No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.
20151031
20151030
Bosnia-Herzegovina/Croazia - Maggio 2015 (15)
Mercoledì 13 maggio
Colazione e partenza per Dubrovnik. Nonostante ci sia da ripassare la "doppia frontiera" (Croazia/Bosnia e 5 km dopo Bosnia/Croazia), la strada non è così lunga, e devo fare proprio di tutto per non arrivare troppo presto. Arrivo davanti al Radisson Blu in località Orasac, poco fuori Dubrovnik, che è ancora presto, quindi proseguo e mangio qualcosa al primo ristorante che trovo sulla strada, a Zaton. Infine, eccomi al Radisson. Beh, ogni tanto bisognerebbe trattarsi così bene, e questo è esattamente uno di quei luoghi giusti. Un 5 stelle vero, dove tutti i dipendenti ti chiedono come stai, perfino quando ti incontrano in ascensore. Le foto della camera.
La camera, alla fine, risulterà protagonista. Ci arriviamo.
Mi godo naturalmente la camera, lavoro un po', prendo il sole in terrazza. Esploro l'enorme giardino dell'hotel, ubico i ristoranti (saranno quattro o cinque), la SPA, la spiaggia, faccio domande al banco escursioni. Avevo intenzione di visitare Dubrovnik andando con l'auto, lasciandola in un parcheggio che ho trovato on line (pare che i parcheggi di Dubrovnik siano i più cari d'Europa), non lontano dal centro, ma qua vendono un'escursione guidata di alcune ore con trasferimento dall'hotel...mi lascio tentare. E' per venerdì, mi lascia il tempo di cazzeggiare tutto il giorno domani, magari fare pure un po' di mare, visto che le previsioni danno una serie di giornate splendide. Vado in piscina, nuoto, poi sauna e bagno turco, faccio due chiacchiere con due giovani che gironzolano per quelle zone. Torno in camera, mi preparo per la cena e scelgo un ristorante di carne. Bevo un buon vino, e son pronto per la notte.
Giovedì 14 maggio
Colazione, e via in spiaggia. Ghiaia e lettini. Qualche ora, senza esagerare.
Pranzo leggero. Riposo. Passeggiata. Piscina. Sauna. Massaggio alla schiena: il dolore è sempre più insistente, e continuo a pensare sia muscolare. Mi sembra di stare meglio. Per cena cambio ristorante. Domani mi aspetta King's Landing (come tutti saprete, Dubrovnik è "usata" come la capitale dei sette regni nella versione tv di Game of Thrones).
Venerdì 15 maggio
Mi sveglio verso le 5 con un dolore fortissimo non alla schiena, ma laterale. Continuo ingenuamente a pensare che sia muscolare. Mi infilo sotto la doccia calda. Niente. Respiro a fatica, il dolore si fa lancinante. Scendo alla reception e chiedo un dottore. Lo chiamano, c'è da aspettare un po'. Vado al banco escursioni e mi scuso, ma disdico la gita a Dubrovnik. Arriva il dottore dopo un'ora, e io sto aggirandomi per la camera urlando dal dolore. Il dottore croato fa un rapido accertamento, mi fa fare pipì su una strisciolina di carta: è colica di reni, ho sangue impercettibile nell'urina. Mi fa un'iniezione, mi dà delle medicine, mi lascia una ricetta per comprarne altre. Mi chiede un centinaio di euro. Scendo alla reception e chiedo che qualcuno mi vada a comprare le altre medicine. Mi corico sperando di trovare pace, ma è dura. Sarà dura tutta la giornata, anche perché non riesco a mantenere niente di solido in corpo, sarà il mix di medicine. Dopo qualche ora il dolore lancinante non c'è più, ma rimarrò intontito per tutto il giorno, e oltre. Domani ho il volo di ritorno. Il lato positivo: dovrò tornare a Dubrovnik, dato che non ce l'ho fatta a vederla.
Sabato 16 maggio
Mi sveglio in qualche modo, il dolore è latente. Saluto e ringrazio, carico il bagaglio in auto, metto in moto e... non parte. Mi torna in mente il fatto che mi si erano bloccati i fendinebbia accesi, e non riuscivo a spegnerli: ecco il risultato. Torno alla reception e in due si prodigano per trovare dei cavi e far ripartire l'auto. Fatto. Non spegno l'auto, e parto ringraziando ancora. Pochi km e sono all'aeroporto: una coda interminabile presso i noleggi auto e una sorta di piccolo ingorgo perché tutti i noleggiatori controllano le auto in rientro. In qualche modo, riesco a consegnare. Non mangio niente da ieri mattina, compro una bottiglietta d'acqua e ci infilo dentro 4 bustine di zucchero: mi sento un ladro. Finalmente mi imbarco, sono più stanco che dolorante. Mi godo un po' il volo, bella giornata. Fiumicino, navetta, parcheggio. Chiamo la famiglia, sento che il dolore sta tornando, mio padre mi aspetta all'ospedale di Cecina. Le tre ore e il viaggio in auto peggiore della vita. Arrivo al pronto soccorso, mi registro, le infermiere mi fanno i complimenti: se è davvero una colica di reni, la sto sopportando con grande dignità, il dolore della colica renale è secondo, così mi dicono, solo a quello del parto. Mi mettono una flebo, poi un'altra. Mio padre se ne va, fuori arriva mia sorella. Dopo diverse analisi e la visita del dottore, son quasi le due di notte (sono entrato verso le 6 del pomeriggio), mi dimettono, e si raccomandano di evitare per un po' latticini, pomodori, peperoni, cibi piccanti. Bere molta acqua, e il dottore mi specifica le marche. Lo farò. E' stata un'esperienza nell'esperienza. Non ho visto Dubrovnik. Pazienza. A parte il finale, il viaggio è stato una figata, e la colica per lo meno l'ho avuta in un bellissimo hotel. Tra un paio di giorni si riparte per Bruxelles.
