No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20100219

rosarno 4

Con la paura negli occhi

Miguel Mora, El País, Spagna

Da anni i braccianti stagionali arrivano a Rosarno per guadagnarsi da vivere con i lavori più duri. Ma hanno dovuto subire l’ostilità della popolazione locale e la prepotenza della criminalità.

Centinaia di immigrati hanno abbandonato Rosarno a bordo di pullman messi a disposizione dalla protezione civile dopo quarantott’ore di rivolte e scontri. Terrorizzati, senza sapere dove andare, i braccianti che lavorano nei campi di mandarini raccontano di non poter sopportare più il razzismo e la sofferenza. “Non ci lasciano lavorare. Ma c’è di più: ci aggrediscono e ci vogliono uccidere”, dice Steven Johnson, un liberiano di 26 anni, mentre aspetta di salire su uno degli autobus. Gli immigrati che lavorano in questa zona della Calabria dominata dalla ’ndrangheta abitavano in un vecchio oleiicio abbandonato, dove avevano sistemato delle tende una accanto all’altra. Senza acqua, senza luce né bagni. Alcuni di loro dormivano in cisterne aperte, buie e strette, praticamente senz’aria. I braccianti stagionali sopportavano queste condizioni di vita in cambio di 25 euro al giorno o di un euro per ogni cassa di mandarini. L’8 gennaio, nonostante la presenza di polizia e carabinieri, gli abitanti di Rosarno hanno continuato ad attaccare gli immigrati, che si erano nascosti nei campi. Dieci di loro sono riusciti a fuggire da una casa a cui un gruppo di persone aveva appiccato il fuoco, ha affermato Laura Boldrini, portavoce dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (Acnur) in Italia. Don Carmelo Ascone, parroco di Rosarno da venticinque anni, sostiene che la gente del paese non è razzista, “a parte qualche ragazzo cretino e ignorante. È una guerra tra poveri, perché qui non c’è lo stato. Qui comanda la ’ndrangheta”. A cento metri dall’oleificio una sessantina di abitanti vigila con attenzione. “Li abbiamo sfamati e loro ci ripagano distruggendo il paese. Che se ne tornino a casa loro questi neri”, dice Gino Barreca, un dipendente comunale. I suoi compagni sono armati di bastoni. Lì vicino, in mezzo alla strada che porta al frantoio, due furgoni dei carabinieri impediscono l’accesso agli abitanti. Più in là c’è l’inferno. L’altro inferno, quello al centro del paese, è stato fatto sgomberare la notte dell’8 gennaio dopo una giornata di violenze che si è chiusa con un bilancio di quaranta feriti, di cui tre gravi. In appena quarantott’ore la bellezza dei campi della Calabria si è trasformata nello scenario di una battuta di caccia. “Ora la convivenza è impossibile”, dice il sacerdote don Memè, “ma questi poveri disperati torneranno. Hanno fame e non sanno dove andare”. “Abbiamo più paura che fame”, racconta Petit Dennice, a capo di un gruppo di braccianti che raccoglieva mandarini. “Rosarno è la mafia”, aggiunge. “Io me ne vado a Napoli”. Ma a Napoli c’è la camorra. “Sì, ma quella è una mafia buona”, risponde. “Non siamo venuti qui in cerca di guai. Siamo venuti per mangiare”. La portavoce dell’Acnur ha visitato i feriti in ospedale. Racconta che ci sono tre immigrati ricoverati, e uno di loro è la vittima che ha fatto esplodere la rabbia degli altri braccianti. “Stava uscendo dal supermercato quando alcuni ragazzi del paese gli hanno sparato al basso ventre con una pistola ad aria compressa. Ha l’inguine pieno di lividi. Agli altri due hanno sparato sulle gambe. Ci sono ancora molti braccianti nascosti nei campi. Non vogliono andarsene, perché non sono riusciti ancora a riscuotere la loro paga. Hanno tutti paura, ma hanno anche bisogno di quei soldi”. Alcuni immigrati, che per tutto l’anno si spostano dal nord al sud dell’Italia in cerca di lavoro nei campi, hanno abbandonato il paese con i loro mezzi, in macchina o in treno.
L’esodo dei disperati ha il sapore della sconfitta. Con la paura negli occhi, quattro ragazzi di appena vent’anni sono seduti alla stazione ferroviaria di Rosarno. Aspettano il treno scortati da alcuni poliziotti, ma nessuno può garantirgli che da oggi avranno una vita sicura in un altro posto. Al bar della stazione il cameriere dice a una rom: “L’Italia agli italiani, e a chi non gli sta bene, se ne torni a casa sua”.
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Da Internazionale nr.829

1 commento:

Anonimo ha detto...

CHE TRISTEZZA!!!

i media dovrebbero farsi un bel esamino di coscienza.hanno creato(forse involontariamente,o forse no)un malessere verso gli stranieri che difficilmente si può colmare in tempi brevi.

nel bel paese, stiamo diventando sempre più stronzi,e soprattutto ancor di più razzisti.

non riesco a capire come faccia una minoranza di PERVERSI IPOCRITI,a far passare certi psudo-messaggi sulla delinquenza straniera.di sicuro sono riusciti a creare un disaggio verso i più deboli pari a quello non invidiabile dell'era NAZISTA.

PUNKOW