No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20080130

demenza senile


La famiglia Savage - di Tamara Jenkins 2008


Giudizio sintetico: si può vedere


Jon e Wendy Savage sono fratello e sorella. Lui 42, lei 39 anni. Lui vive a Buffalo, è professore di drammaturgia e scrive saggi su Bertold Brecht. Lei vive a New York, lavora part-time e cerca sovvenzioni per finanziare le sue commedie. Lui sta con un'insegnante polacca ma non la vuole sposare. Lei ha una relazione sessuale con un vicino ultra-cinquantenne sposato. Si vedono e si sentono pochissimo. Un bel giorno, la figlia della compagna di loro padre chiama Wendy e la avverte che Lenny (il padre) sta dando segni di squilibrio. Wendy chiama Jon molto preoccupata, ma è nel suo stile. Jon sta dormendo, ed ha altro a cui pensare. Nei giorni successivi saranno obbligati a raggiungere il padre a Sun City, in Arizona, e a cambiare drasticamente le loro vite.


E' un buon film, questo La famiglia Savage. La regista, che col suo precedente film L'altra faccia di Beverly Hills già si occupava di drammi familiari, ha un buon tocco: la sceneggiatura, scritta di suo pugno, è candidata all'Oscar (ma contro Lars e una ragazza tutta sua secondo me non c'è storia, e dobbiamo ancora vedere Juno), e mette nel calderone un sacco di piccoli particolari gustosi che danno un bel sapore al tutto; come regista ha un bel gusto per le inquadrature e dirige bene gli attori (anche se con questo cast bisognava essere davvero dei somari per sbagliare), non eccede in virtuosismi inutili. E c'è di più: questo film è davvero molto vicino alla vita reale (come dice Jon nella battuta forse più bella "non siamo in un dramma di Sam Shepard"), in tutte le sue sfaccettature, a partire dai moduli e dalle domande dei questionari di ammissione alle case di riposo, per finire alle goffaggini dei protagonisti in qualsiasi frangente (dialoghi, sesso, amore). E' in fin dei conti un po' il pregio e il limite di questo lavoro di basso profilo. Una specie di Le invasioni barbariche (notate anche voi la similitudine che parte dalla locandina disegnata?) in salsa statunitense con meno poesia (e forse meno retorica) ma con più aderenza con la realtà. Nonostante i due protagonisti "vivano" di teatro, paradossalmente il film è quanto di più lontano si possa immaginare dal teatro. Una realtà fatta di esseri umani che sbagliano e che muoiono, alla fine.


Dicevamo del cast. Se su Philip Seymour Hoffman (curiosamente candidato come non protagonista per un altro film che è in arrivo in Italia, Charlie Wilson's War) non abbiamo ormai altro da aggiungere se non che è un grande attore, questo film serve se non altro a Laura Linney, candidata come protagonista con questo La famiglia Savage, qui in una prova ottima e misurata ma probabilmente non la sua migliore, e a dare il giusto spazio ad un grande caratterista come Philip Bosco nei panni di Lenny Savage, ammirevole.


Attenzione, quindi, a questo film. Potreste immedesimarvi nei protagonisti non poco, soprattutto se vi piace la cinematografia non urlata. E non preoccupatevi se avete un parente molto anziano: prima o poi, morirà lo stesso. E' inevitabile. E dopo, la vita continuerà ugualmente.

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