Colazione e partenza per Dubrovnik. Nonostante ci sia da ripassare la "doppia frontiera" (Croazia/Bosnia e 5 km dopo Bosnia/Croazia), la strada non è così lunga, e devo fare proprio di tutto per non arrivare troppo presto. Arrivo davanti al Radisson Blu in località Orasac, poco fuori Dubrovnik, che è ancora presto, quindi proseguo e mangio qualcosa al primo ristorante che trovo sulla strada, a Zaton. Infine, eccomi al Radisson. Beh, ogni tanto bisognerebbe trattarsi così bene, e questo è esattamente uno di quei luoghi giusti. Un 5 stelle vero, dove tutti i dipendenti ti chiedono come stai, perfino quando ti incontrano in ascensore. Le foto della camera.
La camera, alla fine, risulterà protagonista. Ci arriviamo.
Mi godo naturalmente la camera, lavoro un po', prendo il sole in terrazza. Esploro l'enorme giardino dell'hotel, ubico i ristoranti (saranno quattro o cinque), la SPA, la spiaggia, faccio domande al banco escursioni. Avevo intenzione di visitare Dubrovnik andando con l'auto, lasciandola in un parcheggio che ho trovato on line (pare che i parcheggi di Dubrovnik siano i più cari d'Europa), non lontano dal centro, ma qua vendono un'escursione guidata di alcune ore con trasferimento dall'hotel...mi lascio tentare. E' per venerdì, mi lascia il tempo di cazzeggiare tutto il giorno domani, magari fare pure un po' di mare, visto che le previsioni danno una serie di giornate splendide. Vado in piscina, nuoto, poi sauna e bagno turco, faccio due chiacchiere con due giovani che gironzolano per quelle zone. Torno in camera, mi preparo per la cena e scelgo un ristorante di carne. Bevo un buon vino, e son pronto per la notte.
Giovedì 14 maggio
Colazione, e via in spiaggia. Ghiaia e lettini. Qualche ora, senza esagerare.
Pranzo leggero. Riposo. Passeggiata. Piscina. Sauna. Massaggio alla schiena: il dolore è sempre più insistente, e continuo a pensare sia muscolare. Mi sembra di stare meglio. Per cena cambio ristorante. Domani mi aspetta King's Landing (come tutti saprete, Dubrovnik è "usata" come la capitale dei sette regni nella versione tv di Game of Thrones).
Venerdì 15 maggio
Mi sveglio verso le 5 con un dolore fortissimo non alla schiena, ma laterale. Continuo ingenuamente a pensare che sia muscolare. Mi infilo sotto la doccia calda. Niente. Respiro a fatica, il dolore si fa lancinante. Scendo alla reception e chiedo un dottore. Lo chiamano, c'è da aspettare un po'. Vado al banco escursioni e mi scuso, ma disdico la gita a Dubrovnik. Arriva il dottore dopo un'ora, e io sto aggirandomi per la camera urlando dal dolore. Il dottore croato fa un rapido accertamento, mi fa fare pipì su una strisciolina di carta: è colica di reni, ho sangue impercettibile nell'urina. Mi fa un'iniezione, mi dà delle medicine, mi lascia una ricetta per comprarne altre. Mi chiede un centinaio di euro. Scendo alla reception e chiedo che qualcuno mi vada a comprare le altre medicine. Mi corico sperando di trovare pace, ma è dura. Sarà dura tutta la giornata, anche perché non riesco a mantenere niente di solido in corpo, sarà il mix di medicine. Dopo qualche ora il dolore lancinante non c'è più, ma rimarrò intontito per tutto il giorno, e oltre. Domani ho il volo di ritorno. Il lato positivo: dovrò tornare a Dubrovnik, dato che non ce l'ho fatta a vederla.
Sabato 16 maggio
Mi sveglio in qualche modo, il dolore è latente. Saluto e ringrazio, carico il bagaglio in auto, metto in moto e... non parte. Mi torna in mente il fatto che mi si erano bloccati i fendinebbia accesi, e non riuscivo a spegnerli: ecco il risultato. Torno alla reception e in due si prodigano per trovare dei cavi e far ripartire l'auto. Fatto. Non spegno l'auto, e parto ringraziando ancora. Pochi km e sono all'aeroporto: una coda interminabile presso i noleggi auto e una sorta di piccolo ingorgo perché tutti i noleggiatori controllano le auto in rientro. In qualche modo, riesco a consegnare. Non mangio niente da ieri mattina, compro una bottiglietta d'acqua e ci infilo dentro 4 bustine di zucchero: mi sento un ladro. Finalmente mi imbarco, sono più stanco che dolorante. Mi godo un po' il volo, bella giornata. Fiumicino, navetta, parcheggio. Chiamo la famiglia, sento che il dolore sta tornando, mio padre mi aspetta all'ospedale di Cecina. Le tre ore e il viaggio in auto peggiore della vita. Arrivo al pronto soccorso, mi registro, le infermiere mi fanno i complimenti: se è davvero una colica di reni, la sto sopportando con grande dignità, il dolore della colica renale è secondo, così mi dicono, solo a quello del parto. Mi mettono una flebo, poi un'altra. Mio padre se ne va, fuori arriva mia sorella. Dopo diverse analisi e la visita del dottore, son quasi le due di notte (sono entrato verso le 6 del pomeriggio), mi dimettono, e si raccomandano di evitare per un po' latticini, pomodori, peperoni, cibi piccanti. Bere molta acqua, e il dottore mi specifica le marche. Lo farò. E' stata un'esperienza nell'esperienza. Non ho visto Dubrovnik. Pazienza. A parte il finale, il viaggio è stato una figata, e la colica per lo meno l'ho avuta in un bellissimo hotel. Tra un paio di giorni si riparte per Bruxelles.
20151029
Three's a Crowd
Masters of Sex - di Michelle Ashford - Stagione 3 (12 episodi; Showtime) - 2015
Siamo nel 1965, e il Dr. Masters con Virginia Johnson si preparano finalmente a pubblicare il loro lavoro, quindi organizzano una grande conferenza stampa per accademici e giornalisti. Durante l'estate precedente, le due famiglie hanno fatto le vacanze insieme, in una casa sul lago. Virginia ha i suoi bei grattacapi con i due figli grandi: Henry si vuole arruolare nell'esercito per andare a combattere in Vietnam, e Tessa ha un amico particolare, per cui Virginia vorrebbe che Bill parlasse con Tessa a proposito di sesso. Nel frattempo, Libby è sull'orlo della depressione, conscia della storia tra Bill e Virginia e scoraggiata per dover crescere i figli praticamente da sola. Come se non bastasse, immediatamente dopo la conferenza stampa, Bill scopre che Virginia è incinta.
