No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20090723

italiani brava gente


Lion Of The Desert - di Moustapha Akkad 1981


Giudizio sintetico: da vedere


Nell'anno 1929, Mussolini ormai a capo dell'Italia, decide di intensificare gli sforzi dell'esercito italiano impegnato nella campagna di Libia, ormai dal 1911, e di stroncare la resistenza guidata, da quasi 20 anni, dall'insegnante settantenne Omar Al Mukhtar. Dopo 5 Governatori, ne nomina un altro, il Generale Graziani, famoso per essere un sanguinario, e gli affida il compito di mettere fine alla guerriglia libica, sottomettendo il paese africano una volta per tutte. Non sarà impresa semplice, e l'Italia, attraverso gli ordini del Duce e dei suoi Governatori, si macchierà di ogni genere di crudeltà.


Interpretazioni libere ed errori storici a parte (uno su tutti, fino al 1930 il Governatore della Libia fu Pietro Badoglio), dal punto di vista filmico questo Lion Of The Desert rispetta tutti i canoni del colossal, a partire dalla durata (2 ore e 40 minuti), ma non solo. Se teniamo conto che il film è del 1981 e non è statunitense, la realizzazione e la messa in scena sono ad altissimi livelli. Le scene di combattimento sono intense e credibili, la ricostruzione storica piuttosto accurata, le scene corali altrettanto valide; la macchina da presa è usata ottimamente sia nei molti campi lunghi che nello stretto. Il cast è di altissimo livello: un "mistico" Anthony Quinn recita la parte principale, quella di Mukhtar, Oliver Reed lo spietato Graziani, Irene Papas nei panni della moglie di Sharif El Gariani, Raf Vallone è il Colonnelo Diodice, avversario rispettoso di Mukhtar, Gastone Moschin è il Maggiore Tomelli, e Rod Steiger è un soprendentemente convincente Mussolini.

Dal punto di vista storico nazionale, questo film racconta una storia che, se guardata con occhi sgombri da pregiudizi, in quanto italiano, fa venire voglia di andare in Libia e chiedere scusa a chiunque abiti lì per quello che hanno fatto i nostri nonni e bisnonni. Da quello generale, ci mostra il colonialismo in tutta la sua selvaggia supponenza, e le parole di Mukhtar risultano più che profetiche: riflettendoci, potremmo capire qualcosa di più sul fatto che, andando in alcuni paesi stranieri, noi "occidentali" in genere siamo guardati in una certa maniera. Certo, non è colpa nostra, ma non mi risulta che a scuola ci insegnino gli sbagli che abbiamo fatto in passato, in quanto nazione colonialista (delle più scarse, tra l'altro), e sarei curioso di sapere cosa insegnano nelle altre nazioni, quelle che tra l'altro hanno avuto più "fortuna" con le loro avventure coloniali.

Il paradosso più grande, però, è quello che vado a raccontarvi adesso: il regista di questo colossal, siriano, pare sia rimasto ucciso nel 2005 ad Amman, per mano di alcuni kamikaze di Al Qaeda.

Se ci si ferma a riflettere, la stupidità dell'essere umano sembra non avere un fondo.


Per concludere, siccome il film è ancora censurato in Italia, a parte il passaggio su Sky in occasione della visita di Gheddafi in Italia (ne abbiamo parlato qui), pare non esista una versione italiana, e la versione inglese è quantomeno curiosa: si colgono tranquillamente l'inglese maccheronico degli attori italiani, così come colpisce il perfetto inglese di alcuni "arabi" interpretati da attori americani o inglesi (che però in una scena si salutano con un salam aleikum prima di dialogare nella lingua di Albione), mentre nelle scene corali si sentono ordini gridati in italiano da italiani ma anche imperfetto, evidentemente urlati da attori non "tricolori". A parte questo, un film dal respiro epico, da non perdere.

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