Rock or Bust - AC/DC (2014)
Ascoltando per la prima volta questo quindicesimo album degli AC/DC (sedicesimo se si contano quelli pubblicati in Australia), mentre leggevo le età dei componenti della band e, soprattutto, la storia dell'avvicendamento nella line up tra Malcolm Young e Stevie Young, mi stavo commovendo. Lo so che non è per niente una novità, ormai è risaputo che sono un piagnone, ma qua devo dire che la commozione era più per questi sessantenni che sono ancora in grado di far uscire un disco degnissimo, mentre band dalla storia molto più breve son già finite al secondo disco, che per la storia, degna comunque di nota e di essere narrata, per la cronaca. Apriamo quindi questa parentesi: Malcolm, 61 anni, maggiore di Angus, fondatore della band e da sempre presente nella formazione (anche se non tutti sanno - soprattutto perché fisicamente i due si somigliano molto -, io compreso fino a qualche ora fa, che nel 1988 mancò quasi tutto il Blow Up Your Video Tour, a causa di una disintossicazione dall'alcool, e fu sostituito dal nipote Stevie Young, 58 anni, figlio del fratello maggiore di Angus - ci sono anche Malcolm, ovviamente, ma pure George e Alex, tutti musicisti -, Stephen, emigrato in Australia dalla Scozia nel 1963 e tornato in patria nel 1970), già nell'aprile di quest'anno sembrava avere seri problemi nella prosecuzione della carriera, a causa di imprecisati problemi di salute. Dopo alcune note rassicuranti da parte degli altri componenti, rilasciate durante l'estate, il 26 settembre 2014 il Sydney Morning Herald ha riportato la notizia secondo la quale Malcolm era stato ricoverato in una casa di cura, dove stava ricevendo cure a tempo pieno, a causa di demenza. Quattro giorni dopo, la famiglia ha confermato la notizia, ringraziando per il rispetto della loro privacy. Rispolverato dunque Stevie, il cui figlio, tra l'altro, chiamato Angus (guarda a volte il caso) ma soprannominato Goose, è musicista (chitarrista) a sua volta, ed è in forza alla band reggae di Birmingham che risponde al nome di 1Eye, ecco i problemi con Phil Rudd, il batterista: il 6 novembre è stato arrestato per aver cercato di ingaggiare un killer per uccidere due uomini. E' stato poi scarcerato, le accuse di attempted procurement (tentato appalto o qualcosa del genere) sono state lasciate cadere, ma sono rimaste pendenti quelle per il possesso di metanfetamine, cannabis e di minaccia di uccisione. All'udienza per la cauzione si è presentato in ritardo, facendo inizialmente scattare la richiesta d'arresto, poi sospesa, e si è comportato un maniera quantomeno bizzarra. Per quanto riguarda la band ed il prosieguo del loro cammino insieme, non è affatto chiaro. Rudd ha partecipato alle registrazioni, ma poi ha saltato sia la sessione di foto promozionali, sia le riprese per i due video (sostituito dal gallese Bob Richards, già con Adrian Smith e Asia); il resto della band ha lasciato intendere che probabilmente, la militanza di Rudd con gli AC/DC si è (nuovamente) conclusa, e che il tour vedrà un altro batterista dietro le pelli.
Detto tutto questo, finalmente devo parlare del disco e della commozione. Si, perché il disco è assolutamente valido, per quanto possa risultare buffo sentire hard rock a quattro quarti suonato da una band di sessantenni (un po' come fa sorridere il pubblico del video clip di Rock or Bust), dannatamente valido nella sua prevedibilità, nella sua omogeneità, nel sentire questo filotto di canzoni sempre uguali alle altre (Hard Times che richiama vagamente The Jack), nell'inconfondibile stile AC/DC, che mai come adesso richiama i Led Zeppelin (Miss Adventure, Baptism By Fire, Rock the House, clamorosamente Black Dog), e nonostante ciò, degno è decisamente non ammuffito, anzi, dopo anni nei quali consideravamo gli AC/DC intoccabili ma sempre uguali a se stessi, adesso che non dobbiamo più reggere chissà quali pose, possiamo ascoltarli senza steccati, senza per forza dover essere attenti all'ultima band più figa, più all'avanguardia, possiamo apprezzarli per quello che sono realmente. Una band che ha reso immortale un genere, che ha creato uno stile imitato da centinaia di altre band, una band che, come plus, ha un chitarrista a dir poco geniale, che riesce a far parlare la sua chitarra. Ascoltate ogni riff, ogni armonico, soprattutto ogni assolo, apprezzate come tutto quadri alla perfezione, magnificamente, magicamente. Ricorda il passato, certo, ma guarda al futuro. E se pure questo fosse l'ultimo disco degli AC/DC, la loro eredità rimarrà, nei secoli dei secoli. Rock or Bust, appunto. O questo o niente.
Magnificent, incorruptible, immortal AC / DC. This is their fifteenth record (sixteenth if you count those published in Australia), and even if it arrives after the sad news of the final withdrawal of Malcolm Young, who suffers from dementia and admitted to a nursing home, replaced by his nephew Stevie, and well it is not certain that the drummer Phil Rudd will continue to be part of the group, as is having problems with the law and did not appear either in the photo sessions, nor to the shooting of the two video clips, well, it sounds pretty damn convincing. I know some of you will smile: how can a disc played by a band of sixty, sound convincing, especially in the ears of a person who often can not wait to hear the next big thing, the new fabulous band? Well, try to listen carefully to this "Rock or Bust", hear not only the work of the rhythm section, composed and rocky, or that of the voice, always equal to itself; heard above all the splendid work of the guitars, rhythms, harmonics, solos. Everything fits perfectly. And yes, it's only rock and roll, but it is a masterpiece of simplicity. And if they stopped playing and making records tomorrow, AC / DC would remain in the history of music, even thanks to this "Rock or Bust".
Nessun commento:
Posta un commento