No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20170124

Il Club

El Club - di Pablo Larrain (2015)
Giudizio sintetico: da vedere (4/5)


Cile, La Boca (vicino a Navidad, nella regione O' Higgins), luogo a picco sul mare, meta di sparuti surfisti, piuttosto isolato, con pochi, pochissimi abitanti. In mezzo a questi, cinque personaggi vivono in una delle poche case, e seguono un regime sempre identico (quello che potete leggere sulla locandina), meno quando allenano un levriero da corsa, che tutti accudiscono con amore. I cinque sono quattro uomini e una donna. La donna, madre Monica, è un ex suora, e pare picchiasse la figlia adottiva. I quattro uomini sono padre Vidal (pedofilo dichiarato ma, pare, non ha mai abusato fisicamente di bambini), padre Ortega (cappellano di guerra che ha ascoltato crimini orribili e ha minacciato di renderli pubblici), padre Silva (ha venduto bambini orfani a coppie benestanti), e padre Ramirez (non si riesce a capire cos'abbia fatto). Sono lì chiaramente per un'espiazione continua, allontanati dagli occhi dei più dalla chiesa stessa, e vivono un'esistenza anestetizzata. Gli equilibri, precari, si rompono quando un giorno arriva padre Lazcano, ancora scosso dai suoi crimini (pedofilia), ancora nella fase della negazione, ma che si porta dietro, involontariamente, un ex bambino da lui molestato, tale Sandokan, che comincia a gironzolare intorno alla casa e nella comunità di La Boca, con quel suo fare da rincoglionito.


Sono curioso come un riccio di vedere i due film seguenti di Pablo Larrain, Neruda e Jackie, e come saprete se seguite questo blog, considero il giovane cileno uno dei registi più dotati attualmente (ultimi 3 film recensiti tutti da 4/5, almeno per me, questo compreso). Così come in Post Mortem lo faceva verso il regime di Pinochet, qui Larrain mette in scena un atto d'accusa verso la chiesa cattolica freddo come un'autopsia, ma feroce senza essere troppo spettacolare. Abbina scenari prepotenti a un distacco unico, storie laceranti e personaggi che non hanno bisogno di spiegare fino in fondo le loro nefandezze, e ancora una volta, fa centro. Film agghiacciante nella sua semplicità, con un cast eccezionalmente in parte nella sua interezza: non sono solo i "soliti" Alfredo Castro (Ortega), il suo feticcio, e Antonia Zegers (Monica), la sua ex moglie, presenti in molti dei suoi lavori, a brillare. Tutte le prove, fino a quella di Paola Lattus, che interpreta l'innominata venditrice della pescheria che finisce per avere una relazione con uno dei protagonisti, sono eccezionali, e bucano lo schermo. Non lo perdete.


I'm curious like a hedgehog to see the two following films by Pablo Larrain, Neruda and Jackie, and as you know, if you follow this blog, I consider the young Chilean one of the most gifted contemporary directors  (last 3 films with review as of 4/5, at least for me, including this one). As well as in Post Mortem he did to the Pinochet regime, here Larrain depicts an indictment towards the Catholic church, cold as an autopsy, but fierce without being too spectacular. It combines breathtaking scenarios with a unique detachment, lacerating stories and characters that do not need to explain all the way to their uncleanness, and once again, it's a masterpiece. Chilling in its simplicity, with a cast exceptionally into the characters, as a whole: not only the "usual" Alfredo Castro (Ortega), his fetiche, and Antonia Zegers (Monica), his ex-wife, present in many of his jobs, shines. All the performance, up to that of Paola Lattus, who plays the unnamed girl seller of the fish that ends up having an affair with one of the protagonists, are exceptional, and pierces the screen. Unmissable.

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