Masters of Sex continua imperterrita e abbastanza stilosa, sempre indecisa, sull'orlo del dramma sentimentale a cavallo del reportage scientifico, anche se romanzato. Molto semplicemente, si continua a seguirlo perché è forte di grandi interpretazioni e di un cast davvero solidissimo anche nelle parti di contorno (pensiamo a Beau Bridges e Allison Janney, nei panni degli ex coniugi Scully, ma riflettiamo un momento anche sull'onnipresente Annaleigh Ashford nella parte di Betty Dimello, o alla new entry di Josh Charles nei panni di Daniel Logan), ma davvero si ha forte il sospetto che l'abbondanza di libertà che gli sceneggiatori si sono presi, romanzando la vita della coppia Masters & Johnson, e inventandosi tutto un corollario di parenti per crearci una serie, appunto, fatta come un dramma sentimentale, abbia allontanato la serie stessa dall'olimpo delle migliori, facendola rimanere una delle tante. Apparizione di Emily Kinney (Beth di The Walking Dead) nella parte di Nora Everett. Rinnovata per una quarta stagione.
Siamo nel 1965, e il Dr. Masters con Virginia Johnson si preparano finalmente a pubblicare il loro lavoro, quindi organizzano una grande conferenza stampa per accademici e giornalisti. Durante l'estate precedente, le due famiglie hanno fatto le vacanze insieme, in una casa sul lago. Virginia ha i suoi bei grattacapi con i due figli grandi: Henry si vuole arruolare nell'esercito per andare a combattere in Vietnam, e Tessa ha un amico particolare, per cui Virginia vorrebbe che Bill parlasse con Tessa a proposito di sesso. Nel frattempo, Libby è sull'orlo della depressione, conscia della storia tra Bill e Virginia e scoraggiata per dover crescere i figli praticamente da sola. Come se non bastasse, immediatamente dopo la conferenza stampa, Bill scopre che Virginia è incinta.
Masters of Sex continua imperterrita e abbastanza stilosa, sempre indecisa, sull'orlo del dramma sentimentale a cavallo del reportage scientifico, anche se romanzato. Molto semplicemente, si continua a seguirlo perché è forte di grandi interpretazioni e di un cast davvero solidissimo anche nelle parti di contorno (pensiamo a Beau Bridges e Allison Janney, nei panni degli ex coniugi Scully, ma riflettiamo un momento anche sull'onnipresente Annaleigh Ashford nella parte di Betty Dimello, o alla new entry di Josh Charles nei panni di Daniel Logan), ma davvero si ha forte il sospetto che l'abbondanza di libertà che gli sceneggiatori si sono presi, romanzando la vita della coppia Masters & Johnson, e inventandosi tutto un corollario di parenti per crearci una serie, appunto, fatta come un dramma sentimentale, abbia allontanato la serie stessa dall'olimpo delle migliori, facendola rimanere una delle tante. Apparizione di Emily Kinney (Beth di The Walking Dead) nella parte di Nora Everett. Rinnovata per una quarta stagione.
20151028
Bosnia-Herzegovina/Croazia - Maggio 2015 (14)
Ci siamo. Sono in cima. |
La vista è decisamente spettacolare, così come la giornata. |
Non riesco a smettere di fotografare panorami |
Saluto la (bella) fortezza e comincio a scendere |
Di rientro a Spalato |
20151027
20151026
Nineteen eighty-nine
1989 - Ryan Adams (2015)
Non ho seguito molto bene Ryan Adams: troppo prolifico (per me). So che è molto apprezzato, anche se la mia impressione è che sia ancora più efficace come interprete che come autore di canzoni, ma forse mi sbaglio. In ogni caso, il mio interesse malato per Taylor Swift (da tempi non sospetti...ma che cazzo dico?) mi ha convinto ad ascoltare questo strano tipo di album: si tratta di un disco in cui Adams fa le cover di ogni pezzo di "1989" di Taylor Swift, nello stesso ordine dell'originale. Tra l'altro, "1989" non mi era piaciuto tanto quanto i precedenti album, ma ascoltando questa versione Ryan Adams, è possibile rendersi conto che è pieno di bellissime canzoni. Vi è una forte impronta di Bruce Springsteen qui, e, in fin dei conti, è la dimostrazione che, per me, Taylor Swift è una buonissima cantautrice pop folk. Grazie Ryan!
I haven't follow very well Ryan Adams: too prolific. In any case, I know it's very appreciated, also if my impression still that is more effective as a interpreter than as a songwriter, but maybe I'm wrong. Anyway, my ill interest for Taylor Swift convinced me to listen this strange kind of album: it's a track-by-track cover album of "1989" by Taylor Swift. By the way, "1989" didn't like me too much as the previous albums, but listening this Ryan Adams version, you can realize that is full of very beautiful songs. There is a strong footprint of Bruce Springsteen here, and, at the end of the day, it's the demonstration that, to me, Taylor Swift is a good pop folk songwriter. Thanks Ryan!
Non ho seguito molto bene Ryan Adams: troppo prolifico (per me). So che è molto apprezzato, anche se la mia impressione è che sia ancora più efficace come interprete che come autore di canzoni, ma forse mi sbaglio. In ogni caso, il mio interesse malato per Taylor Swift (da tempi non sospetti...ma che cazzo dico?) mi ha convinto ad ascoltare questo strano tipo di album: si tratta di un disco in cui Adams fa le cover di ogni pezzo di "1989" di Taylor Swift, nello stesso ordine dell'originale. Tra l'altro, "1989" non mi era piaciuto tanto quanto i precedenti album, ma ascoltando questa versione Ryan Adams, è possibile rendersi conto che è pieno di bellissime canzoni. Vi è una forte impronta di Bruce Springsteen qui, e, in fin dei conti, è la dimostrazione che, per me, Taylor Swift è una buonissima cantautrice pop folk. Grazie Ryan!
