Scrivo questo post prima che si giochi la finale della Coppa del Mondo di calcio 2014, che come tutti sapete sarà tra Argentina e Germania. Scrivo questo post immediatamente dopo aver letto la traduzione di un caustico articolo di John Lancester (It's all over) apparso sul London Review of Books, dove critica la gestione della FIFA, ma che mi ha dato l'ispirazione.
Un brevissimo pippotto sulle nazioni rappresentate in finale. Come alcuni di voi sapranno, sono legato all'Argentina da un legame speciale. Ho una carissima amica là, conosco e amo tutta la sua famiglia, li ho visitati varie volte e ogni volta mi hanno accolto come (appunto) uno di famiglia, ospitandomi, aiutandomi, facendomi capire la mentalità argentina; ho talmente tanti legami con quel paese, che parlo castigliano (spagnolo) con uno strano accento, che qualcuno molto esperto potrebbe vagamente identificare come argentino. Al tempo stesso, ho una disinteressata ammirazione per la Germania, naturalmente quella del dopo Seconda Guerra Mondiale. Non che l'abbia girata molto (Berlino, Norimberga, Renania settentrionale), ma ammiro come siano riusciti a rialzarsi, a rimboccarsi le maniche, e a divenire una delle potenze mondiali in tutti i campi; mi ha aiutato Edgar Reitz con il suo splendido Heimat, forse, come pure conoscere alcuni colleghi e colleghe tedeschi, persone si, un poco ingessate, ma ottime sul lavoro e di certo amabili anche fuori. Tutto questo per dire che non so davvero se riuscirò a tifare per una delle due squadre, stasera (ieri per chi legge).
Non era però questo il punto. Il punto era il seguente: amo il calcio, forse perché non sono mai stato bravo a giocarci, e ammiro chi invece sa. Mi piace guardarlo, anche in televisione: qualcuno di voi avrà notato che quando sono all'estero, se possibile, faccio incetta di partite alla tele. E i Mondiali sono un evento che fin da piccolo mi fa andare fuori di testa, in senso buono: se possibile, vedrei tutte le partite, mi affascina veder giocare nazionali mai viste, calciatori sconosciuti, colori inediti. A otto anni, per la prima volta alla colonia montana estiva (era il 1974), avevo visto, nelle repliche in bianco e nero, tutte le partite salienti della nazionale italiana del Mondiale 1970, e non stavo nella pelle perché stavo per godermi il mio primo Mondiale "cosciente". La mattina, appena le signorine ci portavano in paese, mi fiondavo nell'unica edicola della piazza principale, quella dominata dalla statua da un eroico condottiero, famoso anche per una straordinaria leggenda sulla sua morte (e citato da Mameli nell'inno d'Italia), e compravo tutti i quotidiani sportivi dell'epoca (mi pare quattro), tanto da guadagnarmi il soprannome di sportivo. Vi ho raccontato già, di quei Mondiali, come vissi il derby tedesco, allora la Germania era ancora divisa tra Est e Ovest, e ricordo in maniera indelebile il numero 2 sulle spalle del portiere polacco, la cui nazionale ci eliminò al primo turno. Gli anni sono passati, il mio amore per la nazionale si è spento, sono arrivato a tifarle contro, ma la mia fascinazione per il Mondiale non si è mai sopita.
Quest'anno, complici gli orari, avrei potuto vedere molte delle partite. Questa gioia mi è stata negata dal fatto che non ho Sky, e che la Rai abbia trasmesso solo una partita al giorno. Ora, mi ritengo una persona tutto sommato equilibrata, e fortunatamente non mi mancherebbero i soldi per abbonarmi a Sky: il fatto è che non ci ho pensato, e non ho mai avuto il tempo di rifletterci. Probabilmente tra quattro anni lo farò (abbonarmi a Sky), o magari lo farò pure prima. E' che 'sto fatto che la Rai, che non è propriamente gratis, mi privi di un piacere ancestrale, infantile perfino, aggiungendoci il fatto che della Rai non ne faccio mai uso, è una roba che, fermandomi un attimo a rifletterci attentamente, mi manda in bestia. Lo so, è una cosa stupida, di poco conto. Però uccidere i sogni è proprio il contrario di quello che dovrebbe fare un canale televisivo.
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