The Unreal McCoy - Virginiana Miller (2019)
Il settimo disco dei livornesi è anche il loro primo in inglese: un percorso inverso rispetto, per esempio, a quello fatto dagli Afterhours, e che chissà, se vuole essere un passo ambizioso, o solo uno sfizio. Probabilmente, e dico probabilmente, la cosa non durerà, ed è stata solamente una scelta "obbligata": il disco è cantato in inglese perché è il disco americano dei Virginiana Miller, perché parla degli States di provincia, perché suona, o almeno tende a suonare, in quel modo, prova a suonare per trasportare l'ascoltatore proprio lì. Il risultato non è perfetto, purtroppo, ma è senza dubbio apprezzabile, perché Simone Lenzi riesce ad essere abbastanza bravo (anche qui, non perfetto) nella pronuncia e nei toni, e le tracce non sono tutte belle, ma ce ne sono di molto belle (una su tutte, Lovesong). Meno dark, meno shoegaze, più country alternative, dal punto di vista strettamente musicale.
The seventh record by the band from Livorno is also their first in English: a reverse path to, for example, the one made by Afterhours, and who knows, if it wants to be an ambitious step, or just a whim. Probably, and I say probably, it will not last, and it was only a "forced" choice: the record is sung in English because it is the American album by Virginiana Miller, because it speaks of the provincial US, because it sounds, or at least tends to playing that way, try playing to transport the listener right there. The result is not perfect, unfortunately, but it is undoubtedly appreciable, because Simone Lenzi manages to be quite good (even here, not perfect) in pronunciation and tone, and the tracks are not all beautiful, but there are very beautiful ones (one above all, Lovesong). Less dark, less shoegaze, more country alternatives, from a strictly musical point of view.
Nessun commento:
Posta un commento