I haven't follow very well Ryan Adams: too prolific. In any case, I know it's very appreciated, also if my impression still that is more effective as a interpreter than as a songwriter, but maybe I'm wrong. Anyway, my ill interest for Taylor Swift convinced me to listen this strange kind of album: it's a track-by-track cover album of "1989" by Taylor Swift. By the way, "1989" didn't like me too much as the previous albums, but listening this Ryan Adams version, you can realize that is full of very beautiful songs. There is a strong footprint of Bruce Springsteen here, and, at the end of the day, it's the demonstration that, to me, Taylor Swift is a good pop folk songwriter. Thanks Ryan!
20151025
Pallottole e cioccolato
Balas y chocolate - Lila Downs (2015)
Ottavo album in studio per la cantante statunitense-messicana e cantautrice (anche attrice) Lila Downs. Come ho scritto in passato, questo tipo di musica è riservata a chi vuole avvicinarsi a un altro tipo di suono. So per certo, che molti la musica latina può essere noiosa e ripetitiva, per le orecchie non abituate, e Lila Downs non può essere affrontata se non si ha la mente aperta e, al tempo stesso, visioni aperte sulla musica. Ma, se si è interessati, Lila Downs è un ottimo esempio. Lei ha una produzione moderna, e pesca dalla tradizione latino americana, tirando fuori cose meravigliose come "La promesa". Lei scrive sempre con il marito e collaboratore americano (produttore e musicista) Paul Cohen, e su questo album, parla di morte, a partire dal titolo (proiettili e cioccolato, a rappresentare la parte più selvaggia dei messicani, e, allo stesso tempo, il loro carattere forte, discendente da Maya e Olmechi). Non c'è però da aspettarsi una musica triste, al contrario: ricordate che in Messico, la festa di "El dia de la muerte" (giorno dei morti) è una festa, che celebra il ricordo delle persone che non sono più tra i vivi. Duetti interessanti con Juan Gabriel, storico cantante melodico messicano, e Juanes, famoso giovane artista pop colombiano, su "La Farsante" e "La Patria madrina", un sacco di canzoni originali, e alcuni tradizionali, come "La Burra" (del poeta venezuelano Jesús Rosas Marcano), formano un interessante album di world music, solo una conferma del talento di Lila Downs.
Eighth studio album for the american-mexican singer and songwriter (also actress) Lila Downs. As I wrote in the past, this kind of music is reserved to who wants to get close to other kind of standards. I know for a fact, that many latino music can be boring and repetitive, to unaccustomed ears, and Lila Downs can't be approached if you haven't open mind and open visions about music. But, if you want, Lila Downs is a big thing. She have a modern production, and root out from the latino american classics, taking out wonderful things as "La promesa". She always write with her american husband and collaborator (producer and other stuff) Paul Cohen, and on this album, she talk about death, starting from the title (bullets and chocolate, as representing the wildest of mexicans, and at the same time, their strong character, descended from Mayans and Olmecs). You don't have to expect a sad music, at the contrary: remember that in Mexico, the holiday of "El dia de la muerte" (day of the dead) is a party, celebrating the remember of the people that aren't between the alive anymore. Interesting duets with Juan Gabriel, historic melodic mexican singer, and Juanes, famous young colombian pop artist, on "La farsante" y "La Patria madrina", a bunch of original songs, and some traditional, as "La burra" (of the venezuelan poet Jesús Rosas Marcano), forms a very interesting world music album, just a confirmation of the talent of Lila Downs.
Ottavo album in studio per la cantante statunitense-messicana e cantautrice (anche attrice) Lila Downs. Come ho scritto in passato, questo tipo di musica è riservata a chi vuole avvicinarsi a un altro tipo di suono. So per certo, che molti la musica latina può essere noiosa e ripetitiva, per le orecchie non abituate, e Lila Downs non può essere affrontata se non si ha la mente aperta e, al tempo stesso, visioni aperte sulla musica. Ma, se si è interessati, Lila Downs è un ottimo esempio. Lei ha una produzione moderna, e pesca dalla tradizione latino americana, tirando fuori cose meravigliose come "La promesa". Lei scrive sempre con il marito e collaboratore americano (produttore e musicista) Paul Cohen, e su questo album, parla di morte, a partire dal titolo (proiettili e cioccolato, a rappresentare la parte più selvaggia dei messicani, e, allo stesso tempo, il loro carattere forte, discendente da Maya e Olmechi). Non c'è però da aspettarsi una musica triste, al contrario: ricordate che in Messico, la festa di "El dia de la muerte" (giorno dei morti) è una festa, che celebra il ricordo delle persone che non sono più tra i vivi. Duetti interessanti con Juan Gabriel, storico cantante melodico messicano, e Juanes, famoso giovane artista pop colombiano, su "La Farsante" e "La Patria madrina", un sacco di canzoni originali, e alcuni tradizionali, come "La Burra" (del poeta venezuelano Jesús Rosas Marcano), formano un interessante album di world music, solo una conferma del talento di Lila Downs.
Eighth studio album for the american-mexican singer and songwriter (also actress) Lila Downs. As I wrote in the past, this kind of music is reserved to who wants to get close to other kind of standards. I know for a fact, that many latino music can be boring and repetitive, to unaccustomed ears, and Lila Downs can't be approached if you haven't open mind and open visions about music. But, if you want, Lila Downs is a big thing. She have a modern production, and root out from the latino american classics, taking out wonderful things as "La promesa". She always write with her american husband and collaborator (producer and other stuff) Paul Cohen, and on this album, she talk about death, starting from the title (bullets and chocolate, as representing the wildest of mexicans, and at the same time, their strong character, descended from Mayans and Olmecs). You don't have to expect a sad music, at the contrary: remember that in Mexico, the holiday of "El dia de la muerte" (day of the dead) is a party, celebrating the remember of the people that aren't between the alive anymore. Interesting duets with Juan Gabriel, historic melodic mexican singer, and Juanes, famous young colombian pop artist, on "La farsante" y "La Patria madrina", a bunch of original songs, and some traditional, as "La burra" (of the venezuelan poet Jesús Rosas Marcano), forms a very interesting world music album, just a confirmation of the talent of Lila Downs.
