Arezzo Wave Love Festival, giorni 15, 16 e 17/7/2005, Arezzo
Quest’anno, nonostante le polemiche in città infurino da almeno tre anni, Arezzo Wave si allarga, e passa a sei giorni di durata, con un sacco di manifestazioni collaterali che vanno molto al di là della musica, tutte interessanti. Il vostro cronista preferito ha deciso di compiere uno sforzo decisamente superiore alle sue possibilità (soprattutto fisiche), facendosi quasi tre giorni pieni della kermesse aretina.
Come sempre, vorrei partire da alcune considerazioni generali sull’atmosfera e sull’accoglienza da parte della città. Rimanendo tre giorni, ho avuto modo di constatare la gentilezza degli aretini, in particolar modo degli esercenti (a parte l’edicolante che mi ha rifilato la versione del Corriere dello Sport nazionale dicendomi che non ne esisteva una toscana…non avevo voglia di litigare). E poi un sacco di cose, particolari, che ti colpiscono e non ti lasciano. Ho visto un uomo con la famiglia aggirarsi per la tribuna dello stadio con un cuscino sotto braccio. Ho visto gruppi di ragazzi che si erano portati le mozzarelle e il mais in scatola per mangiare risparmiando. Ho visto la security, ribattezzata con una grande idea ‘’friend’’, passare tranquillamente tra la gente, scambiando bicchieri di plastica con bottiglie di vetro per evitare che il vetro rimanesse in giro. Ho visto mamme col passeggino, ho visto coppie anzianissime, almeno 70 anni, sedersi nello stadio e osservare ed ascoltare gli One Dimensional Man. Ho visto un sacco di giovanissimi che erano lì anche a prescindere dalla scaletta musicale, solo per il gusto dell’evento e di esserci. Ho visto dei baristi darmi da bere a credito perchè non avevano il resto, sulla fiducia.
Penso che tutto questo sia molto bello; se ci mettiamo anche la musica diventa eccezionale.
Venerdì 15
La delusione di essere arrivato tardi per Chimenti (era allo psycho stage) mi fa perdere pure il primo gruppo che si esibisce sul main stage, i Substance-M. Scoprirò la sera seguente che l’inizio dei concerti allo stadio è stato anticipato alle 19,00, anziché, come annunciato, alle 19,30. Però arrivo per i 127, una band di Teheran. Questo dovrebbe bastare, e infatti è così. Il cantante è stonato, e tutti insieme mi ricordano vagamente i Leningrad Cowboys.
A seguire i francesi (con elementi inglesi però) Le Peuple De L’Herbe, hip hop dal sapore europeo, fatto discretamente, buono per ballare.
Cibelle, che di cognome fa Cavalli, viene dal Brasile, è anche carina, ha una discreta voce, ma più che trip-hop fa sleep-hop. La presentano come una bomba, ma mi renderò conto che spesso è per dovere di ospitalità.
Cala il buio, e arrivano i Soulwax, dal Belgio. Su cd non mi hanno convinto ancora, e invece da questa sera mi considero loro fan. Un set infuocato, devastante, rovinandovi la sopresa vi dico già da adesso che risultano vincitori della mia personalissima classifica di questi tre giorni di Arezzo Wave. Cantano un pezzo con la tastierista/cantante degli LCD, e chiudono il set con la cover di Allen’s Wrench dei Kyuss, impressionandomi davvero molto. Sono tutto quello che i Subsonica non possono essere e non saranno mai, hanno quello che manca ai Chemical Brothers per entrare nel cuore dei rockers.
Difficile suonare e risultare interessanti dopo un set del genere. E purtroppo tocca ai The Kills, una di quelle band a mio parere davvero troppo sopravvalutata. Si sente che hanno scritto canzoni più accattivanti col nuovo disco, lei è carina e sensuale, voce sexy e movenze adatte, ma dopo un po’ non se ne può più.
