in qualche modo, di stringere una specie di amicizia. Il trasferimento, già di per sé non semplice, visti i mezzi di dotazione dell'Arma benemerita, si complica ancor di più: si rompe il cambio del furgone, dei manifestanti bloccano la ferrovia dove sta tentando di transitare un treno con un prigioniero in trasferimento e il Capitano è costretto da ordini superiori a prenderlo con sé, poi arrivano in un paesino dove siccome alcuni giorni prima è stato ucciso un brigadiere da un terrorista, la popolazione inizia a scagliarsi contro carabinieri e prigionieri da loro scortati, pensandoli tutti e due terroristi.

Nonostante tutto ciò, mentre Giulia, la fidanzata di Braccio, ripercorre la loro storia, e si prepara a rivederlo (sono tre anni che non si vedono), le vere intenzioni del Capitano escono allo scoperto...


Secondo lungometraggio di Wilma Labate, che simpatizza un po' troppo per il terrorista, ma racconta una storia interessante, al di là di ogni strumentalizzazione politica, tra pochezza dello Stato e fine della politica. Interessante l'uso dei chiaroscuri nella fotografia di Alessandro Pesci, film girato con poco (in pratica si svolge per un buon 60% in un furgone, qualche area di servizio, un traghetto e una caserma) ma con alcune idee, ci mostra due ottime prove da parte di Claudio Amendola (Braccio) e di Silvio Orlando (il Capitano dei Carabinieri) e ci racconta una specie di Italia "minore", tratteggiando le psicologie dei molti personaggi con brevi spaccati di vita solitaria (Giulia, una dolente Francesca Neri), oppure con dialoghi corti ma densi di realismo (i primi "scambi" tra Braccio e il Capitano, ma anche quelli tra Braccio e Concilio, il malvivente "comune").

Di certo non un capolavoro e di sicuro non il film risolutore a proposito dei cosiddetti Anni di Piombo, bensì un film onesto, come ebbe a dirne in proposito il Mereghetti.

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