No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20080128

into the wild, out of the blue


Into The Wild - Nelle terre selvagge - di Sean Penn 2008


Giudizio sintetico: si può vedere (riposati)


Ispirato alla vera storia di Christopher McCandless, 22enne americano che nel 1990, appena laureato, donò tutti i suoi risparmi (24.000 dollari) a Oxfam, bruciò gli ultimi spiccioli e i documenti di identità, abbandonò la sua vecchia auto, i genitori e soprattutto l'amata sorella Carine, per un viaggio attraverso gli States, sconfinando in Messico, facendo incontri, lavori, vedendo facce e facendo esperienze, ricostruendosi una nuova identità (Alexander Supertramp), alla ricerca di se stesso, della bellezza e della libertà, con meta ultima le terre selvagge e inospitali dell'Alaska.


Tratto dal libro di Jon Krakauer, libro nato a sua volta da un articolo a cura dello stesso Krakauer sulla storia di McCandless, arriva sui nostri schermi il nuovo film di Sean Penn avvolto già da un'aura di leggenda e, giocoforza, carica gli spettatori di altissime aspettative.


Partiamo dal fatto che sicuramente Sean Penn, lo ribadiamo, se ce ne fosse bisogno, è un cineasta che non rincorre il successo al botteghino, bensì un cinema di qualità, di spessore e contenuti, molto spesso fortemente critico (o autocritico) verso il "sogno americano" e soprattutto l'american way of life. Impossibile non riconoscere in questo film, momenti ispirati da Herzog ma anche da Malick, e potremo continuare. La fotografia è straordinariamente nitida e luminosa, la mano del regista va a nozze con scenari meravigliosi e con i campi lunghi. Si parte quasi dalla conclusione della storia, si torna all'inizio con un primo flashback, si prosegue a capitoli "allegorici", si distribuiscono altri flashback quando necessari. E' più complicata a raccontarsi che a vedersi, non temete. La colonna sonora, curata da Michael Brook, con pezzi originali di Eddie Vedder dei Pearl Jam e la collaborazione di Kaki King, ha una parte importantissima (ottima l'idea di sottotitolare alcune parti che legavano particolarmente con la storia) e risulta molto efficace (molto più che il disco "da solo", senza il film). Lodevole il tentativo di raccontare un anti-eroe americano, un "viaggiatore esteta", un personaggio che tocca le corde di tutti quanti hanno una sensibilità e sentono il peso ingombrante di questa società consumistica comandata solo dal vile denaro e dalla necessità di possedere, come pure il racconto di una nazione rurale, "alternativa" e marginale, semplice e spontanea, lontana dalle brutture per le quali invece è famosa. Coraggioso lo spazio dedicato alla letteratura che contraddistingue e traccia le linee guida della filosofia del "puro" Christopher, che ricorda un po' il tentativo fatto da Benigni con la poesia ne La tigre e la neve. Belle le prove attoriali di un cast molto ben assortito (Marcia Gay Harden, William Hurt, Catherine Keener, Vince Vaughn, Hal Holbrook, le giovani Jena Malone e Kristen Stewart, il mattatore assoluto nonché protagonista Emile Hirsch, perfetto anche nel suo "viaggio" fisico - è dimagrito 20 chili durante le riprese -, in alcuni momenti mi ha ricordato moltissimo lo stesso Vedder), e quindi ben diretto. Il film ha in definitiva il respiro delle grandi opere. Fin qui tutto bene.


Ciò che impedisce al film, a modesto giudizio di chi scrive, di ascendere alla grandezza, sono un paio di difetti. Il primo, nella forma: decisamente troppo lungo e prolisso. Qualche sforbiciata qua e là non gli avrebbe fatto male.

Il secondo nella sostanza: posare l'accento deciso sul rapporto conflittuale del protagonista con la meschinità dei genitori ridicolizza in parte la "filosofia" di fondo del "puro" che va alla ricerca di una vita quasi ascetica, francescana, spogliandosi di tutto, verso una dimensione superiore fatta dall'essere invece che dall'avere o dall'apparire. Come notava giustamente un'amica, da viaggio o avventura affascinante, si trasforma in fuga.


Un film comunque coraggioso, che dividerà il giudizio degli spettatori probabilmente sulla sostanza più che sulla forma.

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