Chiudono la serata gli LCD Soundsystem, e, sempre a parer mio, anche questa è una band sopravvalutata. Grande hype, ma in definitiva sono i Talking Heads remixati. Se non sbaglio, infatti, nella scaletta c’è pure una cover dei TH.
La serata per molti continua all’electro wave. Io non ho il fisico. A domani. Dal mio albergo si sente tump-tump ma mi addormento ugualmente.
Sabato 16
Mi perdo gli Eterea: dai, troppo presto!
Arrivo allo wake up stage mentre suona Mauro Petri e la sua band. Reggae pugliese. Mentre finisce il set, vado a fare colazione.
Torno ed è la volta di Rodolfo Montuoso e la sua band. Una specie di La Crus con influenze etniche, ma la voce proprio non va.
Si va verso mezzogiorno con i Poa che sfoggiano un grunge style decente; Stone Temple Pilots, Alice In Chains, Soundgarden si sentono. Sono poco mobili sul palco.
Il clou della mattinata sono gli Offlaga Disco Pax di Reggio Emilia. Se ne fa un gran parlare, in effetti il loro esordio ‘’Socialismo Tascabile (Prove tecniche di trasmissione)’’ è un disco ben fatto e molto divertente, con un retrogusto amaro. Snocciolano Kappler, mentre Max, il cantante (forse sarebbe meglio definirlo lo speaker), distribuisce volantini, Cinnamon mentre dona chewingum, Tono metallico standard, Enver (‘’un brano sul fattore C’’),Piccola Pietroburgo (‘’voi potete anche chiamarla Piccola Leningrado’’), Tatranky (lancia confezioni, appunto, di wafer Tatranky. Un loro amico, alla mia domanda ‘’Ma mica li lancia sempre, sennò gli tocca andare a Praga ogni poco a ricomprarli’’ risponde ‘’Li lancia sempre, ma non pensavano di suonare così tanto in giro. Ha degli amici che vanno a Praga e glieli portano, ma sta pensando di cominciare a comprarli su internet’’), e chiudono con Robespierre. Che dire, è il gruppo del momento, inutile girarci intorno. Arezzo Wave non ha colto l'attimo, in questo caso. Meritavano il main stage. Mi sono, come si dice da noi, ‘’sciagattato’’ dalle risate, ed ho molto apprezzato il set. Bravi.
Si riprende dopo pranzo, alle 14,45 in punto, con i Planet Brain, dopo che il DJ ha passato i Kula Shaker, e sembra quasi una premonizione. Ricordano loro, e anche i Muse, i Placebo e, in qualche modo, i Pearl Jam.
Dopo, un set per il quale sono molto curioso. Miss Violetta Beauregarde, sola con un campionatore, strilla nel microfono per i suoi 20 minuti. Sarò onesto: la sua musica non mi piace, ma devo ammettere che è la cosa più punk che ho sentito negli ultimi anni. Davvero punk. Elettronico, s’intende, ma punk.
Esperienza strana, ascoltarla incastrata tra la band precedente e i seguenti Thepublic: ancora Muse, Placebo, un po' di punk rock felice. Il DJ appena finiscono il loro set mette i Placebo e io e uno sconosciuto con il quale avevo scambiato dei pareri proprio su questo, ci guardiamo sconvolti: ma allora lo fa apposta!
Inversione di scaletta in dirittura d’arrivo: sale sul palco Ali De Siati. Ex VJ di MTV, ex cantante dei Foghenaist, è pugliese ma vive a Londra da 10 anni e, diciamolo, per questo se la tira un bel po’. Non è così che si fa, Ali. Ce lo fa proprio pesare. Suona un rock acustico che al massimo ricorda Meredith Brooks (e infatti apre con un pezzo che dice un milione di volte ‘’I’m a bitch’’).
