Exhausting Fire - Kylesa (2015)
Settimo disco per la band di Savannah, Georgia, a due anni da Ultraviolet, e nonostante avessi letto una recensione poco incoraggiante, devo dire che di sicuro i Kylesa non fanno parte di quelle band che si siedono sugli allori, o non osano mai niente. Nonostante un discreto seguito e un buon successo di critica, non reiterano mai schemi predefiniti, e certo la definizione di sludge metal comincia ad andar loro molto stretta. Avevamo già individuato in una sorta di shoegaze metal una delle loro tante sfaccettature, ma stavolta si va pure oltre. Pur conservando una struttura ed un suono sporco e pesante, sono forti le influenze new wave con echi eighties (reverberi, voci con molto eco, andamenti cadenzati, percussioni incessanti e quasi tribali - dal vivo hanno la doppia batteria), strofe cantilenanti e ripetitive che li rendono psichedelici quanto basta, alternanza della voce femminile (Laura Pleasants, anche chitarra) e quella maschile (Philip Cope, anche chitarra, basso, tastiere), incedere prepotente e digressioni strumentali asimmetriche che tornano sul riff predominante, insomma, costruzioni interessanti, avvolgenti e mai banali, per una band che, come detto, non se ne sta buona buona in una nicchia.
Canzoni che, nonostante la ruvidità e una discreta complessità, non rinunciano alle melodie, seppure selvagge, ma a volte perfino sorprendentemente catchy, basti ascoltare la meravigliosa Moving Day, una perla che Brandon Stosuy su Pitchfork definisce "una canzone mid-tempo death rock che si piazzerebbe perfettamente tra i Killing Joke e i Christian Death su una compilation, e spicca come una delle mie singole canzoni dell'anno"; lo stesso recensore usa il nome dei Pixies, e addirittura dei Meat Puppets alla lontana, per dare le coordinate del suono dei Kylesa su questo loro ultimo lavoro, e devo dire che in alcuni passaggi, pure sui Pixies ci prende, ma certo, l'amalgama di influenze, non sempre riuscito alla perfezione, è senza dubbio affascinante, ancora una volta, e qui davvero, dopo qualche ascolto, ho ripensato alla recensione negativa letta su un giornale italiano, e non l'ho proprio capita.
No, anche stavolta i Kylesa si distinguono per personalità, e si confermano una band alla quale portare il massimo rispetto.
Seventh album for the band of Savannah, Georgia, and I must say that for sure, Kylesa are not part of those bands that do not dare anything. Despite a good following, and a critical acclamation, they do not reiterate default schemes, and certainly the definition of sludge metal it's too tight for them. We had already identified, in a sort of shoegaze metal, one of them many facets, but this time they gone well over. While retaining a structure and a rough sound, here we have strong influences of eighties new wave (reverb, echo voices, rhythmic patterns, and almost tribal percussion - they have two drummers, live).
The reiteration of some verses make them psychedelic enough, the alternation of the female voice (Laura Pleasants, also guitar) and the male voice (Philip Cope, also guitar, bass, keyboards), the gait overbearing and the instrumental digressions, the sudden return to the dominant riff, the interesting and complex songwriting, the enveloping and never trivial sound, are the sign of a band that, as said, it's not comfortable in a niche.
They write songs that, despite the roughness and a good complexity, do not give up the melodies, even if "wild", but sometimes even surprisingly catchy, just listen to the wonderful "Moving Day". The reviewer on Pitchfork magazine uses the name of the Pixies (and even of Meat Puppets distantly), to give the coordinates of the sound of Kylesa on this their last job, and I must say that in some passages I strongly agree. But of course, the amalgam of influences, not always managed to perfection, is undoubtedly fascinating. Kylesa are distinguished by personality, and confirmed, they are a band to whom we must bring the utmost respect.
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