20151024
20151023
Bruxelles (Belgio) - Settembre 2015
Mercoledì 23 settembre
Non me la voglio tirare troppo, ma stavolta l'appuntamento è ad alti livelli (meeting annuale dei vertici della Supply Chain); il mio capo di Bruxelles (avete capito che ne ho molti) mi ha convocato a questo meeting e mi ha messo nella lista dei convocati di altri incontri prestigiosi, per, come ha detto lui, "darmi visibilità". Troppo complessa da spiegare, ma per farla breve, insieme alle mie "nuove" (ormai son passati due anni) responsabilità di coordinatore dell'ufficio Back Office italiano, ho "vinto" anche quella di responsabile dei flussi di uno dei prodotti della società per cui lavoro, per tutto il mondo. Sarebbe, per gli altri prodotti, un lavoro a tempo pieno, ma essendo questo prodotto fabbricato solo nello stabilimento dove lavoro, lui ha pensato fosse inutile tenere una persona a Bruxelles per farlo, e meglio che fosse uno del posto. Il problema è che a volte mi ritrovo a farlo "a scappatempo", in mezzo ad un milione di altre cose, ma com'è come non è, per il momento ce l'ho fatta, e ho avuto molti grattacapi e qualche soddisfazione. Ecco, più o meno, perché sono qui, insieme al mio capo italiano, un ragazzo di qualche anno più giovane di me, una persona squisita oltre che un amico.
Si parte da Roma Fiumicino, perché, nel caso non lo sapeste, il volo Ryanair da Pisa a Bruxelles è su Charleroi, che non è propriamente vicino al centro, e la riunione è stata organizzata in un albergo vicinissimo all'aeroporto più "centrale" di Bruxelles, Zaventem. E poi anche perché c'ho un altro progettino che poi vi dirò. Ad ogni modo partiamo nel primo pomeriggio, e lasciamo la mia auto nel solito parcheggio che uso a Fiumicino quando viaggio per diletto, il volo è verso l'ora di cena e a Roma sta piovendo di brutto, così come stava piovendo al paesello quando siamo partiti. Solita, e spiace dirlo, disorganizzazione romana, e siamo dentro l'aereo un po' bagnati. Pazienza. Si dormicchia per tutto il volo, e si arriva che è buio. Faccio notare al capo che il Belgio, di notte, dall'alto, è spettacolare: tutto illuminato (vi ho già detto che hanno i lampioni anche lungo le autostrade, no?). Si atterra, ci si avvia verso l'uscita, e prima di prendere un taxi ci mangiamo qualcosa. Poi taxi, hotel, che è il Courtyard by Marriott, e che insomma c'ho sempre un po' di riverenza che viene, come uso dire da "quando ero povero", ma per fortuna mi ci dovrò abituare. Troviamo colleghi italiani e stranieri, e tra di loro, uno di quelli che mi sta più simpatico, un catalano di cui forse vi ho già tessuto le lodi, e con il quale è impossibile scampare il famoso "bicchiere della staffa". E così sia.
Giovedì 24 settembre
I lavori cominciano alle 10 quindi c'è tutto il tempo per svegliarsi con calma, fare colazione e due chiacchiere con gli altri, che cominciano ad arrivare o sono arrivati e non abbiamo visto. Quando entriamo nella sala che è stata a noi destinata (il primo piano dell'hotel è interamente dedicato a sale riunioni, ed ha un piano aperto dove sono posizionate macchine del caffé e, via via, spuntini ed altre cosette interessanti), la prima sorpresa: un collega belga del marketing, al quale ho, diciamo così, tolto le castagne dal fuoco alcune volte, semplicemente trovando la maniera di confezionare e spedire degli ordini dell'ultimo momento, mi ha portato un regalo: una Leffe Royale, scherzando ogni volta che mi contattava dicevamo che mi doveva una birra, e lui, di parola, me l'ha portata.
La posiziono davanti al mio posto al tavolo, e tutti si domandano che cosa ci faccio. Poi arriva la mia capa tedesca, e lei mi ha portato una scatola di cioccolatini. Lei è timida, non me lo dice, ma io lo so perché. E si comincia con le presentazioni, e l'agenda. C'è da ascoltare, la situazione, le cose fatte, quelle da fare, le previsioni, le aspirazioni. Pranzo, a buffet, sempre al ristorante dell'hotel, e nel pomeriggio un po' di lavoro a gruppi (quelli bravi lo chiamano workshop, ma lo sapete ormai quasi tutti) sulle cose che vorremmo che non ci "ostacolassero" nel nostro lavoro. Si finisce verso le 17, e il supercapo ci ha preannunciato una sorpresa. Intanto, io mi bevo 'sta birra regalo, che mi sembra il momento giusto. Pare che ci voglia una tenuta molto casual, quindi vado a mettermi i mimetici e le scarpe da ginnastica, che mi son portato dietro per quel progettino che poi vi dirò. Alla fine è una lezione di yoga, e apro le danze dicendo che mi tolgo anche i calzini perché i piedi sono la parte del corpo più bella che ho. Meno male che faccio ginnastica posturale, che non è la stessa cosa ma almeno mi ha restituito un minimo di elasticità, altrimenti sarei morto, ma insomma, la cosa è simpatica, ilare, e si fa l'ora di cena. Anche se, a bocce ferme, era meglio se quella birra non me la bevevo.
La cena è buona, non ho letto il menù ma la collega francese accanto a me mi segnala che la carne è di anatra, credo di non averne mai mangiato. Scopro di condividere il compleanno con due colleghi (uno è il supercapo, che è nato lo stesso giorno dello stesso anno), e poi si fanno chiacchiere random, prima di coricarsi.
Venerdì 25 settembre
Inizio dei lavori alle 8,30, altri ospiti di altri servizi che ci raccontano cose piuttosto interessanti sul nostro possibile futuro, i concorrenti, le possibilità di sviluppo o meno. Un altro workshop, alla fine mi fanno pure esporre. Provo a fare il disinvolto. Pranzo, e verso le 15 i lavori son chiusi. Saluti vari, facce sorridenti e perfino la foto di gruppo, fuori è una bella giornata. Rimaniamo fino verso le 17, si parla più sciolti con un paio dei nostri capi di Bruxelles sulla nostra mancanza di personale, come una cosa da risolvere. Ci daranno una mano, almeno ci proveranno.