L’inversione di scaletta (meno male) è stata fatta per lasciare per ultimi i Marta sui tubi. Li avevo visti oltre un anno e mezzo fa, e da allora hanno fatto strada. Mi erano piaciuti allora, adesso di più. Sono divertenti, etnici, romantici italiani (citano Nico Fidenco e la sua Legata a un granello di sabbia splendidamente), sono progressive, sono esageratamente tecnici. Sono in tre. Voce, chitarra acustica e cori, batteria. Sono il futuro. Intanto, sono le 18, e si va allo stadio.
Aprono i Dead Models, autori di 15 minuti di rock energico, arrabbiato e urlato.
Dopo di loro gli Yumi Yumi dal giappone, e vorremmo essere altrove. Si capisce che, come dirà poi la cantante/chitarrista all’insopportabile Mixo (meno male che quest’anno gli hanno affiancato la Maugeri) nelle interviste post concerto, la loro influenza principale sono i Ramones, ma il risultato è un punk rock leggerissimo e, per di più, con la drum machine.
Va un po’ meglio con i brasiliani Instituto, un collettivo etno-rap colorato e urlante.
Mentre cala il sole ecco Vic Thrill & The Saturn Missile. A parte il fatto che vanno ormai di moda le band duo più drum machine e/o campionatore, possiamo dire che Vic è un personaggio simpatico, e che la loro musica sembra un po’ quella dei Blues Explosion mixata con quella di Rocky Roberts. Lui si definisce surf music elettronica, e ci può stare. Cita Talking Heads e Aphex Twin, ci sta meno, ma in effetti la loro musica è un bel minestrone.
Il set seguente è quello di Rebekka Bakken. Presentata come una voce straordinaria dalla Norvegia eccetera eccetera, mi aspetto chissà cosa, e mi ritrovo a chiedere a me stesso cosa ci faccia la nuova Celine Dion sul palco di Arezzo Wave. Non mi rispondo e vado avanti, mi consola il fatto che Rebekka è una sventola da paura, anche se una norvegese col cappello e gli stivali da cowboy doveva insospettirmi appena arrivata sul palco.
Adesso ci sono i Negramaro, che sono proprio come me li aspettavo. Bravini, ruffiani quanto basta, un po’ più ruvidi che su disco, abbastanza rock per poter stare su un palco così, col cantante che tiene bene il palco e la gente che canta le canzoni a memoria. Diciamo che è colpa mia se non mi piacciono tanto dai.
Chiude la serata Antony And The Johnsons. Quello che dovevo dire su di lui, l’ho già detto in occasione del concerto di Sarzana, Questa sera posso aggiungere che una buona parte del pubblico non lo capisce proprio, ma gli aficionados che stanno vicino al palco (ci sono anch'io, per la cronaca) rendono meno timido Antony, che scherza e interagisce di più, ringrazia per ‘’il lavoro fatto’’ sulla ‘’sperimentale’’ Dust And Water, e ci chiama amici. Toccante anche stasera, anche se ovviamente un grande palco e un grande spazio come uno stadio non sono la sua dimensione ideale. In effetti, ad essere onesti gli spettatori non sono moltissimi. L’importante è la diversità, e qui ci sta bene. A domani.
Domenica 17
Oggi solo main stage. E’ il Tora! Tora!
Si comincia con i Vina3, buona intensità per i 15 minuti di rito dell’opener.
Si va avanti con i Franklin Delano, molto psichedelici.
Inversione di scaletta, gli Après La Classe suonano prima. Continuano a non piacermi, e non so che farci. Hanno un buon seguito, ma di questa roba ne sentiamo in quantità, e suona spesso tutta uguale. La ‘’punkchanka’’. Mah.
Suonano dopo di loro, ma in scaletta erano prima, i Perturbazione. Ecco, diciamo che riescono nell’impresa di far sembrare i Negramaro un gruppo metal. Comparsata di Paolo Benvegnù alla chitarra su un pezzo. Il cantante scende tra il pubblico per l’ultima canzone. I suoi monologhi sono curiosi e divertenti. Ma la sostanza è leggerissima.
