Eyehategod - Eyehategod (2014)
Quinto disco della band di New Orleans. Il primo, In the Name of Suffering, risale al 1992 (sono attivi dal 1988), ma il precedente a questo è del 2000 (Confederacy of Ruined Lives, e già dai titoli potete benissimo farvi un'idea delle loro liriche); nel frattempo, la morte del batterista Joey LaCaze (nel 2013, crisi respiratoria), l'arresto del singer Mike Williams, giusto poco dopo essere stato soccorso nel post-Katrina (by the way: la molla che mi ha spinto ad ascoltarli per la prima volta, molto in ritardo, è stata una loro t-shirt indossata da Chris Coy nei panni di L.P. Everett in Treme), il suo speriamo definitivo abbandono dell'eroina, l'aiuto dell'amico fraterno Phil Anselmo, la rinascita della band.
Band seminale, gli Eyehategod (nome a dir poco geniale) rilasciano in questo 2014, l'album che con un luogo comune possiamo senza dubbio definire "della maturità". Una carriola di pesantezza di classe ruvida, l'esatto mix che dosa Black Sabbath e l'hardcore nella sua interezza, che risente iperbolicamente e al tempo stesso del blues e dei Black Flag giù giù fino alle cose soliste di Henry Rollins, e che mostra da dove pescano i Converge per una parte della loro ispirazione.
Rabbia e furia iconoclasta, do it yourself e suoni volutamente "poveri" ma carichi, oserei dire saturi se non richiamasse più la fotografia che la musica. La protesta dei senza-voce insieme all'amarezza di chi sa di non avere nulla da perdere perché non ha nulla se non la musica. E quindi pesta, e pesta duramente.
Agli Eyehategod ci sono arrivato tardi e tramite la mia passione per le serie tv (come detto), ma forse sono arrivato giusto in tempo per il capolavoro. Vediamo chi saprà fare di meglio in ambito metal (sempre inteso nell'accezione più larga del termine) in quest'anno solare.
1 commento:
Grandissima band. Non sapevo della
reunion. Recupero immediatamente
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