Cosa mi porto via da questi due giorni. Ho conosciuto alcune persone che conoscevo solo via email o per telefono, e con alcune di loro ho scoperto di condividere una certa visione del lavoro. Ho ritrovato altre, con le quali già sentivo di avere un ottimo rapporto. Ne ho conosciute addirittura alcune che mi conoscevano già di fama. Ho avuto addirittura una proposta di cambiamento, tra le righe, segno che il mio lavoro è apprezzato davvero. Dividiamo il taxi per l'aeroporto, io e il mio capo, con il catalano simpatico, e addirittura, visto che abbiamo tempo, ci beviamo una birra chiacchierando di lavoro e no. Una persona davvero piacevole. Ci salutiamo. E poi, dopo un'altra mezz'ora abbondante, ci salutiamo anche io e il mio capo: lui torna in Italia, io parto per un'altra destinazione. Il mio progettino. Di cui vi dirò.
Rimango in attesa del gate, e mangio qualcosa ad uno Starbucks. Dietro al banco, un ragazzo che di nome fa Giovanni, e tre ragazze nere come la pece che sono ovviamente belghe. Tutte e tre belle a modo loro. Mi viene una riflessione, un po' maschilista e un po' politicamente scorretta: quanta figa ci siamo persi, noi italiani, ad essere razzisti adesso (da un po' di tempo eh), e, nel passato, colonialisti falliti? Vi saluto col cliffhanger del progettino, con questa popo' di filosofia, e con la foto della pubblicità della società per cui lavoro, dentro l'aeroporto di Zaventem.
Si parte da Roma Fiumicino, perché, nel caso non lo sapeste, il volo Ryanair da Pisa a Bruxelles è su Charleroi, che non è propriamente vicino al centro, e la riunione è stata organizzata in un albergo vicinissimo all'aeroporto più "centrale" di Bruxelles, Zaventem. E poi anche perché c'ho un altro progettino che poi vi dirò. Ad ogni modo partiamo nel primo pomeriggio, e lasciamo la mia auto nel solito parcheggio che uso a Fiumicino quando viaggio per diletto, il volo è verso l'ora di cena e a Roma sta piovendo di brutto, così come stava piovendo al paesello quando siamo partiti. Solita, e spiace dirlo, disorganizzazione romana, e siamo dentro l'aereo un po' bagnati. Pazienza. Si dormicchia per tutto il volo, e si arriva che è buio. Faccio notare al capo che il Belgio, di notte, dall'alto, è spettacolare: tutto illuminato (vi ho già detto che hanno i lampioni anche lungo le autostrade, no?). Si atterra, ci si avvia verso l'uscita, e prima di prendere un taxi ci mangiamo qualcosa. Poi taxi, hotel, che è il Courtyard by Marriott, e che insomma c'ho sempre un po' di riverenza che viene, come uso dire da "quando ero povero", ma per fortuna mi ci dovrò abituare. Troviamo colleghi italiani e stranieri, e tra di loro, uno di quelli che mi sta più simpatico, un catalano di cui forse vi ho già tessuto le lodi, e con il quale è impossibile scampare il famoso "bicchiere della staffa". E così sia.
Giovedì 24 settembre
I lavori cominciano alle 10 quindi c'è tutto il tempo per svegliarsi con calma, fare colazione e due chiacchiere con gli altri, che cominciano ad arrivare o sono arrivati e non abbiamo visto. Quando entriamo nella sala che è stata a noi destinata (il primo piano dell'hotel è interamente dedicato a sale riunioni, ed ha un piano aperto dove sono posizionate macchine del caffé e, via via, spuntini ed altre cosette interessanti), la prima sorpresa: un collega belga del marketing, al quale ho, diciamo così, tolto le castagne dal fuoco alcune volte, semplicemente trovando la maniera di confezionare e spedire degli ordini dell'ultimo momento, mi ha portato un regalo: una Leffe Royale, scherzando ogni volta che mi contattava dicevamo che mi doveva una birra, e lui, di parola, me l'ha portata.
Le "cosette interessanti" |
La posiziono davanti al mio posto al tavolo, e tutti si domandano che cosa ci faccio. Poi arriva la mia capa tedesca, e lei mi ha portato una scatola di cioccolatini. Lei è timida, non me lo dice, ma io lo so perché. E si comincia con le presentazioni, e l'agenda. C'è da ascoltare, la situazione, le cose fatte, quelle da fare, le previsioni, le aspirazioni. Pranzo, a buffet, sempre al ristorante dell'hotel, e nel pomeriggio un po' di lavoro a gruppi (quelli bravi lo chiamano workshop, ma lo sapete ormai quasi tutti) sulle cose che vorremmo che non ci "ostacolassero" nel nostro lavoro. Si finisce verso le 17, e il supercapo ci ha preannunciato una sorpresa. Intanto, io mi bevo 'sta birra regalo, che mi sembra il momento giusto. Pare che ci voglia una tenuta molto casual, quindi vado a mettermi i mimetici e le scarpe da ginnastica, che mi son portato dietro per quel progettino che poi vi dirò. Alla fine è una lezione di yoga, e apro le danze dicendo che mi tolgo anche i calzini perché i piedi sono la parte del corpo più bella che ho. Meno male che faccio ginnastica posturale, che non è la stessa cosa ma almeno mi ha restituito un minimo di elasticità, altrimenti sarei morto, ma insomma, la cosa è simpatica, ilare, e si fa l'ora di cena. Anche se, a bocce ferme, era meglio se quella birra non me la bevevo.
La cena è buona, non ho letto il menù ma la collega francese accanto a me mi segnala che la carne è di anatra, credo di non averne mai mangiato. Scopro di condividere il compleanno con due colleghi (uno è il supercapo, che è nato lo stesso giorno dello stesso anno), e poi si fanno chiacchiere random, prima di coricarsi.
Venerdì 25 settembre
Inizio dei lavori alle 8,30, altri ospiti di altri servizi che ci raccontano cose piuttosto interessanti sul nostro possibile futuro, i concorrenti, le possibilità di sviluppo o meno. Un altro workshop, alla fine mi fanno pure esporre. Provo a fare il disinvolto. Pranzo, e verso le 15 i lavori son chiusi. Saluti vari, facce sorridenti e perfino la foto di gruppo, fuori è una bella giornata. Rimaniamo fino verso le 17, si parla più sciolti con un paio dei nostri capi di Bruxelles sulla nostra mancanza di personale, come una cosa da risolvere. Ci daranno una mano, almeno ci proveranno.
