Villains - Queens of the Stone Age (2017)
Settimo disco in studio per i Queens of the Stone Age, che, mi duole un po' dirlo, ma solo per motivi personali, hanno raggiunto e superato i 20 anni di attività. Ne è passata di acqua sotto i ponti, da quando li vidi per la prima volta, ancora affamato di Kyuss, poco dopo la pubblicazione del loro primo disco omonimo, nel 1998. Ora, come sempre, la soddisfazione che vi darà questo disco, dipende da quello che vi aspettate. Tenete di conto che la produzione, stavolta è stata affidata a Mark Ronson (ultime produzioni: Lady Gaga, Adele, Duran Duran), il che sottintende quantomeno una strizzatina d'occhio alle classifiche e al pop, nel senso più ampio del termine. Ora, i QotSA non sono mai stati una band ortodossa, legata in qualche modo a quello che il loro membro fondatore e leader Josh Homme (ormai una figura iconica, tanto da auto-celebrarsi sulla copertina, tra l'altro molto bella) aveva fatto in passato, quindi va benissimo osare, sperimentare, espandere i proprio orizzonti, inserire archi (Fortress, Un-Reborn Again), non andarsi a cercare collaborazioni (perché sono benissimo in grado di camminare da soli, la formazione, ormai stabile, è composta da musicisti di tutto rispetto, Troy Van Leeuwen, Dean Fertita, Michael Shuman, Jon Theodore), lasciare che Josh si esprima con la sua ormai inconfondibile voce un po' così, che non è davvero niente di che, ma che ormai è divenuta un marchio di fabbrica. Il problema è che il disco, e i pezzi, che sono mediamente ben scritti ed arrangiati in modo direi coraggioso (chitarre rock and roll ed elettronica, ampi tappeti di tastiere), sono molto molto deboli (e spesso poco originali), a mio modestissimo parere. Alcuni possono dare l'impressione di possedere un certo impatto iniziale, ma saranno presto dimenticati, mentre altri sono decisamente dimenticabili fin da subito.
Seventh studio album for the Queens of the Stone Age, which, I'm sorry to say, but only for personal reasons, have reached and exceeded the 20 years of activity. There has been water under the bridges since I saw them for the first time, still hungry by Kyuss, shortly after the release of their first homonymous album in 1998. Now, as always, the satisfaction that this album will give you depends on from what you expect. Keep in mind that production has been entrusted to Mark Ronson this time (the latest productions: Lady Gaga, Adele, Duran Duran), which means, by the way, blinking eyes at the charts and to pop, in the widest sense of the term. Now, QotSA have never been an orthodox band, somehow tied to what their founding member and leader Josh Homme (now an iconic figure, so much to self-celebrate himself on the cover, among other things very beautiful) had done in the past, so it's a ok to dive, experiment, expand horizons, insert strings (Fortress, Un-Reborn Again), do not go looking for collaborations (because they are perfectly able to walk alone, the line-up, now stable, is composed by great musicians, Troy Van Leeuwen, Dean Fertita, Michael Shuman, Jon Theodore), let Josh express himself with his now unmistakable voice, which is really nothing in particular, but that has become a trademark. The problem is that the album, and the tracks, which are on average well written, and arranged I would say bravely (rock and roll guitars and electronics, large keyboard carpets), are very very weak (and often not very original) in my humble opinion. Some may give you the impression of having some initial impact, but they will soon be forgotten, while others are definitely forgettable right away.
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