No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20090113

stai Stella stai


Stella - di Sylvie Verheyde 2008


Giudizio sintetico: si può vedere


Siamo a Parigi nel 1977. Stella ha 11 anni e i suoi genitori sono due giovani proprietari di un bar in un quartiere operaio, passano tutto il tempo lì dentro e anche per Stella è così, al di fuori della scuola. La scuola, appunto. I genitori, non si sa come, sono riusciti ad iscrivere Stella ad un istituto prestigioso in un arrondissement centrale. Stella, dopo le difficoltà iniziali, soprattutto nel relazionarsi con gli altri, visto le estrazioni decisamente differenti, capisce che è una grande opportunità da non sprecare, e insieme all'amicizia di Gladys, sua compagna di classe, ebrea argentina con genitori intellettuali, capirà che la vita le offre orizzonti molto più ampi di quelli definiti dalle pareti del bar.


Sylvie Verheyde ha fatto per lo più film per la tv, e alla luce di questa cosa in effetti, si coglie un qualcosa di televisivo nel film, ma sono solo sensazioni positive: dimostrazione che la tv all'estero è spesso migliore della nostra in Italia. Detto questo, Stella è un film interessante, onesto, ben fatto, ben recitato e ben diretto. La scrittura viene un po' da sé, essendo la trama esile, seppur "di formazione", ma anche questo ci piace. Tutto quello che accade attorno a Stella (a parte la presa di coscienza della possibilità che le offre quella scuola, a livello di "riscatto sociale", nocciolo della storia) non è funzionale, ma descrittivo in modo brutale ma anche poetico. E' la definizione di un mondo, di uno status, al quale Stella capisce di potersi sottrarre con l'istruzione e la cultura, non dimenticando le sue radici. Gli anni '70 sono descritti con leggerezza, attraverso i vestiti, la musica e le sigarette selvagge, la promiscuità sessuale (la famiglia di Stella) da una parte, l'apertura mentale dall'altra (la famiglia di Gladys); non, quindi, in maniera esauriente, ma del resto il film non è politico, ma "sociale", se vogliamo, e sceglie una via non esageratamente cerebrale, bensì semplice, forse meno impegnata, ma piuttosto delicata e perfino toccante.

La scelta dell'uso intenso della voce fuori campo di Stella è rischioso, come sempre, ma paga, alla fine, essendo il personaggio della bambina abbastanza schivo, per cui conoscere il suo pensiero diventa necessario.

Volutamente kitsch, raggiunge probabilmente il massimo nella scena alla quale fa da sottofondo (anzi, da protagonista) Ti amo di Umberto Tozzi (sembra quasi una citazione de Il tempo delle mele). Cast buono, tutti piuttosto naturali; nota di merito, purtroppo postuma, a Guillaume Depardieu, nei panni di Alain, un bulletto di quartiere sempre stropicciato, l'unico adulto che riesce ad entrare in sintonia con Stella, figura struggente soprattutto se vista attraverso la lente della realtà (e della fine che ha fatto veramente). Eccellente la prova della protagonista, debuttante, Léora Barbara, da sola vale il prezzo del biglietto.

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