No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20080113

chávez vs uribe 1

Come promesso, dal Manifesto di ieri


Chávez: Farc, non sono terroristi E Uribe va fuori dai gangheri

di g. pi.

Sebbene ci saranno ancora molte feste e molti abbracci per Consuelo Gonzáles Perdomo e Clara Rojas (a cominciare da quello di quest'ultima col figlioletto Emmanuel che non vede da due anni), l'allegria a Caracas e soprattutto a Bogotà è già finita. Passato il momento dei reciproci ringraziamenti (spontanei quelli di Hugo Chávez, visibilmente forzati quelli di Alvaro Uribe) per il successo dell'operazione, è esplosa come una bomba la questione di fondo del conflitto colombiano. «Chiedo ai paesi latinoamericani ed europei di rimuovere la guerriglia colombiana dalla lista delle organizzazioni terroristiche, imposta per pressione degli Stati Uniti» ha detto Chávez, intervenendo a Caracas alla plenaria dell'Assemblea Nazionale. Secondo il presidente venezuelano, sia le Farc che l'Eln (l'Esercito di liberazione nazionale, molto più piccolo e disgregato) «sono veri eserciti, che occupano uno spazio nel loro paese e che hanno un progetto politico vero e serio che rispettiamo». Durante la consegna di Clara e Consuelo, il ministro venezuelano Ramón Rodríguez Chacín, rivolgendosi al comandante della pattuglia che le aveva scortate, aveva mormorato: «Continuate col vostro sforzo e contate su di noi». Nessuno però pensava che fosse un'avvisaglia del clamoroso intervento di Chávez di ieri. Dopo aver appreso le sue parole, a Bogotà è caduto il gelo. Ancora prima che cominciassero a parlare i politici, il giornale «El Tiempo» ha descritto Chávez come un «esaltato». Il ministro degli interni, Carlos Holgin Sardi ha definito «insolita e sproporzionata» la sua petizione, mentre il consigliere presidenziale José Obdulio Gaviria (cugino del defunto Pablo Escobar) ha sostenuto che «sono i fatti e non i capricci di un governo a far inserire le Farc nella lista dei gruppi terroristi». Durissimo anche l'ex presidente Andrés Pastrana che ha definito «un ricatto» l'offerta di Chávez di normalizzare le relazioni su queste basi. «E' una questione morale mantenere le Farc in quella lista» ha tuonato colui che nel 1999 concesse loro per tre anni un vasto territorio dell'Amazzonia colombiana per discutere di pace. Che non ci si dovesse illudere era chiaro già giovedì. Nel suo incolore intervento televisivo, che contrastava col clima di festa a Caracas, Alvaro Uribe ha continuato a definire «terroriste» le Farc, anche quando ha chiesto loro di fare la pace. «Avete promesso di abbandonare le armi se ci fossero garanzie per l'opposizione e fossero sciolti i gruppi paramilitari: ora queste condizioni ci sono. Siate di parola» ha detto Uribe, barando soprattutto sui suoi soci paramilitari (per metà legalizzati e impuniti, per l'altra metà ancora attivi). Il presidente colombiano è stato netto anche sulle modalità dell'eventuale completamento dello «scambio umanitario» di sequestrati, prigionieri e detenuti. «Non c'è bisogno di smilitarizzare nessuna zona del paese, basta un'operazione agile e rispettosa delle leggi» ha affermato. Anche le Farc non sono state più benevole. Ricordando che va fatto ogni sforzo per ottenere la smilitarizzazione dei municipi di Pradera e Florida (proposta ripetuta da mesi), la guerriglia ha voluto rimarcare che la consegna di Clara e Consuelo non significa affatto un accordo con «il governo illegittimo, pro-yankee e narco-paramilitare del signor Uribe, che fa l'impossibile per ostacolare sia l'accordo umanitario che una soluzione civile al prolungato conflitto colombiano». In una situazione già così complicata l'intervento mirato di Chávez è comunque positivo: un sasso nello stagno per scoprire cosa ci sia nel fondo del conflitto colombiano.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

necessita di verificare:)

Anonimo ha detto...

molto intiresno, grazie