Cosa mi porto via da questi due giorni. Ho conosciuto alcune persone che conoscevo solo via email o per telefono, e con alcune di loro ho scoperto di condividere una certa visione del lavoro. Ho ritrovato altre, con le quali già sentivo di avere un ottimo rapporto. Ne ho conosciute addirittura alcune che mi conoscevano già di fama. Ho avuto addirittura una proposta di cambiamento, tra le righe, segno che il mio lavoro è apprezzato davvero. Dividiamo il taxi per l'aeroporto, io e il mio capo, con il catalano simpatico, e addirittura, visto che abbiamo tempo, ci beviamo una birra chiacchierando di lavoro e no. Una persona davvero piacevole. Ci salutiamo. E poi, dopo un'altra mezz'ora abbondante, ci salutiamo anche io e il mio capo: lui torna in Italia, io parto per un'altra destinazione. Il mio progettino. Di cui vi dirò.
Rimango in attesa del gate, e mangio qualcosa ad uno Starbucks. Dietro al banco, un ragazzo che di nome fa Giovanni, e tre ragazze nere come la pece che sono ovviamente belghe. Tutte e tre belle a modo loro. Mi viene una riflessione, un po' maschilista e un po' politicamente scorretta: quanta figa ci siamo persi, noi italiani, ad essere razzisti adesso (da un po' di tempo eh), e, nel passato, colonialisti falliti? Vi saluto col cliffhanger del progettino, con questa popo' di filosofia, e con la foto della pubblicità della società per cui lavoro, dentro l'aeroporto di Zaventem.
20151022
General Culture
Cultura generale - Ministri (2015)
E' vero, tutto dipende da cosa ci si aspetta. In generale, negli ultimi anni sono uno che non si aspetta niente dalla musica e dalle band già conosciute, quelle italiane comprese. Epperò, la prima impressione che ho avuto ascoltando per le prime volte il nuovo disco dei Ministri (il quinto), è stata che era sempre la solita, pur bella, minestra. Ottimi pezzi, belle melodie, suoni secchi e "poveri", se riuscite a capire quel che intendo, i soliti testi curiosi, con sottintesi sociali, apprezzabili al punto che a volte ti trovi a chiedere a te stesso "e se invece prendessero tutti per il culo?", ma insomma, buono. Solo, sempre uguali a se stessi, mai qualcosa di asimmetrico, fuori dai loro schemi.
Poi mi sono ritrovato a leggere una recensione sullo stesso disco, sull'unico mensile musicale italiano che seguo, solitamente molto critico con chiunque, e non sapevo se stavo ancora dormendo. Una sequela di elogi, sperticati, assoluti, leccate di culo assurde, significati reconditi trovati dietro a cose anche zoppicanti, quali la registrazione a Berlino nei Funkhaus e la produzione di Gordon Raphael (che li fa somigliare agli Strokes in diversi passaggi, cosa che ho trovato piuttosto assurda, anche se una delle poche cose "nuove"), ed ho dovuto far decantare questa cosa, per rifletterci bene sopra.
La conclusione è che a volte, anche noi italiani facciamo come gli inglesi, che gridano al capolavoro e alla next big thing ogni volta che c'è qualche connazionale che fa qualcosa di decente, e poi lo mettiamo su un piedistallo finché non passa di moda. E questo, di certo non aiuta nessuno, né quella stessa band a crescere, né la scena musicale italiana intera, né il giornalismo (musicale, s'intende). Perché bisognerebbe essere capaci di criticare anche chi ci piace. Ecco, a me i Ministri piacciono abbastanza, mi stanno pure simpatici, ma qui penso che arrivati al quinto disco bisognerebbe osare qualcosa in più.
Perché, cribbio, non posso sentir parlare di "nuovo punk" e poi sentire un pezzo come Il giorno che riprovo a prendermi. Dai, non ci prendiamo per il culo da soli.
To me, the problem of Ministri, one of the best italian band of the last 10 years, in a landscape where, as abroad, old bands have lived a little "on the wave" of their die hard fan, is that (also) they've changed a very little.
They are still good to write songs, and listen their music is always a pleasure, but there is nothing new going on.
Is it good? Is it bad? It is totally up to you, guys. I told you that.
E' vero, tutto dipende da cosa ci si aspetta. In generale, negli ultimi anni sono uno che non si aspetta niente dalla musica e dalle band già conosciute, quelle italiane comprese. Epperò, la prima impressione che ho avuto ascoltando per le prime volte il nuovo disco dei Ministri (il quinto), è stata che era sempre la solita, pur bella, minestra. Ottimi pezzi, belle melodie, suoni secchi e "poveri", se riuscite a capire quel che intendo, i soliti testi curiosi, con sottintesi sociali, apprezzabili al punto che a volte ti trovi a chiedere a te stesso "e se invece prendessero tutti per il culo?", ma insomma, buono. Solo, sempre uguali a se stessi, mai qualcosa di asimmetrico, fuori dai loro schemi.
Poi mi sono ritrovato a leggere una recensione sullo stesso disco, sull'unico mensile musicale italiano che seguo, solitamente molto critico con chiunque, e non sapevo se stavo ancora dormendo. Una sequela di elogi, sperticati, assoluti, leccate di culo assurde, significati reconditi trovati dietro a cose anche zoppicanti, quali la registrazione a Berlino nei Funkhaus e la produzione di Gordon Raphael (che li fa somigliare agli Strokes in diversi passaggi, cosa che ho trovato piuttosto assurda, anche se una delle poche cose "nuove"), ed ho dovuto far decantare questa cosa, per rifletterci bene sopra.
La conclusione è che a volte, anche noi italiani facciamo come gli inglesi, che gridano al capolavoro e alla next big thing ogni volta che c'è qualche connazionale che fa qualcosa di decente, e poi lo mettiamo su un piedistallo finché non passa di moda. E questo, di certo non aiuta nessuno, né quella stessa band a crescere, né la scena musicale italiana intera, né il giornalismo (musicale, s'intende). Perché bisognerebbe essere capaci di criticare anche chi ci piace. Ecco, a me i Ministri piacciono abbastanza, mi stanno pure simpatici, ma qui penso che arrivati al quinto disco bisognerebbe osare qualcosa in più.
