Abyss - Chelsea Wolfe (2015)
Ufficialmente, Abyss è il quinto album di Chelsea Wolfe. E questo genere, indefinito se non dal fatto di essere fatto da donne, mi pare definitivamente essere l'ultima frontiera musicale. Ci metto dentro Zola Jesus, Lykke Li, EMA, Fever Ray (e mi scuso se me ne sono dimenticato qualcuna, sarete voi ad aggiungerle, a vostro piacimento), gradazioni diverse del dolore, della difficoltà dell'essere donna oggi, tutte in un certo qual modo debitrici verso PJ Harvey e sicuramente verso molte altri riferimenti femminili più "antichi". Ma non solo, naturalmente. Tutto ciò che, in musica, si rivela essere in qualche modo nuovo, ha un debito di riconoscenza verso molte cose del passato. Vabè, ma questo lo sapete già senza bisogno che ve lo scriva. Ancora una volta, il titolo è piuttosto esplicativo: abisso. Il mood è quindi quello: paura, dolore, lamento, sofferenza, amori difficili, devastanti, disperati, anche senza comprendere i testi sappiamo già che siamo da quelle parti. Strutture tutto sommato semplici, del resto viene dal folk (suo padre era in una country band), ma chitarre usate come droni, distorsioni profonde, che riempiono l'atmosfera del pezzo da subito o pian piano (Maw, After the Fall), oppure sghembe canzoni (appunto) folk come Crazy Love o Simple Death, ma con tocchi elettronici che le rendono uniche. Voce spesso filtrata (stavolta mi è venuto il sospetto che abbia la lisca, o la zeppola, come la chiamate voi nell'altro resto d'Italia), usata in modo spettacolare, lirico, a volte addirittura virtuosistico. Canzoni superbe, scritte divinamente, che arrivano, dritte dove sapete voi, che fendono l'aria prima e la carne poi, trovate improvvise che lasciano il segno (la viola, credo, in Grey Days e in Crazy Love, gli inserti quasi disco su After the Fall). Probabilmente non c'è bisogno che provi a convincervi scrivendone: prendete questo dischetto, cominciate l'ascolto con il primo pezzo Carrion Flowers, ed è probabile che ne rimaniate immediatamente folgorati. Inutile che stia a descrivervi oltre della devastante Iron Moon ("My heart is a tomb/My heart is an empty room/I've given it away/I never want to see it again"), della trascinante Color of Blood, della meravigliosa Simple Death: il dolore è bellezza, e lo sapete voi quanto lo so io.
As I wrote about the previous album of Chelsea Wolfe Pain Is Beauty, that title was a manifesto. And it still is, the pain is still an ongoing beauty, also here, on Abyss. These marvellous, painful, nihilistic songs, are so, so beautiful. Maybe, one day we'll get tired about it. But not today.
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