Discorso totalmente diverso con gli One Dimensional Man. Son rocciosi, e continuano a ricordarmi i Primus meno sofisticati. Le chiacchere del cantante sono puro cabaret nonsense. A parte i discorsi, spaccano.
Giuliano Palma & The Bluebeaters aprono con See You Tonite di Gene Simmons e per un vecchio Kissomane è una delizia. Son bravi si, tutti quanti si muovono, tutti quanti apprezzano. Però, Giuliano, perchè cazzo non stai più con i Casino Royale? C’è anche Bunna, e fa piacere. Stop.
Il set seguente è dei Song With Other Strangers. Hugo Race, John Parish, Marta Collica, Cesare Basile, Jean Marc Butty, Stef Kamil Carlens, Giorgia Poli e l’apparizione di Manuel Agnelli (per Tutto fa un po’ male e i restanti pezzi dopo). Tanto di cappello a chi è riuscito a dare vita ad una cosa del genere, roba che di solito accade all’estero, bei pezzi, rarefatti, scambi di strumenti, ma tensione che cala un po’ ovunque, e l’ora che si fa tarda, aspettando gli headliner.
Afterhours, proprio loro. Rischio di sovraesposizione a livello italiano, a meno che tu non sia un die-hard fan. Si apre un po’ a sorpresa, con Down On The Street degli Stooges, pezzo che ultimamente fanno nei bis (da qui la sopresa), poi si va avanti con pezzi dall’ultimo disco. I suoni sono ottimi, e i pezzi dal nuovo, stranamente, sono riarrangiati, alcuni addirittura stravolti. Rendono bene, benissimo, ma mi rendo conto finalmente che sono leggeri. E dire che c’è ancora chi non digerisce ‘’Non e’ per sempre’’. Manuel stecca clamorosamente per due volte su Ballata per la mia piccola iena. Più che stecche vere e proprie, sono sbagli di impostazione del tono su alcune variazioni. Succede. Non a tutti, ma succede. Per il resto però, mi sembra in palla, e come sempre non si risparmia proprio, specialmente con la voce. Certo che, perdonatemi alcune considerazioni, è un personaggio quantomeno curioso Manuel Agnelli; ma si, parliamone, in fondo gli Afterhours sono lui. Si lamenta per la troppa luce sul palco, e poi ha l’asta del microfono luminosa, sembra un neon. Questo è un vezzo paragonabile all’asta disegnata da Giger di Johnatan Davis dei Korn! ‘’Rinnega’’ ‘’Non e’ per sempre’’ (ancora una volta nessun pezzo), e poi esegue Non sono immaginario acustica, in versione accendino (passati i tempi in cui gli sentii dire ‘’Se qualcuno alza l’accendino scendo e glielo infilo su per il culo’’, concerto a Firenze, Anfiteatro de Le Cascine, alcuni anni addietro). Si scusa per i problemi di voce, mettendoci dentro la fatica di organizzare il Tora! Tora! (ma….oggi non è all’interno di un festival oliatissimo?), evidentemente si è reso conto di quello che ha fatto su Ballata, prima di cantare benissimo Sui giovani d’oggi ci scatarro su (che, come sempre, mi manda al manicomio, sia per il concetto che per l’esecuzione); ma questa cosa la mette sul ridere, e poi, verso la fine del set (non per essere cattivi, ma è forse il momento più bello), lascia il microfono a Dario per fargli cantare Dea coadiuvato ai cori da Andrea (mi viene in mente quando, ad un centro punto della carriera, James Hetfield, dal vivo, cominciò a far cantare Seek And Destroy e Whiplash a Jason Newsted, perdonate i ricordi da metallaro); a seguire, Manuel riprende saldamente il microfono per una splendida versione di Strategie. Si chiude con un unico bis, una Bye Bye Bombay non particolarmente brillante nell’esecuzione e nell’arrangiamento.
In definitiva, gli Afterhours volano alto. E Arezzo Wave Love Festival finisce anche per quest’anno piuttosto gloriosamente.
Al 2006 e grazie di tutto.