Perché, cribbio, non posso sentir parlare di "nuovo punk" e poi sentire un pezzo come Il giorno che riprovo a prendermi. Dai, non ci prendiamo per il culo da soli.
To me, the problem of Ministri, one of the best italian band of the last 10 years, in a landscape where, as abroad, old bands have lived a little "on the wave" of their die hard fan, is that (also) they've changed a very little.
They are still good to write songs, and listen their music is always a pleasure, but there is nothing new going on.
Is it good? Is it bad? It is totally up to you, guys. I told you that.
20151021
Vilnius, Lituania - Settembre 2015 (1)
Venerdì 11 settembre
Ormai è una sorta di malattia, e dato che ormai è da maggio che non esco dall'Italia, mi sono ritagliato questo fine settimana a fatica, in mezzo alle ferie di quelli della mia squadra lavorativa. In realtà, mi manca una persona, non ci siamo capiti bene, e sono costretto a rimanere a lavoro per tutta la mattina di questo venerdì, e ad incrociare le dita per lunedì, cercando di lasciare tutto più "coperto" possibile, e lasciar detto che possono telefonarmi. Subito dopo pranzo parto per Fiumicino, non ho trovato niente che partisse da Pisa, e quindi torno su Wizz Air dopo qualche tempo, volo diretto Roma-Vilnius. Pomeriggio assolato, solito parcheggio, tutto regolare, volo verso le 19. Arrivo piuttosto tardi, e tra l'altro perdo tempo aspettando il bagaglio, che così per sfizio ho mandato in stiva, davanti ad un nastro sbagliato. Ho prenotato il trasferimento diretto all'hotel, e c'è giusto il tempo di registrarsi e andare a letto. L'hotel, l'Artis Centrum, è bello, ha vissuto tempi migliori, si è adeguato ed "espanso", ed è forse per questo che per salire al quinto piano bisogna cambiare due ascensori. Ma le camere sono ampie, comode, e confortevoli. E quindi mi addormento senza pensare alle macabre ricorrenze di oggi.
Sabato 12 settembre
Colazione (al secondo piano) sontuosa direi, e c'è da dire che stare a dieta da oltre un anno ti fa un po' soffrire, in queste situazioni (ci si riprende osservando i fisici di chi si ingozza, e scusate se son troppo triviale). Pronti per uscire, non ho portato troppa roba pesante ma il cappello di lana lo metto in tasca. E faccio bene. Mi dirigo subito verso la cattedrale, che è veramente a quattro passi, e lì vengo immediatamente "adescato" da un locale che mi chiede dei soldi, e naturalmente mi offre tutto il campionario di "aiuti" (droga, figa, visita guidata). Gli do qualche euro e ci faccio due chiacchiere.
Dopo la salita della collina e aver fatto alcuni scatti panoramici della città, mi ci "immergo", tenendo conto che comunque sono e rimarrò nel centro storico (patrimonio UNESCO). La giornata è poco nuvolosa, la pioggia non sembra voler scendere, quindi si può passeggiare senza fretta. Mi infilo nella via Pilies, una delle direttrici principali del centro storico. Ecco cosa si incontra lungo la strada (che all'altezza del municipio cambia nome), fino alla Porta dell'Aurora.
Ormai è una sorta di malattia, e dato che ormai è da maggio che non esco dall'Italia, mi sono ritagliato questo fine settimana a fatica, in mezzo alle ferie di quelli della mia squadra lavorativa. In realtà, mi manca una persona, non ci siamo capiti bene, e sono costretto a rimanere a lavoro per tutta la mattina di questo venerdì, e ad incrociare le dita per lunedì, cercando di lasciare tutto più "coperto" possibile, e lasciar detto che possono telefonarmi. Subito dopo pranzo parto per Fiumicino, non ho trovato niente che partisse da Pisa, e quindi torno su Wizz Air dopo qualche tempo, volo diretto Roma-Vilnius. Pomeriggio assolato, solito parcheggio, tutto regolare, volo verso le 19. Arrivo piuttosto tardi, e tra l'altro perdo tempo aspettando il bagaglio, che così per sfizio ho mandato in stiva, davanti ad un nastro sbagliato. Ho prenotato il trasferimento diretto all'hotel, e c'è giusto il tempo di registrarsi e andare a letto. L'hotel, l'Artis Centrum, è bello, ha vissuto tempi migliori, si è adeguato ed "espanso", ed è forse per questo che per salire al quinto piano bisogna cambiare due ascensori. Ma le camere sono ampie, comode, e confortevoli. E quindi mi addormento senza pensare alle macabre ricorrenze di oggi.
Sabato 12 settembre
Colazione (al secondo piano) sontuosa direi, e c'è da dire che stare a dieta da oltre un anno ti fa un po' soffrire, in queste situazioni (ci si riprende osservando i fisici di chi si ingozza, e scusate se son troppo triviale). Pronti per uscire, non ho portato troppa roba pesante ma il cappello di lana lo metto in tasca. E faccio bene. Mi dirigo subito verso la cattedrale, che è veramente a quattro passi, e lì vengo immediatamente "adescato" da un locale che mi chiede dei soldi, e naturalmente mi offre tutto il campionario di "aiuti" (droga, figa, visita guidata). Gli do qualche euro e ci faccio due chiacchiere.
La cattedrale |
Il relativo campanile |
L'ingresso del Palazzo dei Granduchi di Lituania, giusto dietro la cattedrale |
Lo stesso, anzi, una parte, visto dall'alto della Collina di Gediminas |
La chiesa ortodossa di Santa Paraskeva |
La chiesa cattolica di San Nicola |
Il municipio |
La chiesa cattolica di San Casimiro |
Ed ecco la Porta dell'Aurora |
20151020
Bosnia-Herzegovina/Croazia - Maggio 2015 (13)
Dopo il pranzo, si rimonta "in sella", ed eccoci a Hvar, cittadina omonima. Senza mezzi termini, meravigliosa. La nostra guida ci sfida. Ci dà una quarantina di minuti, e ci dice che possiamo girare liberamente, volendo potremmo anche salire in cima alla fortezza, ma che ci vuole troppo tempo. Mi sento in forma, e decido di tentare l'impresa. Parto deciso verso la cima.
Ci sono quasi.
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