No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20090102

the answer is blowin' in the wind 6


La quinta parte è stata pubblicata martedì 30 dicembre 2008



Duemila watt a persona

Più o meno nello stesso periodo in cui la Danimarca nominava Samsø isola dell’energia rinnovabile, un gruppo di scienziati svizzeri che studiava gli stessi problemi ha avviato una ricerca. I ricercatori, che lavoravano tutti per l’Istituto federale di tecnologia svizzero (Eth), si sono chiesti quale fosse il massimo livello di consumo d’energia sostenibile, non solo per un’isola o per un piccolo paese europeo, ma per tutto il mondo. La risposta che hanno trovato – duemila watt a persona – ha dato il nome a un nuovo progetto: la Società a 2.000 watt, finanziato in parte dall’Istituto federale di tecnologia e in parte da donazioni private. “La cosa più importante da sapere è che il nostro non è un programma che prevede grossi sacrifici”, mi ha spiegato il direttore del progetto, Roland Stulz, quando sono andata a trovarlo nel suo ufficio di Dübendorf, alla periferia di Zurigo. “Nessuno sostiene che dobbiamo Gürtel enger schnallen (stringere la cinghia), come diciamo noi. E neanche morire di fame o divertirci di meno. È solo un approccio più creativo al futuro”. Stulz ha 63 anni. È un uomo affabile con i capelli scuri ondulati e i baffi sale e pepe. È laureato in architettura e a un certo punto ha cominciato a interessarsi agli edifici a risparmio energetico. Nel 2001, quando è stato nominato presidente della Società a 2.000 watt, il suo mandato era quello di trasformare la teoria in pratica. Aveva cominciato a organizzare incontri tra i ricercatori e i funzionari governativi di Zurigo e Basilea. “Li ho divisi in gruppi di lavoro”, ricorda, “e gli ho detto: ‘Alle quattro ogni gruppo deve comunicare all’assemblea quale progetto vuole realizzare e chi sarà il responsabile’. All’inizio mi hanno risposto che non era possibile. Ma alle quattro sono arrivati tutti con un progetto. E così abbiamo cominciato”. In seguito i cantoni di Ginevra e Basilea Città e il municipio di Zurigo hanno sottoscritto le finalità della Società, come anche il ministero dell’ambiente e quello dei trasporti, dell’energia e delle comunicazioni. “A prima vista l’obiettivo della Società a 2.000 watt sembra poco realistico”, osserva il capo del dipartimento federale Moritz Leuenberger. “Ma la tecnologia necessaria esiste già”. Un pomeriggio Stulz mi ha portato a visitare la sede dell’Eawag, un istituto di ricerca sulle acque che è responsabile della realizzazione degli obiettivi di risparmio energetico della Società (Eawag è l’acronimo di un nome tedesco così complicato che neanche gli svizzeri se lo ricordano). Siamo andati con la sua Volvo, che viaggia a gas naturale compresso prodotto in parte dalla decomposizione di materiale vegetale. Quando ho visto il palazzo ho pensato che fosse coperto di striscioni: in realtà erano pannelli di vetro scuro. All’interno, appesa a una serie di catene nel grande atrio, c’era una specie di gigantesca scultura d’insetto: era il modello di una molecola d’acqua ingrandita dieci miliardi di volte. Nella sede dell’Eawag mancano molte delle cose che si trovano normalmente in tutti gli edifici. Il palazzo, inaugurato nel 2006, non ha caldaie: è isolato talmente bene che per la maggior parte del tempo il calore emesso dalle apparecchiature degli uffici e dalle duecento persone che ci lavorano basta a mantenere una temperatura confortevole. Un altro po’ di calore arriva dal sole (d’inverno i pannelli s’inclinano all’esterno per catturare la massima quantità di luce) e dall’aria che viene dal sottosuolo. Non c’è neanche l’aria condizionata: d’estate i pannelli si spostano per fare ombra, e se durante il giorno l’ediicio si riscalda, di notte le finestre sul tetto dell’atrio si aprono per far uscire l’aria calda. Circa un terzo dell’elettricità che serve all’edificio proviene dai pannelli fotovoltaici installati sul tetto, mentre l’acqua calda è prodotta da collettori solari. I bagni sono dotati di un dispositivo che permette di separare l’urina, che contiene fosforo e azoto potenzialmente utili, da tutto il resto. “Realizzare un edificio del genere non ha nulla di miracoloso”, mi ha detto Stulz mentre prendevamo un caffè nella caffetteria in stile modernista del centro. “Basta mettere insieme in modo intelligente una serie di elementi intelligenti”. Fuori pioveva e c’erano 6 gradi, ma dentro il palazzo c’era una piacevole temperatura di 21 gradi.


continua lunedì 5 gennaio 2009

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