No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20100415

famiglia felice


Happy Family - di Gabriele Salvatores 2010

Giudizio sintetico: si può vedere (2,5/5)
Giudizio vernacolare: bellino

Ezio è uno sceneggiatore (non si capisce quanto affermato): inventa storie e persone. Vive di rendita (come il protagonista di Un ragazzo, di Nick Hornby): il padre ha inventato la pallina per il detersivo da mettere dentro il cestello della lavatrice. Questa volta sta scrivendo una storia dove due famiglie diversissime per estrazione sociale, si incontrano in una bellissima Milano perchè i loro rispettivi figli sedicenni hanno deciso di sposarsi. E, com'è come non è, lo stesso Ezio è dentro la storia.

Tratto dall'omonima piéce teatrale di Alessandro Genovesi, che ne ha tratto un libro e che firma la sceneggiatura del film con Salvatores, Happy Family è un po' Pirandello e un po' Von Trier, virato in commedia, mai volgare e tutto sommato piacevole, dove Salvatores, regista mai perfetto ma che come sempre con coraggio spazia di genere in genere senza paura, si sbizzarrisce in un continuo esercizio di stile, infilando nella pellicola perfino una sorta di videoclip su un Notturno di Chopin, firmando, come lungo tutto il lavoro, un atto d'amore a Milano, riprendendola con occhio benevolo nei suoi angoli più suggestivi. Contravviene alla regola basilare del cinema, con i protagonisti che spessissimo si rivolgono alla macchina da presa, ma del resto se recentemente lo ha fatto Woody Allen, riscattandosi finalmente con un bel film dopo alcune prove piuttosto opache, perchè non farlo anche in Italia. Cita e si autocita, perfino ("ma non ci siamo già visti in Marocco?" dice ad un certo punto Abatantuono, il padre di Marta, a Bentivoglio, il patrigno di Filippo), ed affronta, lieve, alla sua maniera, la paura della paura, e quella del diverso, senza affondare il colpo, ma pure dignitosamente.
Gli attori sono in gamba, e si sopporta bene sia Abatantuono che fa sempre se stesso, De Luigi che risulta molto più digeribile che in altre occasioni (al cinema non mi aveva mai convinto), la Buy (a causa della quale avevo deciso di non vedere questo film, avendo letto di sfuggita che "faceva la nevrotica", come in un altro migliaio di pellicole, e invece non è così) che riesce per una volta a non andare sopra le righe, ma alla fine, la sorpresa vera è Valeria Bilello: antipaticissima in televisione, qua dimostra realmente di essersi applicata, e risulta la più convincente (nonché davvero carina).

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